TAR Campania (NA) Sez. VI n. 4205 del 23 ottobre 2012
Urbanistica. Manutenzione straordinaria di manufatti abusivi.

In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicchè non può ammettersi, in difetto dei titoli abilitativi idonei, la prosecuzione dei lavori a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del comune di ordinarne la demolizione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04205/2012 REG.PROV.COLL.

N. 04411/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4411 del 2007, proposto da:
Parpinel Ivano, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giancarlo Di Meglio e Ciriaco Rossetti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Forio (Na) e pertanto, ex art. 25, comma 1, cod. proc. amm., da intendersi domiciliato per gli atti e gli effetti del presente ricorso presso la segreteria di questo Tribunale, in Napoli, Piazza Municipio;

contro

Comune di Forio, in persona del Sindaco p.t, non costituito in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione

- dell'ordinanza dirigenziale n. 94 del 7 maggio 2007, notificata il successivo giorno 10 dello stesso mese, con la quale si ordina la demolizione delle opere realizzate senza titolo, quali indicate nel verbale di accertamento redatto in data 11 febbraio 2006 ed espressamente costituente parte integrante e sostanziale del provvedimento sanzionatorio;

- di ogni altro atto connesso, collegato e conseguente, ivi compreso detto verbale e la nota di rettifica dell’11 settembre 2006, comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2012 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1- A mezzo del ricorso in esame, ritualmente notificato il 6 luglio 2007 e depositato il successivo giorno 24 dello stesso mese, il sig. Parpinel Ivano si duole del provvedimento n. 94 del 7 maggio 2007, notificato il successivo giorno 10 dello stesso mese, con il quale si ordina “la demolizione con conseguente ripristino dello stato dei luoghi originario” delle opere realizzate senza titolo, ossia del “manufatto realizzato in ampliamento di altro già oggetto di sequestro in data 30 novembre 1998 e dissequestrato in data 30 ottobre 2003”, quale descritto nel verbale di accertamento redatto dalla polizia municipale in data 11 febbraio 2006 e nella successiva nota di rettifica ed integrazione dell’8 settembre 2009, espressamente costituenti parte integrante e sostanziale del provvedimento.

1a- Dopo aver assunto di aver presentato istanza di condono edilizio ex art. 39 l. 724 del 1994 per sanare la realizzazione della originaria porzione di fabbricato rilevata in verbale e di aver “successivamente, comunque in epoca antecedente al 31 marzo 2003, ampliato il manufatto di circa mq. 31 fino all’attuale consistenza di mq. 64 di cui all’ordinanza n. 94 del 7 maggio 2007” e (dopo aver assunto) di aver presentato, in relazione a detto ampliamento, istanza di conformità urbanistica ex art. 36 del d.P.R. 380 del 2001 in data 16 marzo 2006, il Perpinel ha affidato il ricorso ad otto mezzi di impugnazione, di cui ci si occuperà in prosieguo, volti a denunciare incompetenza, eccesso di potere sotto più profili e violazione di legge (distintamente: artt. 38 e 44 l. n. 47 del 1985; art. 3 l. 241 del 1990; art. 10 bis l. 241 del 1990; art. 7 l. 241 del 1990; art. 51 l. n. 142 del 1990; artt. 3, 6, 10, 22, 27 e 31 del d.P.R. 380 del 2001; art. 2, comma 60, l. 662 del 1996; art. 10, 32, 33 e 37 d.P.R. 380 del 2001; l.r. della Campania n. 17 del 1982 e n. 19 del 2001; d.l.vo n. 490 del 1999 e P.T.P. approvato con d.m. 8.2.1999; art. 167 d. l.vo n. 42 del 2004 ed art. 82 d.P.R. 616 del 1977).

2- Il Comune di Forio non si è costituito in giudizio, ancorchè ritualmente intimato.

3- Prima di procedere con il partito esame delle proposte denunce, cui si farà luogo per brevità seguendo l’ordine ad esso impresso dal ricorrente, va reso inequivoco che la portata sanzionatoria del provvedimento impugnato investe il solo manufatto realizzato in ampliamento a quello in esito al quale, per una superficie utile di mq. 36,70, era stata prodotta l’istanza di condono edilizio ex art. 39 l. 724 del 1994, di cui alla copia della relativa istanza versata agli atti del giudizio.

4- Tanto precisato in fatto, e quindi in presenza di una vicenda che, quanto ai profili sostanziali, è connotata dalla realizzazione di interventi aggiuntivi a manufatto già oggetto di istanza di condono edilizio pendente, non può il Collegio che fare immediata applicazione del consolidato orientamento della Sezione secondo cui ampliamenti e/o completamenti di manufatti in pendenza di definizione di istanze di condono edilizio, possono avvenire, ex art. 35 l. 47 del 1985 (richiamato dalla successiva legislazione condonistica), “solo al decorso del termine dilatorio di trenta giorni dalla notifica al Comune del proprio intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi”.

