TAR Campania (SA) sent. n. 2350-2351-2352-2353 del 25 marzo 2010
Urbanistica. Interventi in zona vincolata (ecomostri di Montecorice)
1. Il vincolo di inedificabilità dell’area, di cui all’art. 9 l. n. 47/5, in quanto imposto ex lege prima della esecuzione delle opere stesse, preclude al ricorrente, in applicazione della previsione ostativa di cui alla lett. d) dell’art. 33 l. n. 47/85, la sanatoria delle opere realizzate successivamente all’entrata in vigore dell’art. 9 della citata legge, sulla base di un titolo, legittimamente annullato dal Comune
2. La pronuncia cautelare favorevole, pertanto, non preclude alla P.A. una rivisitazione dei propri atti e l’adozione di un nuovo provvedimento, radicato ad una diversa valutazione, come è avvenuto nella fattispecie in esame, nella quale la P.A. ha sostituito al precedente atto, recante un particolare assetto degli interessi esaminati e definiti con il provvedimento impugnato con il ricorso r.g. n. 812 del 1990, un nuovo provvedimento, diverso da quello precedente. L’art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241 stabilisce la non annullabilità dell’atto impugnato per violazione delle norme sul procedimento, sulla forma degli atti e sull’obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento, quando sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato
3. in materia di esecuzione di lavori edilizi nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, la cessazione di validità del nulla osta ambientale si verifica automaticamente per il solo fatto obiettivo del decorso del termine quinquennale previsto ex art. 16 r. d. 3 giugno 1940 n. 1537, senza che possano rilevare fatti impeditivi ancorché di carattere assoluto, quali il factum principis o la causa di forza maggiore, ivi compreso il sequestro del cantiere.
4. L’art. 15 della l. n. 1497/1939 autorizza l’edizione del potere demolitorio della P.A. a fronte di opere lesive delle bellezze panoramiche protette, in alternativa al pagamento di un’indennità. La giurisprudenza di merito ha chiarito che rientra nella valutazione discrezionale della p. a. stabilire se si debba adottare la sanzione pecuniaria o la demolizione, in caso di costruzioni lesive dell’interesse paesistico e che detta valutazione risulta, in via di principio, insuscettibile di sindacato in sede di legittimità, precisandosi, altresì, che deve ritenersi implicita tale valutazione allorquando, nel provvedimento sanzionatorio sia evidenziata la gravità del danno all’ambiente. Le rassegnate considerazioni autorizzano anche la reiezione della sesta censura intesa a criticare la mancata esplicitazione delle ragioni della scelta della sanzione demolitoria in luogo di quella pecuniaria, essendo chiarito nell’atto che “i lavori attualmente in corso risultano abusivi ed eccessivamente incidenti sul contesto ambientale”.
5. parte ricorrente non ha più interesse alla decisione del ricorso, atteso che la concessione edilizia del cui diniego di proroga e declaratoria di decadenza si discute con l’atto in esame, è stata successivamente annullata dal Comune
Segnalazione e massime a cura dell’Avv. M. Balletta
N. 02350/2010 REG.SEN.
N. 00812/1990 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 812 del 1990, proposto da:
Russo Angelo, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Francesco Accarino e Antonio Brancaccio, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Salerno, largo Dogana Regia, N.15;
contro
Comune di Montecorice, in persona del Sindaco legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso, giusta procura apposta in calce alla copia notificata del ricorso introduttivo e delibera consiliare n. 100 del 4 luglio 1990, dall'avv. Tommaso Jovino, con il quale elettivamente domicilia in Salerno, p.zza Portanova N.1 presso avv. Paolo Tarallo
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento sindacale del 19.3.1990 recante diniego di proroga di efficacia della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981, nonché declaratoria di decadenza della citata concessione edilizia;
di ogni atto connesso;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montecorice;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/01/2010 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.- Premette il sig. Angelo Russo, con l’atto notificato il 17 maggio 1990, depositato il 30 maggio 1990, di aver ottenuto in data 4.3.1981 concessione edilizia n. 178 per la costruzione di ville plurifamiliari in località Pennino di Montecorice su una superficie di mq 4355, su conforme nulla osta della Regione Campania del 13.8.80 n. 10093 (parere n. 2418 del 6.8.1980) e su pareri 92/2, 94/7 espressi nella seduta del 15.10.80 e 22.1.1981 dalla c.e.c., le cui opere vennero sospese e sequestrate dal Pretore di Agropoli in data 4.9.1982, sul presupposto che l’area interessata era stata percorsa da incendi e rientrava nei piani previsti dall’art. 1 l. 1.3.1975 n. 47, e, come tale, inedificabile; aggiunge che dopo il dissequestro dell’area, disposto nel 1989 dalla Suprema Corte di Cassazione, è stato comunque ostacolato nella ripresa dell’attività edilizia dapprima dal Sindaco che, su segnalazione della Soprintendenza, ordinava la sospensione dei lavori e poi dal P.M. presso la Pretura Circondariale di Vallo della Lucania che sequestrava i beni, dissequestrati poi, con ordinanza del Tribunale di Salerno in data 10.1.1990; impugna il diniego opposto dal Sindaco di Montecorice all’istanza di proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 nonché la contestuale declaratoria di decadenza della concessione edilizia, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
2.- Resiste in giudizio il Comune di Montecorice chiedendo la reiezione dell’istanza perché inammissibile ed infondata. .
3.- Con ordinanza n. 455 del 7.6.1990, risulta favorevolmente esitata l’istanza di tutela cautelare.
4.- All’udienza del 14.1.2010, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse alla decisione, alla stregua delle considerazioni che seguono.
