Pres. Casa Est. Casa Ric. Conto'
Urbanistica. Lottizzazione e buonafede acquirente e subacquirente
Il Tribunale affronta la questione relativa alla diligenza richiesta al terzo acquirente verificando se questa si debba sostanziare in comportamenti di tipo “attivo/dinamico” (ad esempio, esecuzione personale di visure, accessi agli uffici del Comune etc.) o sia sufficiente una condotta, per così dire, “passiva/statica”, che, ad esempio, si riduca al mero affidamento nelle informazioni fornite dal notaio rogante o dal venditore.
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
Dott.ssa Franca AMADORI Giudice
riunito in camera di consiglio il 16 ottobre 2009 nel procedimento n. 1304/09 (già n. 20/2009 R.G. Sequestri) ha pronunciato la seguente
a seguito della sentenza emessa in data 9.7.2009 con la quale la Corte di Cassazione Sezione III annullava l’ordinanza pronunciata da questo Tribunale per il riesame in data 15.1.2009 - confermativa del decreto di sequestro preventivo adottato il 22.12.2008 dal G.I.P. presso il Tribunale di Tivoli nei confronti di CONTO’ Elena - e rinviava al Tribunale di Roma per nuovo esame.
che, nel corso di indagini preliminari e all’esito di consulenza tecnica eseguita ex art. 359 c.p.p. nell’ambito del procedimento n. 3477/07 R.G.N.R., il GIP di Tivoli, in conformità alla richiesta del PM procedente, disponeva il sequestro preventivo di “otto costruzioni per civile abitazione”, insistenti su area - ubicata in Capena - di complessivi 40.000 mq, suddivisa in quattro lotti ed avente destinazione agricola;
che nella prospettazione accusatoria, ratificata dal GIP, la realizzazione di tali manufatti, avendo determinato una trasformazione urbanistica del territorio, destinato ad uso agricolo, sostanziava il reato di lottizzazione abusiva, contestato al capo A) della rubrica a SARMATI Flavio, SARMATI Cristina, TOCCI Serafina e SARMATI Paolo, destinatari dei permessi di costruire nn. 30/2001, 122/2001, 155/2000, 123/2001, 52/2001, 124/2001, 45/2001 e 125/2001, nonché al funzionario comunale APPOLLONI Mauro, che concesse i menzionati permessi (artt. 30 e 44 lett. c) D.P.R. n. 380/01);
che ai medesimi indagati venivano contestati ulteriori reati ai capi B) (art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380/01), C) (art. 181 D. L.vo n. 41/04 in relazione all’art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380/01), D) (artt. 83, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/01) ed E) (artt. 64, 65, 67, 71 e 72 D.P.R. n. 380/01);
che avverso detto decreto proponeva istanza di riesame con motivi riservati il difensore, munito di procura speciale, di CONTO’ Elena, terza interessata non indagata, che aveva acquistato, in data 24.7.2008 da NORI Sandro (a sua volta avente causa da SARMATI Flavio per atto del 25.1.2006), per atto pubblico di compravendita, la nuda proprietà di “un villino con annessa corte esclusiva sviluppantesi su tre livelli…composto di cinque virgola cinque vani catastali…”, sito nel comune di Capena, via Madonna due Ponti n. 72/C;
che, all’udienza del 15.1.2009, il Tribunale confermava il provvedimento impugnato alla luce delle seguenti considerazioni:
Il GIP di Tivoli ha fatto propria la richiesta del PM allegandola materialmente al provvedimento ablativo (“come da allegata richiesta del PM”) e alla stessa si è sostanzialmente richiamato.
Sotto il profilo del periculum in mora, il Giudice ha evidenziato come l’attività di lottizzazione abusiva fosse ancora in corso alla data del sequestro - ciò risultando dalle verifiche e dagli accertamenti di p.g., dalla relazione di C.T. in atti e dalla documentazione amministrativa acquisita - e come la prosecuzione della stessa avrebbe determinato un “grave pregiudizio per il corretto assetto territoriale e ambientale, nonché l’aggravio del c.d. carico urbanistico...tenuto conto dell’entità delle opere e della loro destinazione a civile abitazione in zona che è destinata ad agricoltura e con vincoli paesaggistici...”.
Il decreto di sequestro, peraltro, risulta emesso anche ai sensi dell’art. 321 comma 2 c.p.p., in funzione della confisca obbligatoria della lottizzazione.
Il difensore ha preliminarmente eccepito il difetto di coincidenza tra i dati catastali afferenti il bene della propria assistita (particella 462 sub. 504) e quelli indicati nel decreto impugnato, adducendo, nel merito, l’estraneità al reato de quo della CONTO’, quale terza acquirente in buona fede dell’immobile in sequestro, oggetto di concessione in sanatoria n. 20 rilasciata a SARMATI Flavio dal comune di Capena in data 13.11.2006; invocava, a tal proposito, il difensore l’applicazione del principio stabilito dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 42471/08 per i terzi acquirenti in buona fede.
Per una migliore comprensione della vicenda portata all’esame di questo Tribunale, occorre procedere ad una ordinata ricostruzione dei fatti, assente sia nella richiesta del PM che nel procedimento del GIP e presente in modo non del tutto puntuale nella relazione del C.T. del PM ing. Mollica, elaborato richiamato integralmente da tali atti.
Le varie informative di p.g. e la documentazione amministrativa, contrattuale, catastale e fotografica acquisita consentono, viceversa, unitamente alla relazione di C.T., di addivenire alla seguente cronologia degli eventi.
Con atto del notaio Mattiangeli in data 13.12.1999 n. raccolta 27397 n. repertorio 83823, SARMATI Flavio, SARMATI Cristina, TOCCI Serafina e SARMATI Paolo permutavano alcuni terreni agricoli di loro proprietà, tutti ubicati in Capena, località Monte Cappella, e, precisamente:
- TOCCI Serafina cedeva a SARMATI Paolo, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 358 (N.C.T. foglio 15, particelle: 421, già 358/b, di mq 161 e 422, già 358/c, di mq 197);
- SARMATI Paolo cedeva a TOCCI Serafina, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 358 (N.C.T. foglio 15, particella 426, già 359/d, di mq 358);
- SARMATI Paolo cedeva a SARMATI Flavio, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 360 (N.C.T. foglio 15, particelle: 424, già 359/b, di mq 166 e 425, già 359/c, di mq 194);
- SARMATI Flavio cedeva a SARMATI Paolo, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 360 (N.C.T. foglio 15, particelle: 429, già 360/c, di mq 238 e 431, già 360/e, di mq 122);
- SARMATI Flavio cedeva a SARMATI Cristina, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 964 (N.C.T. foglio 15, particelle: 428, già 360/b, di mq 523 e 430, già 360/d, di mq 441);
- SARMATI Cristina cedeva a SARMATI Flavio, che allo stesso titolo acquistava, un terreno agricolo della superficie di mq 964 (N.C.T. foglio 15, particelle: 433, già 361/b, di mq 130 e 434, già 361/c, di mq 834).
