TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 2638, del 22 maggio 2013
Urbanistica.Nozione di pertinenza urbanistica
La pertinenza urbanistica ha caratteristiche diverse da quella contemplata dal codice civile: si fonda su dati desumibili anche dalla normativa catastale; comporta l'impossibilità di destinazioni ed utilizzazioni autonome; si sostanzia nei requisiti della destinazione strumentale alle esigenze dell'immobile principale, risultante sotto il profilo funzionale da elementi oggettivi, dalla ridotta dimensione sia in senso assoluto sia in relazione a quella al cui servizio è complementare, dall'ubicazione, dal valore economico rispetto alla cosa principale e dall'assenza del cosiddetto carico urbanistico. In definitiva, la nozione di "pertinenza urbanistica" è meno ampia di quella definita dall'art. 817 c.c. e dunque non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio del bene principale. In tal caso l'impatto volumetrico proprio, incidendo in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio è assoggettabile a permesso di costruire con conseguente applicabilità del regime demolitorio in caso di abusività. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02638/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04885/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4885 del 2008, proposto da Borrelli Maria, rappresentata e difesa dagli avv. Michele e Bartolomeo Regine e, ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 104/2010, domiciliata d’ufficio, in assenza di elezione di domicilio nel Comune di Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. Campania in Napoli, piazza Municipio, 64;
contro
Comune di Casamicciola Terme, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituito;
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione n.58 del 3.09.2008.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2013 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in epigrafe, la ricorrente impugna l’ordinanza di demolizione n. 58 del 3.9.2008, spedita dal Comune di Casamicciola Terme a fronte di opere eseguite sul territorio dell’intimato Comune, alla via Vecchia Cretaio, così descritte nel provvedimento “..manufatto di forma irregolare, ancora allo stato grezzo, delle dimensioni di circa 30 mq. e alto circa mt. 3,00. Detto manufatto è composto da murature laterali in pietre e celloblok con copertura da travi portanti in ferro disposte longitudinalmente sull’asse est – ovest, sormontate da lamiere coibentate con sovrastante massetto di cemento di circa cm. 10…nella parete est vi era un vano finestra di circa mt. 2,20 x 1,30, mentre nella parte nord un vano di circa mt. 3,90 ed alto quanto l’intero manufatto”.
Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) si tratterebbe di opere pertinenziali contenute nella misura del 20 % del volume del preesistente fabbricato;
2) sarebbe inconferente il richiamo delle disposizioni di cui alla legge 42/04, in quanto il territorio è soggetto a vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta;
3) per l’esecuzione dei lavori de quibus sarebbe sufficiente una semplice autorizzazione gratuita ovvero una d.i.a.;
4) sussisterebbe un difetto di competenza in quanto i provvedimenti amministrativi relativi alle funzioni subdelegate in materia di beni ambientali devono intendersi riservati al Sindaco;
5) non risulterebbe acquisito il parere della CEI;
6) risulterebbero violate le garanzie di partecipazione al procedimento.
Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.
All’udienza dell’8.5.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
Nel procedimento delibativo che questo Tribunale è chiamato a svolgere, assume priorità logica l’esame delle censure che investono la legalità estrinseca dell’atto impugnato, vale a dire l’osservanza degli obblighi procedurali, nonchè la ricorrenza di quei requisiti di affidabilità formale, la cui esistenza condiziona, in via pregiudiziale, il corretto approccio – in sede di sindacato giurisdizionale - ai profili di contenuto delle determinazioni assunte dall’Amministrazione.
Nella suddetta prospettiva vanno, anzitutto, disattese le osservazioni censoree che impingono nella pretesa incompetenza dell’organo burocratico che ha adottato il provvedimento impugnato.
Secondo il costrutto attoreo, peraltro esposto in termini nemmeno sufficientemente chiari, essendo stato utilizzato come parametro di valutazione anche il profilo della compatibilità dell’opera con l’assetto ambientale/paesistico, l’organo competente all’adozione delle misure repressive – in ragione delle modalità di esercizio delle funzioni statuali in materia di protezione delle bellezze naturali sub delegate ai Comuni con le leggi regionali 65/1981 e 10/1982- sarebbe (non già il dirigente del settore bensì) il Sindaco previa acquisizione del parere della C.E.I.
Di contro, vale al riguardo obiettare che, in subiecta materia, ogni attribuzione del Sindaco deve intendersi venuta meno in virtù delle disposizioni legislative che hanno inteso separare, anche negli enti locali, la funzione di indirizzo politico da quella di gestione amministrativa, riservando ai dirigenti «tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente» (originario art. 51 della legge n. 142/1990, come modificato dapprima dall’art. 6 della legge n. 127/1997, successivamente dalla legge n. 191/1998 , da ultimo dal D.Llg.vo n. 267/2000; cfr. questa sezione n. 3586/2009 e sez. II, 13 febbraio 2009, n. 802).
Tale modello, che risponde ad una tendenza irretrattabile di organizzazione dei poteri pubblici secondo l’apicale esigenza di distinzione fra livello politico e livello burocratico di gestione amministrativa, risulta riprodotto nello stesso schema delineato dall’art. 27 del d.p.r. 380/2001 che espressamente radica la competenza dei dirigenti comunali ancorchè l’abuso risulti consumato in aree soggette a vincoli paesistico – ambientali.
Prive di pregio si rivelano, poi, le doglianze con cui la parte ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, nonché l’insufficienza del corredo istruttorio e motivazionale del provvedimento impugnato.
L’infondatezza delle censure in esame discende, invero, ai sensi dell’articolo 21 ocites della legge n. 241/1990, dalla ineluttabilità della sanzione repressiva comminata dal Comune di Casamicciola Terme, come di seguito evidenziato.
Emerge, infatti, con assoluta evidenza, la rilevanza edilizia dei contestati abusi, fatta palese dalla chiara attitudine della costruzione riscontrata, così descritta nel provvedimento impugnato “..manufatto di forma irregolare, ancora allo stato grezzo, delle dimensioni di circa 30 mq. e alto circa mt. 3,00. Detto manufatto è composto da murature laterali in pietre e celloblok con copertura da travi portanti in ferro disposte longitudinalmente sull’asse est – ovest, sormontate da lamiere coibentate con sovrastante massetto di cemento di circa cm. 10…nella parete est vi era un vano finestra di circa mt. 2,20 x 1,30, mentre nella parte nord un vano di circa mt. 3,90 ed alto quanto l’intero manufatto” (da considerare, dunque, come una nuova opera), a creare una significativa alterazione dell’originario stato dei luoghi.
Per le medesime ragioni – e cioè a cagione della ineluttabilità della sanzione comminata - non può poi esser concesso ingresso ai profili di doglianza che lamentano la mancanza di ulteriori approfondimenti istruttori, anche in ragione dell’omessa acquisizione del parere della commissione edilizia integrata; d’altro canto, in sede di emanazione di ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive su area vincolata non è necessario acquisire il parere della Commissione Edilizia Integrata, dal momento che l'ordine di ripristino discende direttamente dall'applicazione della disciplina edilizia vigente (art. 27 t.u. edilizia) e non costituisce affatto irrogazione di sanzioni discendenti dalla violazione di disposizioni a tutela del paesaggio (Tar Campania, Napoli, questa sezione sesta, sentenza 26 giugno 2009, n. 3530; 676 del 10 febbraio 2009, 27 marzo 2007, n. 2885).
A fronte delle descritte emergenze istruttorie, la realizzazione dell’opera in contestazione, in mancanza dei prescritti titoli abilitativi, di per se stessa, fondava la reazione repressiva dell’organo di vigilanza.
Segnatamente, le opere realizzate, siccome comportanti aumenti di superficie e di volume, con conseguente significativa alterazione dello stato dei luoghi, riflettono, di per se stesse, con assoluta evidenza la sussistenza del contestato abuso che imponeva il previo rilascio, oltre che dell’autorizzazione paesistica anche del permesso di costruire.
Di contro, la realizzazione dell’opera in contestazione, in mancanza dei prescritti titoli abilitativi, comporta la reazione repressiva dell’organo di vigilanza, da intendersi atto dovuto ed a contenuto vincolato.
Non può, infatti, essere obliterato che l’intero territorio del Comune di Casamicciola Terme è stato dichiarato, giusta D.M. del 23.5.58, di notevole interesse pubblico.
Ed invero, la disciplina di settore (id est d.p.r. 380/2001) sanziona (cfr. articolo 31) con la demolizione la realizzazione senza titolo di nuove opere, viepiù se in zone vincolate (articolo 27 d.p.r. cit.) e siffatta misura resta applicabile sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta (Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 2076 del 21 aprile 2010 e n. 1775 del 7 aprile 2010 e sezione terza, 11 marzo 2009, n. 1376) non trovando la diversa interpretazione accreditata dal ricorrente alcun riscontro nella norma ed essendo contraria alla stessa "ratio legis".
Segnatamente, la diversa opzione ermeneutica, che muove dalla previsione di un vincolo di inedificabilità assoluta, comporta un ingiustificato restringimento dei poteri di vigilanza attribuiti al Comune ponendosi in chiara distonia con la finalità perseguita dal legislatore di attribuire, laddove si tratti di aree meritevoli di una particolare e rafforzata tutela, all'Amministrazione il potere-dovere di ripristinare senza indugio la legalità violata, non operando distinzioni in relazione alla natura assoluta o relativa del vincolo. (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. II, 23 giugno 2010 n. 15729; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 12 aprile 2005, n. 3780).
In altri termini, nel modello legale di riferimento non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione ( cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 26 agosto 2010 , n. 17240).
Né hanno pregio le residue censure con cui parte ricorrente rivendica la natura meramente pertinenziale del manufatto in contestazione.
Dirimenti in senso ostativo alla pretesa attorea si rivelano, infatti, la consistenza dell’opera e l’assenza di un vincolo di strumentalità funzionale ad altra res, che nella specie non è apprezzabile in modo oggettivo, ma resta affidato – in modo del tutto inappagante – alle sole dichiarazioni di parte (secondo cui i volumi in questione sarebbero destinati ad ospitare sia la caldaia che i contatori idrici).
La cd. pertinenza urbanistica ha, infatti, caratteristiche diverse da quella contemplata dal codice civile: si fonda su dati desumibili anche dalla normativa catastale; comporta l'impossibilità di destinazioni ed utilizzazioni autonome; si sostanzia nei requisiti della destinazione strumentale alle esigenze dell'immobile principale, risultante sotto il profilo funzionale da elementi oggettivi, dalla ridotta dimensione sia in senso assoluto sia in relazione a quella al cui servizio è complementare, dall'ubicazione, dal valore economico rispetto alla cosa principale e dall'assenza del cosiddetto carico urbanistico ( cfr. Cass. Sez. III, sent. n. 4056 del 21-03-1997; Cfr. Cass. Sez. III, sent. n. 1970 del 27-02-1985 ; Cass. Sez. III, sent. n. 702 del 19-01-1990; Sez. III, sent. n. 1731 del 09-02-1990; Sez. III, ord. n. 1108 del 13-07-1992; Sez. III, sent. n. 8353 del 23-07-1994; Sez. III, sent. n. 5652 del 12-05-1994; Sez. III, sent. n. 10709 del 25-11-1997; Sez. III, sent. n. 4134 del 03-04-1998), profili qui non riscontrabili.
In definitiva, la nozione di "pertinenza urbanistica" è meno ampia di quella definita dall'art. 817 c.c. e dunque non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio del bene principale. In tal caso l'impatto volumetrico proprio, incidendo in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio è assoggettabile a permesso di costruire con conseguente applicabilità del regime demolitorio in caso di abusività (ancora, T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 29 gennaio 2009 , n. 492).
In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.
In ragione della mancata costituzione in giudizio del Comune intimato, nulla è dovuto per le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
Roberta Cicchese, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)