1.- Per giurisprudenza consolidata, l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto d’interesse alla decisione, dell’impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo si verifica quando interviene o un diverso provvedimento, il quale, come suo proprio effetto, muti le situazioni giuridiche in modo tale da rendere inutile la pronuncia richiesta al giudice amministrativo; o quando si verifichi una situazione in fatto o in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione del gravame; si tratta, cioè, di una semplice applicazione della regola processuale dell’interesse ad agire, il quale non solo deve sussistere al momento della proposizione del ricorso, ma deve altresì permanere al momento della pronuncia, per evitare attività giurisdizionale inutile.
Si è precisato, altresì, che la concreta individuazione delle ipotesi di sopravvenuta improcedibilità deve essere ancorata a criteri restrittivi, tenuto che :
-non deve tradursi in una sostanziale elusione dell’obbligo del giudice di pronunciarsi sulla domanda;
- l’interesse residuo alla pronuncia sul merito della controversia va inteso nella sua massima ampiezza, alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell’eventuale sentenza di accoglimento;
- la persistenza dell’interesse va valutata considerando anche le possibili ulteriori iniziative attivate (o attivabili) dal ricorrente per soddisfare la pretesa vantata (Cons. St. Sez. V 10 marzo 1997 n. 242).
1.b.- Trasponendo le citate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, deve convenirsi che parte ricorrente non ha più interesse alla decisione del ricorso, atteso che la concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981, del cui diniego di proroga e declaratoria di decadenza si discute con l’atto in esame, è stata successivamente annullata dal Comune di Montecorice con un sopravvenuto e diverso provvedimento (anch’esso impugnato) recante, ad avviso del Collegio, una nuova valutazione dell’atto concessorio, conclusasi, all’esito di un processo di revisione, con la caducazione della precedente determinazione (impugnata con il ricorso in esame) e l’adozione di un nuovo atto, parimenti sfavorevole alla parte (impugnata con il ricorso r. g. n. 2020 del 1990, all’esame del Collegio in pari udienza).
Risulta evidente che, allo stato il ricorrente non ha più interesse alla decisione del ricorso dal momento che, per quanto innanzi detto, l’interesse della stesso devesi ritenere trasferito e concentrato sul nuovo e sopravvenuto provvedimento, parimenti pregiudizievole, siccome negativamente incidente sulla sfera giuridica dell’interessato.
Ciò stante non resta al Collegio che definire con una pronuncia in rito il ricorso in esame.
2.- Sussistono giusti motivi per procedere all’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso numero di registro generale 812 del 1990, proposto da Russo Angelo, lo dichiara improcedibile nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la resente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14/01/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Antonio Esposito, Presidente
Filippo Portoghese, Consigliere
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 02351/2010 REG.SEN.
N. 00166/1991 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 166 del 1991, proposto da:
Russo Angelo, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto introduttivo, dagli avv.ti Francesco Accarino e Antonio Brancaccio, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Salerno, largo Dogana Regia, N.15;
contro
Ministero Per i Beni Culturali e Ambientali, in persona del Ministro p. t. rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
Soprintendenza Beni Ambientali, Architettonici Artistici e Storici di Salerno ed Avellino.
Comune di Montecorice;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia
del decreto ministeriale del 23.10.90 recante sospensione dei lavori e ordine di ripristino dello stato dei luoghi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni Culturali e Ambientali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/01/2010 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.- Premette il sig. Angelo Russo, con l’atto notificato il 12 gennaio 1991, depositato il 17 gennaio 1991, di aver ottenuto in data 4.3.1981 concessione edilizia n. 178 per la costruzione di ville plurifamiliari in località Pennino di Montecorice su una superficie di mq 4355, su conforme nulla osta della Regione Campania del 13.8.80 n. 10093 (parere n. 2418 del 6.8.1980) e su pareri 92/2, 94/7 espressi nella seduta del 15.10.80 e 22.1.1981 dalla c.e.c., le cui opere vennero sospese e sequestrate dal Pretore di Agropoli in data 4.9.1982, sul presupposto che l’area interessata era stata percorsa da incendi e rientrava nei piani previsti dall’art. 1 l. 1.3.1975 n. 47, e, come tale, inedificabile; aggiunge che dopo il dissequestro dell’area, disposto nel 1989 dalla Suprema Corte di Cassazione, è stato comunque ostacolato nella ripresa dell’attività edilizia dapprima dal Sindaco che, su segnalazione della Soprintendenza, ordinava la sospensione dei lavori e poi dal P.M. presso la Pretura Circondariale di Vallo della Lucania che sequestrava i beni, dissequestrati poi, con ordinanza del Tribunale di Salerno in data 10.1.1990; evidenzia di aver impugnato innanzi al Tar il diniego opposto dal Sindaco di Montecorice all’istanza di proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 nonché la contestuale declaratoria di decadenza della concessione edilizia; precisa che subito dopo la notifica dell’ordinanza n. 455 del 7.6.1990 favorevole del Tar Salerno, resa nel ricorso r. g. n. 812/90, il Sindaco emetteva l’atto di sospensione dei lavori per addivenire successivamente all’annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981; specifica di essere stato, infine, raggiunto anche dall’ordine di sospensione dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi emesso dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, avverso il quale l’interessato insorge chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
2.- Resiste in giudizio il Ministero intimato chiedendo la reiezione dell’istanza perché inammissibile ed infondata.
3.- Non risulta costituito in giudizio il Comune di Montecorice.
4.- All’udienza del 14.1.2010, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e soggiace alla relativa declaratoria di reiezione, alla stregua delle considerazioni che seguono.
1.- Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole dell’esistenza di vizi formali del provvedimento amministrativo gravato, evidenziando la mancanza nel provvedimento di indicazioni in ordine all’oggetto, all’ufficio ed alla persona del responsabile del procedimento.