Gli appezzamenti oggetto di permuta risultavano individuati in base al frazionamento tipo 7807 del 4.11.1999 che veniva allegato all’atto di permuta sub “A”.
Per effetto di tale frazionamento e, all’esito del citato atto di permuta, ciascuno degli indagati risultava proprietario di un lotto della superficie complessiva di 10.000 mq (vedi affoliato 88).
Nel certificato allegato sub “B” all’atto di permuta emergeva la destinazione urbanistica dei lotti in questione secondo il P.R.G. vigente: “Foglio 15 P.LLE 358/parte – 359/parte – 360/parte – 361/parte-Zona E – Sottozona E 1 – rurale”.
Secondo le prescrizioni riportate nel documento amministrativo de quo, in tale zona rurale erano consentite “solo costruzioni necessarie per la conduzione agricola”, con l’ulteriore precisazione che, oltre alle cubature previste per le volumetrie residenziali, veniva consentita “l’edificazione di manufatti strettamente necessari alla conduzione agricola e più specificatamente: silos, fienili, stalle, rimessaggi per macchinari aziendali, serbatoi, locali di stoccaggio per mangimi, concimi, serre, vivai” (f. 90).
Ciascuno dei proprietari dei lotti, successivamente, chiedeva e otteneva una concessione edilizia per la realizzazione di una casa unifamiliare, con annesso agricolo pertinenziale, sul terreno stesso, impegnandosi, con apposito atto d’obbligo, a vincolare l’area occorrente di metri quadrati 10.000 al servizio della progettata costruzione, nonché a mantenere la destinazione d’uso dei locali non abitativi secondo quanto previsto in progetto.
Dall’esame dei sottofascicoli intestati a ciascuno dei ricorrenti, si evince, in particolare:
- che a SARMATI Cristina venivano rilasciate (f. 15 p.lle 423-428-430) le concessioni n. 30/2001 del 16.3.2001 e n. 122/2001 del 29.12.2001 per la realizzazione, rispettivamente, di “un fabbricato di civile abitazione” (con indice di fabbricabilità 0,03 mc/mq) e di “un fabbricato agricolo” costituito dal solo piano terra (con indice di fabbricabilità 0,04 mc/mq);
- che a SARMATI Paolo venivano rilasciate (f. 15 p.lle 421-422-423-429-431) le concessioni n. 52/2001 del 13.7.2001 e n. 124/2001 del 29.12.2001 per la realizzazione, rispettivamente, di “un fabbricato di civile abitazione” (con indice di fabbricabilità 0,03 mc/mq) e di “un fabbricato agricolo” costituito dal solo piano terra (con indice di fabbricabilità 0,04 mc/mq);
- che a SARMATI Flavio venivano rilasciate (f. 15 p.lle 427-424-433-425-434) le concessioni n. 55/2000 del 20.12.2000 e n. 123/2001 del 29.12.2001 per la realizzazione, rispettivamente, di “un fabbricato di civile abitazione” (con indice di fabbricabilità 0,03 mc/mq) e di “un fabbricato agricolo” costituito dal solo piano terra (con indice di fabbricabilità 0,04 mc/mq);
- che a TOCCI Serafina venivano rilasciate (f. 15 p.lle 420-426) le concessioni n. 45/2001 del 19.6.2001 e n. 125/2001 del 29.12.2001 per la realizzazione, rispettivamente, di “un fabbricato di civile abitazione” (con indice di fabbricabilità 0,03 mc/mq) e di “un fabbricato agricolo” costituito dal solo piano terra (con indice di fabbricabilità 0,04 mc/mq).
I predetti proprietari depositavano, contemporaneamente (3.7.2003), presso il comune di Capena (contraddistinte dai numeri di protocollo 9448, 9449, 9450 e 9451), identiche denunce di inizio di attività ai sensi della legge 662 del 23.12.1996, tutte evidenzianti, sui fabbricati destinati a civile abitazione, l’intendimento di “modificare la divisione interna relativamente al locale interrato con la creazione di talune tramezzature ed aumento dello stesso senza alterazione della volumetria computabile, nonché modifiche prospettiche, ai soli fini funzionali” (si legge, anche, nelle D.I.A. citate, che i lavori da realizzare non avrebbero variato “in alcun modo la sagoma del fabbricato, né i parametri urbanistici, la superficie utile ed il volume, nel pieno rispetto della strumentazione vigente”).
SARMATI Cristina inoltrava, poi, in data 20.5.2004, un’ulteriore D.I.A. per la realizzazione di “opere di sistemazione esterna al fabbricato di proprietà”, costituite dalla edificazione di “un muro di recinzione sul lato strada, con un passo carrabile e un passo pedonale”.
In seguito, i medesimi proprietari depositavano, ancora una volta contemporaneamente (le domande venivano tutte protocollate in data 10.12.2004), diverse domande relative alla definizione degli illeciti edilizi commessi e, precisamente:
- SARMATI Cristina per ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 30/2001 per una superficie di mq 66,30 (prot. 18189); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 30/2001 per una superficie di mq 58,00 (prot. 18190); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da soffitta ad abitazione e terrazzino al primo piano in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 30/2001 per una superficie di mq 19,98 (prot. 18198); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione per una superficie di mq 81,26, realizzazione di un portico di mq 31,91, di un garage di mq 36,12 ed ampliamento al piano sottotetto per mq 23,92 (prot. 18199);
- SARMATI Flavio per ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 55/2000 per una superficie di mq 66,30 (prot. 18184); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 55/2000 per una superficie di mq 58,00 (prot. 18185); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da soffitta ad abitazione e terrazzino al primo piano in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 55/2000 per una superficie di mq 19,98 (prot. 18186); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione per una superficie di mq 36,95, ampliamenti al piano terra di mq 1,83, al piano sottotetto di mq 14,22 e frazionamento del locale interrato e cambio di destinazione d’uso in residenziale per una superficie di mq 50,65 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 123/2001 (prot. 18187: pratica menzionata nella relazione di C.T., ma non reperita nell’incarto processuale trasmesso dall’A.G. competente); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione per una superficie di mq 36,95, ampliamenti al piano terra di mq 1,83, al piano sottotetto di mq 14,22 e frazionamento del locale interrato e cambio di destinazione d’uso in residenziale per una superficie di mq 50,65 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 123/2001 (prot. 18188: pratica menzionata nella relazione di C.T., ma non reperita nell’incarto processuale trasmesso dall’A.G. competente);
- SARMATI Paolo per ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 52/2001 per una superficie di mq 66,30 (prot. 18171); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 55/2000 per una superficie di mq 58,00 (prot. 18180); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da soffitta ad abitazione e terrazzino al primo piano in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 52/2001 per una superficie di mq 19,98 (prot. 18181); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione per una superficie di mq 36,95, realizzazione di portici per una superficie di mq 12, ampliamenti al piano terra di mq 1,83, al piano sottotetto di mq 14,22 e frazionamento del locale interrato e cambio di destinazione d’uso in residenziale per una superficie di mq 50,65 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 124/2001 (prot. 18182); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione per una superficie di mq 36,95, realizzazione di portici per una superficie di mq 12, ampliamenti al piano terra di mq 1,83, al piano sottotetto di mq 14,22 e frazionamento del locale interrato e cambio di destinazione d’uso in residenziale per una superficie di mq 50,65 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 124/2001 (prot. 18183);
- TOCCI Serafina per ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 45/2001 per una superficie di mq 67,33 (prot. 18191); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da locale ad abitazione come definite dal D.P.R. n. 380/01 in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 45/2001 per una superficie di mq 57,61 (prot. 18192); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da soffitta ad abitazione e terrazzino al primo piano in fabbricato già edificato con concessione edilizia n. 45/2001 per una superficie di mq 25,72 (prot. 18193); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione, nonché ampliamento in difformità dalla concessione n. 125/2001 (prot. n. 18195); ristrutturazione per cambio di destinazione d’uso da agricolo ad abitazione, nonché ampliamento in difformità dalla concessione n. 125/2001 (prot. n. 18196).
