TAR Basilicata Sez. I n. 328 del 30 marzo 2019
Urbanistica.Domanda di proroga efficacia del permesso di costruire
La pronuncia dell’Amministrazione sulla domanda di proroga dell’efficacia del permesso di costruire è di natura discrezionale, in quanto, come desumibile anche dal verbo “può” usato nell’art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, presuppone l’accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell’avvio dell’edificazione, sicché non può formarsi il silenzio assenso sulle predette istanze di proroga. Peraltro, la proroga di efficacia del permesso di costruire, oltre ad assicurare al titolare dell’autorizzazione edilizia la certezza del titolo, garantisce la certezza temporale dell’attività di trasformazione edilizia del territorio comunale e l’effettiva vigenza delle nuove norme urbanistiche approvate successivamente al rilascio del permesso di costruire, consentendo all’Amministrazione di valutare l’oggettiva sussistenza delle cause, contemplate dal citato art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, e/o di fatti sopravvenuti estranei alla volontà e/o responsabilità del richiedente, come la mole dell’opera da realizzare e/o particolari sue caratteristiche tecnico-costruttive, che hanno impedito il completamento della costruzione ed il tempo necessario occorrente per l’ultimazione dei lavori oppure l’effettiva sussistenza delle fattispecie giuridiche del factum principis e/o della forza maggiore, che hanno reso oggettivamente impossibile il rispetto dei termini stabiliti dal permesso di costruire . Ne consegue che il suddetto art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, nella parte in cui specifica le ragioni che consentono la proroga dei termini di efficacia del permesso di costruire, deve essere interpretato restrittivamente, giacché tale norma costituisce una deroga alla disciplina generale dettata al fine di evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più.
Pubblicato il 30/03/2019
N. 00328/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00121/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 121 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Fileno Domenico Pennacchio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Calculli, PEC
contro
-Comune di Lavello, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Carmine Bencivenga, PEC
-Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio;
-Provincia di Potenza, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
-Conferenza di Pianificazione ex art. 25 .R. n. 23/1999, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
nei confronti
Fabrizio D'Andrea, non costituito in giudizio;
per l'annullamento:
-del provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018 (notificato l’8.2.2018), con il quale il Responsabile del Settore Servizi al Territorio del Comune di Lavello ha espresso il diniego definitivo della SCIA, presentata dal dott. Fileno Domenico Pennacchio in data 27.10.2016;
-della Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, con la quale il Comune di Lavello ha approvato il Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, nella parte in cui ha stabilito nella Zona B2, comprendente il terreno, di proprietà del dott. Fileno Domenico Pennacchio, foglio di mappa n. 55, particella n. 454, subalterno n. 23, l’altezza massima di 14,00 m.;
nonché per la condanna
del Comune di Lavello al risarcimento dei danni, derivanti dai predetti provvedimenti, quantificati con l’atto di motivi aggiunti, in complessivi € 1.380.152,00 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali ed interessi anatocistici ex art. 1283 C.C., da liquidarsi anche in via equitativa ex art. 1226 C.C.;
Visto il ricorso introduttivo con i relativi allegati;
Visto l’atto di motivi aggiunti, con il quale è stata impugnata la successiva nota del Responsabile del Settore Servizi al Territorio del Comune di Lavello prot. n. 13626 del 20.8.2018;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lavello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il Cons. Pasquale Mastrantuono e uditi gli avv.ti Francesco Calculli, Rocco De Bonis e Carmine Bencivenga;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Lavello rilasciava al dott. Fileno Domenico Pennacchio prima in data 2.2.2006 il permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione del preesistente fabbricato, sito nel centro abitato tra le Vie Roma, Piemonte e Torino, sul terreno foglio di mappa n. 55, particella n. 454, subalterno n. 23, e poi in data 26.10.2010 il permesso di costruire, sempre sul predetto terreno, un fabbricato, composto da: tre piani interrati, di cui i primi due adibiti a garage ed il terzo destinato a cantine al servizio delle abitazioni; il piano terra, destinato ad attività commerciali; il primo, il secondo, il terzo ed il quarto piano, ognuno suddiviso in tre appartamenti destinati ad abitazione; ed il quinto piano con attico di due appartamenti, destinati ad abitazione, arretrati di 3,00 m. dalla sagoma dei piani sottostanti; prescrivendo che i lavori di costruzione dovevano “terminare entro tre dalla data del rilascio”.
