TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 1574 del 8 maggio 2025
Urbanistica.Ambito di applicazione dell'art. 38 TUE

La norma di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 non abbia carattere assorbente e sia anzi di natura speciale: il più mite trattamento sanzionatorio da essa introdotto è infatti diretto a sanzionare esclusivamente la specifica condotta consistente nella realizzazione di un’opera del tutto conforme ad un titolo edilizio annullato. Solo in questo caso si versa invero in quella situazione di buona fede che giustifica l’applicazione di misure sanzionatorie più favorevoli. Al contrario, quando l’opera si discosta in tutto o in parte dal titolo edilizio annullato, non vi è una situazione di buona fede da tutelare e non vi è quindi ragione per applicare la norma di favore contenuta nell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001. Per le parti eseguite in difformità vanno dunque applicate le altre disposizioni sanzionatorie introdotte dallo stesso d.P.R. n. 380 del 2001. (segnalazione M. Grisanti) 

N. 01574/2025 REG.PROV.COLL.

N. 01943/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1943 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ada Lucia De Cesaris, Tommaso Sacconaghi, Giulio Politeo, con domicilio eletto presso lo studio Ada Lucia De Cesaris in Milano, via Visconti di Modrone, 12;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Lodovica Bognetti, Paola Cozzi, Antonello Mandarano, Elena Maria Ferradini, con domicilio eletto presso lo studio Antonello Mandarano in Milano, via della Guastalla 6;

nei confronti

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento

- del provvedimento del Comune di Milano - -OMISSIS- -, ricevuto in data 27.05.2024 - di ordine al pagamento, a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi del comma 1 dell’art. 38 del DPR n. 380/2001 della somma di € 220.415,00, nonché, a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi del comma 2 dell’art. 34 del DPR n. 380/2001 della somma di € 262.578,65, con riferimento alle unità immobiliari ad uso residenziale “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”, site in Milano in viale -OMISSIS-;

nonché

di ogni altro ulteriore atto e/o provvedimento allegato e/o preordinato e/o presupposto e/o connesso, ivi compresi, per quanto occorrer possa: il provvedimento del Comune di Milano PG -OMISSIS- del 1.07.2022, avente ad oggetto “Immobile di via-OMISSIS- – Municipio 5 Comunicazione di conclusione del procedimento di determinazione della sanzione ex art. 38.1 del DPR 380/2001. Richiesta di pagamento dei costi della perizia dell’Agenzia delle Entrate di determinazione della sanzione art. 38 c.1 del DPR 380/01.”; la “Relazione Tecnico Estimale relativa alla determinazione all’attualità del valore venale delle u.i.u. site nel fabbricato di via -OMISSIS- ai sensi dell’art.38 comma 1 del DPR n. 380/2001.” dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale per la Lombardia – Ufficio provinciale di Milano – Territorio, del 31.05.2022; la comunicazione del Comune di Milano P.G. -OMISSIS- del 15.04.2019; in parte qua, il Regolamento del Comune di Milano per la Gestione della Riscossione delle Entrate Comunali, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 21 del 7 luglio 2014 e s.m.i..


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di Agenzia delle Entrate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2025 il dott. Luigi Rossetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con licenza edilizia n. -OMISSIS- veniva assentita l’edificazione dell’intero immobile di viale -OMISSIS-, con destinazione d’uso prevalentemente artigianale e consistenza volumetrica pari a mq. 4.282,37 di S.l.p., sviluppata su quattro piani fuori terra.

Tra il 2006 e il 2010, l’immobile fu oggetto di un intervento di ristrutturazione edilizia avviato dalla “-OMISSIS-.” e portato avanti, con varianti, dalla “-OMISSIS-”.

Difatti, in data 25 ottobre 2006 (PG -OMISSIS- –WF -OMISSIS-) veniva protocollata Denuncia di Inizio Attività (DIA) per opere di ristrutturazione edilizia del preesistente edificio con previsione di recupero della S.l.p. esistente.

Seguivano alcune varianti in corso d’opera oggetto di ulteriori DIA, sino al completamento dell’intervento comunicato in data 23 novembre 2010 (PG -OMISSIS-).