La doglianza non ha pregio atteso che a seguito dell’entrata in vigore della l. 15 del 2005, recante modifiche ed integrazioni alla l. n. 241 del 1990, giusta previsione dell’art. 21 octies, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Nella specie, l’atto sanzionatorio impugnato in quanto adottato nell’esercizio di un’attività vincolata, risulta impermeabile alla censura proposta, per quanto innanzi detto.
2.- Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente censura il presupposto da cui origina l’atto e cioè l’intervenuta scadenza del nulla osta ambientale rilasciato dalla Regione in data 13.8.1980, assumendo che detta autorizzazione dovrebbe ritenersi ancora valida, essendo la mancata ultimazione delle opere ascrivibile al “factum principis” delle varie sospensioni e dei vari sequestri intervenuti nel decennio trascorso.
La doglianza non può essere accolta alla luce della giurisprudenza, anche di questo Tribunale, a mente delle cui acquisizioni, in materia di esecuzione di lavori edilizi nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, la cessazione di validità del nulla osta ambientale si verifica automaticamente per il solo fatto obiettivo del decorso del termine quinquennale previsto ex art. 16 r. d. 3 giugno 1940 n. 1537, senza che possano rilevare fatti impeditivi ancorchè di carattere assoluto, quali il factum principis o la causa di forza maggiore, ivi compreso il sequestro del cantiere (Tar Salerno 10.10.1997 n. 422; Cons. St. Sez. VI n. 708 del 1997).
3.- Infondato si rivela anche il terzo motivo di ricorso con il quale parte deducente si duole dell’ordine di sospensione dei lavori per difetto di motivazione ed incompatibilità con l’ordine di ripristino.
Al contrario di quanto dedotto, il provvedimento impugnato non solo risulta adeguatamente motivato con riferimento alle difformità delle opere eseguite rispetto al titolo assentito ed alla scadenza del nulla osta ambientale, ma in quanto funzionale al contestuale ordine di ripristino dello stato dei luoghi, deve ritenersi anche ragionevole e congruo alle finalità perseguite.
Le riferite conclusioni autorizzano anche la reiezione della quarta censura intesa a sostenere l’inesistenza di difformità delle opere eseguite rispetto a quelle autorizzate.
.4.- Risulta infondato anche il quinto motivo di ricorso inteso a dimostrare l’inconferenza dell’art. 15 della l. n. 1497/1939 al caso in esame.
Contrariamente a quanto dedotto, l’articolo in questione autorizza l’edizione del potere demolitorio della P.A. a fronte di opere lesive delle bellezze panoramiche protette, in alternativa al pagamento di un’indennità. La giurisprudenza di merito ha chiarito che rientra nella valutazione discrezionale della p. a. stabilire se si debba adottare la sanzione pecuniaria o la demolizione, in caso di costruzioni lesive dell’interesse paesistico e che detta valutazione risulta, in via di principio, insuscettibile di sindacato in sede di legittimità, precisandosi, altresì, che deve ritenersi implicità tale valutazione allorquando, nel provvedimento sanzionatorio sia evidenziata la gravità del danno all’ambiente (Cons. St. Sez. VI n. 646 del 1987).
5.- Le rassegnate considerazioni autorizzano anche la reiezione della sesta censura intesa a criticare la mancata esplicitazione delle ragioni della scelta della sanzione demolitoria in luogo di quella pecuniaria, essendo chiarito nell’atto che “i lavori attualmente in corso risultano abusivi ed eccessivamente incidenti sul contesto ambientale”
6.- Parimenti infondata risulta la censura contenuta nel settimo motivo di ricorso intesa ad evidenziare l’incompetenza del Ministro nell’adozione dell’atto sanzionatorio.
In realtà parte deducente è dell’avviso che, pur sussistendo in capo all’autorità ministeriale un potere concorrente, detto potere sanzionatorio sarebbe esercitabile soltanto a seguito di inadempimento della Regione.
La tesi è infondata stante l’insussistenza, nel quadro normativo che governa la fattispecie in esame, di una simile previsione, risultando, al contrario, l’autorità ministeriale titolare di un autonomo potere sanzionatorio indipendente e funzionale alla tutela affidata dalla legge.
6.- Quanto, infine, alla dedotta carenza, nell’atto gravato, dell’interesse pubblico utile a giustificare siffatto provvedimento, è appena il caso di osservare che l’interesse pubblico risulta specificamente individuato, sia pure con succinta motivazione, nell’esigenza di tutela ambientale.
Può concludersi per la reiezione del ricorso.
7.- Sussistono giusti motivi per procedere all’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso numero di registro generale 166 del 1991, proposto da Russo Angelo, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14/01/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Antonio Esposito, Presidente
Filippo Portoghese, Consigliere
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 02353/2010 REG.SEN.
N. 01502/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1502 del 2002, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Russo Angelo, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Antonio Brancaccio e Francesco Accarino, presso il primo elettivamente domiciliato in Salerno, largo Dogana Regia, N.15;
contro
Comune di Montecorice, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso notificato in copia e delibera n. 71 del 27 maggio 2002, dall'avv. Tommaso Jovino, con il quale elettivamente domicilia in Salerno, piazza Portanova N.1 presso avv. P.Tarallo;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
Soprintendenza B.A.A.A.S. Salerno ed Avellino,
Regione Campania;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’atto di diniego del 19.3.2002 di concessione in sanatoria( ai sensi della l. n. 47/85 e 724/94);.