Al momento del rilascio dei predetti permessi di costruire il PRG allora vigente, approvato con D.P.G.R. n. 391/1990, prevedeva per la Zona B2, nell’ambito della quale ricadeva il suddetto terreno, di proprietà del dott. Fileno Domenico Pennacchio, l’altezza massima di 17,50 m., cioè la costruzione di 5 piani fuori terra, che poteva essere aumentata fino a 20,50 m. esclusivamente per la realizzazione al di sopra dell’ultimo piano abitabile di depositi o locali di sgombero o piani attici, arretrati di almeno 3,00 m. dalla sagoma dei piani sottostanti.
In data 8.9.2011 il dott. Fileno Domenico Pennacchio comunicava al Comune l’inizio dei lavori.
Intanto, il Comune di Lavello con Del. C.C. n. 28 del 15.7.2011 aveva convocato la Conferenza di Pianificazione ex art. 25 L.R. n. 23/1999 ed adottato il Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, poi approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, il quale per la citata Zona B2 prevedeva l’altezza massima di 14,00 m..
Poiché si era verificato il crollo di una parte del marciapiede e tutte le pareti, prospicienti allo scavo di fondazione del costruendo fabbricato, erano interessate da cedimenti, che minacciavano la stabilità delle strade di Via Roma e Via Piemonte e dei fabbricati circostanti, con Ordinanza contingibile ed urgente ex art. 54 D.Lg.vo n. 267/2000 n. 20 dell’11.1.2012 il Sindaco di Lavello ingiungeva al dott. Fileno Domenico Pennacchio la realizzazione di opere di messa in sicurezza e la costruzione di pareti di cemento armato di contenimento dello scavo di fondazione lungo le vie pubbliche.
Il dott. Fileno Domenico Pennacchio:
-con nota del 10/11.10.2013 comunicava al Comune che, ai sensi dell’art. 30, comma 3, primo periodo, D.L. n. 69/2013 conv. nella L. n. 98/2013, il suddetto termine di ultimazione dei lavori del 26.10.2013 era stato prorogato di 2 anni, cioè fino al 26.10.2015;
-con istanza del 13.10.2015 chiedeva la proroga per altri 2 anni del termine di ultimazione del 26.10.2015, cioè fino al 26.10.2017, in quanto “proprio in questi giorni” aveva iniziato “le attività prodromiche alla realizzazione del fabbricato quali la trivellazione in sito, per accertare la natura del terreno ai fini delle modalità di realizzazione dei piani interrati”;
-con istanza del 20/21.10.2016 chiedeva la proroga per 1 altro anno del termine di ultimazione, confermando, però, la data del 26.10.2017, evidenziando che i lavori di scavo dei piani interrati avevano comportato “notevoli difficoltà al fine di assicurare la sicurezza dei fronti di scavo ai sensi del D.Lg.vo n. 81/2008”;
-in data 27.10.2016 presentava una SCIA, finalizzata alla variante in corso d’opera, volta ad ottenere l’ampliamento, previsto dall’art. 2 della L.R. n. 25/2009, cioè le premialità contemplate dal cd. Piano casa, mediante l’ampliamento del quinto piano per le stesse dimensioni dei piani sottostanti.
