Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4472, del 9 settembre 2013
Urbanistica.Destinazione agricola ed esigenze di ordinato governo del territorio

La destinazione a verde agricolo di un’area, anche limitata, oltre ad essere finalizzata alla salvaguardia di esigenze di ordine meramente agricolo, può essere ispirata ad esigenze di ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire un'ulteriore edificazione delle aree, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate o industriali, ovvero preservando una residua porzione di verde atta a precludere, anche per la sua specifica collocazione, una ulteriore espansione dell'abitato sulle zone ancora libere, così da consentire le più convenienti ed utili condizioni di abitabilità del territorio, con irrilevanza della estensione dell’area stessa. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04472/2013REG.PROV.COLL.

N. 05581/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5581 del 2000, proposto da: 
Bernini Rosalba, rappresentata e difesa dall'avv. Savino Di Rienzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Stefano Latella, in Roma, via Avezzana, n. 2/B;

contro

Comune di Besozzo, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione II, n. 00442/2000, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Comune di Besozzo prot. n. 10932 dell’1.10.1997, di “diniego di concessione” edilizia;



Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto il ricorso in riassunzione dell’avv. Savino di Rienzo;

Visti i decreti 26 aprile 2012 n. 1034 e 30 ottobre 2012 n. 2821;

Viste le memorie prodotte dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Latella per delega dell’avv. Di Rienzo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO

La sig.ra Rosalba Bernini ha presentato in data 17.7.1997 istanza di rilascio di concessione edilizia per la costruzione di due capannoni artigianali, con annessi accessori di mq. 200 ciascuno, su un terreno di sua proprietà, inserito in area destinata dal P.R.G. a zona agricola, in cui le N.T.A. non prevedevano destinazioni produttive, direzionali e commerciali.

La richiesta è stata oggetto di riscontro da parte dell’Esperto tecnico comunale del Comune di Besozzo con atto prot. n. 10932 dell’1.10.1997 (con cui è stato comunicato che, in esito alla istruttoria dell’U.T.C, era risultato che l’intervento ricadeva in zona urbanistica E1 agricola e che le le N.T.A. della zona stessa non prevedevano destinazioni produttive, direzionali e commerciali, con inassentibilità della richiesta per contrasto con l’art. 25 di dette N.T.A.), che è stato impugnato giurisdizionalmente presso il T.A.R. Lombardia, Milano.

Il relativo ricorso è stato respinto con la sentenza in epigrafe indicata nel sostanziale assunto che per i vincoli di inedificabilità estesi ad una intera zona del Piano Regolatore e per le previsioni degli “standards” urbanistici non operava la decadenza del vincolo quinquennale di inedificabilità per decorso del quinquennio dalla approvazione del Piano.

Con il ricorso in appello in esame la suddetta proprietaria ha impugnato detta sentenza deducendo che con essa non erano state affrontate tutte le questioni poste e chiedendo l’annullamento del sopra citato negativo provvedimento del Comune di Besozzo, sulla base dei seguenti motivi:

1.- La concessione è stata negata nel presupposto dell’inserimento dell’area interessata dall’intervento edilizio nella zonizzazione a verde agricolo, erroneamente omettendo ogni esame della situazione di fatto del terreno, da cui risulta che l’area, a seguito di modificazioni urbanistiche, era ormai provvista delle opere di urbanizzazione ed era inserita in un contesto già edificato ed urbanizzato, sicché era da considerare area di completamento.

2.- E’ viziata non solo da eccesso di potere, ma anche da violazione di legge la affermazione della esistenza di un divieto generale, normativamente imposto, di edificazione in una area normativamente qualificabile come area a verde agricolo.

3.- Una normativa che derogasse al principio di inesistenza del vincolo di inedificabilità assoluta in suoli zonizzati a verde agricolo si porrebbe comunque in termini di eccezione alla regola della edificabilità e pertanto non potrebbe avere carattere di imposizione di vincolo di in edificabilità generalizzato e ricadrebbe sotto l’effetto dell’art. 2 della l. n. 1187/1968, con decadenza del vincolo.

4.- L’area “de qua”, per la sua limitata estensione, non poteva essere utilizzata ad uso di verde agricolo, che è comunque illogico in relazione alla obiettiva destinazione sociale dell’area stessa.

Con memoria depositata il 15.10.2001 l’appellante ha sostanzialmente ribadito tesi e richieste.

Con atto notificato il 16.1.2009 e depositato il 26.1.2009, sottoscritto anche dalla parte, premesso che l’avv. Domenico Scalpari era nelle more deceduto, è stato proposto ricorso in riassunzione della causa a ministero dell’avv. avv. Savino Di Rienzo ed è stata affermata la persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso.