In ciascuna di dette domande di condono veniva indicata quale data di ultimazione delle opere quella del 25.3.2003.
A SARMATI Flavio, in relazione alle domande di condono prot. n. 18187 e n. 18188, venivano concessi, sotto la stessa data del 13.11.2006, i permessi edilizi in sanatoria n. 19 e n. 20 per “ampliamento e variazione d’uso, con destinazione d’uso residenziale per sc. 108,03 mq (vedi i due titoli autorizzativi nel sottofascicolo intestato al ricorrente); tutte le altre pratiche di condono non risultavano definite.
Gli accertamenti di p.g. e degli uffici tecnici competenti in via amministrativa, svolti tra il febbraio 2006 e il gennaio 2008, portavano ad evidenziare una realtà edilizia del tutto difforme non solo dalle concessioni rilasciate nel 2000/2001, ma anche dagli interventi descritti nelle D.I.A. presentate nel 2003 e prima menzionate, realtà che assumeva la configurazione di una vera e propria lottizzazione abusiva.
Le opere individuate dagli accertatori potevano, in particolare, descriversi come segue:
n. 4 corpi di fabbrica con destinazione residenziale trifamiliare; n. 4 corpi di fabbrica di cui n. 3 con destinazione residenziale bifamiliare ex annessi agricoli di progetto approvato e n. 1 con destinazione residenziale unifamiliare ex annesso agricolo di progetto approvato, costituenti in tutto n. 19 unità residenziali.
In sostanza, i quattro manufatti con assentita destinazione residenziale unifamiliare si erano trasformati in unità trifamiliari (n. 12 unità residenziali), mentre dei quattro manufatti con assentita destinazione pertinenziale agricola, tre si presentavano con destinazione residenziale bifamiliare (n. 6 unità residenziali) e uno con destinazione residenziale unifamiliare (n. 1 unità residenziale).
Risultavano inoltre realizzate, in totale assenza di qualsivoglia documento autorizzativo, n. 5 piscine in muratura interrate collocate nelle aree di pertinenza di n. 5 diversi fabbricati (i quattro trifamiliari e l’unifamiliare), nonché n. 2 locali per due lati fuori terra con destinazione garage, a servizio di n. 1 bifamiliare ex annesso agricolo di progetto approvato e di n. 1 unifamiliare ex annesso agricolo di progetto approvato (vedi relazione tecnica del responsabile Ufficio urbanistica del comune di Capena in data 2.2.2006).
Si rilevava, infine, la costruzione di un locale tecnico interrato per ricovero di serbatoi di riserva acqua potabile e di un impianto di potabilizzazione dell’acqua raccolta dal pozzo esistente, a servizio degli otto fabbricati realizzati.
Come desumibile da successiva relazione tecnica del comune di Capena in data 28.12.2007, nella quale si dava ufficialmente atto dell’avvenuto accertamento di una lottizzazione abusiva nel complesso residenziale di via Madonna due Ponti loc. Monte Cappella, ad eccezione di quella di SARMATI Flavio, posta sotto sequestro il 9.7.2007 per mutamento di destinazione d’uso del locale garage (trasformato in cucina-taverna, bagno e magazzino: il fatto dava luogo al p.p. n. 3476/07 R.G.N.R.), tutte le altre abitazioni, a quella data, risultavano occupate.
Si perveniva, quindi, all’acquisizione dell’elenco dei diciotto proprietari di dette abitazioni: Nori Sandro (dante causa della CONTO’), Ganzenua Fabrizio, Altobello Leo, Kalameneva Olga, Quilli Simona, Scolari Massimo, De Luca Armando, Sorgiovanni Antonio, Nenci Claudia, Sarmati Cristina, Milita Oana, Colelli Giuseppina, Quilli Bruno, Perretta Gabriele, Farinacci Massimo, Lambertini Riccardo, Messina Rosario e Sarmati Paolo (v. elenco in atti).
Venivano, conseguentemente, attivate, dal comune di Capena, le procedure repressive di cui all’art. 27 D.P.R. n. 380/01 nei confronti dei quattro proprietari dei terreni oggetto di lottizzazione abusiva.
Il C.T. del PM ing. Mollica, nella sua relazione del 7.10.2008, integrata da una breve nota del 7.11.2008, rassegnava le seguenti conclusioni:
- secondo lo strumento urbanistico vigente nel comune di Capena (P.R.G. approvato con delibera n. 1818 dell’8.4.1986 e successiva variante approvata il 15.5.2001 con delibera n. 698), sul terreno di proprietà SARMATI-TOCCI, destinato a zona “E - sottozona E1” rurale, erano consentite solo costruzioni necessarie per la conduzione agricola (occupando una superficie massima pari a 1/10 di quella dell’azienda);
- la concessione edilizia per tali manufatti restava subordinata “...alla approvazione di un programma di utilizzazione agricolo-aziendale redatto da professionista abilitato nel settore e da apposita convenzione da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale...”;
- le concessioni edilizie erano state dunque rilasciate per manufatti agricoli (salvo la quota a residenza consentita dal P.R.G.) poi interessati da domanda di condono edilizio per il cambio di destinazione d’uso a residenza;
- la realizzazione dei manufatti descritti (otto costruzioni per civile abitazione) necessitava di piano attuativo unitario di lottizzazione, con adeguata previsione di opere di urbanizzazione;
- tuttavia, la lottizzazione era uno strumento attuativo non consentito nella zona “E - sottozona E1” - rurale.