di ogni atto connesso e segnatamente del parere contrario della c.e.c.i., previa riunione delle istanze presentate dal ricorrente il 30.9.1986 n. 4885 e il 28.2.1995 prot. n. 1108, espresso nella seduta dell’8.3.2001 con verbale n. 03-decisione n. 01; della nota del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza ai B.A.A.A.S di Salerno ed Avellino prot. n. 1205, pervenuta al Comune in data 5.2.2001 prot. n. 812, non conosciuta; della delibera della Giunta della Regione Campania del 14.7.1987 n. 3262, non conosciuta; nonché
Con i MOTIVI AGGIUNTI, notificati il 29 settembre 2009, depositati il 14 ottobre 1009, per l’annullamento :
della determinazione n. 001 del Comune di Montecorice del 19.3.2002, resa ex art. 151 d. lgs n. 490/1999, non notificata ed affissa all’Albo Pretorio al n. reg. 8431 del 21.3.2002 con la quale non è stata concessa l’autorizzazione ex art. 151 in conformità al parere espresso dalla Commissione Edilizia Comunale Integrata espresso nella seduta dell’8.3.2001 con verbale n. 03-decisione n. 01;
del sopra menzionato verbale, non notificato e/o comunicato.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montecorice;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/01/2010 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.- Premette il sig. Angelo Russo, con l’atto notificato il 24 maggio 2002, depositato il 14 giugno 2002, di aver ottenuto in data 4.3.1981 concessione edilizia n. 178 per la costruzione di ville plurifamiliari in località Pennino di Montecorice su una superficie di mq 4355, su conforme nulla osta della Regione Campania del 13.8.80 n. 10093 (parere n. 2418 del 6.8.1980) e su pareri 92/2, 94/7 espressi nella seduta del 15.10.80 e 22.1.1981 dalla c.e.c., le cui opere vennero sospese e sequestrate dal Pretore di Agropoli in data 4.9.1982, sul presupposto che l’area interessata era stata percorsa da incendi e rientrava nei piani previsti dall’art. 1 l. 1.3.1975 n. 47, e, come tale, inedificabile; aggiunge che dopo il dissequestro dell’area, disposto nel 1989 dalla Suprema Corte di Cassazione, è stato comunque ostacolato nella ripresa dell’attività edilizia dapprima dal Sindaco che, su segnalazione della Soprintendenza, ordinava la sospensione dei lavori e poi dal P.M. presso la Pretura Circondariale di Vallo della Lucania che sequestrava i beni, dissequestrati poi, con ordinanza del Tribunale di Salerno in data 10.1.1990; evidenzia di aver impugnato innanzi al Tar il diniego opposto dal Sindaco di Montecorice all’istanza di proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 nonché la contestuale declaratoria di decadenza della concessione edilizia; precisa che subito dopo la notifica dell’ordinanza n. 455 del 7.6.1990 favorevole del Tar Salerno, resa nel ricorso r. g. n. 812/90, il Sindaco emetteva l’atto di sospensione dei lavori (impugnato con il ricorso r. g. n. 166 del 1991), per addivenire successivamente all’annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 (impugnato con il ricorso r. g. n. 2020 del 1990); specifica di essere stato, infine, raggiunto anche dall’ordine di sospensione dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi emesso dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (impugnato con il ricorso r. g. n. 166 del 1991); aggiunge di aver presentato ben due istanze di condono edilizio, la prima (prot. n. 4885 del 30.9.1986 ex l. n. 47/86) per sanare alcune modifiche apportate a due dei quattro fabbricati; la seconda (prot. n. 1108 del 28.2.1995 ex l. n. 724/94), a mero scopo cautelativo, per tutti i fabbricati; respinte dall’amministrazione comunale con il provvedimento in questa sede impugnato, che l’interessato censura per violazione di legge ed eccesso di potere sotto concorrenti e plurimi profili.
2.- Resiste in giudizio il Comune di Montecorice chiedendo la reiezione dell’istanza perché inammissibile ed infondata.
3.- Resiste, altresì, formalmente il Ministero intimato.
4.- All’udienza del 14.1.2010, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Può prescindersi dalla disamina delle eccezioni in rito, essendo il ricorso infondato nel merito.
1.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del provvedimento, in epigrafe meglio specificato, con il quale la resistente amministrazione comunale ha respinto le due istanze di condono edilizio, la prima (prot. n. 4885 del 30.9.1986 ex l. n. 47/86) intesa a sanare alcune modifiche apportate a due dei quattro fabbricati realizzati; la seconda (prot. n. 1108 del 28.2.1995 ex l. n. 724/94), relativa a tutti i quattro fabbricati, presentate dal ricorrente Russo Angelo.
Gioverà ricordare che delle due istanze in questione, la seconda, venne presentata dal Russo “a mero scopo cautelativo, stante il provvedimento di annullamento della concessione originaria” (pag. 4 del ricorso), la n. 178 del 4.3.1981 (impugnata con ricorso r. g. n. 2020 del 1990, pure in trattazione in pari udienza)
L’atto impugnato, dopo aver richiamato nelle premesse, trascrivendoli, sia il parere (sfavorevole) della Commissione edilizi integrata, sia la determina dirigenziale parimenti negativa e il diniego di autorizzazione, conclude per la reiezione sulla scorta del parere della c.e.c.i. avendone condivisa la motivazione.
L’amministrazione comunale, in definitiva, si è negativamente determinata in ordine all’invocata sanatoria, affermando che :
“ è da condividere il parere espresso dalla Commissione Edilizia Comunale Integrata nella seduta dell’8 marzo 2001, verbale n. 03, decisione n. 01; :
-le opere abusive di cui alle istanze di sanatoria ricadono in zona di “conservazione integrale” del P.T.P. ed in zona “UNO” del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano;
-la località interessata dall’intervento ricade in area dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939, giusta D.M. 20 marzo 1969;
-le strutture di cui si richiede la sanatoria se completate comprometterebbero in maniera irreversibile l’aspetto paesistico ambientale del sito ben visibile da più punti di belvedere:
-le opere previste se effettuate risulterebbero incompatibili con la tutela e la riqualificazione ambientale del contesto nel quale le stesse dovrebbero essere inserite;
-l’intervento se attuato comporterebbe l’alterazione di tratti caratteristici della località protetta che sono la ragione stessa per cui la località medesima è sottoposta a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale attualmente vigente;
-l’intervento evidenzia delle valenze paesaggistiche di notevole impatto ambientale sia per la consistenza dell’intervento sia per il numero delle unità abitative ad esso connesso, in zona completamente priva di urbanizzazione.