Con decreto 26 aprile 2012 n. 1034, preso atto della circostanza che nel termine e nel modo previsti dall'art. 1, co. 1, dell'all. 3 al d.lgs. n. 104/2010 non era stata presentata nuova istanza di fissazione di udienza, il ricorso è stato dichiarato perento.

Con decreto 30 ottobre 2012 n. 2821, visto l'atto con cui era stato dichiarato che sussisteva ancora interesse alla trattazione della causa e visto il comma 2 dell’art. 1 dell'all. 3 al d.lgs. n. 104/2010, è stato revocato detto decreto di perenzione.

Con memoria depositata il 24.4.2013 l’appellante, premesso che nel frattempo erano sopraggiunti il d.P.R. 380/2001, la l.r. Lombardia n. 12/2005 e una nuova pianificazione territoriale comunale senza inserimento della zona in ambito urbanistico secondo la sua naturale destinazione, ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 18.6.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla sig. ra Rosalba Bernini, di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Comune di Besozzo prot. n. 10932 dell’1.10.1997 con il quale, in riscontro a richiesta di concessione edilizia per la costruzione di due capannoni artigianali, con annessi accessori di mq. 200 ciascuno, su un terreno di sua proprietà, inserito in area destinata dal P.R.G. a zona agricola, è stato comunicato che, in esito alla istruttoria dell’U.T.C, era risultato che l’intervento ricadeva in zona urbanistica E1 agricola e che le N.T.A. della zona stessa non prevedevano destinazioni produttive, direzionalie e commerciali, con inassentibilità della richiesta per contrasto con l’art. 25 delle N.T.A. stesse.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che la concessione è stata negata nel presupposto dell’inserimento dell’area interessata dall’intervento edilizio nella zonizzazione a verde agricolo (E1) prevista dal P.R.G., omettendo ogni esame della situazione di fatto da cui risultava che l’area stessa era provvista delle opere di urbanizzazione ed era inserita in un contesto già edificato ed urbanizzato.

Poiché la zonizzazione non è atto costitutivo, ma solo dichiarativo della situazione di fatto riscontrata al momento della adozione del P.R.G., l’intervenuta modificazione urbanistica della zona di cui trattasi avrebbe reso illegittimo il diniego di concessione fondato sul dato meramente formale che l’area zonizzata a verde agricolo non corrispondeva al contenuto del precetto normativo (art. 2, lett. E), A) e C) del d.m. n. 1444/1968 e art. 4 della l. n. 10/1977).

Se fosse stato effettuato un confronto tra la nuova realtà oggettiva dell’area interessata e le norme sulla zonizzazione urbanistica sarebbe emerso che essa, ai sensi del d.m. n. 1444/1999, era da considerare area, non più a verde agricolo, ma di completamento, per la quale non è necessario un piano attuativo ai fini del rilascio della concessione edilizia; del resto lo stesso d.m. sopra citato dispone che le aree che si caratterizzano per il frazionamento della proprietà non possono essere incluse nelle zone a verde agricolo ma vanno considerate di completamento.

2.1.- Osserva la Sezione che proprio l’art. 4, comma 1, della l. n. 10/1977, cui la appellante fa riferimento, stabilisce chiaramente che la concessione edilizia è data dal Sindaco in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi.

Nel caso che occupa l’intervento di costruzione di capannoni destinati ad attività produttiva ricadeva nel vigente P.R.G. in zona urbanistica E1 agricola, in cui le N.T.A. non consentivano destinazioni produttive, direzionali e commerciali.

La sostanziale tesi dell’appellante che la situazione di fatto della zona fosse prevalente su quella formale stabilita dalle previsioni del vigente strumento urbanistico è incondivisibile.

La disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi e le N.T.A. sono atti a contenuto generale, recanti prescrizioni a carattere normativo e programmatico, destinate a regolare la futura attività edilizia (Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1052/2007).

Per contestare le prescrizioni ivi contenute che stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata, in relazione all'immediato effetto conformativo dello “ius aedificandi” dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, si impone infatti un onere di impugnazione, nel termine decadenziale. Altrimenti, le regole di zonizzazione e di localizzazione divengono a questo riguardo inoppugnabili ed esplicano efficacia cogente per ogni interessato richiedente concessione edilizia.

Costituisce infatti regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del P.R.G. che impongano, per una determinata zona, una determinata destinazione urbanistica: tali prescrizioni sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo in ossequio al principio che il rilascio del permesso di costruire è attività vincolata al rispetto della disciplina urbanistica-edilizia.

Non sono configurabili equipollenti a dette prescrizioni, circostanza questa che impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione della prevista destinazione di zona.

Non è quindi consentito superare tali prescrizioni facendo leva sulla effettiva e concreta situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa.

Esse prescrizioni sono infatti espressione dell'ampia discrezionalità del pianificatore in ordine all'utilizzazione delle singole parti del territorio e possono essere successivamente modificate solo in base ad una diversa valutazione degli stessi interessi in gioco, con mutazione della relativa graduazione, senza che comunque possa essere ammessa la loro disapplicazione per loro allegata, sopravvenuta inattualità rispetto a singole vicende già normate.

Non può quindi ammettersi alcuna disapplicazione delle previsioni contenute nel piano regolatore generale e nelle Norme Tecniche di Attuazione per una sorta di sopravvenuta inattualità delle stesse rispetto alla concreta situazione di fatto, stante la durata indeterminata di tali previsioni, come si desume dall'art. 11, l. 17 agosto 1942 n. 1150, nonché dal comma 1 dell'art. 67, l.p. 5 settembre 1991 n. 22 e poi dal comma 1 dell'art. 52, l.p. 4 marzo 2008 n. 1, ove è codificata la durata indeterminata delle previsioni del piano regolatore generale (Consiglio Stato, sez. IV, 28 aprile 2008, n. 1875).

In conclusione una nuova disciplina del territorio consegue solo con l'approvazione di un nuovo P.R.G, o di una variante generale, che costituisce lo strumento per l'adeguamento della disciplina urbanistica alle mutate circostanze di fatto.

Nel caso di intervento edilizio da effettuare su un'area destinata dal vigente Piano Regolatore Generale, è quindi irrilevante la circostanza che il lotto interessato sia inserito in una zona pressoché totalmente edificata e dotata delle opere di urbanizzazione, qualora non sia stato impugnato anche il Piano Regolatore Generale.

Legittimamente quindi la concessione edilizia per la realizzazione di due capannoni ad uso industriale nella zona di cui trattasi, con destinazione urbanistica a verde agricolo, non è stata accolta dal Comune.

Le censure in esame non sono quindi suscettibili di assenso.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che l’istanza di rilascio di concessione edilizia non è stata respinta per contrasto della richiesta edificazione con norme degli strumenti urbanistici per sue precipue caratteristiche, ma solo in base alla affermazione di principio che nelle zone a verde agricolo è impossibile qualsiasi tipo di urbanizzazione.

Non avrebbe tuttavia considerato il T.A.R. che le norme sulla pianificazione urbanistica ed edilizia non sono finalizzate ad impedire l’uso del territorio agli uni e a consentirlo agli altri, ma solo a predisporre uno sviluppo urbano ordinato per la primaria salvaguardia di aree, impianti ed edifici di interesse pubblico, sicché la limitazione della “potestas” del proprietario è legittima solo perché sacrificata alla tutela di un interesse pubblico.

Sarebbe viziata non solo da eccesso di potere, ma anche da violazione di legge la affermazione della esistenza di un divieto generale, normativamente imposto, della possibilità di edificare in una area normativamente qualificabile come area a verde agricolo.

Né potrebbe ritenersi precludente la edificazione nella area de qua la necessità della preventiva predisposizione in essa delle opere di urbanizzazione, sia perché esse possono essere realizzate dal richiedente la licenza edilizia e sia perché l’area stessa è inserita in un contesto urbanistico ed edilizia già edificato ed urbanizzato, servito da opere di urbanizzazione.

Non esiste alcuna norma che vieti l’edificazione nelle aree con destinazione a verde agricolo; nei Comuni di cui all’art. 4, u.c. della l. n. 10/1977 (confermato dall’art. 41 quinquies della l. n. 1150/1942) espressamente viene posto un limite di densità edilizia alla edificabilità dei suoli, ma non se ne può dedurre un vincolo di inedificabilità assoluta per i suoli inseriti in un contesto di zona a verde agricolo, come dimostrato dalla esistenza di normativa sub statale che appone limiti alla edificazione in detto contesto.

3.1.- Osserva la Sezione che la destinazione a verde agricolo di un'area, stabilita dallo strumento urbanistico generale, non implica necessariamente che l'area soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendo giustificarsi con le esigenze dell'ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire un'ulteriore edificazione delle aree, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate o industriali (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 830).

La destinazione a verde agricolo dell’area che interessa, anche se situata fra insediamenti esistenti, stabilita dal Piano Regolatore di cui trattasi, peraltro non impugnato giurisdizionalmente, era comunque consentita, in quanto, oltre ad essere finalizzata alla salvaguardia di esigenze di ordine meramente agricolo, poteva essere ispirata a dette esigenze, così da consentire le più convenienti ed utili condizioni di abitabilità del territorio.

Per il rilascio della concessione edilizia in zona agricola, ove il P.R.G. consenta soltanto le costruzioni necessarie per la conduzione agricola, è consentita la realizzazione delle sole costruzioni delle quali sia accertata la sussistenza della effettiva ed obiettiva connessione funzionale dell’opera da realizzare con le esigenze relative alla conduzione del fondo. Poiché sono ammissibili in zona agricola tutte quelle attività integrative, aggiuntive e/o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua destinazione, è quindi necessario operare una valutazione caso per caso relativa a tale compatibilità in concreto.

Nel caso di specie la richiesta concessione per la realizzazione di capannoni ad uso industriale mal si conciliava con la destinazione dal parte dei vigenti strumenti urbanistici di zona a verde agricolo, senza previsione della possibilità di realizzazione di manufatti aventi altra destinazione (come stabilito dalle N.T.A. del P.R.G. di cui trattasi nella zona E1), con legittimità dell’impugnato diniego.

Per le considerazioni che precedono anche il motivo in esame deve essere disatteso.

4.- Con il terzo motivo di appello è stato sostenuto che una normativa che derogasse al principio di inesistenza di detto vincolo di inedificabilità assoluta in suoli zonizzati a verde agricolo si porrebbe comunque in termini di eccezione alla regola della edificabilità e pertanto non potrebbe avere carattere di imposizione di vincolo di inedificabilità generalizzato e ricadrebbe sotto l’effetto dell’art. 2 della l. n. 1187/1968, con decadenza del vincolo, come affermato in primo grado.

4.1.- La Sezione osserva che il limite temporale del quinquennio, riguardante l'efficacia delle prescrizioni dei piani regolatori generali nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportino l'inedificabilità, è valevole unicamente per i vincoli che producano un effetto sostanzialmente espropriativo, tale da annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono, e non nel caso di vincolo strumentale (Consiglio di Stato sez. IV 13 febbraio 2013 n. 907)

I vincoli soggetti a detta decadenza sono solo quelli preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio; tali quindi non sono le previsioni di un piano regolatore che destinano un'area a verde, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui questi ricadono (Consiglio di Stato sez. IV 6 maggio 2013 n. 2432).

Invero, la limitazione all'esercizio dello “ius aedificandi”, rinveniente dalla destinazione a verde, non configura, di per sé, l'imposizione di un vincolo sostanziale ed uno svuotamento incisivo del diritto di proprietà, costituzionalmente garantito, tale da rendere il suolo inutilizzabile rispetto alla sua naturale vocazione ovvero da diminuirne significativamente il valore di scambio. Non inibisce cioè necessariamente in radice il godimento del bene da parte del proprietario, ma può circoscriverne soltanto le modalità esplicative, attuabili anche ad iniziativa del medesimo proprietario, purché in conformità alla predetta destinazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9372).

In particolare deve ritenersi che fra tali vincoli non rientri la destinazione a verde agricolo, atteso che quest'ultima non si configura come una limitazione tale da rendere inutilizzabile l'immobile in relazione alla destinazione inerente alla sua natura, restando al proprietario la possibilità di trarne un utile mediante la coltivazione e, inoltre una possibilità, sia pure contenuta entro parametri prestabiliti, di limitata edificazione (Consiglio di Stato, sez. V, 7 agosto 1996 n. 881).

Per le ragioni che precedono la censura non è suscettibile di consenso e va confermata sul punto la sentenza di primo grado.

5.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che l’area de qua, per la sua limitata estensione, non poteva comunque essere utilizzata ad uso di verde agricolo, che è illogico in relazione alla obiettiva destinazione sociale dell’area de qua.

5.1.- La censura, a prescindere dalla sua inammissibilità sia perché formulata per la prima volta in appello e perché rivolta nei confronti di scelte urbanistiche effettuate con il P.R.G. non impugnato, è incondivisibile, atteso che, la destinazione a verde agricolo di un’area, anche limitata, oltre ad essere finalizzata alla salvaguardia di esigenze di ordine meramente agricolo, può essere ispirata ad esigenze di ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire un'ulteriore edificazione delle aree, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate o industriali, ovvero preservando una residua porzione di verde atta a precludere, anche per la sua specifica collocazione, una ulteriore espansione dell'abitato sulle zone ancora libere, così da consentire le più convenienti ed utili condizioni di abitabilità del territorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 830), con irrilevanza della estensione dell’area stessa.

6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

7.- Nessuna determinazione può essere assunta in ordine alle spese e gli onorari del presente grado di giudizio stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente FF

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)