TAR Campania (NA) Sez. VI n.4851 del 23 agosto 2023
Urbanistica.Demolizione opere abusive e parere commissione edilizia integrata
Il previo parere della Commissione edilizia integrata non è necessario in sede di emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive anche nei casi in cui gli abusi insistano su area vincolata, dal momento che l’ordine di ripristino discende direttamente dall’applicazione della disciplina edilizia vigente e quando la domanda di condono è inammissibile per il divieto che deriva dagli strumenti urbanistici alla realizzazione di nuove costruzioni.
Pubblicato il 23/08/2023
N. 04851/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00493/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 493 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Costagliola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale A. Gramsci, 19;
contro
il Comune di Pozzuoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Carmela De Franciscis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
dell’ordinanza di demolizione Reg. Gen. 172 del 14/11/2019, Reg. Set. 145 del 14/11/2019, Prot. n.-OMISSIS-/Uscita Data Registrazione 19/11/2019
Per quanto riguarda i motivi aggiunti
del provvedimento di rigetto della istanza di accertamento di conformità ex art. 36 DPR 380/01
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 maggio 2023 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata, il Comune di Pozzuoli ha ingiunto al ricorrente la demolizione di un vano costituito da una veranda abusiva in parte realizzata in alluminio ed in parte da muratura realizzata sul terrazzo di proprietà del ricorrente, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed adibita a cucina.
Con il ricorso in esame, il ricorrente deduce la illegittimità di detta ordinanza per molteplici profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Con il primo motivo di ricorso deduce che la struttura non potrebbe definirsi nuovo volume perchè ricavata al di sotto della preesistente tettoia, utilizzando uno spazio già esistente, chiuso su tre lati.
Si tratterebbe di un’opera di manutenzione o ristrutturazione e non di una nuova costruzione.
Ne deriverebbe che le opere in esame non sono assoggettabili al regime del permesso di costruire, ma eventualmente a SCIA e perciò stesso non sarebbero sanzionabili con la misura demolitoria.
Dette opere non avrebbero determinato alcuna rilevante modifica dell'assetto territoriale e di quanto già originariamente esistente.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce che anche qualora si dovesse ritenere che le opere in parola siano soggette al previo rilascio del permesso di costruire, troverebbe applicazione la sanzione demolitoria prevista dall'art. 33 DPR 380/01 e non quella ex art. 31 DPR 380/01, trattandosi di un intervento di ristrutturazione edilizia.
Con il terzo motivo vengono riproposte le medesime censure articolate con il primo motivo.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce di essere in procinto di presentare accertamento di conformità e da tanto dovrebbe derivare la inefficacia dell’ordine di demolizione.
Con il quinto motivo, è dedotta la illegittimità del provvedimento impugnati nella parte in cui si preannuncia la impossibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001 in quanto il Comune di Pozzuoli non avrebbe indicato in maniera chiara ed inequivocabile le ragioni ostative al rilascio della sanatoria limitandosi a delle mere enunciazioni di stile. Ciò inficerebbe il provvedimento di demolizione per carenza di motivazione; vizio che inficia il medesimo provvedimento anche se allo stesso si dovesse attribuire valore di diniego implicito di rigetto.
Con il sesto motivo, deduce che al ricorrente non è mai stata notificata la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L.241/90 e, pertanto, il provvedimento impugnato dovrebbe ritenersi viziato sotto tale profilo.
Con il settimo motivo è dedotta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 in quanto nell’atto impugnato non risulterebbero compiutamente esposte le motivazioni che hanno determinato l’Amministrazione ad ingiungere la demolizione dell’opera.
Inoltre, il provvedimento di demolizione impugnato sarebbe illegittimo nella parte in cui, nell'ipotesi di mancata ottemperanza all'ingiunzione di demolizione da parte del ricorrente, prevede l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere realizzate e dell'area di sedime nonché l'irrogazione della sanzione di € 20.000,00 di cui al 4° comma bis art. 31 DPR 380/01 (ottavo motivo) poiché difetterebbe la natura di nuova opera al manufatto oggetto del provvedimento ripristinatorio ed in ogni caso, non risulterebbe con precisione indicata l’area di sedime.
Infine, non sarebbe adeguatamente precisato l’interesse pubblico alla demolizione di un’opera di minima rilevanza.
Con ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha impugnato il provvedimento di diniego di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001 il 15 gennaio 2020.
Il diniego si fonda sul rilievo che l'area su cui è stata realizzata l’opera “in riferimento al Prg ricade in zona B5-1 “Residenziale satura recente interna o contigua ad emergenze naturalistiche e paesistiche o a zone di elevato pregio ambientale. Manutenzione e restauro ambientale”- la cui normativa è riportata all'art. 24 delle norme di attuazione annesso a detto piano, che non consente tale tipo di intervento; ed in riferimento al PTP ricade in zona R.U.A. (Recupero Urbanistico Edilizio e Restauro Paesistico Ambientale) la cui normativa è riportata all'art. 13 delle norme di
Attuazione”.
Deduce il ricorrente che il provvedimento in parola sarebbe illegittimo in quanto non preceduto dal preavviso di diniego; adottato senza rispettare l’ordine cronologico delle istanze pervenute; emanato senza la previa acquisizione del parere della commissione edilizia; carente sotto il profilo della motivazione.
Infine, il provvedimento sarebbe viziato da eccesso di potere per travisamento dei fatti dal momento che le opere non costituirebbero una nuova volumetria non consentita dalla disciplina della zona B5- 1 del PRG del Comune di Pozzuoli e della zona RUA del PTP dei Campi Flegrei: si tratterebbe, nella specie, di opere edili consistenti nella chiusura, sul terrazzo di proprietà del ricorrente, della
tettoia autorizzata con permesso a costruire n. 54/2017, con infissi in alluminio e vetro e piccoli muretti.
Si è costituito in difesa il Comune di Pozzuoli con memorie e documenti chiedendo che il ricorso sia respinto.
Il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti sono infondati.
Possono esaminarsi congiuntamente, data la loro evidente connessione, i motivi primo, quinto, settimo, nono e decimo del ricorso introduttivo.
Essi sono infondati.
Emerge dagli atti del giudizio che il ricorrente ha realizzato una veranda sul balcone con infissi in alluminio e vetri, di dimensioni m. 4,00 x m. 3,00 per una profondità di m. 1,00, con altezza nella parte bassa fino ad un metro, rivestita con mattonelle cm. 10 x 10; il vano di accesso al balcone è stato parzialmente eliminato al fine di creare un ambiente cucina, completo, arredato e funzionante.
L’opera, come descritta, rappresenta di certo la creazione di una nuova volumetria non legittimata dal permesso di costruire n. 54 del 2017 che aveva ad oggetto soltanto la realizzazione di una scala a chiocciola a servizio del terrazzo sovrastante l’immobile; di una tettoia e di un muretto di recinzione.
Né è conferente il richiamo alla natura pertinenziale del manufatto che, di contro, ha una sua autonoma funzionalità, come detto, di cucina e costituisce un ampliamento dell’appartamento preesistente.
Peraltro, come evidenziato dal Comune nelle sue difese, i manufatti oggetto di causa sono stati realizzati, senza titolo edilizio e senza autorizzazione paesaggistica, in un territorio che è stato dichiarato nella sua interezza di notevole interesse pubblico ai sensi del D.M. del 12.09.1957.
In particolare, in riferimento al P.R.G., l’area ove insiste l’abuso ricade in zona B5_1 “Residenziale satura recente interna o contigua ad emergenze naturalistiche e paesistiche o a zone di elevato pregio ambientale – Manutenzione e restauro ambientale” la cui normativa è riportata all’art. 24 delle norme di attuazione annesse a detto piano, che non consente l’intervento edilizio realizzato dal ricorrente e dal punto di vista paesaggistico essa ricade in zona R.U.A. “Recupero Urbanistico Edilizio e Restauro Paesistico Ambientale” la cui normativa è riportata all’art. 13 delle norme di attuazione annesso a detto piano.
Il richiamo nell’atto impugnato del contrasto del manufatto con le regole edilizie e di tutela del paesaggio vale a rendere pienamente assolto l’obbligo di motivazione dal momento, secondo i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 9 del 2017 in cui è stato precisato che: “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
Infine, prive di fondamento sono anche le censure che riguardano la violazione delle regole procedimentali in considerazione della natura vincolata del potere esercitato e della portata dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 a norma del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Relativamente ai motivi di ricorso proposti avverso il diniego di sanatoria, va rilevato quanto segue.
Le censure afferenti alla asserita violazione delle prerogative di partecipazione procedimentale sono prive di fondamento atteso che, siccome in appresso si puntualizzerà in sede di negativo scrutinio dei motivi “afferenti al merito”, il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda (TAR Lombardia, I 26 settembre 2018, n. 2145).
Il provvedimento di rigetto appare immune anche dalle prospettate censure che investono il merito della decisione amministrativa.
In particolare, il diniego evidenzia con precisione le norme del piano urbanistico e quelle del piano paesaggistico ostative al mantenimento di un’opera che per la sua consistenza integra una nuova costruzione, onde la infondatezza dei motivi di ricorso relativi al difetto di motivazione e di istruttoria.
Del pari infondate sono le censure che attengono alla mancata acquisizione del parere della commissione edilizia nonché quelle relative alla violazione del principio di priorità cronologica nell’esame delle istanze di sanatoria.
Con riguardo a queste ultime va rilevato come l’amministrazione debba concludere il procedimento nei termini di legge che iniziano a decorrere dalla presentazione della istanza di sanatoria e che il decorso del tempo determini il verificarsi di una ipotesi di rigetto ex lege della istanza medesima, onde la infondatezza della censura che pare indirizzata a stigmatizzare la celerità della decisione, effetto favorevole all’interessato che è messo in condizione di tutelare prontamente il suo interesse in sede giurisdizionale.
È inoltre da disattendere il rilievo con cui si lamenta il mancato previo parere della Commissione edilizia integrata; come da giurisprudenza (anche) di questa Sezione, infatti, il parere non è necessario in sede di emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive anche nei casi in cui gli abusi insistano su area vincolata, dal momento che l’ordine di ripristino discende direttamente dall’applicazione della disciplina edilizia vigente e quando, come nel caso di specie, la domanda di condono è inammissibile per il divieto che deriva dagli strumenti urbanistici alla realizzazione di nuove costruzioni. (cfr. Tar Napoli, sent. n. 2377 del 2020 e n. 2641 del 2022).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso integrato da motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Pozzuoli delle spese del giudizio che liquida in euro 2000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023, svoltasi con collegamento Teams, con l'intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Angela Fontana, Consigliere, Estensore