TAR Campania (NA), Sez. II, n. 5164, del 5 novembre 2015
Urbanistica.Distanze legali e manufatti abusivi.
Ove si aderisse al non condivisibile assunto che la distanza legale debba essere misurata tenendo conto anche delle opere abusive confinanti, si perverrebbe al risultato aberrante che, a causa dell’illecito ampliamento dell’edificio in proprietà altrui, parte ricorrente si vedrebbe costretta ad arretrare il proprio manufatto rispetto alla sua legittima ubicazione originaria. Il Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento in base al quale l'abuso edilizio, allorquando occorra valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere, di per sé, rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare, pena il capovolgimento, e quindi la vulnerazione, di ogni ordinario criterio discretivo delle posizioni giuridiche tra quelle lecite e quelle illecite. (Segnalazione e massi a a cura di F. Albanese).
N. 05164/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00424/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 424 del 2015 proposto dalla EDIL MA. FRA Sas in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Saverio Orlando e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Via B. Longo n.333;
contro
Comune di Brusciano in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione, delle note n.20637 del 25/11/2014 e n.22725 del 24/12/2014, nonché degli atti presupposti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.359 del 2015 di accoglimento della domanda di sospensione;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Consigliere Gabriele Nunziata alla udienza pubblica del 22 ottobre 2015, ed ivi udito l’Avvocato come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espone parte ricorrente di aver avanzato nel 2011 richiesta di Permesso di costruire ex art.5 della L.R. n.1/2011 in relazione alla quale veniva rilasciato Permesso n.7/2013, di aver poi presentato SCIA ed ulteriore istanza di Permesso di costruire in variante al precedente con rilascio di Permesso di costruire n.7/2014, di aver ancora formalizzato SCIA in variante a detto Permesso e che intervenivano sequestro preventivo e successivo dissequestro; dopo la comunicazione di ripresa dei lavori il Comune trasmetteva l’avviso del procedimento di demolizione per difformità e, sebbene fossero state trasmesse osservazioni, sono stati formalizzati gli impugnati provvedimenti.
Benchè il ricorso sia stato ritualmente notificato, il Comune di Brusciano non si è costituito in giudizio.
Alla udienza pubblica del 22 ottobre 2015 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce l’eccesso di potere, la carenza di istruttoria e la violazione del DM n.1444/1968.
2. Nella fattispecie in esame il Collegio ritiene di aderire alla consolidata giurisprudenza secondo la quale il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 – laddove all'art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - è norma che impone determinati limiti edilizi ai Comuni nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici, ma non è immediatamente operante anche nei rapporti tra privati; conseguentemente (cfr. ex multis Cass. Civ., II, 1.11.2004, n.21899) l'adozione, da parte degli Enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9 divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata (cfr. Cons. Stato, V, n.7731/2010; T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 16.10.2009, n. 1742).
2.1 Più in generale, va posto in rilievo che l'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, laddove prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, ragion per cui non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (cfr. T.A.R. Toscana, III, 4.12.2001, n.1734; T.A.R. Liguria, I, 12.2.2004 n. 145). Pertanto, le distanze tra costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della relativa disciplina (cfr. Cons. Stato, IV, 5.12.2005, n. 6909).
3. Alla luce di quanto esposto, deve ritenersi che non risulta smentito agli atti del giudizio che lo stato dei luoghi differisce da quello rappresentato solo limitatamente all’edificio di altro proprietario e che comunque le verande insistenti su tale diversa proprietà non sono strutturate ai fini portanti, ma risultano ricavate dalla chiusura parziale delle balconate esistenti con vetro e alluminio preverniciato e sono state determinate dall’UTC dell’Amministrazione come aventi carattere provvisorio ovvero temporaneo. Ora, se il Comune non aveva contestato l’abusività di tali verande, non poteva poi censurare la parte del corpo di fabbrica per cui è controversia per mancato rispetto delle distanze da alcune verande abusive, tanto più che l’edificio realizzato da parte ricorrente risulta eseguito in conformità ai Permessi di costruire rilasciati e le distanze tra gli edifici sono rispettate in ragione sia della temporaneità delle verande, sia del fatto che le mensole balcone per la esiguità della larghezza non concorrono alla determinazione delle distanze.
3.1 Ove si aderisse al non condivisibile assunto che la distanza legale debba essere misurata tenendo conto anche delle opere abusive confinanti, quale, appunto, la veranda citata, si perverrebbe al risultato aberrante che, a causa dell’illecito ampliamento dell’edificio in proprietà altrui, parte ricorrente si vedrebbe costretta ad arretrare il proprio manufatto rispetto alla sua legittima ubicazione originaria. La Società ricorrente si era in ogni caso munita dell’Autorizzazione sismica del 6/5/2014, ma comunque il Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento in base al quale l'abuso edilizio, allorquando occorra valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere, di per sé, rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare, pena il capovolgimento, e quindi la vulnerazione, di ogni ordinario criterio discretivo delle posizioni giuridiche tra quelle lecite e quelle illecite (Cons. Stato, IV, 27.3.2009, n.1874; cfr. anche TAR Campania, Napoli, IV, 21.7.2005, n. 10142).
3.2 I provvedimenti impugnati devono, dunque, reputarsi illegittimi, posto che la presenza di un manufatto abusivo non può essere di ostacolo al ius aedificandi di chi ha presentato un progetto in conformità delle norme locali e statali (TAR Abruzzo, L’Aquila, 17.2.2004, n. 138), in disparte le già accennate contraddizioni che hanno inficiato l’operato del Comune sì da integrare il denunciato vizio del difetto di istruttoria. La Sezione ritiene, dunque, di dover aderire all’orientamento in base al quale l'abuso edilizio, allorquando occorra valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere, di per sé, rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare, pena il capovolgimento, e quindi la vulnerazione, di ogni ordinario criterio discretivo delle posizioni giuridiche tra quelle lecite e quelle illecite (Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1874; cfr. anche TAR Campania, n.10142 del 2005; n.8720 del 2010 confermata dal Cons. Stato n.3968 del 2015).
4. Alla luce di quanto sopra deve ritenersi che il ricorso in esame vada accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnazione.
La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti oggetto di impugnazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente
Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore
Brunella Bruno, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)