Avverso le citate motivazioni, parte ricorrente deduce ben sei motivi di ricorso che, ad avviso del Collegio, non colgono nel segno.
2.- Preliminarmente il Collegio deve darsi carico della sesta ed ultima censura, con la quale si deduce che l’atto impugnato sarebbe illegittimo siccome firmato dal Sindaco e dal responsabile del procedimento, in violazione del principio di separazione tra programmazione e gestione di cui all’art. 6 della legge n. 127/97, dal momento che, se detta doglianza dovesse risultare, in tesi, fondata, essa sarebbe pregiudiziale ed assorbente di tutte le altre dedotte.
La censura deve essere respinta siccome infondata, atteso che, anche alla luce della giurisprudenza di questo Tribunale (Tar Salerno n. 729 del 2007), peraltro conforme alla giurisprudenza dominante (ex multis Cons. St. Sez. IV 3 giugno 1997 n. 603), l’eventuale firma apposta sull’atto amministrativo dall’organo politico unitamente a quella del funzionario non rende, per ciò siolo, illegittimo il provvedimento atteso che, in applicazione dei principi generali di conservazione degli atti giuridici e dell’utile per inutile non vitiatur, il provvedimento amministrativo deve stimarsi sicuramente legittimo perché imputabile all’organo burocratico che, in base ai principi correnti, ne ha la competenza. .
3.- Sgombrato il campo dalla censura d’incompetenza, deve dirsi che il provvedimento impugnato risulta impermeabile alle doglianze rassegnate.
Come innanzi riferito, l’amministrazione comunale ha respinto le istanze di sanatoria, con una motivazione pluristrutturata asserendo, in primis, che “ è da condividere il parere espresso dalla Commissione Edilizia Comunale Integrata nella seduta dell’8 marzo 2001, verbale n. 03, decisione n. 01.”
Orbene, tra le ragioni ostative al rilascio della concessione in sanatoria, la Commissione integrata pone l’inedificabilità dell’area ex art. 9 l. n. 47/75, opponendo, in sostanza, la non sanabilità delle opere ex art. 33 l. n. 47/85.
Ad avviso del Collegio, il diniego è fondato e non risulta scalfito dalle argomentazioni opposte, per le argomentazioni che seguono.
3.a.- Con legge 1 marzo 1975 n. 47 (in G.U. n. 72 del 14.3.1975) rubricata “Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”, furono introdotte una serie di disposizioni con le quali si demandava ad appositi piani regionali ed interregionali, la difesa e la conservazione del patrimonio boschivo minacciato dagli incendi, prevedendosi all’at. 9, comma quarto, espressamente che “Nelle zone boscate, comprese nei piani di cui all’articolo 1 della presente legge, i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuoco, è vietato l’insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo. Tali zone non possono comunque avere una destinazione diversa da quella in atto prima dell’incendio”.
Con l’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, alla citata disposizione venne aggiunto la precisazione che “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”.
Successivamente la legge n. 47 del 1975, è stata abrogata e sostituita dalla l. n. 353/2000, rubricata come “Legge-Quadro in materia di incendi boschivi”.
Invero, in applicazione della citata normativa, l’amministrazione comunale legittimamente ha, dapprima, fondato il provvedimento di annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 risultando i terreni di proprietà del Russo essere stati percorsi da incendio e, successivamente ha utilizzato, tra l’altro, il citato referente normativo per denegare anche la concessione in sanatoria.
In sostanza, ha ritenuto insanabile l’opera ai sensi della lett. d), dell’art. 33. l. n. 47/85 a mente delle cui previsioni, “le opere di cui all’art. 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportano in edificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse : d) ogni altro vincolo che comporti la in edificabilità dell’area”.
Al riguardo, la difesa di parte ricorrente, oppone, elementi che non appaiono utili ad incrinare la ragione individuata dall’amministrazione.
3.b.- Si afferma, infatti, che “l’area di proprietà del ricorrente non è mai stata percorsa da incendio…l’evento dannoso del 23.8.78 ha percorso la proprietà di Russo Angelo da Montecorice, omonimo del ricorrente, proprietario di fondo confinante. La circostanza è documentata”.
Contrariamente a quanto dedotto, inficiano le difese di parte ricorrente :
-la nota n. 10647 del 6 novembre 1981 inviata dall’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Salerno alla Comunità Montana Alento Monte Stella, con la quale, reiterando quanto già riferito con nota del 16 gennaio 1981 n. 12883, si afferma che “la zona…è stata varie volte percorsa dal fuoco, ed è compresa nei piani di cui all’art. 1 della legge Regionale n. 47 dell’1.3.1975”;
-le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Pretore di Agropoli nel procedimento penale n. 845 dell’R.G. 1982, da cui risulta che “l’incendio di cui al verbale del 9 settembre 1978 si è realmente verificato” e che “il grado dei danni provocati dall’incendio è differenziato : nella parte bassa del fondo fino al limite dello sbancamento i danneggiamenti sono lievi e tali da non compromettere l’efficienza biologica del bosco; nella parte alta il bosco è stato nettamente compromesso”;
- la sentenza istruttoria n. 124/85 del Tribunale di Vallo della Lucania.
