TAR Molise Sez. I n. 169 del 5 maggio 2021
Urbanistica.Regolarità sismica quale presupposto per la sanatoria urbanistica

La disciplina antisismica considera la regolarità sismica del progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto alle prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito indefettibile per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un valido titolo edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 del TUED.  Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria. Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità (segnalazione Ing. M. Federici)


Pubblicato il 05/05/2021

N. 00169/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00068/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 68 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da Luigi D'Alessio, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Di Pardo e Andrea Latessa, con domicilio PEC come da registri di Giustizia;

contro

Comune di Mirabello Sannitico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Scarano, con domicilio PEC come da registri di Giustizia;
Regione Molise, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti d’Ungheria n. 74;

nei confronti

Pasquale D'Alessio, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Assunta Baranello e Giovanni Santoro, con domicilio PEC come da registri di Giustizia;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del permesso di costruire in sanatoria n. 1/16 (registro costruzioni 1290/16) del 07.01.2016, assentito al sig. Pasquale D'Alessio per la realizzazione di plurimi abusi edilizi in difformità dalla concessione edilizia n. 574/90 su di un'area adiacente a quella di proprietà dell'odierno ricorrente;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 23.12.2016:

- del permesso di costruire n. VII/2016 - Reg. Costruzioni n. 1296 del 15.10.2016, con il quale il Comune di Mirabello Sannitico ha autorizzato il controinteressato a realizzare opere di adeguamento sismico sul suo fabbricato;

- del parere n. 1668/1 del 20.09.2016 e delle relazioni istruttorie in esso richiamate, con cui la Regione Molise ha rilasciato parere favorevole sul progetto presentato dal controinteressato;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 29.6.2018:

- del permesso di costruire n. 1303 (I del 2018) del 14.04.2018, con il quale il Comune ha autorizzato il controinteressato al mutamento di destinazione d'uso del locale sottotetto del medesimo fabbricato.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mirabello Sannitico, della Regione Molise e di Pasquale D'Alessio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Marianna Scali nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2021, svoltasi con la partecipazione da remoto dei magistrati ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, come modificato dall’art. 1 del d.l. n. 183/2020, nonché dell’art. 4 del d.l. 28/2020, e in presenza, ai sensi degli stessi articoli, degli avvocati di cui al verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso del 23 febbraio 2016 il sig. Luigi D’Alessio impugnava il permesso di costruire in sanatoria n. 1/2016 con il quale il Comune di Mirabello Sannitico (CB), nell’assentire la richiesta di sanatoria presentata dal sig. Pasquale D'Alessio per le opere edilizie realizzate in difformità rispetto alla concessione edilizia n. 575/1990, condizionava la validità del titolo “alla specifica condizione” che venisse “completato l’iter procedurale presso i competenti uffici regionali della sezione comuni sismici di Campobasso ai sensi della L.R. n. 20 del 1996 (…) e che le dichiarazioni sostitutive, i disegni, come tutta l’altra documentazione tecnico-amministrativa trasmessa al Comune corrispondano a verità”.

Il ricorrente sostanzialmente lamentava l’assenza dei presupposti per il rilascio del titolo impugnato, facendo valere i seguenti motivi di ricorso:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31 e 36 del d.P.R. 380/2001 (recante il “Testo unico dell’edilizia”, di seguito anche solo TUED);

- violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della l. n. 241/1990;

- violazione e falsa applicazione del programma di fabbricazione comunale, violazione e falsa applicazione della l.r. n. 20/1996;

- eccesso di potere per contrarietà manifesta, irragionevolezza, illogicità, sviamento di potere.

2. Con successivo atto per motivi aggiunti notificato in data 14 dicembre 2016 il medesimo ricorrente impugnava, oltre al precedente, anche il successivo provvedimento n. VII/2016 con il quale il Comune aveva autorizzato il sig. Pasquale D’Alessio alla realizzazione di opere di adeguamento sismico in relazione all’immobile già oggetto del richiamato permesso di costruire n. 1 del 2016; veniva altresì gravato il presupposto atto con cui la Regione Molise aveva rilasciato il proprio parere sul progetto.

Tali motivi aggiunti venivano affidati alle seguenti censure:

- violazione e falsa applicazione del D.M. 14 gennaio 2008 e delle NTC 2008 con il medesimo approvate;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 20, 94, 100 del TUED;

- violazione e falsa applicazione del permesso di costruire a sanatoria n. 1/2016. Eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza, errore nei presupposti di fatto e di diritto; perplessità; sviamento di potere;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 11 e 31 del TUED;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d TUED; violazione e falsa applicazione delle NTC 2008 approvate con il D.M. 14 gennaio 2008;

- illegittimità derivata.

3. Con un ulteriore atto di motivi aggiunti notificato il 25.06.2018 il ricorrente impugnava, infine, il permesso di costruire n. 1303 (I del 2018) del 14.04.2018, con il quale il Comune aveva autorizzato il controinteressato al mutamento di destinazione d'uso del locale sottotetto del fabbricato in questione.

Il ricorrente, oltre a dedurre l’illegittimità derivata del nuovo atto comunale in ragione dei vizi già dedotti nei confronti dei permessi di costruire impugnati con i precedenti gravami, proponeva i seguenti motivi di censura:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 20 e 36 del TUED; violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 13 della l.r. n. 30 del 2009;

- violazione a falsa applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 30/2009; violazione e falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968.

4. Il Comune di Mirabello Sannitico, il sig. Pasquale D'Alessio e la Regione Molise si sono costituiti per resistere alle impugnative deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza.

5. L’istanza cautelare proposta con il ricorso introduttivo veniva respinta con ordinanza n. 33 del 2016 per difetto del periculum in mora, tenuto conto che “la dedotta assenza del deposito sismico non risulta idonea a determinare il pericolo di un danno grave ed irreparabile trattandosi di pericolo astratto, genericamente connesso al verificarsi di un futuro evento sismico, in assenza di prove circa un incombente pericolo di crollo, anche in considerazione della distanza sussistente tra l’immobile oggetto della sanatoria e quello in proprietà del ricorrente e del carattere assai risalente nel tempo (oltre 10 anni) delle opere abusive”.

Questo Tribunale con ordinanza collegiale n. 261 del 2019 disponeva poi degli adempimenti istruttori, ritenendo necessario, ai fini del compiuto scrutinio delle censure articolate con il ricorso e i successivi motivi aggiunti, l’acquisizione dei seguenti atti: “1) copia integrale, conforme all’originale, delle norme di attuazione del p.d.f. vigente nel Comune di Mirabello Sannitico al momento della realizzazione dell’abuso, nonché delle norme di attuazione del p.d.f. vigente nel medesimo comune al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, con ogni allegato necessario ad individuare il periodo di vigenza di ciascun piano; 2) relazione tecnica illustrativa ed esplicativa, che descriva nel dettaglio le specifiche progettuali riguardanti la distanza dalla strada indicata negli elaborati grafici della richiesta di rilascio del p.d.c. in sanatoria e la classificazione della stessa strada, nonché le modalità secondo cui si è addivenuti alla misurazione dell’altezza del fabbricato oggetto della sanatoria”. Il Tribunale richiedeva altresì di fornire “ogni ulteriore delucidazione necessaria ai fini della verifica delle c.d. doppia conformità dell’intervento in riferimento alla parte normativa dei predetti p.d.f., sotto il profilo del rispetto delle distanze e della altezze”.

Agli incombenti indicati il Comune provvedeva in data 3 gennaio 2020, depositando i documenti richiesti e una relazione illustrativa.

6. All’udienza del 14 aprile 2021 la causa è passata in decisione.

Sul ricorso introduttivo.

7. In via preliminare va respinta l’eccezione del Comune resistente di inammissibilità del ricorso per mancata indicazione dei provvedimenti richiesti al giudice. Nelle pagine 1 e 2 dell’atto introduttivo del giudizio è stata espressamente formulata la domanda di annullamento del provvedimento impugnato, dovendosi perciò ritenere che la mancata riproposizione della domanda stessa nelle conclusioni del ricorso non possa assurgere ad elemento ostativo a una pronuncia sul merito di causa.

8. Passando all’esame dei singoli motivi di ricorso, il Collegio osserva quanto segue.

8.1. Con il primo motivo il sig. Luigi D’Alessio deduce l'illegittimità del permesso di costruire n. 1 del 2016 per l’omessa rilevazione della tardività della domanda di sanatoria, asseritamente proposta oltre il termine di 90 giorni assegnato dall’Amministrazione ex articolo 31 TUED per rimuovere le opere abusive.

Tale domanda, infatti, sarebbe stata presentata in data l5.10.2015, e dunque in un momento in cui le opere abusive dovevano intendersi ormai già acquisite al patrimonio comunale per il decorso del termine di 90 giorni dalla data di notifica della presupposta ordinanza di demolizione n. 17 del 4.07.2015 (notificata il 6 luglio 2015).

Tale censura risulta priva di pregio.

Dall’esame degli atti di causa risulta difatti che l’istanza di sanatoria era stata in realtà presentata già in data 21.07.2015 (prot. com. n. 3121), tanto che il successivo 20.08.2018 il Responsabile dell’U.T.C. aveva richiesto all’istante un’integrazione documentale per l’esame di tale domanda. E nella successiva data del 15.10.2015 lo stesso istante si era limitato a fornire l’integrazione richiesta (prot. com. 4472).

8.2. Con un secondo motivo di impugnazione, articolato in tre distinti profili, il ricorrente deduce la violazione del principio della c.d. doppia conformità sancito dall'articolo 36 del TUED quale condizione per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

8.2.1. Sotto un primo profilo viene denunciata la violazione della disciplina delle distanze dalle strade.

Il fabbricato in contestazione sarebbe stato realizzato a 5 mt dalla strada, mentre il piano di fabbricazione del Comune di Mirabello stabilirebbe in zona agricola, per l’edificazione fuori dai centri abitati, una distanza di mt 10 dalle strade (il ricorrente si richiama agli artt. 9 delle norme di attuazione della variante del piano di fabbricazione della zona E, e 26 del d.P.R. n. 495/91 recante il regolamento attuativo del codice della strada).

Tale ricostruzione viene avversata dal controinteressato e dal Comune, i quali, viceversa, sostengono che il programma di fabbricazione vigente all’epoca del rilascio della prima concessione edilizia (risalente agli anni 90) e della realizzazione della costruzione non prescrivesse una distanza minima dalle strade per gli edifici in zona agricola E.

Al fine di scrutinare tale motivo di ricorso, occorre anzitutto focalizzare l’attenzione sulla normativa applicabile nei due momenti che vengono in rilievo ai fini dell’accertamento della doppia conformità ai sensi dell’articolo 36 del TUED.

Per quel che attiene alla normativa vigente al momento della presentazione del permesso di costruire deve subito evidenziarsi la genericità della doglianza del ricorrente, il quale ha omesso d’indicare quando sarebbe stata introdotta la variante del piano urbanistico che avrebbe previsto la distanza dei 10 mt, come pure di precisare quale fosse l’ambito di applicazione temporale della regola invocata.

A fronte della genericità degli elementi forniti da parte ricorrente il Collegio, quindi, non può che prediligere la ricostruzione del Comune e del controinteressato per cui all’epoca della presentazione della domanda era in vigore la deliberazione n. 9 del 1981, la quale, per quanto di interesse, disponeva quanto segue: “Le distanze dai confini e dai fabbricati sono quelle riportate nella tabella allegata ai tipi edilizi, nel caso specifico di sopraelevazioni e ampliamenti dei fabbricati già esistenti a distanza inferiore a mt. 5,00 dalle strade non distinte nel D.m. del 1.04.1968 n. 1404 non è richiesta la distanza dalle medesime, a condizione che nessun elemento in oggetto ricada in proiezione sulla pubblica via”.

La vigenza di tali regole all’epoca del rilascio della concessione è suffragata dai contenuti della relazione comunale del 31 dicembre 2019 resa in esecuzione della citata ordinanza istruttoria n. 261 del 2019, con la quale l’Ente locale, nel produrre il testo della propria deliberazione n. 9/1981, ha precisato quanto segue: “all’epoca del rilascio della concessione edilizia n. 575/1990 (epoca di realizzazione del fabbricato), l’esame della tabella dei tipi edilizi, allegata al programma di fabbricazione (approvato con delibera consilare n. 9 del 9 giugno 1981, all. n. 3), prescriveva, in zona agricola, una distanza minima dai confini pari a mt 5 senza uno specifico riferimento alla natura del confine (strade, altre proprietà, etc); si fa inoltre notare che la strada cui si fa riferimento non risultava classificata. Inoltre le distanze dalle zone agricole sono rilevabili anche dai certificati di destinazione urbanistica rilasciati, di cui si allega un esemplare (all. 4)”.

È opinione del Collegio che il contenuto della richiamata relazione istruttoria, che sotto questo profilo non è stata oggetto di specifica contestazione del ricorrente (limitatosi, nella memoria dell’11 marzo 2021, a ribadire l’asserto dell’applicabilità della disciplina di cui alla variante, senza entrare in contraddittorio con le risultanze documentali prodotte dall’Amministrazione e i contenuti della sua relazione), costituisca elemento sufficiente a confermare la correttezza della ricostruzione fornita dalle resistenti del quadro normativo vigente all’epoca dell’intervento.

Ne consegue, in applicazione della disciplina così richiamata, che, poiché la strada su cui è stato realizzato il fabbricato in contestazione non era classificata ai sensi del D.M. del 1.04.1988 n. 1404, non trovava applicazione la disciplina sulle distanze. Del resto per le zone agricole il predetto D.M. prevede la distanza di 5 mt, la quale nel caso in esame è stata pacificamente rispettata.

Considerazioni analoghe devono svolgersi anche per quel che attiene alla ricostruzione del quadro normativo vigente al momento della richiesta di sanatoria.

L’affermazione del ricorrente per cui il regolamento attuativo del codice della strada esigerebbe il rispetto della distanza dei 10 mt dalla strada è priva di fondamento.

Al riguardo occorre invero precisare che il d.P.R. n. 495/1991 prevede distanze diverse a seconda del tipo di strada, e della circostanza che la costruzione si trovi dentro, o fuori dal centro abitato. E precisamente:

1) per gli edifici fuori dei centri abitati, l’unico tipo di strada per cui è prevista la distanza di 10 mt per le nuove costruzioni è quella di tipo C [cfr. articolo 26, comma 3, lett. c) codice della strada];

2) per gli edifici nei centri abitati, invece, l’articolo 28, comma 2, prevede che per le strade E ed F non sia necessario rispettare alcuna distanza dal confine stradale per la sicurezza della circolazione;

Il comma 3 dell’articolo 28 del regolamento, inoltre, prevede che la distanza dei 10 mt sia operativa per le strade di tipo F solo laddove non vi sia uno strumento urbanistico vigente.

L’esame del quadro normativo delineato conferma allora la fondatezza della posizione del Comune e del controinteressato in ordine all’inapplicabilità della regola di distanza invocata dal ricorrente, per le seguenti ragioni:

- la distanza dei 10 mt per le aree fuori dal centro abitato è prevista solo nell’ipotesi sub 1), nella quale non rientra la fattispecie in esame poiché la strada che viene in rilievo non è classificata (né il ricorrente chiarisce se, e perché mai, nella fattispecie dovrebbe trovare applicazione il regime delle strade di tipo C);

- anche ove si volesse applicare il regime delle strade vicinali (strade F), non troverebbero comunque applicazione le regole sulle distanze, in quanto l’articolo 26, comma 5, del citato regolamento prevede che: “Per le strade di tipo F, nel caso di cui al comma 3 [ovvero fuori dei centri abitati] non sono stabilite distanze minime dal confine stradale (…)”;

- la regola dei 10 mt di distanza non potrebbe poi comunque trovare applicazione, perché essa può operare solo laddove non sia stato adottato uno strumento urbanistico (articolo 28, comma 3), che invece nel caso di specie era stato pacificamente adottato.

Sulla scorta di quanto evidenziato devono allora condividersi i contenuti della citata relazione istruttoria del 31 dicembre 2019, sotto questo specifico aspetto non contestata dal ricorrente, ove il Comune delinea la propria posizione affermando espressamente che “Rispetto al programma di fabbricazione vigente all’epoca del rilascio del permesso di costruire a sanatoria (approvato con delibera consiliare n. 12 del 13 giugno 1997 e successivamente modificato con delibera consilare n. 11 del 2 giugno 1998 con la quale sono state recepite le prescrizioni imposte dalla Regione Molise – allegato n. 5) le norme tecniche di attuazione prescrivono per la zona agricola un’altezza massima di mt 7.50 e una distanza dalle strade comunali come da codice della strada. Tali criteri risultano rispettati negli elaborati grafici relativi alla sanatoria precisando che la strada a cui si fa riferimento non risulti ancora classificata)”.

8.2.2. Con il secondo profilo del secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 9 del P.d.F. ove prevede come altezza massima dei fabbricati quella di 7,5 mt, limite che nel caso concreto non sarebbe stato rispettato.

Anche tale censura risulta priva di pregio, in quanto essa si basa su un dato di fatto, quello del superamento del limite dei 7.5 mt, che non è stato adeguatamente dimostrato, non essendo stata effettuata alcuna attendibile misurazione idonea a integrare un serio principio di prova.

L’assunto di parte ricorrente è inoltre contraddetto dalle risultanze della citata relazione istruttoria del Comune di Mirabello, nella quale, viceversa, si afferma che dall’esame dagli elaborati progettuali n. 2 “planimetrie e documentazione fotografica” e n. 3 “disegni tecnici” “l’altezza della gronda dal fronte strada sarebbe pari a 4.70 mt”.

Tali conclusioni non sembrano efficacemente contraddette dagli argomenti contenuti nella memoria del ricorrente del 30.05.2021, nella quale viene proposto il seguente calcolo: pian terreno (2.41 mt) + solaio (0.28 mt) + primo piano (2.75mt) + secondo piano (1.99 mt). Invero, anche volendo ipoteticamente seguire tale calcolo, il parametro dei 7.50 mt risulterebbe comunque rispettato, in quanto la sommatoria degli elementi che lo stesso ricorrente propone di considerare ai fini del calcolo delle altezze conduce ad un totale di 7.43 mt (e non di 7.71 mt, come invece erroneamente indicato nella memoria).

Né potrebbe giovare al ricorrente la mera ulteriore affermazione della necessità di aggiungere a tale valore anche “l’ulteriore sbalzo (retrostante al comignolo), che, seppur privo di misure dalla tavola, è pari ad almeno 60 cm”, atteso che si tratta di un’affermazione del tutto generica e apodittica, non supportata da adeguato riscontro documentale e nemmeno suffragata da una misurazione.

8.2.3. Venendo, da ultimo, all’esame del terzo profilo del secondo motivo di ricorso, si osserva quanto segue.

Con la relativa censura la violazione del principio della c.d. “doppia conformità” viene dedotta con riferimento alla normativa antisismica.

Da questa angolazione si sostiene che l’Ente locale, prima di concedere il permesso in sanatoria, avrebbe dovuto accertare il rispetto della normativa antisismica, e questo sia al momento del rilascio del titolo in sanatoria, sia al momento della esecuzione delle opere in contestazione. Viene altresì dedotta l’impossibilità di una sanatoria condizionata ad una successiva verifica –solo a “valle” del permesso- del rispetto della normativa antisismica, o addirittura alla realizzazione di opere successive di adeguamento a tale normativa.

In proposito il Collegio deve immediatamente rilevare, però, che nel testo del provvedimento impugnato non trova riscontro l’affermazione che il Comune avrebbe condizionato il permesso di costruire finanche all’esecuzione concreta di opere di adeguamento sismico. Il provvedimento in discorso si limitava ad affermare la necessità – semplicemente - di proseguire l’iter amministrativo presso gli organi tecnici specificamente competenti alla verifica del rispetto della normativa anti-sismica. Né del resto il Comune, all’epoca del rilascio del permesso n. I/2016, avrebbe avuto elementi per imporre una prescrizione diversa, in quanto a quel tempo esso non poteva sapere se l’opera fosse conforme o meno alla normativa sismica, giacché l’organo tecnico competente alla verifica di tali aspetti non si era allora ancora pronunciato.

Per quel che attiene, invece, alla censura con cui si contesta la legittimità della previsione condizionante l’efficacia del titolo in sanatoria al semplice completamento dell’iter sismico, il mezzo sarà esaminato per ragioni di connessione nell’ambito del paragr. 10.6., subito dopo il vaglio del quinto motivo del primo atto di motivi aggiunti (allorché il primo si rivelerà meritevole di assorbimento).

9. Con l’ultimo motivo dell’originario ricorso viene criticata la contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto ai precedenti provvedimenti e comportamenti del Comune.

Il ricorrente allega, in particolare, che per i medesimi abusi edilizi oggetto del permesso di costruire in sanatoria l’odierno controinteressato, e prima di lui il padre (originario proprietario degli immobili), avevano già presentato delle richieste di sanatoria, le quali erano state analogamente assentite dal Comune subordinatamente al completamento dell’iter sul versante della disciplina di tutela sismica.

Poco dopo però, lo stesso Comune, con provvedimento del 16 giugno 2015, aveva annullato in autotutela i predetti permessi di costruire, sul rilievo che il sig. Luigi Pasquale non avesse poi fatto pervenire alcuna comunicazione “in merito al completamento dell’iter amministrativo – procedurale per i deposito degli atti tecnici presso i competenti uffici regionali (cfr. L.R. n. 20 del 1996 norme sulle costruzioni tecniche in zona sismica)” e “circa la trasmissione, da parte del competente ufficio regionale del verbale finale di accertamento sul progetto strutturale relativo al fabbricato e a tutte le opere abusive (cfr. L.R. n. 20/1996 norme sulle costruzioni in zona sismica)”.

Secondo il ricorso l’operato comunale dovrebbe allora considerarsi contradditorio, in quanto l’Ente, dopo aver annullato i precedenti titoli abilitativi, rilasciati sulle pregresse richieste di sanatoria, per mancato avveramento delle condizioni ivi apposte relative al deposito sismico, il 7 gennaio 2016 aveva poi rilasciato il nuovo titolo reiterandovi la medesima condizione attinente al completamento dell’iter sismico.

Nemmeno questo motivo merita però accoglimento.

Il nuovo titolo abilitativo è stato rilasciato in virtù di una nuova istanza di sanatoria proposta dal controinteressato: e non sono state fornite ragioni sufficienti a dimostrare che la medesima dovesse risentire delle conclusioni sfavorevoli che avevano da ultimo investito le istanze precedenti.

La circostanza, inoltre, che l’Ente locale abbia apposto anche nel provvedimento impugnato la medesima condizione recata dai precedenti titoli di sanatoria circa la necessità di completare l’iter sismico costituisce un elemento di coerenza dell’azione comunale, nella cui prospettiva la clausola condizionale in discussione integrava all’evidenza il modo corretto di procedere.

In questa materia, infine, l’Amministrazione comunale non dispone di discrezionalità: sicché fa difetto il presupposto logico necessario a poter configurare un vizio di contraddittorietà della sua azione.

Stante quanto precede, anche questo mezzo va dunque respinto in quanto infondato; e altrettanto vale per l’originario ricorso introduttivo nel suo insieme.

Sugli atti di motivi aggiunti.

10. Lo scrutinio delle censure introdotte con il primo atto di motivi aggiunti richiede di soffermarsi prima brevemente sui fatti di causa seguiti all’adozione del permesso di costruire in sanatoria n. 1/2016.

10.1. Il sig. Pasquale D’Alessio, dopo aver ottenuto tale permesso di costruire, ha presentato allo sportello unico edilizia il c.d. deposito sismico.

La Commissione tecnica regionale, dopo aver chiesto delle integrazioni alla documentazione del predetto istante nella seduta del 12.09.2016, nella successiva data del 20.09.2016 rilasciava il proprio parere favorevole, ma con prescrizioni, sul progetto presentato.

A fronte del citato parere il sig. Pasquale D’Alessio presentava indi al Comune una domanda di permesso di costruire teso alla realizzazione degli occorrenti lavori di adeguamento sismico. E il Comune rilasciava anche il chiesto permesso di costruire con atto n. 1296 (VII/2016) del 15.10.2016, impugnato con il presente atto di motivi aggiunti.

10.2. Orbene, nel nuovo permesso di costruire così rilasciato si legge:

“ (…) A seguito di presentazione del deposito sismico presso i competenti uffici regionali e delle successive integrazioni richieste in data 20/09/2016 la commissione tecnica regionale rilasciava con esito positivo il parere definitivo sulla base delle seguenti premesse;

- Dato atto che è necessario effettuare lavori di adeguamento sismico al fabbricato a seguito delle prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale e i lavori da eseguire consistono;

- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente alla porta d’ingresso;

- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente la finestra del bagno;

- Nell’adeguamento dei due pilastri in c.a. posti tra il piano di fondazione ed il balcone del primo piano con aumento della sezione da cm 25X25 a cm 30x30 dei sei pilastri in c.a. posti al piano portico;

- Nell’adeguamento con la posa in opera di tubolari verticali ed orizzontali delle dimensioni di cm. 80x80x del portico in ferro e legno esistente al piano terra;

- Visto l’esito dell’istruttoria del progetto;

- Acquisita la comunicazione da parte della Regione Molise Servizio Tecnico Sismico e Gerologico, dalla quale si evince che la Commissione tecnica regionale ha rilasciato con esito positivo il parere definitivo in data 20/09/2016 con prescrizione (…)”.

10.3. Fatte queste premesse, il Collegio rileva che ragioni di opportunità inducono a trattare prioritariamente il quinto mezzo dell’atto di motivi aggiunti, con cui si è tornati a denunciare, ma da una nuova prospettiva, la violazione del principio di doppia conformità di cui all’art. 36 del TUED.

Sostiene parte ricorrente che il Comune, una volta conosciuti gli esiti dell’iter tecnico specialistico, avrebbe dovuto prendere atto delle criticità sostanziali emerse in occasione dell’accertamento di compatibilità sismica, al cui esito positivo aveva condizionato le sorti del permesso di costruire n. 1/2016. E, pertanto, avrebbe dovuto ritirare in autotutela la sanatoria del 7 gennaio 2016, invece di rilasciare un nuovo titolo edilizio che presupponeva la validità e permanente efficacia del precedente.

Da questa angolazione la ricorrente deduce dunque nuovamente la violazione del principio di doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED e la conseguente illegittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2016; essa afferma inoltre, di riflesso, l’illegittimità (anche derivata) del successivo permesso n. VII del 2016, che aveva autorizzato i lavori di adeguamento sismico sull’erroneo presupposto della validità e perdurante efficacia del citato permesso di sanatoria.

Questa censura è fondata.

Dagli atti di causa emerge chiaramente, invero, che l’intervento sanato con il permesso di costruire n. 1 del 16 non fosse conforme alle norme tecniche costruttive di cui al DM 14 gennaio 2008 (tant’è che si è ravvisata la necessità di procedere ad interventi di messa in sicurezza sismica del fabbricato), con conseguente violazione dell’articolo 36 del TUED, il quale subordina il rilascio della sanatoria alla condizione che l’opera fosse conforme alle norme edilizie sia al tempo della realizzazione dell’intervento, sia a quello della richiesta dell’accertamento sanante.

10.4. Né può assumere rilievo la circostanza che una conformità alle norme antisismiche sia stata comunque conseguita, di fatto, a seguito dell’esecuzione degli interventi richiesti dalla Regione.

Il principio della doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED, infatti, non consente delle sanatorie sottoposte a condizioni di modifica dell’immobile (cfr., tra le molte, Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410, pronuncia la quale puntualizza che "il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia dell'accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell'opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l'esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria”; si veda anche TAR Campania, Napoli, sezione III, sentenza n. 696 del 2021).

10.5. Nemmeno è persuasiva la linea argomentativa del Comune e del controinteressato che si richiama alla specificità della disciplina regionale del Molise di cui agli artt. 7 e 8 della L.R. n. 20 del 1996.

Le resistenti sottolineano, in sintesi, che le norme regionali subordinano solo l’inizio dei lavori, e non anche il rilascio del titolo edilizio, al c.d. deposito sismico, di tal ché la conformità del progetto di opera alle prescrizioni sismiche non potrebbe considerarsi un presupposto per il rilascio del titolo edilizio: e, dunque, si sostiene, nemmeno del titolo in sanatoria.

A tanto è tuttavia immediato obiettare che il titolo edilizio in sanatoria, proprio per la sua specifica natura, diversamente dal comune permesso di costruire è senz’altro posteriore all’inizio dei lavori, momento cui non può più essere fatto rinvio. Sicché l’automatico parallelismo che le resistenti tentano d’instaurare tra i due titoli non si presenta convincente.

L’impostazione delle resistenti appare, inoltre, incompatibile con la ratio della disciplina antisismica, la quale considera la regolarità sismica del progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto alle prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito indefettibile per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un valido titolo edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 del TUED.

Questa interpretazione trova conferma in una recente pronuncia della Corte costituzionale (sent. n. 101 del 2013) la quale, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento in materia, ha affermato dei principi di carattere generale che risultano applicabili anche al caso di specie, e che, anche per la loro chiarezza, meritano di essere richiamati.

“Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.

(…) Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità” (con tale pronuncia la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 117, comma 3 Cost., dell’articolo 5 della legge regionale toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui prevedeva la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria per le opere edilizie che risultassero conformi alla normativa tecnico - sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione, e non anche al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, nonché per le opere realizzate in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione, purché le stesse venissero adeguate alle norme vigenti: secondo la Corte attraverso tale previsione la Regione, eccedendo le sue competenze in materia, ha violato la norma statale di principio sulla doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED).

10.6. Fermo l’accoglimento del motivo di censura da ultimo vagliato, giova infine evidenziare che il permesso di costruire n. 1 del 2016, dato il mancato perfezionamento favorevole della verifica sostanziale del rispetto della normativa antisismica (esito che il Comune aveva fatto oggetto di apposita condizione), avrebbe perso di validità già ex se.

Da qui la dubbia permanenza di un interesse a ricorrere alla base del terzo profilo del secondo motivo del ricorso introduttivo (v. supra, paragr. 8.2.3.), con cui il ricorrente poneva in discussione la legittimità della previsione di un siffatto meccanismo condizionale.

Quel che qui più importa notare, tuttavia, è che tale originario profilo di censura risulta superato dall’avvento, appunto, del quinto mezzo dell’atto di motivi aggiunti, la cui accertata fondatezza induce a considerarlo recessivo e passibile di assorbimento.

11. L’accertata illegittimità del permesso in sanatoria n. 1/16 per violazione dell’articolo 36 del TUED comporta per via d’illegittimità derivata l’annullamento non solo del permesso n. 1296 (VII/2016), ma anche dell’ulteriore permesso edilizio n. 1303 del 14.04.2018 di mutamento di destinazione d’uso del locale sottotetto, titolo che è stato qui avversato con il secondo atto di motivi aggiunti.

Non pare dubbio, infatti, che l’assentimento del mutamento di destinazione d’uso di cui si tratta risenta della sorte dei provvedimenti edilizi a monte riguardanti la struttura del fabbricato interessato.

12. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e pertanto assorbiti.

13. La complessità della vicenda trattata giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sulla controversia in epigrafe, respinge il ricorso iniziale e accoglie gli atti di motivi aggiunti, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2021, svoltasi con la contemporanea e continua presenza da remoto dai componenti il Collegio ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, come modificato dall’art. 1 del d.l. n. 183/2020, con l'intervento dei magistrati:

Nicola Gaviano, Presidente

Marianna Scali, Referendario, Estensore

Daniele Busico, Referendario