Ad intervento ultimato, l’immobile veniva frazionato in 61 unità immobiliari e alienato ad una pluralità di soggetti terzi, tra cui l’odierna ricorrente, con costituzione del Condominio di Viale -OMISSIS-.

Con provvedimento del 24 aprile 2012, il Comune di Milano annullava in autotutela i titoli edilizi in ragione della rilevata trasformazione funzionale di alcune unità, da laboratorio a residenza, in contrasto con la disciplina urbanistica del PRG vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Nell’ambito del procedimento di autotutela, il Comune non coinvolgeva i soggetti cui medio tempore erano state alienate le unità immobiliari, tra cui l’odierna ricorrente, ma unicamente -OMISSIS- e il progettista, cui erano infatti indirizzati sia l’avvio del procedimento, sia i provvedimenti di autotutela.

Il provvedimento di annullamento in autotutela veniva quindi impugnato avanti il Giudice amministrativo. Con sentenza di questa Sezione del -OMISSIS- n. -OMISSIS-, il ricorso veniva respinto e il successivo giudizio d’appello si estingueva per perenzione.

Il Condominio avviava, quindi, un’interlocuzione con il Comune di Milano, al fine di pervenire alla regolarizzazione dell’immobile.

In data 8 febbraio 2018 (PG -OMISSIS-) l’amministratore, per conto del Condominio, presentava al Comune di Milano un’istanza con la quale si chiedeva l’applicazione della sanzione ex art. 38 DPR 380/2001, con riferimento al titolo annullato. Il tutto veniva corredato da apposita relazione tecnica sullo stato di consistenza dell’immobile. La richiesta veniva confermata anche dai condomini con dichiarazione presentata in data 13.12.2021.

Ad integrazione dell’istanza veniva successivamente prodotta un’ulteriore Relazione tecnica nella quale si attestava l’impossibilità di ripristino dell’immobile e sue porzioni. In ragione di tale relazione, l’Ufficio Cementi Armati e Sismica del Comune di Milano, esprimeva valutazione negativa circa un eventuale intervento di demolizione con rapporto del 7 marzo 2019.

In data 15 aprile 2019, l’amministrazione comunale informava i proprietari che, ai fini della regolarizzazione dell’immobile, avrebbe applicato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 38, comma. 1 del DPR n. 380/2001, e una diversa sanzione pecuniaria, da ricondursi, a seconda dei casi, “all’art. 33.2 T.U. Edilizia per i cambi d’uso a residenza (non conformi al titolo), all’art. 34.2 T.U. Edilizia per i soppalchi in eccedenza non ripristinabili senza pregiudizio delle parti “conformi” e invece ad una sanzione adeguatamente afflittiva per le superfici inglobate ed eccedenti quanto progettato”. In ogni caso era fatta salva la facoltà dei proprietari di riportare a conformità lo stato dei luoghi e la destinazione d’uso. In tale caso, sarebbe stata applicata la sola sanzione pecuniaria ex art. 38 T.U.E.

Nel mese di gennaio 2020, venivano adottate le ordinanze di demolizione relative alle difformità interne delle unità immobiliari, poi prorogate, in ragione dell’emergenza Covid 19, con provvedimento del 10 luglio 2020 (prot. -OMISSIS-). In tale provvedimento veniva, altresì, comunicato l’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle Entrate, con nota del 25/11/2019, PG -OMISSIS-, apposita “istanza ai fini della determinazione, a cura di quest’ultima, delle valutazioni di cui agli artt. 38, c. 1, 33, c. 2 e 34, c. 2 del DPR 380/2001, propedeutiche all’applicazione, come comunicato con la nota comunale del 15/04/2019 sopra citata, da parte della scrivente Amministrazioni delle sanzioni di propria competenza avuto riguardo alle diverse fattispecie sanzionatorie ricorrenti nello stabile”.

Nello stesso provvedimento, si dava atto che l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto con mail del 22.01.2020, alcuni chiarimenti/integrazioni, in quanto non risultava “univocamente determinata dagli Uffici Tecnici Comunali la tipologia di illecito, per ciascuna unità immobiliare, su cui basare i conteggi”.

In data 20 luglio 2020, il Condominio chiedeva copia della istanza inoltrata all’Agenzia e della successiva richiesta di integrazione da questa formulata.