E’ evidente, alla stregua degli elementi messi in luce, siccome desunti dagli atti di p.g., dalla documentazione amministrativa e fotografica, nonché dalla consulenza tecnica del PM, che risulta appieno integrato il fumus del reato di lottizzazione abusiva contestato agli indagati.
L’art. 30, comma 1, T.U. n. 380/01, nel riprodurre integralmente la definizione della “lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio” dettata dall’art. 18, comma 1, L. n. 47/85, ricollega, invero, detta fattispecie:
a) ad un’attività materiale: “quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione”;
b) ad un’attività giuridica: “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
I due tipi di attività illecita ora descritti (lottizzazione materiale e negoziale) possono essere realizzati anche congiuntamente (cd. lottizzazione abusiva mista), in un intreccio di atti materiali e giuridici comunque finalizzati a produrre una trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione vigente.
Secondo la giurisprudenza più recente della Suprema Corte, inoltre, il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi (vedi Cass., SS. UU., sentenza n. 5115 del 28.11.2001, Salvini e altri, rv. 220708; Sez. III, 1.7.2004, Lamedica e altri; 22.5.2003, Matarrese e altri):
- in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova realizzazione;
- ma anche allorquando tale intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi.
Nella specie, ci troviamo, senza dubbio, in presenza della tipologia di lottizzazione “mista”, in quanto gli indagati si sono serviti, dapprima, degli strumenti negoziali del frazionamento e della permuta per acquisire la proprietà di quattro lotti omogenei di 10.000 mq ciascuno (superficie che consentiva l’edificazione, nei limiti e alle condizioni surriportati, anche a soggetto non imprenditore agricolo) e, in un secondo tempo, dopo aver ottenuto i permessi di costruire, su ciascun lotto, un manufatto a destinazione residenziale e un altro con destinazione pertinenziale agricola, con azioni sostanzialmente parallele e concomitanti, hanno effettuato, con evidente intento speculativo, successive opere di edificazione e di trasformazione interna dei manufatti originariamente assentiti, conferendo a tutti una medesima destinazione residenziale e ricavando complessivamente dalle otto costruzioni di cui sopra n. 19 unità abitative, sedici delle quali in seguito vendute a terzi: ciò in totale difformità non solo dalle concessioni originarie, ma anche dalle successive D.I.A, nelle quali si fa un generico (e ipocrita) riferimento all’intenzione di “modificare la divisione interna relativamente al locale interrato con la creazione di talune tramezzature ed aumento dello stesso senza alterazione della volumetria computabile, nonché modifiche prospettiche, ai soli fini funzionali”.
Va sottolineato, tra l’altro, in ordine alle successive domande di condono - che, finalmente, portano alla luce la realtà vera delle opere illegittimamente realizzate - che le stesse presentano, tutte, la falsa attestazione circa la data di completamento delle opere (25.3.2003), data che si trova palesemente in contrasto con quella di presentazione delle D.I.A. citate, che è successiva (3.7.2003).
Va ribadito, infine, che, come evidenziato dal C.T. del PM, la realizzazione dei manufatti in sequestro necessitava di piano attuativo unitario di lottizzazione, con adeguata previsione di opere di urbanizzazione, lottizzazione che, tuttavia, era uno strumento attuativo non consentito nella zona “E - sottozona E1” - rurale.
Ciò detto, ritiene il Collegio che debbano essere disattese le eccezioni sollevate dalla difesa.
In primo luogo, appare infondata la preliminare eccezione attinente alla identificazione del bene oggetto di sequestro.
Nella concessione in sanatoria n. 20 del 13.11.2006, rilasciata a SARMATI Flavio in relazione alla domanda protocollata in data 10.12.2004 - domanda in cui venivano indicati come dati catastali identificanti gli immobili il foglio 15 e le particelle 427-424-433-425-434, tutte elencate nel capo a) della rubrica - si fa riferimento a un (nuovo) accatastamento del 28.7.2005, che, evidentemente sostituendosi al precedente accatastamento del 1999, ha determinato l’attribuzione di diversi numeri di particella ai cespiti già di proprietà del SARMATI (il che è reso palese dalla espressione “ora part. 503 e 462” menzionata nel permesso edilizio in sanatoria prima citato) e poi dal predetto trasferiti a NORI Sandro e da questi alla ricorrente.
Pertanto, non può esservi dubbio sulla sottoposizione a sequestro del bene oggi di proprietà della CONTO’, già di proprietà dell’indagato SARMATI Flavio secondo i (vecchi) dati identificativi riportati nel capo d’imputazione sub a).
Nel merito, va, anzitutto, rilevato che il GIP di Tivoli ha disposto il sequestro anche ai sensi del comma 2 dell’art. 321 c.p.p., ovvero in funzione della confisca obbligatoria dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, prevista dall’art. 44, comma 2, D.P.R. n. 380/01.
Si ricorda che il sequestro preventivo di una lottizzazione abusiva finalizzato alla relativa confisca, in ragione della particolare disciplina prevista per questa dal citato art. 44, presuppone soltanto l’astratta configurabilità del reato - pacificamente integrata per quanto detto sopra - giacchè, in questo caso, la confisca è obbligatoria e, perciò, il giudice che dispone il sequestro non ha un particolare dovere motivazionale, salvo, come detto, quello di accertare il fumus del reato; con tutta evidenza, il giudice non deve, quindi, motivare sul pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare le conseguenze del reato e può disporre la misura anche se, come nel caso che ci occupa, l’attività lottizzatoria - con la vendita di n. 16 unità abitative sulle n. 19 realizzate (le tre residue sono rimaste nella titolarità degli originari proprietari) - appare esaurita e le opere abusive sono ultimate (v. Cass., Sez. III, sent. n. 38728 del 7.7.2004, dove, dopo l’affermazione dell’esposto principio, si legge: “Questa conclusione non deve apparire paradossale, giacché è lo stesso legislatore che, da una parte, ha imposto la confisca anche nei casi in cui l’attività lottizzatoria sia esaurita e, dall’altra, ha attribuito al giudice il potere di disporre il sequestro preventivo proprio al fine di garantire la confisca finale”.).
