TAR Campania (SA) Sez. II n. 1103 del 26 giugno 2017
Urbanistica.Controllo dell’attività edilizia

In sede di controllo dell’attività edilizia, non incombe all’Amministrazione l’indagine approfondita dell’assetto proprietario, con la conseguenza che, ove il richiedente alleghi il proprio diritto, e non risulti, con sufficiente chiarezza, altrimenti, il Comune non può legittimamente denegare (in nessun caso) l’ammissibilità dell’intervento, fermi i diritti dei terzi e salva la proposizione delle relative questioni nelle competenti sedi; e men che meno, dunque, potrebbe precludere l’attività edilizia “libera”



Pubblicato il 26/06/2017

N. 01103/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00728/2017 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc.amm.;
sul ricorso numero di registro generale 728 del 2017, proposto da:
Luisa De Stefano, rappresentata e difesa dall'avvocato Sabato Criscuolo, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Piave N. 1;

contro

Comune di Corbara, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Sabatino Rainone, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Vuolo in Salerno, largo Plebiscito 6;

nei confronti di

Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Corbara, Renato Giordano non costituiti in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione:

a - dell'ordinanza n. 6 prot. n. 1501 del 10.04.2017 a firma congiunta del Responsabile del Procedimento e del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Corbara, notificata alla ricorrente in data 18.04.2017, recante "ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi per opere eseguite in assenza di CILA", relativamente alla realizzazione di due muretti al piano interrato dello stabile sito alla via Cilento n. 62;

b - della nota a firma del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Corbara prot. n. 1067 del 10.03.2017, notificata in data 18.04.2017, di riscontro alle osservazioni presentate dalla ricorrente alla comunicazione di avvio del procedimento;

c - di tutti gli atti resi nel corso del procedimento e, in specie, della nota del Responsabile dell'Area Tecnica prot. n. 438 del 31.01.2017 e del verbale del 30.01.2017 relativo al sopralluogo effettuato il 25.01.2017;

d - di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e consequenziale;

nonché per il risarcimento del danno ingiusto, ex art. 30 C.P.A., oltre interessi e rivalutazione monetaria, come per legge, fino alla data di effettivo soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Corbara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 la dott.ssa Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori avv.ti De Vita (su delega di Criscuolo) e Rainone;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Ritenuto che, con il ricorso all’esame, Luisa De Stefano ha contestato gli atti meglio in epigrafe individuati con i quali il Comune di Corbara ha inteso, all’esito del relativo procedimento, intimare il ripristino dello stato dei luoghi in relazione ad opere (realizzazione di due muretti in blocchi dello spessore di cm 8 e rivestiti in pietra locale, dell’altezza di circa mt 0,60 e per una lunghezza di mt 3,00, quello posto sul versante est, e di mt 2,55, per quello posto sul versante ovest, che la ricorrente ridefinisce “fioriere, poggiate a terra, costitute da una sottostante base in muretti privi di fondazione alti circa cm 50”, come da note tecniche depositate in atti, a firma dell’arch. Salvatore Orlando), qualificate richiedenti CILA ai sensi dell’art.6-bis del DPR 380/2001, deducendo violazione di legge sotto diversi profili (erroneità della sanzione ripristinatoria a fronte della previsione legale di sola sanzione pecuniaria ex art. 6, comma 7, del DPR 380/2001; ulteriore violazione di legge atteso che le opere in questione risalirebbero al 2005, con conseguente decorso del termine ragionevole per l’esercizio dell’eventuale ius poenitendi; inerenza della questione, stante il peculiare regime edilizio cui le opere sono sottoposte, a interessi meramente privatistici; erronea valutazione dello stato di fatto stante la natura esclusiva e non condominiale del diritto di proprietà della ricorrente sull’area de qua; non ricorrenza di alcun interesse ambientale a tutelarsi);

Considerato che il Comune resistente ha giustificato i provvedimenti impugnati sul rilievo della natura condominiale dell’area di intervento e del mancato acquisito assenso da parte del Condominio, dal che faceva discendere la carente legittimazione da parte della ricorrente all’intervento de quo, come già fatto constare con comunicazione in data 10.3.2017 (n. prot. 1067), intervento, peraltro, che assumeva risalente non già al 2005 ma ai mesi di giugno/luglio 2016;

Ritenuto il ricorso manifestamente fondato e, dunque, suscettibile di decisione in forma semplificata, come rappresentato alle parti in sede di udienza camerale;

Ritenuto, nello specifico, fondato il primo, dirimente, motivo di ricorso con il quale la ricorrente ha denunciato l’illegittimità dell’ordine di ripristino trattandosi di opere, realizzabili mediante CILA, oggettivamente sanzionabili solo con pena pecuniaria;

