TAR SICILIA (CT) Sez. I n. 412 del 11 febbraio 2016
Urbanistica.Differenza tra volume tecnico e mansarda

Devono intendersi volumi tecnici solo quei volumi destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno, mentre non sono tali e sono quindi computabili ai fini della volumetria consentita, tra gli altri, il piano di copertura impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda; in particolare, la realizzazione di un locale sottotetto con vani distinti e comunicanti con il piano sottostante mediante una scala interna costituisce indice rilevatore dell'intento di rendere abitabile detto locale, non potendosi considerare volumi tecnici i vani in esso ricavati; inoltre, il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, costituisce in realtà una mansarda quando dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda

N. 00412/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01918/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1918 del 2013, proposto da:
Sf Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Balletta, con domicilio ex lege presso la Segreteria di questo T.a.r. Catania, Via Milano 42a;

contro

Comune di Merì, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Alosi, con domicilio ex lege presso la Segreteria di questo T.a.r. Catania, Via Milano 42a;

per l'annullamento

della Determina n° 88 del 3 Giugno 2013, notificata il successivo 10 Giugno 2013, con la quale il responsabile del III Settore F.F. del predetto Comune disponeva la revoca della Concessione edilizia n° 11 del 28 Giugno 2012, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Meri';

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente espone che, essendo titolare della licenza edilizia n° 10/2006 del 29 Settembre 2006, in corso d'opera richiedeva il rilascio di una concessione edilizia in variante a quella originariamente esitata, per eseguire un progetto di ristrutturazione, cambio di destinazione d'uso e soprelevazione di un fabbricato esistente e costruzione di due fabbricati a tre elevazioni fuori terra più cantinato e sottotetto nella Via Longano di Merì (Me).

Il Comune rilasciava la concessione edilizia in variante numero 11 del 2012 che però, con provvedimento numero 88 del 2013, revocava a seguito di segnalazione del signor Coppolino Antonino, comproprietario di un fabbricato confinante con il terreno oggetto dell'edificazione assentita con la concessione edilizia, il quale chiedeva di adottare i provvedimenti di competenza in relazione a quanto accertato dal c.t.u. nel ricorso per accertamento tecnico preventivo da egli stesso proposto contro la società ricorrente; dalla consulenza era risultata infatti la non conformità delle opere in corso di esecuzione rispetto al progetto autorizzato.

A seguito di sopralluogo, e successiva acquisizione delle osservazioni della ricorrente, il Comune riteneva la non conformità delle opere eseguite a quanto approvato nella concessione in variante, ed in particolare, quanto al corpo A, veniva contestata la riduzione in larghezza del vano wc e la realizzazione di un ulteriore vano wc, che secondo il Comune non avrebbero potuto essere considerate varianti in corso d'opera perché modificative della sagoma e delle superfici utili delle singole unità immobiliari; inoltre, venivano contestati un rialzo della linea di gronda con incremento della volumetria del fabbricato; la creazione di un vano soppalco; la difformità tra lo stato dei luoghi esistente e quello descritto nella planimetria a corredo del progetto, per cui il piano cantinato previsto in progetto produceva un effetto volumetrico eccedente la volumetria disponibile, sicché il Comune concludeva nel senso che sia la concessione edilizia originaria che quella in variante risultavano essere state assentite in base ad una errata rappresentazione dello stato dei luoghi. Da qui la revoca della concessione edilizia.