Non vale addurre, come fa la difesa, che, nella specie, la ricorrente ha fatto affidamento sulla legittimità del bene in considerazione del permesso edilizio in sanatoria ottenuto dal primo dante causa antecedentemente alla stipula della compravendita, a dimostrazione di una condotta sorretta dalla buona fede.
Ed invero, tenuto conto che il bene giuridico protetto è la tutela del territorio e la ratio della norma incriminatrice va individuata nel duplice interesse dell’ordinamento ad impedire sia la compromissione della funzione e del potere comunale di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli strumenti specifici di pianificazione previsti dalla legge, sia la nascita di insediamenti residenziali e agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie, necessarie per la loro integrazione urbanistica con conseguente imposizione ai comuni di ingenti spese per le dotazioni infrastrutturali (v. Cass. Sez. 3 n. 39916 del 2004 e n.6396 del 2007), al fine di verificare se si sia in presenza di una trasformazione illecita del territorio è necessario un apprezzamento globale e una visione d’insieme dell’intervento e delle opere eseguite, in quanto solo una verifica dell’attività edilizia realizzata nel suo complesso può condurre a riscontrare l’idoneità della stessa a stravolgere l’assetto territoriale preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo non consentito dallo strumento urbanistico generale e, quindi, l’idoneità a determinare sia un ostacolo alla futura attività di programmazione, sia un carico urbanistico, necessitante di un adeguamento degli standards.
Occorre, perciò, tenere presente la differenza ontologica tra lottizzazione abusiva e abuso edilizio, considerare che diverso ed autonomo è l’oggetto delle norme penali che rispettivamente li prevedono; che il reato di lottizzazione abusiva non è condonabile, a differenza dell’abuso edilizio; che la concessione legittima soltanto l’opera edilizia, che ne costituisce l’oggetto, ma essa non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, tant’è che anche il rilascio di una pluralità di concessioni edilizie in sanatoria nell’area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita un’attività che tale non è, in quanto la concessione non ha una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell’uso del territorio (v. Cass. Sez. 3 n.9982 del 21.11.07- 5.3.08); che la lottizzazione abusiva può essere sanata, laddove consentito, solo dall’autorità amministrativa, che ne riconosca ex post la compatibilità e conformità con gli strumenti urbanistici, il che è escluso nella fattispecie dalle stesse previsioni normative prima elencate siccome recepite dal C.T. del PM.
Quanto, poi, al profilo specifico della buona fede del terzo acquirente estraneo al reato, si osserva che la confisca obbligatoria dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, disposta dall’art. 44, comma 2, D.P.R. n. 380/01, essendo una sanzione amministrativa ripristinatoria, affidata in via di supplenza all’autorità giudiziaria, presentanatura “reale” (reipersecutoria) e non personale, in quanto ancorata, non alla sentenza di condanna, ma al mero accertamento giurisdizionale dell’esistenza di una lottizzazione abusiva.
Di conseguenza, la misura deve essere disposta anche nei confronti dei beni dei terzi estranei al reato, i quali, se in buona fede, potranno eventualmente far valere i loro diritti in sede civile contro i loro danti causa (v. Cass. Sez. 3 n.38728/2004 Lazzara, rv. 229610 e ordinanza n. 10916 del 2005) e, nella fattispecie, nei confronti di coloro che hanno garantito a vario titolo la commerciabilità dei beni.
Quindi, anche il sequestro preventivo, che è funzionale alla confisca speciale prevista dall’art.44 citato, dalla stessa deriva la propria natura reale e non personale, mirando ad assicurare l’esecuzione della confisca e ad impedire, mediante l’espropriazione dei terreni lottizzati a favore dell’autorità comunale, che la lesione della riserva pubblica di programmazione del territorio sia portata ad ulteriori conseguenze. Ciò comporta che, proprio per non pregiudicare l’interesse pubblico alla programmazione e al governo del territorio, il terzo estraneo in buona fede non possa ottenere la restituzione dell’immobile di sua pertinenza, ma - lo si ripete - possa solo far valere il suo diritto al risarcimento in sede civile.
La diversa soluzione cui è approdata recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 42741 del 17.11.2008 - della quale la difesa ha riportato i brani salienti nel ricorso (cui si fa richiamo) - non appare convincente.
Ed invero, pur dovendosi prendere atto in questa sede della estraneità della ricorrente CONTO’ al reato di lottizzazione abusiva, per essere lo stesso stato ascritto dal PM procedente al dante causa SARMATI Flavio, comunque il sequestro sarebbe operante nei confronti di detto indagato, essendo la misura ablativa ancorata, per quest’ultimo, alla verificata sussistenza del fumus comissi delicti, consistente nella realizzata attività di frazionamento e di edificazione abusiva, come provata dalle evidenze più sopra descritte.
La restituzione solo parziale dell’area lottizzata o soltanto di alcuni edifici abusivamente realizzati sull’area interessata dall’intervento lottizzatorio frustrerebbe pesantemente e irrimediabilmente le scelte di pianificazione della P.A., che, potendo disporre di un’area parcellizzata, non più armonizzabile, dovrebbe subire gli effetti della condotta illecita dei lottizzanti.
Verrebbe, cioè, vanificata la coerenza del sistema sanzionatorio stabilito in materia edilizia, che all’esproprio del potere pubblico di programmazione fa corrispondere la riappropriazione dello stesso, mediante la sanzione di nullità degli atti di compravendita e l’acquisizione gratuita dei suoli abusivamente lottizzati e delle opere realizzate.
Nel prevedere tale tipo di sanzione, la cui compatibilità con gli art.3, 27 e 42 della Costituzione è stata ritenuta dalla Corte Costituzionale (v. sentenza n.148 del 94 e ordinanza n. 187 del 1998) e dalla Cassazione anche di recente (v. Cass. Sez. 3 n. 15.3.05 n.100037, Vitone e altri, ordinanza n.10037 del 27.1.05 e sentenza n.6396 del 2007) per la compromissione ben più grave della programmazione edificatoria, rinvenibile nella lottizzazione abusiva rispetto a quella derivante dall’esecuzione di opere senza concessione, e per la prevalenza accordata, nel contrasto tra l’interesse collettivo alla corretta pianificazione territoriale e quello del privato, al primo, il legislatore ha calibrato in questo modo gli interessi contrapposti, prevedendo una sanzione ripristinatoria dell’interesse pubblicistico leso.
Né appare inutile rilevare che il sequestro preventivo, come si desume dagli artt. 322 e 322 bis c.p.p., che legittimano all’impugnazione del provvedimento anche persone diverse dall’indagato, che abbiano diritto alla restituzione, può avere ad oggetto beni che siano nella disponibilità di terzi non indagati: diversamente opinando, sarebbe precluso il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione che impongono l’adozione della misura reale tutte le volte che un bene, in libera disponibilità di chiunque e, quindi, anche della persona non indagata, sia suscettibile di costituire lo strumento per aggravare o protrarre le conseguenze del reato (v. Cass. Sez. 2 11.8.97 n.1565, Cass. Sez. 3 n.33023/06 proprio in tema di lottizzazione e SS.UU. sentenza n.25933 del 29.5.08).