Sulle suddette domande di proroga del termine di ultimazione dei lavori il Comune di Lavello non si pronunciava espressamente, mentre con riferimento alla predetta SCIA del 27.10.2016, il Responsabile del Settore Servizi al Territorio del Comune di Lavello:
-con note del 29.12.2016 e del 30.12.2016 faceva presente che non potevano essere assentiti la traslazione del piano attico ed il cambio di destinazione dei locali tecnici, evidenziando anche che il progetto doveva essere integrato e reso conforme all’art. 2 della L.R. n. 25/2009, “compresa la dimostrazione del miglioramento energetico”, specificando espressamente che “i lavori inerenti alla SCIA restavano sospesi” e che la pratica era stata “archiviata con esito negativo”;
-dopo la presentazione, in data 30.12.2016, da parte del dott. Fileno Domenico Pennacchio di documentazione integrativa alla predetta SCIA, con nota ex art. 10 bis L. n. 241/1990 del 14.2.2017 evidenziava il mancato rispetto della L.R. 25/2009, in quanto l’ampliamento del quinto piano “non trovava alcuna giustificazione nell’ampliamento delle unità immobiliari sottostanti ed i locali denominati tecnici non avevano dimensioni e caratteristiche ascrivibili ai volumi tecnici, tenuto conto che per volume tecnico s’intendeva quello strettamente necessario a contenere ed a consentire la sistemazione di quelle parti degli impianti tecnici, aventi rapporto di strumentalità necessaria all’utilizzo della costruzione (serbatoi idrici, extracorsa ascensori, vani di espansione dell’impianto termico, …), che non potevano, per esigenze di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione entro il corpo dell’edificio realizzabile entro i limiti imposti dalle norme urbanistiche”;
-dopo il deposito, in data 6.9.2017, da parte del dott. Fileno Domenico Pennacchio di modifiche progettuali e del progetto strutturale, il Responsabile del Settore Servizi al Territorio con nota del 6.10.2017 precisava la SCIA del 27.10.2016 era stata archiviata con esito negativo e che “agli atti dell’Ufficio” non risultava che erano stati emanati provvedimenti di proroga del permesso di costruire del 26.10.2010, in mancanza dei quali non sussisteva il presupposto “sia per la prosecuzione dei lavori di cui al permesso di costruire del 26.10.2010 che per l’esecuzione dell’ampliamento ai sensi della L.R. n. 25/2009”;
-con provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018 (notificato l’8.2.2018) esprimeva il diniego definitivo della SCIA del 27.10.2016, vietando la prosecuzione dei lavori, autorizzati con il permesso di costruire rilasciato il 26.10.2010, salvo quanto eventualmente strettamente necessario alla messa in sicurezza del cantiere, e la realizzazione delle opere indicate nella predetta SCIA del 27.10.2016, disponendo anche l’obbligo di trasmissione del “giornale dei lavori previsto dall’art. 66 DPR n. 380/2001 relativo alle opere fin qui eseguite per la realizzazione del fabbricato in questione, tanto al fine di identificare quanto eventualmente realizzato oltre il termine di scadenza del permesso di costruire” del 26.10.2010, in quanto, per la non ultimazione dei lavori entro il 26.10.2013, il predetto permesso di costruire non era più efficace, per cui non potevano essere considerate legittime le opere non conformi al vigente Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, realizzate dopo il 13.9.2014, e pertanto non sussisteva il presupposto giuridico, per ottenere l’ampliamento ex art. 2 L.R. n. 25/2009, e conseguentemente non sussistevano i presupposti per la trasmissione all’Ufficio regionale Difesa del Suolo degli elaborati strutturali, relativi alla citata SCIA del 27.10.2016.