In ragione dell’inerzia degli uffici comunali, in data 18 febbraio 2021 il Condominio presentava al Comune, previa condivisione con gli Uffici, una ulteriore e dettagliata relazione tecnica integrativa, illustrativa dei chiarimenti richiesti dall’Agenzia.

In data 10 novembre 2021 perveniva ulteriore richiesta di integrazioni al Condominio, riscontrata in data 13 dicembre 2021.

In data 01 luglio 2022, il Condominio riceveva a mezzo PEC il provvedimento che comunicava la conclusione del procedimento di determinazione della sanzione ex art. 38.1 del d.P.R n. 380/2001.

Lo stesso veniva impugnato dal Condominio, unitamente alla relazione dell’Agenzia del Territorio, con ricorso del 30.09.2020 iscritto al n. R. G. -OMISSIS-.

Nell’ambito di tale complessa vicenda edilizia si colloca la posizione dell’odierna ricorrente quale utilizzatrice, in forza di contratti di leasing immobiliare del 13.12.2010, degli appartamenti “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-” (e relativi posti auto), catastalmente censiti al Fg.554, mp.265 sub.811, 806 del N.C.E.U., siti presso il condominio di viale-OMISSIS-, a Milano.

In data 27 maggio 2024 le è stato notificato provvedimento che ingiunge la somma di: €220.415,00, a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi del comma 1 dell’art.38 del DPR n.380/2001, nonché, € 262.578,65, a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi del comma 2 dell’art.34 del DPRn.380/2001, per complessivi € 482.993,65, da versare nel termine di trenta giorni.

In data 26 giugno 2024, la Società ha presentato istanza di rateizzazione delle sanzioni. Ha provveduto, successivamente, a comunicare all’amministrazione che tale richiesta non dovesse-né potesse-essere intesa quale atto di acquiescenza agli atti pregiudizievoli ricevuti, né comunque rinuncia a contrastarli in sede giurisdizionale. La richiesta non veniva riscontrata.

Con ricorso, munito d’istanza cautelare sia monocratica che collegiale, notificato in data 26.07.2024 e regolarmente depositato, parte ricorrente impugna gli atti in epigrafe meglio indicati, deducendo i seguenti motivi di censura:

I) Violazione e falsa applicazione degli artt.38 e 34 DPR n.380/2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza. Sviamento

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 DPR n. 380/2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza. Sviamento.

III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 DPR n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza. Sviamento.

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 DPR n. 380/2001, anche in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 2-bis L. n. 241/1990 e degli artt. 3 e 97 Costituzione. Violazione del principio di ragionevole durata del procedimento. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza, ingiustizia manifesta.

V) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 10 L. n. 241/1990. Violazione art. 38 DPR 380/2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento, contraddittorietà, carenza di motivazione, illogicità e irragionevolezza

VI) Violazione e falsa applicazione artt.31 e ss DPR 380/2001. Violazione e falsa applicazione art.38 DPR 380/2001. Eccesso di potere sotto il profilo della sproporzionalità, irragionevolezza e ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione del Regolamento del Comune di Milano per la Gestione della Riscossione delle Entrate Comunali. Violazione artt. 1e 3l. n. 241/1990. Violazione artt. 3,24 e 97 Cost.

Con il ricorso viene impugnata anche la Relazione Tecnico Estimale redatta dall’Agenzia delle Entrate, le cui risultanze sono state utilizzate dal Comune di Milano per la quantificazione delle sanzioni applicate alla ricorrente.

In data 01.08.2024 si costituisce con atto di mera forma il Comune di Milano, chiedendo di respingere l’istanza di sospensione e di dichiarare il ricorso inammissibile, irricevibile, improcedibile e comunque respingerlo in quanto infondato, con vittoria di spese.