Sotto quest’ultimo profilo, tenuto conto che il GIP di Tivoli ha disposto il sequestro anche per la finalità generale di cui al comma 1 dell’art. 321 c.p.p., deve osservarsi come, attraverso la lottizzazione abusiva in esame, che ha sostanzialmente più che quadruplicato le possibilità di insediamento nella zona (da quattro a diciannove nuclei familiari), si sia oggettivamente aggravato il carico urbanistico, in mancanza di adeguamento delle opere di urbanizzazione relative ai servizi.
Alla luce delle esposte considerazioni, il decreto impugnato va, in conclusione, confermato…”;
che, con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Cassazione, adìta ai sensi dell’art. 325 c.p.p. nell’interesse della CONTO’, annullava con rinvio l’ordinanza emessa in sede di riesame;
che la Corte, sulla questione centrale, dedotta dalla ricorrente, concernente la suscettibilità di confisca degli immobili oggetto di lottizzazione abusiva in danno del terzo estraneo alla commissione del reato, di cui sia accertata la buona fede, perveniva a decisione in sintonia con il più recente indirizzo interpretativo - antitetico, peraltro, al precedente - di cui alla massima, secondo la quale “In tema di reati edilizi ed urbanistici, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in buona fede in possesso del terreno o dell’opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione” (Sez. III, 24.10.2008, n. 42741, Silvioli ed altri, RV 241703);
che la Corte, nella pronuncia de qua, ribadiva il consolidato indirizzo interpretativo circa la natura di sanzione amministrativa (applicata dal giudice penale in via di supplenza) della confisca ex art. 44 D.P.R. n. 380/01, natura amministrativa che, tuttavia, non escludeva il carattere sanzionatorio della confisca stessa, “con la conseguente necessità di tener conto dei principi generali…dettati dalla L. 24.11.1981 n. 689”: essendo indubbia l’estraneità alla materia di criteri di responsabilità oggettiva, non poteva che richiedersi, quale requisito essenziale di legalità per l’applicazione di sanzioni amministrative, “l’esistenza di una condotta” che rispondesse “ai necessari requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell’agente” e fosse caratterizzata “quanto meno dall’elemento psicologico della colpa”; dunque, anche la sanzione amministrativa non poteva essere applicata nei confronti di soggetti in buona fede, che non avessero commesso alcuna violazione;
che a tale conclusione conduceva anche l’interpretazione costituzionalmente compatibile dell’art. 44 citato;
che, nel corpo motivazionale della decisione della Corte di Cassazione in esame, si richiamavano anche le considerazioni svolte in una più recente sentenza della Corte medesima (Sez. III, 17.3.2009 n. 17865, Quarta ed altri), da tenersi presenti nella valutazione della posizione soggettiva del cosiddetto terzo acquirente:
a) “la lottizzazione abusiva negoziale ha generalmente carattere plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi (quanto meno del venditore lottizzatore e dell’acquirente) diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale”;
b) “la condotta dell’acquirente non configura un evento imprevisto e imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quegli (vedi Cass. Sez. Un. 27.3.1992 n. 4708, Fogliari) e, per la cooperazione dell’acquirente nel reato non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta applicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione (vedi sul punto le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988)”;
c) “neppure l’acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta qualità, allorché si consideri che l’utilizzazione delle modalità dell’acquisto successivo ben potrebbero costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale (vedi Cass. Sez. III, 8.11.2000, Petracchi)”;
“Orbene, sulla base degli enunciati principi di diritto deve affermarsi che, al fine di poter ritenere suscettibile di confisca un immobile oggetto di lottizzazione abusiva, e, pertanto, la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 321 comma secondo c.p.p., benché lo stesso appartenga a persona non indagata, che assume di essere estranea alla commissione del reato ed acquirente in buona fede dell’immobile, deve essere effettuata una valutazione, sia pure nell’ambito della cognizione sommaria propria del tribunale del riesame, della esistenza ovvero inesistenza dei citati presupposti oggettivo e soggettivo, che valgono a qualificare la posizione del terzo quale soggetto nei cui confronti non è possibile l’applicazione della misura della confisca ex art. 44, comma secondo, del DPR n. 380/2001, che giustifica il sequestro.
Sul punto si deve rilevare che, nella specie, la misura cautelare si palesa essere stata applicata sostanzialmente per il soddisfacimento di tale esigenza, avendo la stessa ordinanza affermato che la commissione del reato di lottizzazione abusiva risulta ormai esaurita, mentre il riferimento all’aggravio del carico urbanistico appare del tutto generico e manca del requisito della concretezza richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un. 29.1.2003 n. 2, Innocenti).
Il Tribunale del riesame ha, però, omesso di effettuare qualsiasi valutazione sul punto, avendo affermato che la confisca ex art. 44, comma secondo, del DPR. N. 380/2001 può essere disposta anche nei confronti del terzo estraneo alla commissione del reato ed in buona fede.
L’ordinanza deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto”;
che, all’odierna udienza di trattazione, il difensore si riportava ai motivi già dedotti per iscritto, chiedendone l’accoglimento;
In viapreliminare va rilevato, ancorché il punto non abbia formato oggetto di contestazione da parte della difesa, che appare pacifica, nella specie, l’integrazione del fumus del reato di lottizzazione abusiva, avendo la Suprema Corte al riguardo osservato che “gli elementi costitutivi di tale fattispecie emergono con particolare evidenza dalla ricostruzione della vicenda edificatoria contenuta nell’ordinanza del Tribunale del riesame...concretatasi nella realizzazione di numerosi fabbricati ad uso residenziale in contrasto con la destinazione agricola attribuita dagli strumenti urbanistici locali all’area di ubicazione degli immobili”.
Il presente giudizio verte, quindi, essenzialmente (ma non solo, per quello che si dirà in seguito), sulla valutazione della posizione della ricorrente CONTO’ quale terzo sub-acquirente di una delle 19 unità immobiliari facenti parte del complesso edificatorio di Capena, località Monte Cappella, realizzato nella forma della lottizzazione abusiva.