Il dott. Fileno Domenico Pennacchio con il ricorso introduttivo, notificato il 9/13/14/16.3.2018 e depositato il 24.3.2018, ha impugnato:
A) il predetto provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018, deducendo: 1) la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 15, comma 2, e 20, comma 8, DPR n. 380/2001 e del principio del legittimo affidamento, in quanto sulle suddette istanze di proroga del termine del 26.10.2013 di ultimazione dei lavori, autorizzati con il permesso di costruire del 26.10.2010, si era formato il silenzio assenso, mentre, per quanto riguarda la SCIA del 27.10.2016, il Comune di Lavello non aveva esercitato entro il termine di 30 giorni ex art. 23 DPR n. 380/2001 il potere di controllo inibitorio, per cui doveva ritenersi che l’impugnato provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018, anche se dovesse essere qualificato come annullamento della SCIA del 27.10.2016, aveva violato l’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d), n. 1), L. n. 124/2015, in quanto il potere di autotutela non era stato esercitato entro un termine ragionevole; nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto con Ordinanza n. 20 dell’11.1.2012 il Sindaco di Lavello aveva sospeso i lavori, autorizzati con il permesso di costruire del 26.10.2010, ingiungendo al ricorrente la realizzazione di opere, finalizzate ad evitare pericoli alla pubblica incolumità, che sono state ultimate dal ricorrente in data 4.10.2016, per cui doveva ritenersi che nel periodo 8.1.2012-4.10.2016 doveva ritenersi sospeso il termine triennale 13.9.2011-13.9.2014 ex art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001 di ultimazione dei lavori per causa di forza maggiore e/o factum principis; 2) l’eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento, in quanto il Comune di Lavello aveva consentito la continuazione dei lavori e non aveva mai esternato, prima dell’impugnato provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018, la reiezione delle citate istanze di proroga dell’efficacia del permesso di costruire del 26.10.2010;
B) la suddetta disposizione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, di riduzione nella Zona B2 dell’altezza massima dei fabbricati da 20,50 m. a 14,00 m., deducendo l’eccesso di potere per illogicità manifesta, tenuto conto dell’esistenza verso nord di fabbricati alti 17,50 m., tra cui a 7,00 m. di distanza un immobile di proprietà comunale, nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto il Comune non aveva tenuto conto del rilascio al ricorrente del suindicato permesso di costruire del 26.10.2010.
Successivamente, in data 16.3.2018 il ricorrente chiedeva il rilascio di un nuovo permesso di costruire per il completamento del fabbricato in discorso in modo conforme al Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, con riferimento al quale il Comune con note dell’11.5.2018 e del 22.6.2018 evidenziava irregolarità delle altezze dei locali tecnici e chiedeva il deposito di documentazione integrativa, che veniva presentata il 25.5.2018 ed il 20.7.2018.
Con nota prot. n. 13626 del 20.8.2018 il Responsabile del Settore Servizi al Territorio del Comune di Lavello, oltre ad evidenziare che gli elaborati progettuali del 20.7.2018 erano diversi rispetto a quelli presentati il 25.5.2018, ha quantificato gli oneri concessori, relativi alla predetta domanda di rilascio del nuovo permesso di costruire del 16.3.2018, in complessivi € 41.049,46, di cui € 16.828,20 a titolo di oneri di urbanizzazione, tenuto conto della circostanza che il ricorrente aveva già versato € 24.287,16, ed € 24.221,26 a titolo di costo di costruzione, specificando che gli oneri concessori degli interventi già realizzati nell’anno 2016 erano stati calcolati, ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/2001, in misura doppia e che l’esonero del costo di costruzione poteva essere applicato soltanto alle superfici destinate ad uso residenziale e che, comunque, per tale esonero il ricorrente doveva sottoscrivere una nuova convenzione tipo ex art. 18 DPR n. 380/2001, sostituiva di quella già stipulata il 13.1.2006 in relazione al permesso di costruire rilasciato in quell’anno e sottoscritta anche dagli altri coeredi, il cui modello veniva trasmesso in allegato.
Con atto di motivi aggiunti, notificato il 30.10/2/5/6.11.2018 e depositato il 12.11.2018, il dott. Fileno Domenico Pennacchio ha impugnato le predette note del Responsabile del Settore Servizi al Territorio prot. n. 13626 del 20.8.2018 e del 24.10.2018, deducendo che: 1) con la domanda di permesso di costruire del 16.3.2018, di completamento del fabbricato di cui è causa, il ricorrente non aveva rinunciato al predetto ricorso introduttivo e perciò doveva ritenersi che il ricorrente aveva già integralmente pagato gli oneri di urbanizzazione; 2) non doveva essere corrisposta alcuna somma a titolo di costo di costruzione, in quanto il ricorrente in data 13.1.2006 aveva già stipulato con il Comune una convenzione, di durata ventennale, con la quale si era obbligato, ai sensi degli artt. 17 e 18 DPR n. 380/2001, ad applicare determinati prezzi di vendita e canoni di locazione, manifestando anche la sua disponibilità a sottoscrivere un’altra convenzione ex art. 18 DPR n. 380/2001, specificando anche non poteva tenersi conto della destinazione commerciale del piano terra, in quanto ai sensi dell’art. 23 ter, comma 2, DPR n. 380/2001 la destinazione d’uso di un fabbricato “è quella prevalente in termini di superficie utile”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Lavello, il quale ha eccepito l’irricevibilità con riferimento all’impugnazione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, e per il resto ha sostenuto l’infondatezza del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti.
All’Udienza Pubblica del 6.3.2019 il ricorso è passato in decisione.
In via preliminare, va rilevato che il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti sono stati redatti con carattere di scrittura molto piccolo, che ne hanno reso molto difficoltosa la lettura, violando l’art. 8 del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22.12.2016, emanato in attuazione dell’art. 3, comma 2, del Codice del Processo Amministrativo e dell’art. 13 ter delle Norme di Attuazione del predetto Codice, con il quale è stato prescritto che tutti gli atti difensivi del processo amministrativo devono essere redatti “mediante caratteri di tipo corrente e di agevole lettura (ad es. Times New Roman, Courier, Garamond) e preferibilmente di dimensioni di 14 pt, con un'interlinea di 1,5 e margini orizzontali e verticali di cm. 2,5 (in alto, in basso, a sinistra e a destra della pagina)”.
Comunque, il Collegio reputa il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti ammissibili, anche se non è stato possibile verificare il superamento del limite dimensionale di 35 pagine, stabilito dagli artt. 3 e 4 del predetto Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22.12.2016, non tenendo conto delle prime pagine, contenenti l’epigrafe, le parti, il difensore, gli atti impugnati e le domande risarcitorie, e le ultime pagine, contenenti le conclusioni.
Sempre in via preliminare, va accolta l’eccezione, sollevata dal Comune di Lavello, di irricevibilità dell’impugnazione della disposizione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, di riduzione nella Zona B2 dell’altezza massima dei fabbricati da 20,50 m. a 14,00 m., in quanto secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato il termine decadenziale di impugnazione dei strumenti urbanistici decorre dalla loro pubblicazione (sul punto cfr. C.d.S. Sez. IV Sentenze n. 2022 del 30.3.2018, n. 9375 del 23.12.2010 e n. 3730 del 12.6.2009; C.d.S. Sez. VI Sent. n. 3888 del 30.6.2011; TAR Sardegna Sent. n. 807 dell’1.10.2012; TAR Veneto Sez. II Sent. n. 300 del 5.3.2012; TAR Piemonte Sez. I Sentenze n. 17 del 12.1.2012 e n. 757 del 18.4.2008; cfr. in particolare TAR Friuli Venezia Giulia Sent. 4 dell’11.1.2008, secondo cui “per le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata, in relazione all’immediato effetto conformativo dello jus aedificandi che ne deriva, e quindi all’immediata lesività, c’è l’onere di immediata impugnativa nel termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio”).
In proposito, va rilevato che ai sensi dell’art. 10, comma 6, L. n. 1150/1942, non derogato dall’art. 36 L.R. n. 23/1999, stabilisce che il provvedimento di approvazione di uno strumento urbanistico di tipo generale (come il Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999) deve essere pubblicato nel Bollettino Ufficiale Regionale ed anche l’ulteriore formalità della pubblicazione di un avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali a disposizione del pubblico, “per cui secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr. C.d.S. Sez. IV Sent. n. 7771 del 25.11.2003; TAR Lazio Sez. II Sent. 15500 del 4.6.2010) il termine decadenziale di impugnazione di 60 giorni inizia a decorrere dal momento conclusivo dell’ultima misura conoscitiva messa in atto” (sul punto cfr. TAR Basilicata Sentenze n. 609 dell’8.9.2014, n. 665 del 31.10.2013, n. 451 del 31.7.2013, e nn. 595, 596, 597, 598, 600, 601, 602 e 605 del 16.12.2011).
Va altresì rilevato, sempre in via pregiudiziale, che il ricorso introduttivo non va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il ricorrente con la domanda di permesso di costruire del 16.3.2018, di completamento del fabbricato di cui è causa, non ha rinunciato all’impugnazione del suddetto provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018.
Nel merito, l’impugnazione con ricorso introduttivo del provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018 risulta infondata, in quanto va disattesa la tesi del ricorrente, secondo cui sulle suddette istanze di proroga del termine del 26.10.2013 di ultimazione dei lavori, autorizzati con il permesso di costruire del 26.10.2010, si sarebbe formato il silenzio assenso.
Ed invero, l’art. 15 DPR n. 380/2001 statuisce che:
-dopo il decorso del termine di ultimazione dei lavori il permesso di costruire “decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga”, specificando che “la proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori” (comma 2);
-“la proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate” (comma 2 bis, inserito dall’art. 17, comma 1, lett. f, n. 2, D.L. n. 133/2014 conv. nella L. n. 164/2014);
-“il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio” (comma 4).
Può prescindersi dal contrasto giurisprudenziale se la decadenza ex art. 15 DPR n. 380/2001 operi anche in assenza di un apposito atto amministrativo di tipo ricognitivo (cfr. C.d.S. Sez. IV Sent. n. 1520 del 15.4.2016; TAR Catanzaro Sez. II Sent. n. 1790 del 24.10.2018; TAR Lecce Sez. III Sent. n. 131 dell’1.2.2018; TAR Salerno Sez. I Sent. n. 448 del 24.2.2016; TAR Catania Sez. I Sent. n. 528 del 16.2.2015; TAR Palermo Sez. II Sent. n. 746 del 14.3.2014; TAR Lazio Sez. II bis Sent. n. 5370 del 28.6.2005; TAR Bari Sez. II Sent. n. 668 del 21.2.2005), seguito da questo Tribunale (cfr. TAR Basilicata Sent. n. 140 del 7.2.2017), oppure risulti necessaria una formale dichiarazione dell’effetto verificatosi direttamente ex se all’esito di un apposito procedimento (cfr. C.d.S. Sez. VI Sent. n. 5285 del 15.11.2017; C.d.S. Sez. V Sent. n. 3612 del 26.6.2000; TAR Lazio Sez. II quater Sent. n. 9746 del 5.10.2018; TAR Lecce Sez. III Sent. n. 1454 del 21.9.2016), in quanto con il provvedimento impugnato è stata anche dichiarata l’inefficacia del citato permesso di costruire del 26.10.2010.
D’altronde, la pronuncia dell’Amministrazione sulla domanda di proroga dell’efficacia del permesso di costruire è di natura discrezionale, in quanto, come desumibile anche dal verbo “può” usato nell’art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, presuppone l’accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell’avvio dell’edificazione (cfr. TAR Lecce Sez. I Sent. n. 603 del 10.4.2018; TAR Napoli Sez. IV Sent. n. 1276 del 26.2.2018), sicché non può formarsi il silenzio assenso sulle predette istanze di proroga.
Peraltro, la proroga di efficacia del permesso di costruire, oltre ad assicurare al titolare dell’autorizzazione edilizia la certezza del titolo, garantisce la certezza temporale dell’attività di trasformazione edilizia del territorio comunale e l’effettiva vigenza delle nuove norme urbanistiche approvate successivamente al rilascio del permesso di costruire, consentendo all’Amministrazione di valutare l’oggettiva sussistenza delle cause, contemplate dal citato art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, e/o di fatti sopravvenuti estranei alla volontà e/o responsabilità del richiedente, come la mole dell’opera da realizzare e/o particolari sue caratteristiche tecnico-costruttive, che hanno impedito il completamento della costruzione ed il tempo necessario occorrente per l’ultimazione dei lavori oppure l’effettiva sussistenza delle fattispecie giuridiche del factum principis e/o della forza maggiore, che hanno reso oggettivamente impossibile il rispetto dei termini stabiliti dal permesso di costruire (sul punto cfr.: C.d.S. Sez. IV Sent. n. 1520 del 15.4.2016, secondo cui la crisi economica del settore dell’edilizia non può giustificare il mancato rispetto da parte del titolare del permesso di costruire dell’obbligo di osservare i tempi di inizio e completamento dei lavori e non è una valida ragione opponibile all’inutile decorso di tali termini; TAR Veneto Sez. II Sent. n. 652 del 5.7.2017, secondo cui la proroga di efficacia del permesso di costruire non può essere giustificata da motivi di carattere economico e/o familiari).
Ne consegue che il suddetto art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, nella parte in cui specifica le ragioni che consentono la proroga dei termini di efficacia del permesso di costruire, deve essere interpretato restrittivamente, giacché tale norma costituisce una deroga alla disciplina generale dettata al fine di evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più.
Il suddetto comma 4 dell’art. 15 DPR n. 380/2001, è bene ribadirlo, stabilisce espressamente che “il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”.
In ogni caso, deve affermarsi l’insussistenza dei presupposti per ottenere la prima proroga, richiesta dal ricorrente con la nota del 10/11.10.2013, concernente lo spostamento del termine per l’esecuzione dei lavori dal 26.10.2013 al 26.10.2015.
Il ricorrente richiama in tale nota l’art. 30, comma 3, primo periodo, D.L. n. 69/2013 conv. nella L. n. 98/2013, il quale prevede che, “salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’art. 15 DPR n. 380/2001, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell'interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati”.
Nel caso di specie ricorre proprio quest’ultima circostanza impeditiva della proroga ex lege, perché al momento della presentazione dell’istanza di proroga del ricorrente del 10/11.10.2013 era già entrato in vigore il Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, recante nuove disposizioni urbanistiche, contrastanti con il permesso di costruire del 26.10.2010.
Anche le successive istanze di proroga del 13.10.2015 e del 20/21.10.2016 risultano carenti dei presupposti, stabiliti dall’art. 15, comma 2, DPR n. 380/2001, in quanto l’inerzia e/o la mancata realizzazione da parte del ricorrente del fabbricato, autorizzato con il rilascio del permesso di costruire del 26.10.2010, entro il termine del 26.10.2013, non risulta giustificata da “fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori”.
Né sussiste la fattispecie giuridica del factum principis e/o della forza maggiore, con riferimento alla quale il comma 2 bis dell’art. 15 DPR n. 380/2001, inserito dall’art. 17, comma 1, lett. f, n. 2, D.L. n. 133/2014 conv. nella L. n. 164/2014, prevede l’obbligo di concedere la proroga dei termini di efficacia del permesso di costruire, limitandola, però, alla fattispecie delle “iniziative dell’Amministrazione o dell’Autorità Giudiziaria rivelatesi poi infondate”, in quanto con l’Ordinanza contingibile ed urgente ex art. 54 D.Lg.vo n. 267/2000 n. 20 dell’11.1.2012, invocata dal ricorrente, il Sindaco di Lavello gli aveva ingiunto di realizzare opere di messa in sicurezza, che sono state realizzate soltanto nel 2016.
Mentre, per quanto riguarda la parte dell’impugnato provvedimento prot. n. 353 dell’8.1.2018, che ha respinto in maniera definitiva la SCIA del 27.10.2016, va precisato che, anche se tale provvedimento dovesse essere qualificato come annullamento della predetta SCIA del 27.10.2016, in ogni caso non sussisterebbe la violazione del presupposto del “termine ragionevole”, sancito dall’art. 21 nonies L. n. 241/1990 per l’esercizio del potere di autotutela, perché il Responsabile del Settore Servizi al Territorio del Comune di Lavello prima con le note del 29.12.2016 e del 30.12.2016 aveva sospeso “i lavori inerenti alla SCIA” ed aveva “archiviato con esito negativo” la pratica e poi, dopo la presentazione, in data 30.12.2016 ed in data 6.9.2017, da parte del ricorrente di documentazione integrativa ed ulteriori elaborati progettuali, con le successive note del 14.2.2017 e del 6.10.2017 aveva evidenziato il mancato rispetto della L.R. 25/2009.
Risulta parimenti infondato l’atto di motivi aggiunti.
Infatti, non risultano condivisibili le censure, dedotte dal ricorrente, avverso la quantificazione, con riferimento alla domanda di rilascio del nuovo permesso di costruire del 16.3.2018, degli oneri concessori in complessivi € 41.049,46, di cui € 16.828,20 a titolo di oneri di urbanizzazione, tenuto conto della circostanza che il ricorrente aveva già versato € 24.287,16, ed € 24.221,26 a titolo di costo di costruzione, tenendo pure conto della reiezione del ricorso introduttivo, poiché:
-il Comune ha giustamente calcolato, come prescritto dall’art. 36, comma 2, DPR n. 380/2001, in misura doppia gli oneri concessori degli interventi già realizzati nell’anno 2016, quando il permesso di costruire del 26.10.2010 era già inefficace;
-la convenzione ex art. 18 DPR n. 380/2001, stipulata il 13.1.2006, oltre ad essere sottoscritta dal ricorrente e da altre persone, si riferiva al diverso permesso di costruire, rilasciato in quell’anno per il differente progetto di demolizione e ricostruzione, deve essere sostituita con una nuova convenzione, con la quale soltanto il ricorrente si obblighi, ai sensi degli artt. 17 e 18 DPR n. 380/2001, ad applicare determinati prezzi di vendita e canoni di locazione;
-l’art. 23 ter, comma 2, DPR n. 380/2001, inserito dall’art. 17, comma 1, lett. n), D.L. n. 133/2014 conv. nella L. n. 164/2014, con il quale è stato stabilito che la destinazione d’uso di un fabbricato “è quella prevalente in termini di superficie utile”, disciplina la diversa fattispecie del mutamento di destinazione d’uso, senza abrogare l’art. 17, comma 1, dello stesso DPR n. 380/2001, ai sensi del quale l’esonero dal costo di costruzione si applica esclusivamente ai “casi di edilizia abitativa convenzionata” e perciò non anche agli immobili con destinazione commerciale.
A quanto sopra consegue l’irricevibilità dell’impugnazione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, approvato con Del. C.C. n. 39 del 30.8.2012, e la reiezione dell’impugnazione del provvedimento prot. 353 dell’8.1.2018 e della nota prot. 13626 del 20.8.2018.
Conseguentemente, va disattesa la domanda risarcitoria, connessa al ricorso introduttivo, in quanto, ai fini dell’ammissibilità del risarcimento dell’interesse legittimo, risulta necessario e vincolante il previo e/o contestuale accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata così decide:
1) in parte dichiara irricevibile ed in parte respinge il ricorso introduttivo, come precisato in motivazione;
2) respinge l’atto di motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Pasquale Mastrantuono, Consigliere, Estensore
Paolo Mariano, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pasquale Mastrantuono Giuseppe Caruso