In data 05.08.2024 si costituisce l’Agenzia delle Entrate con atto di mera forma, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo che il ricorso, venga dichiarato improponibile, inammissibile e comunque venga rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

In data 02.09.2024 il Comune di Milano deposita articolata memoria difensiva nella quale eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, sia per mancata impugnazione della Nota comunale del 15.04.2019, sia per acquiescenza al procedimento sanzionatorio (in ragione della contraddittorietà del comportamento della ricorrente, che dopo avere concordato – tramite l’Amministratore di Condominio – l’applicazione della sanzione ex art. 38 (e della sanzione ex art. 34 per il soppalco), come risulta dalla relazione dell’Amministratore del Condominio in data 6.08.2021, impugna l’atto comunale contestando l’applicazione della sanzione). Provvede ad integrare le proprie argomentazioni difensive prendendo posizione su ogni motivo di censura

La Sezione, con ordinanza n. 939, depositata in data 11.09.2024, ha accolto l’istanza cautelare motivando esclusivamente in punto di periculum.

Tutte le parti hanno depositato documentazione.

In vista dell’udienza di discussione le parti depositano memorie e repliche ex art. 73 c.p.a.

All’udienza del 28.01.2025 viene disposto rinvio d’ufficio.

Alla nuova udienza del 15.04.2025 l’affare passa in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che, siccome il ricorso è infondato nel merito, si possa prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dal Comune di Milano.

Con il primo motivo, parte ricorrente sostiene che, nel caso concreto, l’Amministrazione avrebbe potuto applicare solo la sanzione prevista dall’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001, volta a sanzionare interventi eseguiti in base a titolo edilizio annullato, e non anche quella di cui all’art. 34 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001, volta a sanzionare la realizzazione di opere eseguite in difformità dal titolo edilizio. Per giungere a questa conclusione l’interessata rileva che la sanzione di cui al citato art. 38 sarebbe in sostanza assorbente in quanto volta a sanzionare, nel suo complesso, l’intera opera eseguita sulla base di un titolo edilizio annullato, comprese le parti realizzate in difformità da esso. A questo proposito la parte evidenzia che l’art. 34 presupporrebbe l’esistenza di opere realizzate in difformità da un titolo edilizio valido ed efficace e che, in caso di annullamento del titolo edilizio, tale presupposto sarebbe evidentemente mancante.

Con altra censura, sempre contenuta nel primo motivo, parte ricorrente evidenzia in subordine che il titolo edilizio annullato prevedeva la realizzazione, per l’unità -OMISSIS-, di un soppalco avente superficie pari a mq. 33,35 e, per l’unità -OMISSIS-, di un soppalco con superficie di mq 30,49. Nel concreto, sono stati realizzati soppalchi aventi superfici leggermente superiori, pari, rispettivamente, a mq. 48,75 e mq 34,47. Sostiene pertanto l’interessata che, per la quantificazione della sanzione applicata ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001, si sarebbe dovuta prendere in considerazione, in entrambi i casi, la sola superficie eccedente, realizzata in difformità dal titolo annullato, e non, come invece fatto dall’Amministrazione, l’intera superficie del soppalco.

Ritiene il Collegio che queste censure siano infondate per le ragioni di seguito esposte.

Il regime sanzionatorio degli abusi edilizi conseguenti alla realizzazione di interventi eseguiti sulla base di titolo annullato è stabilito dall’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Stabilisce il primo comma di questa norma che <<In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite…>>.

Con tale disposizione il legislatore ha cercato di contemperare l’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive con l’interesse del privato che ha realizzato o acquistato l’opera in buona fede, confidando nella validità del titolo edilizio successivamente annullato. In base a questa norma, infatti, l’Amministrazione, prima di comminare qualsiasi sanzione, deve valutare la possibilità di emendare i vizi che hanno condotto all’annullamento.

L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 17 del 7 settembre 2020, ha però chiarito che i vizi emendabili sono solo quelli di carattere formale/procedimentale e non anche quelli aventi carattere sostanziale, che determinano il contrasto dell’opera con la normativa urbanistico-edilizia vigente.

La stessa sentenza ha altresì chiarito che, nel caso in cui il vizio formale non sia emendabile, dovrà essere data prevalenza all’interesse pubblico alla rimozione dell’opera della quale, quindi, dovrà essere senz’altro ordinata la demolizione, salva l’ipotesi in cui questa non possa intervenire per ragioni tecniche (esclusa quindi ogni possibilità di valutazione discrezionale/opportunistica); solo in questa ipotesi potrà dunque applicarsi la sanzione pecuniaria.