Avverso tale provvedimento, impugnato con il ricorso in epigrafe, la ricorrente formulava unica, articolata, censura, di violazione dell’art. 15 della Legge 47/85 per eccesso di potere e travisamento dei fatti, deducendo, sotto un primo aspetto, che le riscontrate variazioni strutturali al Corpo denominato "A", in realtà, non erano altro che le modifiche apportate in corso d'opera rispecchianti fedelmente gli elaborati tecnici a corredo della revocata C.E. in variante n. 11 dei 28 Giugno 2012; il "soppalco" era stato realizzato per motivi tecnici durante la fase di ultimazione delle finiture degli intonaci del vano scala ed era da considerarsi una mera struttura temporanea di cantiere; in terzo luogo, il completamento della falda del Corpo "A" per portare la quota di gronda a zero doveva ancora avvenire, stante la mancata ultimazione dei lavori, per cui la riportata maggiore volumetria, essenzialmente e tecnicamente riconducibile alla incompletezza della costruzione, non sarebbe stata più tale una volta terminati i lavori; le riscontrate modifiche interne e nei bagni dei piano terra costituivano varianti in corso d'opera realizzabili ai sensi dell'art. 22, n° 2, del DPR n° 380/2001, regolarizzabili mediante atto autorizzativo prima della fine dei lavori; il riferito aumento di cubatura risultava in realtà inesistente per una serie di ragioni tecniche illustrate dalla ricorrente, la quale precisava altresì che lo stato dei luoghi era in corso di modifica e comunque il calcolo della cubatura in esubero operato dal Comune risultava errato e rientrante nella tolleranza di cantiere.

Il Comune si è costituito in giudizio, sostenendo la legittimità degli atti impugnati.

Con ordinanza n. 2226/13, depositata in Cancelleria il 19/09/2013, è stata disposta verificazione “al fine di chiarire sotto il profilo tecnico i vari aspetti evidenziati in ricorso ed oggetto di contestazione, rendendo ogni delucidazione utile al fine di valutare la legittimità degli atti impugnati, avuto riguardo alle deduzioni di parte ricorrente”.

Il Verificatore ha depositato la propria relazione, con allegati, il 21.11.2014.

Parte ricorrente il 28 aprile 2015 ha depositato una memoria chiedendo il richiamo del verificatore per accertare nuovamente il punto controverso relativo alla volumetria che, secondo parte ricorrente, sarebbe stata erroneamente rilevata dal verificatore.

A seguito di ordinanza istruttoria n. 1614/2015, il Comune ha depositato due richieste di sanatoria presentate dalla ricorrente il 17 aprile 2015 ai sensi dell'articolo 13 della L. n.47/1985, sulle quali è in corso l'istruttoria.

Il Comune, con memoria depositata il 14 novembre 2015, sostiene che per effetto della presentazione della domanda di sanatoria sarebbe venuto meno l'interesse a coltivare il ricorso.

All'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la ricorrente ha insistito per la decisione del ricorso che, esaurita la trattazione orale, è stato infine trattenuto in decisione.

DIRITTO

I. Il Collegio ritiene di respingere l'eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dal Comune: infatti, considerato che l'istruttoria sulla domanda di sanatoria è in corso, la parte mantiene l'interesse all'annullamento della revoca della concessione edilizia, considerato che la sanatoria viene espressamente configurata come sanatoria in corso d'opera, quindi presuppone la legittimità dell'intervento edilizio.

La stessa giurisprudenza richiamata dal Comune riguarda la diversa questione dell'improcedibilità - a seguito della presentazione della domanda di condono edilizio - del ricorso proposto avverso atti sanzionatori (ordinanza di demolizione, etc.), ma non il ricorso proposto avverso l'annullamento o la revoca della concessione edilizia.

Quindi il ricorso è procedibile.

II. Lo stesso deve essere respinto, anche alla stregua degli accertamenti eseguiti dal verificatore.

I motivi della revoca indicati della Concessione Edilizia n. 11 del 28/06/2012 indicati nel provvedimento impugnato in sintesi sono i seguenti:

a) le modifiche riscontrate nel corpo “A” del fabbricato non possono considerarsi varianti in corso d’opera nel rispetto dell’art. 15 della Legge 47/85 poiché modificano la sagoma e le superfici utili delle singole unità immobiliari;

b) la linea di gronda del solaio di copertura del piano sottotetto del fabbricato denominato in progetto corpo “A” incrementa la volumetria del fabbricato ed il sottotetto non risulta conforme alle previsioni progettuali;