3.c.- Si afferma, altresì, nelle menzionate difese che “non poteva ipotizzarsi la sussistenza del divieto di insediamenti dell’art. 9 l. n. 47/75, in quanto, tale divieto non riguarda le aree già edificabili prima dell’incendio, in virtù di specifica destinazione urbanistica”.
Contrariamente a quanto dedotto, deve ritenersi applicabile nella specie il divieto di cui alla più volte richiamata normativa di tutela; infatti, accertato il passaggio del fuoco nell’agosto del 1978 e la natura boscata dell’area ( con la sentenza istruttoria sopra citata si precisa che la zona interessata “è parte integrante di un complesso boscato di pino d’aleppo…compresa nei piani antincendio elaborati dalla Regione Campania”) deve, comunque, ritenersi che, pur a fronte della astratta edificabilità (nei termini consentiti dalla normativa ambientale del sito con riferimento alla destinazione prevista dal programma di fabbricazione di Montecorice che la destinava a zona di sviluppo turistico) di cui alla pianificazione preesistente, all’epoca del rilascio della concessione edilizi n. 178 del 4.3.1981, il divieto di edificazione era pienamente operante, siccome scaturente dal quarto comma dell’art. 9 della l. n. 47/85, per niente subordinato all’entrata in vigore dei piani regionali ed interregionali di cui all’art. 1 l. n. 47/75.
A conferma delle conclusioni testè raggiunte, basterà osservare che la citata disposizione normativa venne modificata dall’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, a mente delle cui indicazioni “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”.
Né vale osservare che la modifica della norma è posteriore al rilascio della concessione annullata.
Ad avviso del Collegio, la modifica sopra riportata risulta meramente ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità conclamate di tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta inedificabilità delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato nella sua entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita.
Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 1990) stabilisce all’art. 10 comma 1, che : “…. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione…” escludendo in radice la possibilità di edificazione delle aree percorse da incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero edificabili prima dell’evento incendiario.
3.d.- Quanto, poi, alla ulteriore asserzione difensiva recante affermazione che tale divieto non “può assumere rilievo perché la proibizione dell’art. 9 riguarda le aree comprese nei piani approvati…ed all’epoca del rilascio della concessione non esisteva alcun piano” è appena il caso di osservare che le conclusioni innanzi raggiunte dal Collegio in ordine alla immediata applicabilità della disposizione scaturente dall’art. 9, comma quarto, siccome norma di ordine pubblico, inficiano l’argomentazione tracciata dalla difesa.
3.e.- Quanto, infine, al fatto che “tali circostanze esulano dalle valutazioni della CEI, che è esclusivamente tenuta a considerare gli elementi di compatibilità o incompatibilità con gli specifici valori e siti tutelati dal D.M. di vincolo” si osserva che la valutazione operata sul punto dalla Commissione è stata fatta propria dall’Amministrazione comunale competente alla finale determinazione, sicchè ogni censura al riguardo andava proposta avverso l’atto dell’ente e, nei limiti in cui può ritenersi censurata la finale determinazione, detta doglianza, per quanto già detto, deve ritenersi infondata.
Per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto, in applicazione del principio, ormai consolidato in giurisprudenza, a mente del quale allorchè il provvedimento amministrativo sia sorretto da una pluralità di ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse ( ex multis Con. St. Sez. 7 aprile 1991 n. 244; 20 dicembre 2002 n. 7251; 10 giugno 2005 n. 3052).
Nella specie, il vincolo di in edificabilità dell’area, di cui all’art. 9 l. n. 47/5, in quanto imposto ex lege prima della esecuzione delle opere stesse, preclude al ricorrente, in applicazione della previsione ostativa di cui alla lett. d) dell’art. 33 l. n. 47/85, la sanatoria delle opere realizzate successivamente all’entrata in vigore dell’art. 9 della citata legge, sulla base di un titolo, legittimamente annullato dal Comune di Montecorice.
Può concludersi per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti..
4.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, con parziale compensazione, nell’importo fissato in dispositivo..
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso e motivi aggiunti, r. g. n. 1502 del 2002, proposti da Russo Angelo, li rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti del Comune di Montecorice delle spese di lite che, parzialmente compensate, liquida in euro 1.500,00, oltre accessori.
Spese compensate nei confronti del Ministero.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14/01/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Antonio Esposito, Presidente
Filippo Portoghese, Consigliere
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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N. 02352/2010 REG.SEN.
N. 02020/1990 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2020 del 1990, proposto da:
Russo Angelo, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Francesco Accarino e Antonio Brancaccio, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Salerno, largo Dogana Regia, N.15;
contro
Comune di Montecorice, in persona del Sindaco legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato e delibera di G.M. n. 1 del 10 gennaio 1980, dall'avv. Tommaso Jovino, con il quale elettivamente domicilia in Salerno, p.zza Portanova N.1 presso avv. P. Tarallo;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. 4313 del 12.10.1990 del Sindaco di Montecorice, recante annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 nonché ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montecorice;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/01/2010 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.- Premette il sig. Angelo Russo, con l’atto notificato il 12 dicembre 1990, depositato il 21 dicembre 1990, di aver ottenuto in data 4.3.1981 concessione edilizia n. 178 per la costruzione di ville plurifamiliari in località Pennino di Montecorice su una superficie di mq 4355, su conforme nulla osta della Regione Campania del 13.8.80 n. 10093 (parere n. 2418 del 6.8.1980) e su pareri 92/2, 94/7 espressi nella seduta del 15.10.80 e 22.1.1981 dalla c.e.c., le cui opere vennero sospese e sequestrate dal Pretore di Agropoli in data 4.9.1982, sul presupposto che l’area interessata era stata percorsa da incendi e rientrava nei piani previsti dall’art. 1 l. 1.3.1975 n. 47, e, come tale, inedificabile; aggiunge che dopo il dissequestro dell’area, disposto nel 1989 dalla Suprema Corte di Cassazione, è stato comunque ostacolato nella ripresa dell’attività edilizia dapprima dal Sindaco che, su segnalazione della Soprintendenza, ordinava la sospensione dei lavori e poi dal P.M. presso la Pretura Circondariale di Vallo della Lucania che sequestrava i beni, dissequestrati poi, con ordinanza del Tribunale di Salerno in data 10.1.1990; evidenzia di aver impugnato innanzi al Tar il diniego opposto dal Sindaco di Montecorice all’istanza di proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 nonché la contestuale declaratoria di decadenza della concessione edilizia; precisa che subito dopo la notifica dell’ordinanza n. 455 del 7.6.1990 favorevole del Tar Salerno, pronunciata nel ricorso r. g. n. 812/90, il Sindaco emetteva l’atto di sospensione dei lavori per addivenire successivamente all’annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981, avverso il quale l’interessato insorge chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
2.- Resiste in giudizio il Comune di Montecorice chiedendo la reiezione dell’istanza perché inammissibile ed infondata.. .