Oltre alla possibilità di rimozione del vizio e di applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria (per le particolari ipotesi sopra illustrate), il trattamento di favore riservato al privato in buona fede per il caso di titolo edilizio annullato si concretizza anche nella misura della sanzione pecuniaria prevista, più mite rispetto a quella stabilita per le altre ipotesi di abuso: in caso di annullamento del titolo edilizio la sanzione pecuniaria è infatti correlata al valore delle opere eseguite e non al doppio dell’aumento di valore dell’intero immobile (come per il caso di ristrutturazione eseguita senza titolo) o al doppio del costo di produzione (come nel caso interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire).

Si deve pertanto ritenere, in questo quadro, che la norma di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 non abbia carattere assorbente e sia anzi di natura speciale: il più mite trattamento sanzionatorio da essa introdotto è infatti diretto a sanzionare esclusivamente la specifica condotta consistente nella realizzazione di un’opera del tutto conforme ad un titolo edilizio annullato. Solo in questo caso si versa invero in quella situazione di buona fede che giustifica l’applicazione di misure sanzionatorie più favorevoli.

Al contrario, quando l’opera si discosta in tutto o in parte dal titolo edilizio annullato, non vi è una situazione di buona fede da tutelare e non vi è quindi ragione per applicare la norma di favore contenuta nell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001. Per le parti eseguite in difformità vanno dunque applicate le altre disposizioni sanzionatorie introdotte dallo stesso d.P.R. n. 380 del 2001, fra cui quella prevista dall’art. 34 che riguarda gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.

A contrario non risulta decisiva l’argomentazione secondo cui, per le opere eseguite in parziale difformità, si potrebbe applicare solo la sanzione di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 in quanto la fattispecie prevista dal precedente art. 34 presuppone l’esistenza di un titolo edilizio valido ed efficace.

A questo proposito si deve innanzitutto osservare che, anche ammettendo che per le opere difformi dal titolo edilizio annullato non sussistano i presupposti per applicare l’art. 34, la soluzione non può essere quella di applicare in questa fattispecie esclusivamente la sanzione di cui all’art. 38. Si è detto infatti che la sanzione prevista dall’art. 38 riguarda specificamente ed esclusivamente le opere del tutto conformi al titolo edilizio annullato: affermare, come fa la ricorrente, che, per le opere difformi, sia sufficiente la sanzione comminata ai sensi del suddetto articolo significa accettare che questi interventi possano andare esenti da qualsiasi trattamento sanzionatorio. Ne consegue che, se si ritiene che l’art. 34 non sia applicabile, devono applicarsi le norme che sanzionano gli interventi realizzati in assenza di titolo (artt. 31 e 33 del d.P.R. n. 380 del 2001)

In ogni caso, si deve poi altresì osservare che, in base al secondo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001, il pagamento della sanzione pecuniaria determina gli effetti dell’accertamento di conformità e, dunque, la formazione di un titolo edilizio valido ed efficace. Non è dunque vero che quando si versa nell’ipotesi di opere eseguite in base a titolo edilizio annullato manca un presupposto per l’applicazione della norma contenuta nell’art. 34.

Risulta a questo punto agevole affermare che deve ritenersi corretta la decisione del Comune di Milano di applicare la sanzione stabilita dal ridetto art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 per i soppalchi realizzati in difformità dal titolo edilizio annullato.

Per quanto concerne poi le contestazioni mosse avverso la misura della sanzione in concreto applicata, si deve osservare che non è constato che i soppalchi previsti dal titolo edilizio annullato consistevano, in sostanza, in passerelle intervallate da “buchi” che, ai sensi dell’art. 38 del regolamento edilizio vigente alla data di presentazione del titolo, non costituivano s.l.p. I soppalchi in concreto realizzati, seppure aventi superfici solo di poco superiori a quelle previste dal titolo edilizio, hanno invece dato luogo a veri e propri piani ammezzati che esprimono s.l.p., ove sono stati collocati, per l’unità -OMISSIS-, camere e un servizio igienico (48,39mq), mentre per l’unità -OMISSIS-, camera, servizio igienico e ripostiglio (mq. 34,47). Si tratta pertanto di opere del tutto diverse dalla “passerella” prevista dal titolo.

