TAR Veneto Sez. II n. 1247 del 20 novembre 2015
Urbanistica.Abusi edilizi su aree demaniali
La qualità di utilizzatore di un immobile realizzato abusivamente in assenza di titolo abilitativo sul demanio o sul patrimonio di enti pubblici, è sufficiente ad individuarlo come destinatario dell’ordine di ripristino senza che vi sia la necessità di accertare chi ha concretamente realizzato l’abuso.
N. 01247/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00195/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 195 del 2015, proposto da:
Gianni Bozzato, Silvana Brossa, Mauro Niero, Altea Rizzoli, rappresentati e difesi dagli avv.ti Andrea Michielan e Primo Michielan, con domicilio presso Segreteria T.A.R;
contro
Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Ballarin, Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro e Giuseppe Venezian, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non costituitosi in giudizio;
nei confronti di
Insula S.p.A., non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
- dei provvedimenti del Dirigente del Servizio Controllo del Territorio del Comune di Venezia prot. n. 285258, n. 284687, n. 284926 e n. 285004 del 7 luglio 2014 di diffida a demolire le opere abusive nel termine di 90 giorni dal ricevimento dell'ordine;
- delle note prot. n. 306155 del 18 luglio 2014, e prot. n. 418644 dell’8 ottobre 2014, nonché la nota prot. n. 433751 del 16 ottobre 2014, di rigetto delle istanze di nulla osta alla conservazione del manufatto presentate dalla Sig.ra Brossa;
- delle note prot. n. 418349 dell’8 ottobre 2014, e prot. n. 42122 del concorso del 15 ottobre 2014, di rigetto delle istanze di nulla osta alla conservazione del manufatto presentate dai Sig.ri Bozzato, Rizzoli e Niero ed atti connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso straordinario al Capo dello Stato trasposto in sede giurisdizionale, i ricorrenti, assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica a Marghera, nel territorio del Comune di Venezia, impugnano i provvedimenti prot. nn. 285258, 284687, 284926, 285004 del 7 luglio 2014, con i quali il Comune ha ordinato la demolizione di alcuni box garage in lamiera realizzati su suolo di proprietà comunale in assenza di permesso di costruire.
Nel corso del procedimento la ricorrente Sig.ra Silvana Brossa ha eccepito che il proprio garage era contemplato nel contratto di locazione, e tutti i ricorrenti hanno chiesto al Comune il rilascio di un nulla osta che autorizzi la conservazione dei manufatti.
Tali istanze sono state respinte con note prot. n. 306155 del 18 luglio 2014, n. 418644 dell’8 ottobre 2014, della Direzione Patrimonio e Casa, e prot. n. 433751 del 16 ottobre 2014, del Servizio controllo del territorio, nonché prot. n. 418349 dell’8 ottobre 2014, n. 431222 del 15 ottobre 2014.
Tali provvedimenti sono impugnati con il ricorso straordinario trasposto per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 35, comma 1, del DPR 6 giugno 2001, n. 380, difetto di istruttoria e di motivazione perché, ai sensi della norma richiamata, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi per opere abusive realizzate su suolo del demanio o del patrimonio dello Stato e di enti pubblici può essere rivolta solo al responsabile dell’abuso, e il Comune avrebbe dovuto appurare che i box garage erano già presenti quando i ricorrenti sono divenuti assegnatari degli alloggi;
II) violazione dei principi di imparzialità e buona amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost., nonché dei principi di affidamento e proporzionalità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria e di motivazione perché il Comune non ha considerato che il lungo lasso di tempo decorso dalla realizzazione dell’abuso avrebbe comportato la necessità di una motivazione rafforzata per disporre la demolizione, e non ha valutato che la sostanziale tolleranza degli abusi protrattasi per lungo tempo ha generato un affidamento in capo ai ricorrenti, e che si sarebbe dovuto operare un bilanciamento con l’entità modesta e il carattere accessorio dei volumi, posti a servizio di unità abitative che hanno una superficie abitativa inferiore a quella minima di legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Il Comune di Venezia ha replicato alle censure proposte concludendo per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 5 novembre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La censura di cui al primo motivo con la quale i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, perché l’ordine di demolizione non è stato rivolto nei confronti degli autori degli abusi, ma nei loro confronti che sono gli assegnatari degli alloggi, non può essere condivisa.
In primo luogo va osservato che non è stata data una prova certa circa la data della commissione degli abusi, dato che sono state allegate solo delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio prodotte dagli stessi interessati che non sono sufficienti a tal fine, essendo eventualmente necessari inconfutabili atti o documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrano la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione dei manufatti nella loro attuale consistenza.
In secondo luogo, benché in giurisprudenza non manchino sul punto diversi indirizzi interpretativi, il Collegio aderisce all’orientamento già affermato in diverse pronunce della Sezione (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 30 gennaio 2014, n. 121; id. 15 febbraio 2013, n. 222), secondo il quale la qualità di utilizzatore di un immobile realizzato abusivamente in assenza di titolo abilitativo sul demanio o sul patrimonio di enti pubblici, è sufficiente ad individuarlo come destinatario dell’ordine di ripristino senza che vi sia la necessità di accertare chi ha concretamente realizzato l’abuso.