Procedura a seguirsi rigidamente anche per quanto attiene alle modalità di presentazione dell’istanza, sia al fine di conferire certezze in ordine allo stato dei luoghi che ad evitarsi postumi (tentativi di) disconoscimenti della circostanza che, come previsto dalla legge, l’esecuzione delle opere, pur se autorizzate, avviene sotto la propria responsabilità, ovverosia nella piena consapevolezza -resa esplicita dal ricorso espresso alla procedura ex art. 35 cit.- che, sebbene interventi di natura eminentemente conservativa possono essere ammessi, si sta agendo “assumendo espressamente a proprio carico rischi e pericoli connessi, cosicché se il condono verrà negato si dovrà demolire anche le migliorie apportate” (cfr., fra le ultime, Tar Campania, questa sezione sesta, sentenze n. 3544 del 24 luglio 2012, n. 3094 del 29 giugno 2012, n. 2635 del 5 giugno 2012, n. 36 del 10 gennaio 2011 e n. 24017 del 12 novembre 2010).

In definitiva, sempre secondo il costante orientamento della Sezione, confortato da pronunce del giudice di appello (cfr. Cons. Stato, sezione quarta, ord. n. 2182 del 18 maggio 2011), dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente”, sicchè non può ammettersi -in difetto dei titoli abilitativi idonei alla bisogna- “la prosecuzione dei lavori a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive”, con conseguente “obbligo del comune di ordinarne la demolizione” (cfr., amplius, Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, ex multis, sentenze n. 2635 del 5 giugno 2012 cit., n. 2006 del 2 maggio 2012, n. 2624 del 11 maggio 2011, n. 1218 del 25 febbraio 2011, n. 26788 del 3 dicembre 2010; 5 maggio 2010, n. 2811, 10 febbraio 2010, n. 847 e 28 gennaio 2010, n. 423; sezione seconda, 7 novembre 2008, n. 19372; negli stessi sensi, Cass. penale, sezione terza, 24 ottobre 2008, n. 45070).

Ed a sostegno di detto indirizzo può essere anche richiamata la decisione del giudice di appello che, sia pur in fattispecie non soprapponibile a quella qui data, ha comunque sostenuto l’inammissibilità di una prospettazione che “portata alle estreme conseguenze implicherebbe che una pervicace azione contraria ai provvedimenti penali ed amministrativi, ove protratta nel tempo con successivi e “nuovi” interventi (seppur eventualmente modesti) sul manufatto, impedisca sine die l’adozione dei prescritti provvedimenti repressivi: la reiterazione delle violazioni edilizie, insomma, finirebbe con il produrre un effetto “premiale” sul reo…” (Cons. Stato, sezione quinta, 6 marzo 2012, n. 1260, già richiamata nella pronuncia di questa Sezione n. 2635 del 5 giugno 2012 cit.).

5- A quanto fin qui detto ed avuto altresì conto che, come dichiarato nel provvedimento, l’abusivo ampliamento si è avuto in un territorio assoggettato a vincolo paesaggistico giusta d.m. 12 gennaio 1958, consegue che l’ordine impartito dall’amministrazione regge alle doglianze in esame.

Ed invero, in primo luogo a siffatta obbligata determinazione non possono essere validamente opposte né le mere affermazioni innanzi riportate in ordine all’epoca di esecuzione dell’abuso, del tutto irrilevante non essendo stata prodotta una nuova istanza di condono ex sopravvenuta l. 326 del 2003, né l’avvenuta presentazione di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, rispetto alla quale, a tacer d’altro, si è formato ex lege il provvedimento tacito di rigetto, rimasto, all’epoca della sua formazione, inoppugnato.

6- Nè il ricorso può trovare accoglimento in ragione delle specifiche denunce proposte.

Ed invero, fermo il mancato rispetto della richiamata procedura prevista dalla legge con quanto ne ha a conseguire in via diretta ed immediata:

- infondato è il primo mezzo di impugnazione posto che, come ampiamente rilevato, la sanzione demolitoria riguarda le sole opere realizzate in ampliamento a quelle fatte oggetto di istanza di condono, sicchè rispetto ad esse non può essere invocata la sospensione ex lege di cui agli artt. 38 e 44 l. n. 47 del 1985, di cui alla denuncia attorea;

- privi di pregio si appalesano il secondo, terzo e quarto mezzo di impugnazione che possono essere accomunati nell’esame (violazione degli artt. 3, 10 bis e 7 l. 241 del 1990) in quanto, nelle descritte condizioni, il provvedimento sanzionatorio trova giustificazione del tutto sufficiente nell’indicazione degli abusi realizzati “in difetto dei prescritti titoli abilitativi” su territorio assoggettato a vincolo paesaggistico, ovvero, stante anche l’impossibilità di acquisizione a sanatoria del titolo paesaggistico, “in presenza di esercizio di un potere sanzionatorio vincolato, privo di margini di discrezionalità”, ed in quanto, in conseguenza, non può essere predicata alcuna violazione delle garanzie partecipative (cfr. Cons. Stato, sezione quinta, sentenza 7 aprile 2011 n. 2159, sezione quarta, 5 marzo 2010, n. 1277 e, ex multis, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 3108 del 2 luglio 2012, n. 2636 del 5 giugno 2012, n. 1241 del 9 maggio 2012; n. 1114 del 5 marzo 2012, n. 1107 sempre del 5 marzo 2012; n. 5805 del 14 dicembre 2011 e nn. 2074 e 2076 del 21 aprile 2010);

- non può poi trovare ingresso la denuncia di incompetenza proposta in seno al quinto mezzo di impugnazione nell’assunto che, in difetto di richiami ad eventuale normativa regolamentare di attuazione, spettava (ancora) al sindaco adottare il provvedimento, invece emanato dal dirigente del competente ufficio comunale. Così non è, come più volte ripetuto dalla Sezione che ha avuto modo di ripercorrere i percorsi normativi avviati dall'art. 51, comma 3, l. 8 giugno 1990 n. 142, proseguiti dalla l. 127 del 1997 e dalla l. n. 191 del 1998 che, da ultimo, ha modificato l’art. 6 della l. 127/97 introducendo la lettera f-bis secondo la quale spettano ai dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale", in tal modo espressamente attribuendo alla dirigenza la competenza anche in materia di applicazione di sanzioni. Percorsi di cui è traccia anche all’interno del Testo unico sull’edilizia, emanato con il d.P.R. 380 del 2001, che attribuisce le misure sanzionatorie in subjecta materia sempre “al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale” facendo in tal modo venir meno la competenza sindacale, già affermata dalla legge n. 47 del 1985, e percorsi che -“in presenza dell’assestamento nell’ordinamento della summa divisio di competenze fra organi politici ed amministrativi”- non possono essere oltre posti in discussione, quanto a portata e cogenza immediata, dalla (peraltro qui solo) eventuale mancanza di emanazione della normativa secondaria (cfr., da ultimo, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 2293 del 18 maggio 2012 e, amplius ex multis in precedenza, sentenze n. 1107 del 5 marzo 2012 e n. 1464 del 15 marzo 2010);

- va rigettato il sesto motivo di ricorso, in quanto -sempre a differenza di quanto sostenuto nel suo seno- per consolidato orientamento giurisprudenziale l’art. 27 d.P.R. 380 del 2001 va applicato sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi (cfr. per tutte, amplius, Tar Campania, questa sezione sesta, n. 1302 del 16 marzo 2012, 10 marzo 2011, n. 1410; Tribunale Roma, 28 aprile 2000) e poichè, ancora a differenza di quanto nel suo seno sostenuto, l’aumento di superfici e volumi qui contestato non poteva essere realizzato a mezzo di denuncia di inizio attività e, comunque, giammai in difetto di autorizzazione paesaggistica, come già detto non rilasciabile a sanatoria ex art. 146, comma 12, d. l.vo n. 42 del 2004 non rientrandosi, in pacifica evidenza, nelle eccezioni ivi previste, ossia nei casi di cui all’art. 167, comma 4 e 5 stesso decreto (in disparte, o meglio, fermo sempre il ricadere della fattispecie concreta qui data sotto l’ambito applicativo dell’art. 35 della l. 47 del 1985 e, quindi, fermo il disatteso obbligo del puntuale rispetto dei percorsi ivi indicati);

- per le descritte ragioni e, in via dirimente, stante la preclusione all’edificazione in difetto di autorizzazione paesaggistica, va rigettato ancora il settimo motivo di ricorso ai cui sensi l’intervento sarebbe realizzabile alla luce della disciplina urbanistico-edilizia qui applicabile;

- infine la medesima sorte reiettiva deve essere assicurata all’ottavo ed ultimo motivo che residua all’esame, posto che, sempre a differenza di quanto suo tramite sostenuto, in presenza di opere edilizie realizzate senza titoli idonei su area vincolata, per far luogo all’emanazione del provvedimento sanzionatorio in concreto adottato non era necessario, anche avuta presente la legislazione della regione Campania, acquisire il previo parere della Commissione Edilizia Integrata (cfr. Tar Campania, Napoli, questa sezione sesta, n. 3108 del 2 luglio 2012, n. 2293 del 18 maggio 2012, n. 1107 del 5 marzo 2012 cit., n. 2126 del 13 aprile 2011, n. 1770 del 7 aprile 2010, n. 3530 del 26 giugno 2009 e n. 2885 del 27 marzo 2007), ovvero far luogo a previ accertamenti di danni ambientali: in re ipsa (cfr. la stessa giurisprudenza di cui sopra).

7- In definitiva, traendo le fila, il ricorso deve essere respinto, siccome infondato.

7a- Non vi è luogo a statuizione sulle spese di giudizio, in assenza di costituzione dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla a statuirsi sulle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore

Roberta Cicchese, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/10/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)