Si deve quindi ritenere che la decisione di considerare tutta la sua superficie per il calcolo della sanzione sia corretta.

Va per queste ragioni ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la determinazione dell’ammontare della sanzione applicata ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 sarebbe errata in quanto, a tal fine, l’Amministrazione ha tenuto conto anche della superficie del posto auto, e ciò sebbene questa non esprima s.l.p.

Con il terzo motivo, l’interessata rileva che l’intervento sanzionato consiste, non già in una nuova costruzione, ma in una ristrutturazione edilizia con recupero di s.l.p. preesistente. Essa sostiene pertanto che la determinazione dell’ammontare della sanzione applicata ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 sarebbe errata anche perché, a tal fine, si sarebbe dovuto a suo giudizio tener conto, non già del valore complessivo finale delle opere realizzate, ma del più contenuto aumento di valore.

Questa censura è strettamente correlata a quella contenuta nel quarto motivo, laddove si rileva che è stato lo stesso Comune, nella propria iniziale richiesta, a chiedere all’Agenzia del Territorio di determinare l’incremento del valore delle opere. Sostiene pertanto l’interessata che la relazione tecnico-estimativa redatta dall’Agenzia del Territorio, utilizzata dal Comune di Milano per determinare la misura delle sanzioni applicate, sarebbe contraddittoria rispetto alla suddetta richiesta posto che essa ha determinato il valore finale complessivo delle opere. La stessa relazione sarebbe anche affetta dal vizio di difetto motivazionale posto che essa non esplicita le ragioni che avrebbero determinato il mutamento dell’obiettivo della stima e dei criteri di valutazione. Sostiene infine la parte che l’Agenzia non avrebbe tenuto conto della documentazione integrativa fornita dal Condominio nel corso dell’istruttoria.

Con altra censura, contenuta nel terzo motivo, parte ricorrente deduce che l’Amministrazione avrebbe applicato nel concreto una sanzione esorbitante che risulterebbe perciò del tutto inutile in quanto da essa non sostenibile.

Con il quarto motivo, l’interessata rileva che la relazione tecnico-estimativa redatta dall’Agenzia del Territorio ha tenuto conto del valore venale delle unità immobiliari all’attualità. Secondo la parte questa decisione sarebbe errata in quanto, a suo dire, si sarebbe dovuto tener conto del più contenuto valore sussistente al momento di realizzazione delle opere, e ciò tanto più se si considera che nel caso in esame il procedimento avrebbe avuto una durata eccessiva per cause imputabili al Comune.

In proposito si osserva quanto segue.

Come visto l’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che, in caso di opere realizzate in base a titolo edilizio annullato, l’amministrazione, al ricorrere dei presupposti ivi previsti, può comminare una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere eseguite.

La norma è chiara nel rapportare la sanzione al valore delle opere e non all’aumento di valore conseguente alla loro realizzazione. Si deve pertanto ritenere che, anche in caso di interventi di ristrutturazione edilizia con recupero della s.l.p. esistente, la misura della sanzione debba essere calcolata facendo riferimento al valore finale complessivo delle opere senza scomputare il valore che le stesse avevano prima dell’effettuazione dell’intervento.

La decisione assunta dall’Agenzia del Territorio e dal Comune di procedere in tal senso risulta pertanto conforme alla legge; è quindi del tutto irrilevante che lo stesso Comune, nella sua iniziale richiesta, abbia chiesto di determinare l’aumento di valore e che la relazione dell’Agenzia del Territorio non sia strettamente aderente a questa iniziale richiesta essendo, come detto, decisiva la conformità a legge della determinazione dell’ammontare della sanzione. 

Ciò stabilito, va ora osservato che, l’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 non precisa se il valore delle opere debba essere determinato con riferimento all’attualità o al momento di realizzazione delle stesse.

Su questo punto il Collegio ritiene tuttavia condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai suddetti fini, occorra tener conto del valore all’attualità (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 7 marzo 2017, n. 331).