3.- All’udienza del 14.1.2010, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di potere prescindere dalla disamina delle eccezioni in rito, essendo il ricorso infondato nel merito, alla stregua delle considerazioni che seguono.
1.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del provvedimento di secondo grado, in epigrafe meglio specificato, recante annullamento della concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 rilasciata dal Comune di Montecorice all’odierno ricorrente, sig. Angelo Russo, per l’edificazione di ville plurifamiliari in agro di Montecorice (SA), sulle particelle 191 e 192, foglio 19, località “Pennino”, che parte ricorrente censura con diverse doglianze..
Invero, il provvedimento sfavorevole, intervenuto a distanza di circa dieci anni dal rilascio dell’atto inciso, ed all’esito di un lungo contenzioso, risulta radicato ad una pluralità di motivi.
Nel corredo motivazionale dell’atto gravato, l’amministrazione comunale rimarca, in primis, la violazione del divieto di edificazione della zona interessata ex art. 9, 4° comma, l. 1° marzo 1975 n. 47 che, ad avviso del Collegio, risulta sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto, ed a rendere impermeabile il provvedimento alle censure proposte, in applicazione del principio, ormai consolidato in giurisprudenza, a mente del quale allorchè il provvedimento amministrativo sia sorretto da una pluralità di ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse ( ex multis Con. St. Sez. 7 aprile 1991 n. 244; 20 dicembre 2002 n. 7251; 10 giugno 2005 n. 3052).
2.- Per una migliore comprensione della vicenda in esame, occorrerà ricordare che, con legge 1 marzo 1975 n. 47 (in G.U. n. 72 del 14.3.1975) rubricata “Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”, furono introdotte una serie di disposizioni con le quali si demandava ad appositi piani regionali ed interregionali, la difesa e la conservazione del patrimonio boschivo minacciato dagli incendi, prevedendosi all’at. 9, comma quarto, espressamente che “Nelle zone boscate, comprese nei piani di cui all’articolo 1 della presente legge, i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuoco, è vietato l’insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo. Tali zone non possono comunque avere una destinazione diversa da quella in atto prima dell’incendio”.
Con l’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, alla citata disposizione venne aggiunto la precisazione che “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”.
Successivamente la legge n. 47 del 1975, è stata abrogata e sostituita dalla l. n. 353/2000, rubricata come “Legge-Quadro in materia di incendi boschivi”.
2.- Così sinteticamente ricostruito il quadro normativo in materia, deve convenirsi che l’amministrazione comunale legittimamente fonda il gravato provvedimento di secondo grado sulla previsione ostativa recata dall’art. 9, comma quarto, l. n. 47/75, risultando i terreni di proprietà del Russo essere stati percorsi da incendio.
Al riguardo, la difesa di parte ricorrente, oppone, con il sesto motivo di censura, elementi che non appaiono utili ad incrinare la ragione individuata dall’amministrazione.
2.a.- Si afferma, infatti, che “la zona di proprietà del ricorrente non è mai stata percorsa da incendio…l’evento dannoso del 23.8.78 ha percorso la proprietà di Russo Angelo da Montecorice, omonimo del ricorrente, proprietario di fondo confinante. La circostanza è documentata”.
Contrariamente a quanto dedotto, inficiano le difese di parte ricorrente :
-la nota n. 10647 del 6 novembre 1981 inviata dall’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Salerno alla Comunità Montana Alento Monte Stella, con la quale, reiterando quanto già riferito con nota del 16 gennaio 1981 n. 12883, si afferma che “la zona…è stata varie volte percorsa dal fuoco, ed è compresa nei piani di cui all’art. 1 della legge Regionale n. 47 dell’1.3.1975”;
-le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Pretore di Agropoli nel procedimento penale n. 845 dell’R.G. 1982, da cui risulta che “l’incendio di cui al verbale del 9 settembre 1978 si è realmente verificato” e che “il grado dei danni provocati dall’incendio è differenziato : nella parte bassa del fondo fino al limite dello sbancamento i danneggiamenti sono lievi e tali da non compromettere l’efficienza biologica del bosco; nella parte alta il bosco è stato nettamente compromesso”;
- la sentenza istruttoria n. 124/85 del Tribunale di Vallo della Lucania.
2.b.- Si afferma, altresì, nelle menzionate difese che “giammai poteva ipotizzarsi la sussistenza del divieto di insediamenti dell’art. 9 l. n. 47/75, in quanto, come è giurisprudenza costante, tale divieto non riguarda le aree già edificabili prima dell’incendio, in virtù di specifica destinazione urbanistica”.