Ha affermato la Corte, nella sentenza in epigrafe indicata, che “al fine di poter ritenere suscettibile di confisca un immobile oggetto di lottizzazione abusiva...benché lo stesso appartenga a persona non indagata, che assume di essere estranea alla commissione del reato ed acquirente in buona fede dell’immobile, deve essere effettuata una valutazione, sia pure nell’ambito della cognizione sommaria propria del Tribunale del riesame, della esistenza ovvero della inesistenza dei citati presupposti oggettivo e soggettivo, che valgono a qualificare la posizione del terzo quale soggetto nei cui confronti non è possibile l’applicazione della misura della confisca ex art. 44 comma secondo DPR n. 380/2001, che giustifica il sequestro”.
La Corte ha, altresì, precisato, mutuando da una recente pronuncia (n. 17865/2009) i criteri di valutazione della posizione soggettiva del terzo acquirente, che per la cooperazione del predetto nel reato di lottizzazione abusiva “non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza...”.
Il bene in sequestro sarà, quindi, insuscettibile di confisca ex art. 44 citato se il terzo acquirente potrà dimostrare di avere agito in buona fede ovvero, sostanzialmente, di aver adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli anzidetti doveri di informazione e di conoscenza, senza rendersi conto di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione.
Problema assai delicato che si pone, con ogni evidenza, a questo Tribunale - in quanto non risolto dal Giudice di legittimità nella sentenza di cui in epigrafe - è quello di individuare in modo concreto e specifico in cosa debbano consistere quei “doveri di informazione e conoscenza” che il terzo acquirente è tenuto ad adempiere con la “necessaria diligenza” per poter dimostrare di aver comprato in buona fede.
Ci si chiede, fondamentalmente, se la diligenza richiesta al terzo acquirente si debba sostanziare in comportamenti di tipo “attivo/dinamico” (ad esempio, esecuzione personale di visure, accessi agli uffici del Comune etc.) o sia sufficiente una condotta, per così dire, “passiva/statica”, che, ad esempio, si riduca al mero affidamento nelle informazioni fornite dal notaio rogante o dal venditore.
Il Collegio ritiene di poter pervenire a una soluzione sufficientemente appagante, valorizzando la giurisprudenza sviluppatasi in ambito civilistico sulla rilevanza anche nei rapporti tra privati delle norme che tutelano interessi pubblicistici e sul tema della conoscenza o conoscibilità, da parte del compratore diligente, degli oneri “non apparenti” che gravano la cosa compravenduta e che il venditore non abbia dichiarato in contratto, al fine dell’esperibilità dell’ actio quanti minoris (art. 1489 c.c.).
Sotto il primo più generale profilo, sovviene il costante indirizzo interpretativo di cui alla recente massima, per la quale “Le norme che tutelano interessi pubblicistici sono per ciò stesso imperative ed inderogabili non solo nei rapporti tra P.A. e privato, ma anche nei rapporti tra privati; pertanto, i vincoli posti dalle disposizioni urbanistiche - e tali sono quelle previste sia da leggi speciali che da regolamenti edilizi comunali e da piani regolatori, le cui prescrizioni hanno natura normativa - assumono rilievo anche nei rapporti tra privati, incidendo sul contenuto del diritto di proprietà, sugli atti di disposizione del bene e sulla responsabilità extracontrattuale” (Cass. Sez. III, sent. n. 24769 del 7.10.2008, Marsoner contro Leeg ed altri, RV. 604887).
Calando detto principio nella fattispecie disciplinata dall’art. 1489 c.c., la Corte ha affermato che “Le prescrizioni del piano regolatore generale, una volta approvate e pubblicate nelle forme previste, hanno valore di prescrizioni di ordine generale di contenuto normativo, come tali assistite da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, sicché i vincoli da esse imposti non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sull’immobile secondo la previsione dell’art. 1489 c.c. e non sono, conseguentemente, invocabili dal compratore come fonte di responsabilità del venditore che non li abbia eventualmente dichiarati nel contratto” (Cass., Sez. II, sent. n. 4971 del 2.3.2007, Cermenati contro Finplus Spa ed altro, RV. 596261).
In ordine allo specifico profilo della diligenza del compratore, il Giudice di legittimità ha, inoltre, statuito che nel caso in cui l’acquirente, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto, abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio dell’autoresponsabilità: è stato, invero, sottolineato che, se c’è una indagine alla quale il compratore non può sottrarsi, in omaggio a un criterio di diligenza minima, è il puro e semplice esame della cosa (Cass., Sez. II, sent. n. 2856 dell’11.3.95, Giannone contro Palmieri, RV. 491089; Sez. III, sent. n. 21384 del 4.11.2005, Arpi c. Fallimento Beda Sergio ed altri, RV. 585263).
Orbene, applicando i descritti criteri di valutazione alla posizione della ricorrente CONTO’, ritiene il Collegio che la predetta, in occasione dell’acquisto del bene immobile in sequestro, non ebbe ad assolvere quegli “specifici doveri di informazione e conoscenza” esigibili secondo uno standard di media diligenza.
Doveva, in primo luogo, sapere la CONTO’, in virtù della citata presunzione legale di conoscenza - che, come evidenziato, assiste, per il proprio contenuto normativo, le prescrizioni del piano regolatore generale - che lo strumento urbanistico approvato dal comune di Capenacon delibera n. 1818 dell’8.4.1986 e successiva variante approvata il 15.5.2001 con delibera n. 698, consentiva, sul terreno di proprietà SARMATI-TOCCI, destinato a zona “E - sottozona E1” rurale, solo l’edificazione di costruzioni necessarie per la conduzione agricola (occupando una superficie massima pari a 1/10 di quella dell’azienda).
Doveva, in particolare, sapere l’acquirente:
- che la concessione edilizia per tali manufatti restava subordinata “...alla approvazione di un programma di utilizzazione agricolo-aziendale redatto da professionista abilitato nel settore e da apposita convenzione da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale...”;
- che le concessioni edilizie erano state dunque rilasciate per manufatti agricoli (salvo la quota a residenza consentita dal P.R.G.) poi interessati da domanda di condono edilizio per il cambio di destinazione d’uso a residenza;
- che la realizzazione dei manufatti descritti (otto costruzioni per civile abitazione) necessitava di piano attuativo unitario di lottizzazione, con adeguata previsione di opere di urbanizzazione, mentre nessun piano attuativo risultava approvato dal Comune;
- che, peraltro, la lottizzazione era uno strumento attuativo addirittura non consentito nella zona “E - sottozona E1” - rurale (vedi sul punto le conclusioni del C.T. del PM).
Ergo, la concessione in sanatoria n. 20 del 2006 rilasciata al primo venditore SARMATI Flavio in data 13.11.2006, dopo, quindi, la stipula dell’atto di compravendita con NORI Sandro (datata 25.1.2006), il quale, poi, a sua volta, rivendette alla CONTO’ lo stesso immobile il 24.7.2008, doveva considerarsi illegittima (oltre che viziata nei suoi presupposti dalle false attestazioni contenute nella domanda di condono presentata nel dicembre 2004 dall’interessato sul termine finale di realizzazione delle opere: sul punto si richiamano i rilievi svolti dal Tribunale nell’ordinanza emessa il 15.1.2009, più sopra riportata integralmente nella sua parte motiva).