c) non trova applicazione l’invocazione dell’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 2 comma 5, della L.R. n. 17 del 31/05/1994 poiché non risulta osservata la procedura prevista;

d) le modifiche riscontrate nel fabbricato corpo “A” a piano terra riguardanti la diversa distribuzione interna, nonché la realizzazione di un vano sottoscala, rendono l’unità immobiliare non conforme alle previsioni progettuali;

e) lo stato dei luoghi in corrispondenza del fabbricato Anastasi non trova riscontro con quanto previsto nelle tavole grafiche di cui alla “planimetria esistente” ed in quella di “progetto” poiché le quote indicate sono diverse da quelle reali, caratterizzando così una maggior volumetria dell’edificio.

Il Verificatore ha accertato quanto segue:

<1a) Sulla modifica della sagoma e delle superfici utili delle singole unità immobiliari (Corpo “A”).

La modifica della sagoma oggetto di contestazione riguarda il piano primo e secondo del corpo “A”, scaturisce dal fatto che, nel progetto di cui alla Concessione Edilizia n. 10/06, esisteva un disallineamento sul prospetto di circa 168 cm, dovuto alla diversa superficie delle u.i., mentre, nel progetto di variante e allo stato attuale, come accertato dal verificatore, i suddetti piani sono stati allineati con lieve trasferimento e compensazione di volumetria e superficie (circa 6/7 mq) tra le suddette unità immobiliari, pertanto ininfluente ai fini urbanistici. Poiché le suddette modifiche dei prospetti sono state realizzate prima del rilascio della C.E. n. 11/12 dovevano essere sanate ai sensi dell’art. 13 della Legge 47/85, o comunque unitamente al rilascio della C.E. n. 11/12 con l’applicazione delle sanzioni amministrative previste.

Per ciò che attiene il soppalco, appare indubbio che la suddetta struttura sulla base delle foto prodotte dal Comune non aveva le caratteristiche di un ponteggio provvisorio, poiché realizzato con nuovi elementi lignei verniciati in maniera del tutto impropria per un ponteggio di servizio; tale contestazione ha comportato la rimozione del suddetto soppalco da parte della ricorrente.

Il suddetto soppalco era stato realizzato sopra il vano scala, che a partire dall’estradosso del 2 piano, non è stato preso in considerazione ai fini del calcolo dei volumi consentiti, e comunque facente parte dell’originaria copertura del sottotetto.

1b) Sulla linea di gronda del solaio di copertura del piano sottotetto del fabbricato denominato Corpo “A”.

La ricorrente sostiene che i lavori relativi al completamento della copertura non sono stati ancora realizzati, stante i lavori in corso, per portare la quota di gronda a “zero”, pertanto la maggiore volumetria contestata è dovuta alla incompletezza della costruzione.

In ordine al suddetto punto appare opportuno far rilevare che la suddetta copertura del piano sottotetto ha notevole altezza interna, che va da un minimo di m 0.80 ad un massimo di m 5.00 (tavola grafica allegata 2), situazione che da sola sembrerebbe escludere che possa trattarsi di semplice sottotetto, a ciò si aggiunga che la destinazione indicata nel progetto è “locale di sgombero”, che può assimilarsi a ripostiglio, e che di fatto potrebbe costituire superficie e volume utile.

Ciò premesso, poiché l’altezza dei fabbricati va misurata fino alla linea di gronda del più alto vano abitabile, si verificano le seguenti ipotesi:

- la prima, in presenza di sottotetto non abitabile, poiché non costituente superficie e volume, l’altezza alla gronda coincide con quella dell’ultimo piano abitabile che è l’estradosso del 2 piano;

- la seconda, in presenza di vano sottotetto abitabile, poiché costituisce superficie e volume utile, l’altezza dell’edificio deve essere misurata alla gronda della copertura del sottotetto, che nel caso in argomento è la maggiore altezza in contestazione, 1 m circa.

Alla luce delle suddette situazioni, poiché il sottotetto è destinato a locale di sgombero e non è stato considerato ai fini della volumetria dell’edificio, e che le altezze interne sostanzialmente corrispondono a quelle di progetto, ne deriva che l’altezza dell’edificio va misurata all’estradosso del 2 piano di progetto (m 10,20). Qualora, invece, ricorressero le condizioni di considerare il suddetto sottotetto volume utile, sulla base di quanto relazionato dal verificatore, l’altezza dell’edificio risulterebbe di m 11,20 circa.

OMISSIS>.

Si possono tralasciare gli ulteriori accertamenti eseguiti dal verificatore in ordine alle modifiche riscontrate nel fabbricato denominato Corpo “A” piano terra, nonchè in merito alla errata rappresentazione della quota altimetrica e sull’aumento di cubatura, così come si possono tralasciare le contestazioni di parte ricorrente su quest'ultimo profilo, in considerazione del fatto che il provvedimento impugnato risulta già adeguatamente sorretto da motivazione con riferimento alla maggiore volumetria dovuta al sottotetto/locale di sgombero.

Occorre infatti premettere che, secondo la giurisprudenza, devono intendersi volumi tecnici solo quei volumi destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno, mentre non sono tali e sono quindi computabili ai fini della volumetria consentita, tra gli altri, il piano di copertura impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda; in particolare, la realizzazione di un locale sottotetto con vani distinti e comunicanti con il piano sottostante mediante una scala interna costituisce indice rilevatore dell'intento di rendere abitabile detto locale, non potendosi considerare volumi tecnici i vani in esso ricavati (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd. , 14/4/2014 n. 207); inoltre, il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, costituisce in realtà una mansarda quando dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda (Consiglio di Stato, sez. VI , 12/11/2014 n.5550).

Per cui, la giurisprudenza ritiene che sia necessaria la concessione edilizia per l'esecuzione di un intervento consistente nel recupero di una porzione di sottotetto e nella sua trasformazione in mansarda: in tal caso, infatti, l'aumento di volumetria impone la classificazione come intervento di nuova costruzione (T.A.R. Lombardia, sez. I Brescia, 6/8/2010 n.2654; cfr. anche Cassazione penale, sez. III, 3/10/2002 n.38191, secondo la quale la trasformazione di un sottotetto in mansarda determina un mutamento di destinazione di uso urbanisticamente rilevante, per cui occorre la concessione edilizia).

Parimenti, la rilevante altezza media rispetto al piano di gronda crea maggiore volumetria, come contestato dal Comune.

Al riguardo, la Giurisprudenza ha condivisibilmente affermato che i sottotetti quando sono di altezza tale da poter essere suscettibili di abitazione o di assolvere a funzioni complementari, quale quella ad esempio di deposito di materiali, devono essere computati ad ogni effetto sia ai fini della cubatura autorizzabile sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza, non potendo essere annoverati tra i volumi tecnici (T.A.R. Campania, sez. II di Napoli, 21/03/2011 n.

1582).

Poichè il rilevato abuso, contestato dal Comune, sfugge ai rilievi di parte ricorrente ed è sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato, il ricorso dev'essere respinto, senza che il Collegio debba indugiare sull'esame degli ulteriori profili, la cui eventuale fondatezza non potrebbe comunque comportare l'annullamento dell'atto impugnato.

III. Il Collegio, avuto riguardo alla particolare complessità della vicenda, ritiene di disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio e di porre le spese di verificazione a carico di entrambe le parti, in ragione di metà di ciascuna, avuto riguardo alla circostanza che la verificazione si è resa necessaria anche a causa del mancato utile apporto collaborativo del Comune (in quella fase del giudizio) che si era costituito solo con memoria di stile e senza depositare documenti utili a chiarire gli aspetti tecnici sollevati da parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Pone le spese di verificazione a carico di parte ricorrente e del Comune di Merì, in ragione di metà di ciascuna.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

Francesco Bruno, Presidente FF

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Eleonora Monica, Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/02/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)