Nota critica a Cassazione, Sez. III penale, n. 7423/2015.
di Massimo GRISANTI
Con la sentenza in commento la III Sez. penale (Pres. Mannino, Est. Scarcella) ha rinviato al Tribunale del Riesame l’accertamento tanto della qualificazione di illiceità di un permesso di costruire che ha autorizzato la costruzione di edifici in violazione di norme sostanziali in materia di governo del territorio, quanto della componente soggettiva dei ricorrenti che hanno fatto legittimo affidamento sul titolo abilitativo edilizio.
Il Collegio della Suprema Corte ha così deciso operando preventivamente una distinzione tra atto illegittimo ed atto illecito e richiamando, a quest’ultimo proposito, la decisione delle SS.UU. n. 3 del 31/1/1987 nella quale fu affermato che “Si verte invece in ipotesi di assenza dell’atto … non solo quando l’atto in questione sia stato emesso da organo assolutamente privo del potere di provvedere, ma anche qualora il provvedimento sia frutto di attività criminosa …”.
Precisando meglio il proprio pensiero, il Collegio giudicante afferma che “… Al fine della qualificazione del fatto come integrante l’ipotesi di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, non è sufficiente la mera illegittimità del permesso di costruire ma è necessaria la macroscopica illegittimità di tale atto amministrativo che lo qualifichi in termini di illiceità”.
Le critiche che vengo a muovere alla sentenza si fondano sostanzialmente nella mancata risposta, sino ad oggi e da parte dei Giudici penale, a due questioni:
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La portata innovatrice, in ordine all’attribuzione del potere, da parte dell’art. 13 del d.P.R. n. 380/2001, intitolato “Competenza al rilascio del permesso di costruire”;
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L’individuazione del discrimine tra “abuso edilizio” e “lottizzazione abusiva”.
A sommesso avviso di chi scrive, attraverso l’intitolazione dell’art. 13 T.U.E. il legislatore ha voluto porre fine alla figura dell’eccesso di potere quale motivi di illegittimità del titolo abilitativo.
In soldoni, il dirigente è titolare di un confinato potere di rilascio oltre il quale non può più parlarsi di permesso illegittimo, ma di permesso nullo per difetto assoluto di attribuzione. Se il permesso contrasta con la disciplina sostanziale, ovverosia diversa da quella meramente procedurale e che costituisce il limite invalicabile del potere e del suo esercizio, si è in presenza di atto nullo. Del resto, il Consiglio di Stato ha più volte affermato che in caso di annullamento di permesso contrastante con norme sostanziali non è possibile invocare la speciale sanatoria pecuniaria prevista dall’art. 38 T.U.E.
Inoltre, lo scrivente ribadisce il proprio avviso che costituisce abuso edilizio solamente la realizzazione di un’opera sine titulo (comprendendo in ciò anche la difformità dal titolo) per la quale è rilasciabile il permesso a sanatoria ex art. 36 T.U.E. In caso diverso siamo in presenza di lottizzazione abusiva perché è la stessa insanabilità che costituisce prova dell’attitudine della res illecita ad influenzare la potestà pianificatoria e programmatoria dell’Ente locale (la cui riserva è tutelata dalle norme penali).
E’ auspicabile che la Suprema Corte chiarisca.
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Scritto il 18 marzo 2015