Ritenuto che la eventuale carenza di legittimazione all’intervento (per essere l’area in questione di asserita proprietà condominiale e non esclusiva) non modifica la natura dell’intervento stesso e il connesso regime sanzionatorio;

Ritenuta, in proposito, non mutuabile le richiamata (dal Comune resistente) giurisprudenza in tema di poteri di controllo dell’Amministrazione sulla c.d. “legittimazione all’intervento”, che postula, ai fini inibitori (e ripristinatori), che la stessa Amministrazione disponga effettivamente di detti poteri, il che non è, in ragione della dequotazione dell’intervento (soggetto solo a CILA a termini dell’art. 6-bis del DPR 380/2001) tra quelli sottoposti al regime dell’edilizia libera (cfr. Cons. di Stato, parere adunanza Commissione speciale 21 luglio 2016, in particolare punti 5.3 e 5.5.2, testualmente riprodotti: “…il legislatore non ha previsto altri poteri sanzionatori oltre quello di comminare una sanzione pecuniaria…la differenza con la SCIA è sotto questo profilo assai netta, poiché in quel caso, ex art. 19, comma 3, della l. n.241, l’amministrazione “adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa”. Ci si trova, quindi, di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di CILA), con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di “autotutela” (con la SCIA). Ad avviso di questo Consiglio di Stato, tale differenza si spiega alla stregua dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, tenuto conto che nella materia edilizia il legislatore ha costruito un sistema speciale, in cui il controllo dei poteri pubblici è meno invasivo qualora le attività private non determinino un significativo impatto sul territorio, secondo un modello che potrebbe essere chiamato di “semplificazione progressiva”, concludendo che, “in sostanza, l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere “soltanto” conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio”);

Ritenuto, per quanto precede, che l’intervento de quo sia soggetto solo, ricorrendo la mancata presentazione della CILA, al pagamento di una sanzione pecuniaria e non a ripristino, ferma l’inerenza di ulteriori questioni ad ambiti meramente civilistici;

Ritenuto, ancora in conformità a consolidata giurisprudenza amministrativa (anche del Supremo Consesso), che, in sede di controllo dell’attività edilizia, non incombe all’Amministrazione l’indagine approfondita dell’assetto proprietario (per quanto è dato evincere dalla documentazione versata in causa, essendo in contestazione, e non affatto acclarata nel senso della natura condominiale, la proprietà dell’area di intervento), con la conseguenza che, ove il richiedente alleghi il proprio diritto, e non risulti, con sufficiente chiarezza, altrimenti, il Comune non possa legittimamente denegare (in nessun caso) l’ammissibilità dell’intervento (cfr. Cons. di Stato, nn.4676/2012 e 4968/2011, ex pluris), fermi i diritti dei terzi e salva la proposizione delle relative questioni nelle competenti sedi; e men che meno, dunque, potrebbe precludere l’attività edilizia “libera”;

Ritenuto che l’intervento de quo neppure rilevi sotto il profilo paesaggistico, rilievo, invero, non espressamente formulato nel provvedimento impugnato (che contesta unicamente l’assenza di previa CILA, ma non il contrasto con vincoli di sorta ovvero la necessità di previa conformazione agli stessi), trattandosi di manufatti insistenti in area completamente interrata e sottostante il solaio di copertura del piano rialzato dell’intero compendio immobiliare; venendo in rilievo, dunque, nella fattispecie, il disposto di cui all’art. 149, comma 1, lett.a) del D.lgs. 42/2004 (cfr. note tecniche in atti, depositate da parte ricorrente);

Ritenuto, per le ragioni che precedono e assorbiti tutti gli altri motivi, il ricorso fondato, con conseguente necessità di annullamento degli atti impugnati come confluiti, nella loro estrinsecazione effettivamente lesiva per la ricorrente, e dunque apprezzabile nella presente sede, nell’atto sub a) dell’epigrafe;

Ritenuto che l’annullamento di cui sopra esclude la configurabilità, in capo alla ricorrente, di danni risarcibili, con conseguente reiezione della domanda risarcitoria proposta;

Ritenuto che la peculiarità e relativa novità della questione giustifichino la compensazione delle spese di giudizio inter partes, salva la rifusione del contributo unificato in favore di parte ricorrente da parte del Comune soccombente;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate, con eccezione del contributo unificato nei sensi di cui in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Paolo Severini, Consigliere

         
         
IL PRESIDENTE, ESTENSORE        
Maria Abbruzzese