Anche con riferimento all’ineludibile onere di esame della cosa, la condotta della CONTO’ va giudicata negligente.
Un esame non superficiale dei luoghi, ai quali si accede da un unico ingresso lungo la via provinciale, avrebbe dovuto permettere alla sub-acquirente di rilevare segni visibili e permanenti sintomatici di una lottizzazione abusiva.
Si intende fare riferimento - e lo documentano anche i rilievi fotografici in atti a partire dal sopralluogo effettuato il 2.2.2006 dal Responsabile Ufficio Urbanistica del Comune di Capena e dal M.llo Tarantino dei Carabinieri del NOE di Roma - alla presenza di un locale tecnico interrato per ricovero di serbatoi di riserva acqua potabile e di un impianto di potabilizzazione dell’acqua raccolta dal pozzo esistente, nonché di un serbatoio interrato per GPL a servizio degli otto fabbricati edificati: locali e impianti, evidentemente, realizzati in luogo e in assenza delle condutture idriche, del gas e fognarie che avrebbero dovuto supportare una lottizzazione debitamente autorizzata dalla P.A.
Si intende, anche, fare riferimento alla presenza - sempre rilevata in occasione del citato sopralluogo del 2.2.2006 - di ben cinque piscine in muratura interrate, collocate nelle aree di pertinenza di altrettanti fabbricati (i quattro trifamiliari e l’unifamiliare), presenza, questa, che si poneva in palese contrasto con la finalità di conduzione dei fondi agricoli alle quali, per disposizione urbanistica, dovevano essere asservite le costruzioni ammesse dalle originarie concessioni edilizie rilasciate nel 2000 e nel 2001 ai quattro proprietari dei lotti (a SARMATI Flavio, primo dante causa della CONTO’, erano state rilasciate, in particolare, le concessioni n. 55/2000 del 20.12.2000 e n. 123/2001 del 29.12.2001 per la realizzazione, rispettivamente, di “un fabbricato di civile abitazione” e di “un fabbricato agricolo” costituito dal solo piano terra).
Si intende, infine, fare riferimento ai segni visibili, costituiti da un cartello e da un nastro in plastica bianco e rosso apposti sul cancello d’ingresso, lasciati dalla polizia giudiziaria a segnalazione del sequestro operato in data 9.7.2007 della porzione del villino trifamiliare di proprietà del SARMATI Flavio - situato proprio di fronte alla porzione immobiliare acquistata dalla CONTO’ e, quindi, dalla medesima visibile (vedi planimetria in atti) - per cambio di destinazione del locale garage ed edificazione di una piscina non autorizzata (l’abuso ha dato luogo all’apertura del procedimento penale n. 3476/07 RGNR, diverso da quello concernente la lottizzazione abusiva).
Si può anche richiamare, sul punto, per sostanziale analogia, il condivisibile orientamento manifestato dal Giudice di legittimità allorché ha affermato che risponde del reato di lottizzazione abusiva anche il sub acquirente di un singolo lotto, nel caso in cui al momento dell’acquisto il programma lottizzatorio abbia iniziato a delineare - nella fattispecie in esame, l’acquisto della CONTO’ intervenne quando la lottizzazione era addirittura ultimata - i propri aspetti materiali sul territorio (Cass., Sez. III, sent. n. 12989 dell’8.11.2000, Petracchi, RV. 218014).
La ricorrente, in definitiva, non avendo tenuto nel debito conto né le inequivoche prescrizioni dello strumento urbanistico vigente, né le caratteristiche visibili, permanenti e non, del luogo dove insisteva l’immobile che era interessata ad acquistare, si è imprudentemente e negligentemente affidata al dato formale del rilascio di una concessione in sanatoria al suo primo dante causa SARMATI Flavio (la n. 20 del 13.11.2006), peraltro del tutto illegittima per quanto detto sopra, con ciò accettando consapevolmente il rischio della confisca ex art. 44 comma 2 DPR n. 280/2001.
A fronte di quanto sopra considerato, non può valere ad accreditare la buona fede della CONTO’ il trasferimento immobiliare intermedio tra il lottizzatore SARMATI e il NORI - conclusosi, lo si ripete, quando non era stata ancora rilasciata la concessione in sanatoria al venditore - dal momento che la doppia compravendita successiva dello stesso bene, nel contesto specifico in esame palesemente contrastante con le prescrizioni dello strumento urbanistico, ha rappresentato un sistema elusivo delle disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale.
Per le svolte osservazioni, la ricorrente non può considerarsi terzo sub-acquirente in buona fede, sicché l’immobile da lei acquistato può essere sottoposto a sequestro preventivo ex art. 321 comma 2 c.p.p. finalizzato alla successiva confisca.
La Suprema Corte ha, peraltro, censurato l’ordinanza emessa da questo Tribunale il 15.1.2009 anche per “aver omesso di effettuare qualsiasi valutazione sul punto” relativo all’aggravio del carico urbanistico, trattato in modo generico e astratto dal GIP di Tivoli.
A tale riguardo il Collegio non può che ribadire quanto osservato nella parte finale della motivazione dell’ordinanza annullata: “…tenuto conto che il GIP di Tivoli ha disposto il sequestro anche per la finalità generale di cui al comma 1 dell’art. 321 c.p.p., deve osservarsi come, attraverso la lottizzazione abusiva in esame, che ha sostanzialmente più che quadruplicato le possibilità di insediamento nella zona (da quattro a diciannove nuclei familiari), si sia oggettivamente aggravato il carico urbanistico, in mancanza di adeguamento delle opere di urbanizzazione relative ai servizi…”.
Il Collegio ha inteso significare che le moltiplicate possibilità di insediamento di nuclei familiari in una zona rurale come quella in questione, travalicanti di gran lunga i limiti fissati dalle concessioni originariamente rilasciate ai quattro proprietari dei lotti poi abusivamente trasformati, costituiscono un fattore che, per la sua oggettività, determina, oltre che un indubbio deturpamento del paesaggio, un inevitabile aggravio del carico urbanistico, implicando un ineludibile onere di adeguamento delle opere di urbanizzazione concernenti i servizi.
Anche sotto il profilo della finalità generale di cui al comma 1 dell’art. 321 c.p.p., il decreto impugnato dev’essere, in conclusione, confermato.
CONFERMA il decreto impugnato e condanna la ricorrente al pagamento delle spese.
Roma, 16 ottobre 2009