Come è stato osservato infatti “l’ordine di demolizione non presuppone l’accertamento dell’elemento soggettivo integrante responsabilità a carico del suo destinatario, né è un provvedimento diretto a sanzionare un comportamento illegittimo del trasgressore, ma è un atto di tipo ripristinatorio avendo la funzione di eliminare le conseguenze della violazione edilizia, attraverso la riduzione in pristino dello stato dei luoghi conseguente alla rimozione delle opere abusive. Per tale ragione l’ordine di demolizione deve essere rivolto a colui che abbia la disponibilità materiale dell’opera abusiva, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata, aspetto che potrebbe rilevare sotto il profilo della responsabilità penale, ma non per la legittimità dell’ordine di demolizione” (in tali termini, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 35, cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 31 luglio 2012, n. 3710; id. 24 luglio 2012, n. 3567).
Atteso che la speciale disciplina di cui all’art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, che non prevede l'irrogazione di sanzioni pecuniarie, trova la sua giustificazione nella peculiare gravità della condotta sanzionata, che riguarda la costruzione di opere abusive su suoli pubblici in assenza di un idoneo titolo abilitativo, e che l’eliminazione degli abusi è necessaria per ripristinare il corretto assetto del territorio, il Collegio ritiene che l’ordine di demolizione possa pertanto essere legittimamente rivolto anche a chi abbia l’oggettiva disponibilità dell’area sulla quale sono stati rinvenuti i manufatti abusivi, indipendentemente dall’averli realizzati.
Le censure di cui al primo motivo devono pertanto essere respinte.
Sono parimenti infondate le censure di cui al secondo motivo, con le quali i ricorrenti lamentano la mancata considerazione del lungo lasso di tempo decorso dalla realizzazione dell’abuso, il formarsi di un legittimo affidamento a causa della tolleranza da parte dell’Amministrazione che non è intervenuta prima a reprimere gli abusi nonostante ne fosse a conoscenza ed il difetto di motivazione.
Tali doglianze non possono essere accolte in quanto, come è stato osservato, l’art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, essendo volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza l'approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti, e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto (cfr. Tar Liguria, 5 giugno 2014, n. 873).
Inoltre l’assunto secondo il quale l’Amministrazione avrebbe tollerato l’abuso nonostante fosse a conoscenza dello stesso è priva di riscontri.
Infatti non sono significativi, al fine di comprovare tale evenienza, né la circostanza che dei dipendenti dell’ente gestore delle unità abitative di edilizia residenziale pubblica siano transitati attraverso lo scoperto condominiale in occasione dei rinnovi dei contratti, perché è verosimile, come controdedotto dal Comune, che gli stessi non fossero consapevoli dell’abusività dei manufatti, emersa solo in tempi recenti, né la circostanza che uno dei contratti, quello della Sig.ra Silvana Brossa, menzioni, quale oggetto della locazione, anche il garage, atteso che, come chiarito dal difensore del Comune in sede di trattazione orale, per il rinnovo dei contratti sono utilizzati dei moduli prestampati che recano anche l’indicazione del garage.
Per tutti gli altri contratti tale indicazione è stata cancellata con un tratto di penna, mentre solo per un errore materiale la medesima non è stata cancellata nel contratto della Sig.ra Silvana Brossa.
Fermo restando che la menzione del garage nel contratto è comunque inidonea a sanare il carattere abusivo delle opere, è evidente che essendo dovuta ad un errore, non è neppure idonea a comprovare la consapevolezza e la tolleranza delle stesse.
Pertanto in un contesto nel quale la menzione del garage è dovuta ad un errore, tale circostanza risulta inidonea a comprovare la consapevolezza e la tolleranza dell’opera abusiva da parte del Comune, fermo restando che un’eventuale menzione del garage nel contratto anche se voluta non potrebbe comunque sanare il carattere abusivo delle opere.
Ciò premesso, tenuto conto che il mero trascorrere del tempo non può sanare l’abusività dei manufatti, che non è ravvisabile un affidamento incolpevole meritevole di tutela in capo ai ricorrenti, e che il Comune ha accertato che i garage realizzati limitano gli spazi scoperti comuni del condominio da parte degli altri assegnatari degli alloggi di edilizia residenziale pubblica non sufficientemente ampi per consentire che ogni unità abitativa sia munita di garage, circostanza quest’ultima che rende comunque prevalente l’interesse pubblico alla demolizione rispetto a quello privato di chi utilizza i manufatti abusivi, il ricorso deve essere respinto.
Nonostante l’esito del giudizio, la non univocità degli orientamenti giurisprudenziali rispetto ad alcune questioni dirimenti della controversia, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Nicola Fenicia, Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)