TAR Lombardia (MI) Sez.I n. 809 del 27 marzo 2018
Urbanistica. Barriere architettoniche e norme sulle distanze

Le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile



Pubblicato il 27/03/2018

N. 00809/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01167/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1167 del 2009, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Umberto Grella, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cesare Battisti, 21;

contro

Comune di Vedano al Lambro, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Alessandra Bazzani, con domicilio eletto presso lo studio Alessandra Bazzani in Milano, via Visconti di Modrone,12;

nei confronti

-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati Annalisa Mariani, Giorgio Casiraghi, con domicilio ex lege presso la segreteria del Tribunale in Milano, via Corridoni n. 39;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Keller & Associates S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Umberto Grella, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cesare Battisti, 21;

per l'annullamento

previa sospensione, con tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi, della deliberazione del Consiglio comunale di Vedano al Lambro n. 15 del 25.3.2009;

in subordine, per l’accertamento e la declaratoria del diritto della società -OMISSIS- a realizzare corpi di fabbrica anche in sopraelevazione ed ampliamento all’esistente a distanza inferiore a dieci metri (fino a 9 metri), del manufatto realizzato dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, come se tale manufatto risultasse irrilevante dal punto di vista urbanistico-edilizio-privatistico.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vedano al Lambro e di -OMISSIS- e -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica di smaltimento del giorno 14 marzo 2018 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso la società istante ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stata approvata la deroga alle distanze previste dalla disciplina urbanistica comunale in relazione ad una variante di progetto presentata dalle controinteressate per la realizzazione di un ascensore e di un vano scala all’esterno della sagoma dell’immobile di loro proprietà in applicazione della legislazione sull’eliminazione delle barriere architettoniche.

In seguito a tale approvazione, il progetto si trova a un confine di 9 metri invece che di 10 rispetto alla costruzione della ricorrente.

A sostegno del proprio ricorso l’istante ha dedotto la violazione degli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, della legge n. 241/1990, della legge n. 13/1989, della legge n. 1150/1942, del d.lgs. n. 267/2000, del d.P.R. n. 380/2001, della legge regionale n. 12/2005 e n. 6/1989, oltre che la violazione del PRG di Vedano al Lambro, del principio di tipicità degli atti amministrativi e l’eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà, contrasto con precedenti manifestazioni di volontà, travisamento di fatto e di diritto, difetto di motivazione, carenza d’istruttoria, ingiustizia manifesta, illegittimità derivata, disparità di trattamento.

Si sono costituiti in giudizio il Comune intimato e le controinteressate, che hanno chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

E’ intervenuta in giudizio ad adiuvandum Keller & Associates S.r.l., nella sua qualità di nuova proprietaria dell’immobile che in precedenza era della ricorrente.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 14 marzo 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Deve, in via preliminare, osservarsi che l’intervento è stato già da tempo realizzato, avendo l’istante rinunciato all’istanza cautelare presentata unitamente al ricorso.

Nel merito, il ricorso è infondato, riportandosi, essenzialmente, il collegio alla costante giurisprudenza del giudice amministrativo per la quale: “Si intendono per barriere architettoniche - ai sensi dell'art. 2, lett. A), punti a) e b), d.m. 14 giugno 1989 n. 236 ("Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e della eliminazione delle barriere architettoniche") - "gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, in forma permanente o temporanea", ovvero "gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature e componenti". Appare pertanto evidente che fra tali ostacoli debbono annoverarsi le scale dei palazzi a più piani, non affrontabili in assoluto da soggetti deambulanti con sussidi ortopedici, o comunque fonte di affaticamento - e, dunque, di "disagio" - per chiunque, a causa dell'età o di patologie di varia natura, abbia ridotte capacità di compiere sforzi fisici. Invero, non può ragionevolmente negarsi che l'installazione di ascensori costituisca anche rimozione di barriere architettoniche” (Cons. Stato, sez. VI , 5 marzo 2014, n. 1032).

Alla luce della giurisprudenza succitata, gli interventi realizzati rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina sul superamento delle barriere architettoniche, non trattandosi, quindi, come affermato da parte ricorrente, di opere idonee a migliorare i servizi e il valore immobiliare dell’edificio.

Ed invero, nella fattispecie in questione l’intervento è stato realizzato per adeguare l’immobile, costituito da più di tre livelli fuori terra, alla normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche. E’ stato, dunque, realizzato un ascensore, sono state demolite le vecchie scale condominiali interne, troppo strette per montare il servoscale, e costruite delle scale esterne.

Ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del d.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 19 della legge regionale n. 6/89, le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile. Non risulta, dunque, applicabile in tali casi l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968. E’ stato, invero, affermato che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 79 del d.p.r. n. 380/2001 porta ad estendere la deroga delle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (dettate nel comma 1 dell’art. 79 cit.) anche agli atti di normazione primaria, con il corollario di dover limitare al dato testuale il richiamo all’art. 873 c.c. e quindi dell’inapplicabilità della disciplina delle distanze dai fabbricati alieni prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 22 settembre 2014, n. 726).

La normativa suddetta prevede, quindi, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, una specifica e automatica deroga alla disciplina delle distanze prevista dagli strumenti urbanistici comunali, senza la necessità di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione.

Né l’applicazione di tale normativa è preclusa per la realizzazione di nuove opere prive di autonomia funzionale, come gli ascensori, che vengono ritenuti dalla giurisprudenza alla stregua di “volumi tecnici o impianti tecnologici” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 dicembre 2012, n. 6253), e come la scala, nel caso di specie, realizzata all’esterno per assicurare l’uscita degli utenti dall’ascensore senza incontrare ostacoli architettonici costituiti dai gradini preesistenti.

La ricorrente assume, inoltre, che sarebbero state possibili alternative all’intervento realizzato, ma senza fornire alcuna prova del proprio assunto, né sono fondate le considerazioni relative alla assunta creazione di una ingiusta servitù a carico della ricorrente, atteso che l’art. 79 del d.P.R. n. 380/2001 non esclude il principio di reciprocità nell’applicazione della normativa in deroga al regime sulle distanze.

In relazione, poi, all’asserita carenza di motivazione e di istruttoria della delibera consiliare impugnata, dall’esame della stessa risulta una, seppur sintetica, motivazione che dà atto dell’autonoma valutazione effettuata dal Consiglio comunale, espressosi in esecuzione della sentenza n. 72/2009 di questo Tribunale, che aveva accolto il ricorso per incompetenza disponendo la “rimessione dell’affare all’organo consiliare competente”.

Ed invero, secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, nel caso di provvedimenti affetti solo da vizi di carattere formale, come quello di incompetenza, non è necessaria una particolare, dettagliata motivazione in ordine all’oggetto del provvedimento da convalidare e degli atti a questo antecedenti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2011, n. 2863).

E tale orientamento risulta tanto più applicabile nel caso di determinazione vincolata, come nella fattispecie all’esame del Collegio.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.

Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le controinteressate.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Mauro Gatti, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Elena Quadri        Angelo De Zotti