Contrariamente a quanto dedotto, deve ritenersi applicabile nella specie il divieto di cui alla più volte richiamata normativa di tutela; infatti, accertato il passaggio del fuoco nell’agosto del 1978 e la natura boscata dell’area ( con la sentenza istruttoria sopra citata si precisa che la zona interessata “è parte integrante di un complesso boscato di pino d’aleppo…compresa nei piani antincendio elaborati dalla Regione Campania”) deve, comunque, ritenersi che, pur a fronte della astratta edificabilità (nei termini consentiti dalla normativa ambientale del sito con riferimento alla destinazione prevista dal programma di fabbricazione di Montecorice che la destinava a zona di sviluppo turistico) di cui alla pianificazione preesistente, all’epoca del rilascio della concessione edilizi n. 178 del 4.3.1981, il divieto di edificazione era pienamente operante, siccome scaturente dal quarto comma dell’art. 9 della l. n. 47/85, per niente subordinato all’entrata in vigore dei piani regionali ed interregionali di cui all’art. 1 l. n. 47/75.
A conferma delle conclusioni testè raggiunte, basterà osservare che la citata disposizione normativa venne modificata dall’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, a mente delle cui indicazioni “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”.
Né vale osservare che la modifica della norma è posteriore al rilascio della concessione annullata.
Ad avviso del Collegio, la modifica sopra riportata risulta meramente ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità conclamate di tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta inedificabilità delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato nella sua entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita.
Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 1990) stabilisce all’art. 10 comma 1, che : “…. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione…” escludendo in radice la possibilità di edificazione delle aree percorse da incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero edificabili prima dell’evento incendiario.
2.c.- Quanto, infine, alla ulteriore asserzione difensiva recante affermazione che tale divieto non “può assumere rilievo perché la proibizione dell’art. 9 riguarda le aree comprese nei piani approvati…ed all’epoca del rilascio della concessione non esisteva alcun piano” è appena il caso di osservare che le conclusioni innanzi raggiunte dal Collegio in ordine alla immediata applicabilità della disposizione scaturente dall’art. 9, comma quarto, siccome norma di ordine pubblico, inficiano l’argomentazione tracciata dalla difesa.
3.- Le rassegnate conclusioni autorizzano la reiezione delle censure rassegnate con riferimento ai vizi del procedimento amministrativo, dovendosi, invece, ritenere assorbite tutte le altre rivolte a censurare quelle parti motivazionali del provvedimento, non coincidenti con quella esaminate dal Collegio.
3.a.- E’ infondata la prima censura radicata alla presunta violazione dell’art. 21 l. n. 1034/1971, con la quale parte ricorrente tenta di sostenere che il provvedimento di annullamento impugnato configura un’elusione dell’ordinanza n. 455 del 7 giugno 1990, con la quale il Tar, adito in un distinto giudizio ( r. g. n. 812 del 1990) in sede impugnatoria di altro provvedimento recante diniego di proroga dell’efficacia della concessione e declaratoria di decadenza della concessione edilizia n. 178 del 1981, aveva favorevolmente esitato l’istanza di tutela cautelare.
E’ agevole osservare che il giudizio cautelare ha una vita processuale autonoma e non produce utilità sostanziali diverse o superiori rispetto a quelle che la decisione di merito può procurare alla parte (ex multis Csi 6 marzo 1998 n. 122).
La pronuncia cautelare favorevole, pertanto, non preclude alla P.A. una rivisitazione dei propri atti e l’adozione di un nuovo provvedimento, radicato ad una diversa valutazione, come è avvenuto nella fattispecie in esame, nella quale la P.A. ha sostituito al precedente atto, recante un particolare assetto degli interessi esaminati e definiti con il provvedimento impugnato con il ricorso r.g. n. 812 del 1990, un nuovo provvedimento, diverso da quello precedente.
3.b.- E’ infondato il secondo motivo di ricorso radicato alla violazione dell’indefettibile modulo partecipativo ex artt. 7 e 8 l. n. 241/90.
Al riguardo sarà sufficiente osservare che la l. n. 241/90 è stata significativamente modificata dalla legge n. 15/2005 che attraverso la c.d. dequotazione dei vizi formali dell’atto amministrativo ha spostato l’asse dell’azione amministrativa dal procedimento al provvedimento amministrativo.
In proposito, l’art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241 stabilisce la non annullabilità dell’atto impugnato per violazione delle norme sul procedimento, sulla forma degli atti e sull’obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento, quando sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Con ciò il legislatore non ha inteso degradare un vizio di legittimità in mera irregolarità né tanto meno prevedere una fattispecie esimente, ma semplicemente affidare al giudice adito il compito di valutare ex post se il provvedimento impugnato non poteva essere diverso , con la conseguenza di negare l’interesse a coltivare un giudizio dal quale il ricorrente non potrebbe ricavare alcuna utilità (Cons. St. Sez. V 23 gennaio 2008 n. 143).
Orbene, le conclusioni raggiunte dal Collegio in ordine alla legittimità dell’atto impugnato, per quanto innanzi detto, autorizzano la reiezione della censura.
3.- Per le medesime considerazioni deve stimarsi infondato anche il terzo motivo di gravame, radicato alla dedotta carenza dei presupposti dell’annullamento, avendo l’amministrazione comunale dato adeguatamente contezza, nell’articolata motivazione dell’atto di annullamento della ricorrenza di tutti i presupposti legittimanti l’adozione dell’atto impugnato.
Può concludersi per la reiezione del ricorso.
4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, con parziale compensazione, nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso numero di registro generale 2020 del 1990, proposto da Russo Angelo,lo rigetta.
Condanna il ricorrente Angelo Russo al pagamento nei confronti del Comune di Montecorice delle spese di lite che, parzialmente compensate, liquida in euro 1.500, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14/01/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Antonio Esposito, Presidente
Filippo Portoghese, Consigliere
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO