Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4863, del 30 settembre 2013
Urbanistica.Differenza tra restauro/risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia
La differenza tra restauro e risanamento conservativo, da un lato, e ristrutturazione edilizia dall'altro, risiede essenzialmente nella conservazione formale e funzionale dell'organismo edilizio che connota il primo rispetto alla seconda. Ne consegue che è consentita, negli interventi di restauro e risanamento conservativo, la sostituzione di parti anche strutturali e in generale di elementi costitutivi degli edifici (strutture portanti, pareti perimetrali) e quindi anche un rinnovo sistematico e globale purché nel rispetto degli elementi essenziali tipologici, formali e strutturali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04863/2013REG.PROV.COLL.
N. 09700/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9700 del 2005, proposto da:
Manes Ingros S.a.s. di Bettanin Nicola & C., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Primo Michielan e Luigi Manzi e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Confalonieri n. 5, per mandato a margine dell’appello;
contro
Comune di Thiene, in persona del Sindaco pro-tempore, già costituito nel giudizio di primo grado e non costituito nel giudizio d’appello;
nei confronti di
Immobiliare Garibaldi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, già costituita nel giudizio di primo grado e non costituita nel giudizio d’appello;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sez. II, n. 3405 del 23 settembre 2004, resa tra le parti, con cui è stato dichiarato inammissibile per carenza d’interesse il ricorso in primo grado n.r. 656/1996 proposto per l’annullamento della concessione edilizia n. 165/95 del 13 dicembre 1995 rilasciata alla controinteressata Immobiliare Garibaldi S.r.l., con compensazione delle spese del giudizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Leonardo Spagnoletti e udito l'avv. Luigi Manzi per l'appellante Manes Ingros S.a.s. di Bettanin Nicola & C.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) La società Manes Ingros S.a.s. di Bettanin Nicola & C. era locatrice ad uso commerciale di un immobile ubicato in Thiene al corso Garibaldi n. 14 (unità edilizia n. 63, appartenente con le unità edilizie 61 e 65 a una “cortina edilizia” risalente ai primi del ‘900, nel centro di Thiene), in forza di contratto stipulato il 1° gennaio 1988.
La locataria Immobiliare Garibaldi S.r.l., con nota del 14 ottobre 1994, comunicava alla locatrice diniego di rinnovazione ai sensi dell’art. 29 della legge n. 392/1978, in relazione all’esigenza di svolgere lavori edili, con invito al rilascio dell'immobile alla prima scadenza contrattuale successiva (31 dicembre 1995), inviando il 20 dicembre 1995 alla locatrice copia della concessione edilizia n. 165/95 in data 13 dicembre 1995, rilasciata per l'esecuzione dei lavori.
Con il ricorso in primo grado n.r. 656/1996 la società Manes Ingros S.a.s. ha impugnato la concessione edilizia, deducendone l'illegittimità sotto distinti profili.
Nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza n. 121 del 31 ottobre 1996 con cui il Pretore di Thiene ha rigettato l'opposizione dell'interessata al rilascio, confermata con sentenza del Tribunale di Vicenza n. 71 del 20 giugno 1997, passata in giudicato.
Con la sentenza n. 3405 del 23 settembre 2004 il T.A.R. Veneto ha ritenuto che, per effetto della cessazione del rapporto locativo alla data del 31 dicembre 1995, e dell'intervenuto successivo rilascio dell’immobile, già al momento della proposizione del ricorso (8-9 febbraio 1996), e viepiù dopo la formazione del giudicato civile, fosse carente la legittimazione attiva e comunque l’interesse ad impugnare la concessione edilizia, anche sotto il profilo di un interesse strumentale riferito ad eventuale azione risarcitoria, poiché quest'ultima sarebbe autonomamente proponibile dinanzi al G.O., il quale potrebbe se del caso disapplicare la concessione edilizia.
Con appello notificato l'11 novembre 2005 e depositato il 5 dicembre 2005 è stata impugnata la predetta sentenza, deducendosi:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. Esistenza della legittimazione e interesse a ricorrere
Ai sensi dell’art. 31 della legge n. 393/1978 al locatore è consentito di chiedere il ripristino del contratto risolto o il risarcimento del danno (corrispondente a 48 mensilità del canone) in una serie di ipotesi, tra le quali la vana scadenza del termine per l'ultimazione dei lavori edilizi o dell'avvio dei lavori, alle quali deve equipararsi l’annullamento in sede giurisdizionale della concessione edilizia; ne consegue che persisteva sia la posizione legittimante sia l’interesse all’annullamento.
Peraltro il G.O. non potrebbe sindacare incidenter tantum la concessione edilizia laddove è proprio questa la causa giuridica della lesione del diritto soggettivo dell’interessato.
Si ripropongono quindi di seguito i motivi del ricorso introduttivo
1) Violazione dell'art. 15 comma 1 del P.R.G. vigente, perché l'intervento edilizio non rientra nell'ambito del consentito restauro e consolidamento, integrando ristrutturazione edilizia poiché implica "...alterazione degli elementi autentici distributivi e di dettaglio, quali il camino situato all'interno dell'edificio..."
2) Violazione delle N.T.A. della variante al P.R.G. adottata con deliberazione consiliare del 12 novembre 1994, il cui art. 11 conferma l'ammissibilità dei soli interventi di restauro, conservativi "...del sistema distributivo, degli elementi decorativi originari e delle strutture", laddove nella specie vi è aumento di superficie interna e ricavo di un piano soppalcato.
3) Violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990, per l'omessa comunicazione d'avvio del procedimento di rilascio della concessione edilizia.
Si sostiene che nel caso di specie l’intervento edilizio non poteva essere assentito in quanto non comportante il mero restauro sebbene una vera e propria ristrutturazione edilizia.
Con memoria depositata il 17 ottobre 2012 l'appellante ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie deduzioni difensive.
All'udienza pubblica dell'11 dicembre 2012 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.
2.) L'appello in epigrafe è fondato quanto all'erronea declaratoria d'inammissibilità del ricorso in primo grado, ma deve essere nondimeno rigettato in relazione all'infondatezza dell'impugnazione della concessione edilizia n. 165/95 del 13 dicembre 1995.
2.1) Com'è noto, l'art. 29 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (recante "Disciplina delle locazioni di immobili urbani"), a garanzia di un preminente interesse alla stabilità delle attività economiche, consente il diniego di rinnovazione, alla prima scadenza, dei contratti di locazione degli immobili urbani a uso diverso dalle abitazioni (la cui durata è regolata dal precedente art. 27 in sei anni per quelli adibiti a attività industriali, commerciali e artigianali e turistiche, nonché ad attività di lavoro autonomo e in nove anni per quelli a uso alberghiero) solo in relazione a fattispecie tipizzate, tra le quali la lettera c) contempla l'esigenza del locatore di "demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti".
Nella predetta ipotesi, però, "...il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio" e "gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest'ultima non sia stata nuovamente disposta".
Orbene, non può revocarsi in dubbio che il locatario, in funzione dell'interesse alla conservazione e prosecuzione del rapporto locativo, e quindi di un interesse differenziato e qualificato alla verifica della legittimità della concessione e ora del permesso di costruire, sia titolare di una posizione legittimante all'impugnazione, riveniente non solo dal contratto sebbene dalla disciplina legale che ne consente la risoluzione in presenza di specifici presupposti, tra i quali anche il rilascio del titolo edilizio (oltre alla tempestiva comunicazione di diniego da inviare con lettera raccomandata almeno dodici mesi prima della scadenza o diciotto per le locazioni alberghiere).
Il giudice amministrativo veneto, pur senza contestare in astratto la legittimazione, l'ha esclusa in concreto in base al rilievo che:
"...poiché Manes Ingros ha notificato l’atto introduttivo del presente giudizio in data 8 e 9 febbraio 1996, - ossia in epoca successiva alla predetta data del 31 dicembre 1995 - ne consegue che a quel momento la medesima ricorrente aveva già perduto il titolo legittimante a contestare la concessione edilizia rilasciata a immobiliare Garibaldi".
Tale assunto è però manifestamente erroneo, perché proprio l'esistenza e la legittimità del titolo edilizio costituisce (assieme alla tempestiva comunicazione del diniego di rinnovazione) il presupposto condizionante l'effetto giuridico della risoluzione del rapporto locativo e quindi il mero dato temporale della scadenza del termine contrattuale non può incidere né sulla legittimazione né sull'interesse a ricorrere; e ciò pur lasciando in disparte il rilievo che se il locatario non rilascia l'immobile alla scadenza occorre pur sempre far luogo alla procedura giudiziale disciplinata dall'art. 30 della legge n. 392/1978 e che, nel caso di specie, avendo la Manes Ingros S.a.s. di Bettanin Nicola & C. proposto opposizione, il giudizio relativo è stato definito, come pure rilevato nella sentenza, solo con la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 71 del 20 giugno 1997, che ha confermato la sentenza del Pretore di Thiene n. 121 del 31 ottobre 1996 appellata dall'interessata.
D'altro canto, la concessione edilizia n. 165/95 è stata rilasciata "soltanto" 13 dicembre 1995 e comunicata alla locataria il 20 dicembre 1995, come pure ricordato dal giudice veneto, e la sua impugnativa, avvenuta con la notifica del ricorso l'8-9 febbraio 1996, è incontestabilmente tempestiva.
La sentenza ha altresì sostenuto l'inammissibilità del ricorso, collegando al passaggio in giudicato della sentenza civile (pronunciata sulla opposizione all'azione di rilascio) l'effetto di "consumare" in ogni caso l'interesse a ricorrere.
Al riguardo il giudice di primo grado ha osservato che:
"E, soprattutto, va considerato – in via del tutto assorbente – che proprio il passaggio in giudicato della statuizione giudiziale che ha dichiarato il venir meno del rapporto di locazione inter partes impedisce di configurare in capo a Manes Ingros anche qualsivoglia interesse strumentale diretto a far valere, nel contesto dei suoi rapporti patrimoniali con Immobiliare Garibaldi – già compiutamente definiti per effetto della res iudicata – un’eventuale statuizione giudiziale di annullamento della concessione edilizia qui impugnata".
Anche tale valutazione è però erronea e non può essere condivisa dal Collegio, e ciò sia perché, e a contrario, l'annullamento del titolo edilizio illegittimo rifluisce sulla legittimità della risoluzione del rapporto locativo, elidendone un presupposto essenziale; sia perché, come pure rilevato esattamente dall'appellante, l'art. 31 della legge n. 392/1978, ancorché in relazione ad altre fattispecie (mancata adibizione dell'immobile all'uso diretto del locatore, inutile decorso dei termini per l'avvio dei lavori e del termine di efficacia della concessione edilizia) prevede una alternativa tutela, ripristinatoria o risarcitoria, la cui esperibilità non potrebbe essere esclusa, a priori, anche nell'ipotesi di annullamento del titolo edilizio.
Peraltro, se anche si escludesse che l'art. 31 sia applicabile nel caso di annullamento del provvedimento autorizzativo dei lavori di cui all'art. 29 comma 1 lettera c) della legge n. 392/1978, comunque non potrebbe escludersi la persistenza di un interesse strumentale all'annullamento, ai fini di un'azione risarcitoria nei confronti del locatore e della stessa Amministrazione comunale ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.
Sotto tale ultimo aspetto, non può nemmeno seguirsi il giudice amministrativo veneto laddove sostiene che:
"...un eventuale diritto risarcitorio della stessa Manes Ingros nei confronti di Immobiliare Garibaldi e del Comune di Thiene dipendente dall’asserita illegittimità della concessione edilizia qui impugnata (e adombrato dalla ricorrente a pag. 3 della predetta memoria dd. 20 marzo 2004) potrebbe, al caso, essere tutelato in sede di giurisdizione ordinaria senza il previo annullamento da parte di questo giudice del provvedimento reputato illegittimo, ma mediante la disapplicazione dello stesso da parte del giudice civile, a’ sensi degli artt. 4 e 5 della L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E e in conformità ai principi espressi da Cass. SS. UU, 22 luglio 1999 n. 500".
La circostanza che una tutela risarcitoria sia direttamente azionabile dinanzi al giudice civile, e che possa in ipotesi escludersi la c.d. pregiudiziale d'annullamento -peraltro evenienza tutt'altro che pacifica in relazione agli sviluppi giurisprudenziali dell'epoca della pronuncia della sentenza-, non implica che l'interessato non abbia interesse ad una pronuncia costitutiva di annullamento del titolo edilizio, nella sede propria e tipica della giurisdizione amministrativa di legittimità, onde rendere affatto certo e incontestabile il "fatto" causativo della lesione giuridico-patrimoniale.
2.2) Non potendosi, peraltro, far luogo alla rimessione al primo giudice, ai sensi dell'art. 105 c.p.a., in difetto dei relativi presupposti, e in relazione all'espressa devoluzione contenuta nell'appello dei motivi d'impugnativa della concessione edilizia, il Collegio deve darsi carico di esaminare le censure dedotte nel ricorso in primo grado, che sono sfornite di fondamento giuridico.
2.2.1-2) Peraltro i primi due motivi possono delibarsi congiuntamente, poiché incentrati sul tema comune dell'illegittimità della concessione per contrasto con le norme tecniche di attuazione del piano urbanistico generale vigente e di quello adottato (all'epoca s'intende della proposizione del ricorso), in quanto essa avrebbe autorizzato non già un intervento edilizio di restauro e risanamento conservativo, sebbene di ristrutturazione edilizia non consentita dalla predetta normativa.
Com'é noto, ai sensi dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (recante "Norme per l'edilizia residenziale"), applicabile ratione temporis, sono rispettivamente:
- "interventi di restauro e risanamento conservativo quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio" (art. 31 comma 1 lettera c);
- "interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti" (art. 31 comma 1 lettera d).
Tali definizioni tipologiche prevalgono e si impongono sulle previsioni e prescrizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, secondo l'inequivoca disposizione del comma 2 dell'art. 31.
In effetti, anche l'art. 3 comma 1 lettere c) e d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (recante "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia") ripropone le suddette definizioni, salvo l'ampliamento della nozione di ristrutturazione edilizia alla "...demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".
Orbene, la differenza tra restauro e risanamento conservativo, da un lato, e ristrutturazione edilizia dall'altro, risiede essenzialmente nella conservazione formale e funzionale dell'organismo edilizio che connota il primo rispetto alla seconda.
Ne consegue che è consentita, negli interventi di restauro e risanamento conservativo, la sostituzione di parti anche strutturali e in generale di elementi costitutivi degli edifici (strutture portanti, pareti perimetrali: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, novembre 2012, n. 5818, vedi anche Sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4694), e quindi anche un rinnovo sistematico e globale purché nel rispetto degli elementi essenziali tipologici, formali e strutturali (Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2981).
Orbene, nel caso di specie deve recisamente escludersi che i profili segnalati dall'appellante, già ricorrente in primo grado, connotino l'intervento quale ristrutturazione edilizia, e ciò sia con riferimento lavori relativi al "....camino situato all'interno dell'edificio..." (pag. 3 dell'appello), sia con riguardo alla realizzazione a piano terra, già destinato a negozi, di "locali passanti" ed anche delle opere ai due piani superiori intese alla realizzazione di destinazioni d'uso abitative compatibili (pag. 15-16 dell'appello), peraltro volte a ripristinare quelle originarie (l'appellante stessa rileva a pag. 14 dell'appello che ai piani superiori vi erano alloggi poi trasformati in depositi a servizio dei negozi sottostanti).
Ne consegue che l'intervento assentito con la concessione edilizia n. 165/95 del 13 dicembre 1995 non contrasta con l'invocata normativa tecnica attuativa, che comunque non può modificare la individuazione tipologica di cui all'art. 31 comma 1 lettere c) e d) della legge n. 457/1978.
2.2.3) Non ha infine maggior fondatezza il terzo motivo del ricorso in primo grado, riprodotto in appello, concernente la pretesa omessa comunicazione dell'avvio del procedimento di rilascio della concessione edilizia.
La legittimazione a impugnare il titolo edilizio non implica, infatti, che nel caso di specie Manes Ingros S.a.s. avesse titolo alla comunicazione ex art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, poiché a tal fine occorre che il soggetto terzo potenzialmente esposto a pregiudizio sia inequivocamente "individuato o facilmente individuabile", e quindi che l'Amministrazione procedente abbia piena e puntuale conoscenza che esista un controinteressato all'emanazione del provvedimento.
3.) In conclusione, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso in primo grado perché infondato nel merito.
4.) Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio d'appello, restando compensate quelle del giudizio di primo grado, in relazione alla mancata costituzione in giudizio delle parti appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull'appello in epigrafe n.r. 9700/2005:
1) accoglie il motivo d'appello relativo all'erronea declaratoria d'inammissibilità del ricorso in primo grado e rigetta gli ulteriori motivi d'appello, ripropositivi delle censure dedotte con il ricorso in primo grado, e per l'effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sez. II, n. 3405 del 23 settembre 2004, rigetta il ricorso proposto in primo grado;
2) dichiara non luogo a provvedere sulle spese del giudizio d'appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)