Questo orientamento risulta convincente in quanto i mutamenti di valore delle opere, dal momento di realizzazione al momento in cui viene applicata la sanzione, incidono in maniera bidirezionale sul proprietario delle stesse. Le diminuzioni comportano, da un lato, un effetto positivo in quanto determinano la contrazione dell’importo della sanzione ma, da altro lato, comportano effetti negativi in quanto il patrimonio del proprietario risente della diminuzione del valore del bene. Gli aumenti di valore determinano gli effetti opposti.

Si deve pertanto ritenere che il rapportare la sanzione al valore attuale delle opere costituisca misura che consente di incidere sul debitore in maniera sempre proporzionata al valore del suo patrimonio, e costituisca perciò misura più efficace ed equilibrata indipendentemente dalla durata del procedimento e dalle ragioni che l’hanno determinata. 

Non è poi condivisibile l’affermazione secondo cui, per determinare l’ammontare della misura sanzionatoria, non si dovrebbe tener conto dei locali che non esprimono s.l.p.

A questo proposito va innanzitutto osservato che l’art. 38 si riferisce genericamente al valore delle opere senza distinguere fra quelle che esprimono s.l.p. e quelle che non la esprimono. 

In secondo luogo va rilevato che anche le opere che non esprimono s.l.p. hanno un proprio valore (box o cantine) o determinano un aumento di valore dell’unità immobiliare cui accedono (balconi, terrazze ecc.). Ritenere che queste opere non incidano sull’ammontare della sanzione risulta quindi del tutto illogico posto che, se si ammettesse ciò, significherebbe accettare che esse non verrebbero colpite da alcuna misura sanzionatoria nonostante determinino un aumento di valore del patrimonio del proprietario.  

Va poi osservato che nessun rilievo ha il fatto che l’ammontare della sanzione non sia (in ipotesi) sostenibile per la ricorrente posto che, come detto, ciò che risulta decisivo è la conformità dello stesso alla norma di riferimento. In proposito va anche considerato che, sul punto, l’Amministrazione non dispone di alcuna discrezionalità.

Infine si deve rilevare che la censura secondo cui l’Agenzia del Territorio, nel corso procedimento di stima del valore delle opere, non avrebbe tenuto conto della documentazione prodotta dal Condominio risulta del tutto generica non avendo la parte neppure indicato di quale specifica documentazione si sarebbe omesso l’apprezzamento.

Per tutte queste ragioni va ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

Con l’ultimo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che: a) il termine di trenta giorni fissato per il pagamento dal provvedimento principalmente impugnato sarebbe irragionevole; b) l’indicazione contenuta nel suddetto provvedimento circa le modalità di pagamento sarebbe illegittima laddove subordina la possibilità di ottenere la rateizzazione alla rinuncia all’impugnazione.

Per quanto riguarda la censura di cui al punto a), ritiene il Collegio che la stessa non possa essere condivisa non avendo la parte indicato in maniera puntuale le ragioni per le quali il termine di trenta giorni sarebbe irragionevole: l’interessata si è invero limitata ad affermare, genericamente e senza alcuna dimostrazione, che, entro quel termine, le sarebbe impossibile reperire le risorse necessarie per far fronte al pagamento della sanzione.   

Per quanto riguarda la censura sub b), ritiene il Collegio che, il provvedimento impugnato si è, per il profilo in questione, limitato a richiamare l’art. 13 del Regolamento del Comune di Milano per la Gestione della Riscossione delle Entrate Comunali. A fronte dell’istanza di rateizzazione presentata dalla società ricorrente in data 26.06.2024, non risultano essere stati adottati atti di diniego da parte dell’amministrazione. In ragione di ciò, la lesione della sfera giuridica della ricorrente non si è ancora concretizzata.

Pertanto, pur condividendosi le argomentazioni di parte ricorrente, secondo cui il beneficio della rateizzazione non può essere subordinato alla rinuncia del diritto costituzionalmente garantito di far valere i propri interessi in sede giurisdizionale, la censura deve ritenersi al momento inammissibile.

Per tutte queste ragioni, anche le censure da ultimo esaminate non possono essere accolte.

In conclusione, essendo tutti i motivi dedotti infondati o inammissibili, il ricorso va respinto.

La complessità delle questioni affrontate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente e il suo rappresentante legale.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Maria Ada Russo, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere

Luigi Rossetti, Referendario, Estensore