TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 1144, del 3 aprile 2013
Urbanistica.Sanatoria cambio destinazione, condizioni
Dal punto di vista giuridico, per ottenere il condono edilizio in caso di mutamento di destinazione d'uso di un fabbricato è sufficiente, in base al combinato disposto degli art. 4 comma 1 e 18 comma 1 e 5 l. 28.1.1977 n. 10 e dell'art. 31 comma 2 l. 28.2.1985 n. 47, che quest'ultimo venga funzionalmente completato, ossia che, pur se le attività costruttive siano ancora in corso, il fabbricato sia comunque già fornito delle opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso e invece necessarie per rendere i locali idonei all’uso abitativo, e ciò per l'evidente ragione di non incorrere nell'eventuale disparità di trattamento, che potrebbe scaturire tra le ipotesi di nuova costruzione totalmente abusiva, per la cui sanabilità bastano l'esecuzione del rustico ed il completamento della copertura, ed i casi di opere interne con mutamento di destinazione d'uso, per le quali è appunto sufficiente il completamento funzionale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01144/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04934/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4934 del 1996, proposto da:
A & U Venegoni S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Dell'Acqua, con domicilio eletto presso lo stesso in Milano, Piazza Cadorna, 10;
contro
Comune di Ossona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Travi, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Lombardia in Milano via Corridoni 39;
per l'annullamento
dei provvedimenti prot n. 1084, 1085, 1086 e 1087 del 2.9.1996, di diniego e non accoglimento delle domande di sanatoria edilizia presentate dalla ricorrente al Comune di Ossona.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ossona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente ha realizzato una palazzina residenziale nel Comune di Ossona., ottenendo, in data 8.6.1993 il relativo certificato di abitabilità, dal quale venivano tuttavia esclusi “i sottotetti non abitabili”.
In data 1.3.95 la ricorrente presentava domande di condono edilizio per la trasformazione in superficie residenziale dei predetti sottotetti, ex art. 39 L. 23.12.1993 n. 724.
Il Comune di Ossona riscontrava tuttavia negativamente le predette istanze, con i provvedimenti contestati nel presente giudizio.
I) Sotto un primo aspetto, tanto nel primo che nel secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione del predetto art. 39 L. n. 724 cit.
Le opere sarebbero, infatti, state ultimate entro il 31.12.1993, contestandosi l’affermazione del Comune secondo cui i locali, a tale data, erano privi di ripartizioni interne ed opere essenziali per configurare la nuova utilizzazione a sottotetto abitabile. In base all’art. 31 c. 2 della L. n. 47/85, ed alla Circolare Ministeriale n. 3357 del 30.7.1985, sono infatti da intendersi ultimati gli edifici nei quali, alla predetta data, sia stato eseguito il rustico, e completata la copertura, come avvenuto nel caso di specie, in cui i locali di che trattasi erano già terminati e completi dei servizi essenziali (acqua, gas, telefono, serramenti, ecc.)
I.1.) Preliminarmente, il Collegio dà atto che il provvedimento impugnato contiene un errore materiale, laddove nell’affermare che “dalla documentazione prodotta si evince che il cambio di destinazione d’uso non risulta effettivamente eseguito né completato in modo da rendere idoneo a fini abitativi l’immobile oggetto di condono”, considera non realizzata la trasformazione dei sottotetti “alla data del 31.12.1995”, anziché del 31.12.1993, come invece previsto dalla precitata norma, espressamente menzionata nell’oggetto e nelle premesse dello stesso provvedimento.
L'errore materiale nella redazione di un provvedimento amministrativo si ha infatti allorché il pensiero dell'estensore sia stato tradito ed alterato al momento della sua traduzione in forma scritta, a causa di un fattore deviante che abbia operato esclusivamente nella fase della sua esternazione, sempreché tale divario emerga direttamente dall'esame del contesto stesso in cui l'errore si trova (T.A.R. Umbria, Sez. I, 17.3.2010 n. 190), come appunto avvenuto nel caso di specie, in cui il provvedimento impugnato si fonda un una norma che rinvia ad una data diversa da quella concretamente richiamata, peraltro coincidente quanto a giorno e mese. Il detto errore materiale non costituisce tuttavia vizio idoneo a dare luogo all’annullamento del provvedimento, atteso che il medesimo sarebbe suscettibile di rettifica, ex art. 21 octies L. n. 241 del 1990, nonché della sanatoria prevista dalla prima parte del comma secondo di detta disposizione, secondo la quale il provvedimento non è annullabile quando ricorrano congiuntamente la violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, la natura vincolata del provvedimento e la inevitabilità del contenuto dispositivo, che palesemente non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 16.3.2011 n. 658).
I.2) Venendo al merito, il Collegio è chiamato a decidere se alla predetta data del 31.12.1993, avesse o meno già avuto luogo la trasformazione dei sottotetti in superficie residenziale, e pertanto se i medesimi fossero divenuti, da semplicemente “agibili”, anche “abitabili”.
In via di fatto, la documentazione fotografica allegata dalla ricorrente a corredo delle domande di sanatoria conferma le affermazioni della resistente, secondo cui le opere erano prive di ripartizione interna, pavimentazione, e servizi igienici.
Dal punto di vista giuridico, per ottenere il condono edilizio in caso di mutamento di destinazione d'uso di un fabbricato è sufficiente, in base al combinato disposto degli art. 4 comma 1 e 18 comma 1 e 5 l. 28.1.1977 n. 10 e dell'art. 31 comma 2 l. 28.2.1985 n. 47, che quest'ultimo venga funzionalmente completato, ossia che, pur se le attività costruttive siano ancora in corso, il fabbricato sia comunque già fornito delle opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, come nel caso in cui un sottotetto, trasformato in abitazione, venga dotato di luci e vedute e degli impianti di servizio (gas, luce, acqua, telefono, impianti fognari, ecc.), cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso e invece necessarie per rendere i locali idonei all’uso abitativo, e ciò per l'evidente ragione di non incorrere nell'eventuale disparità di trattamento, che potrebbe scaturire tra le ipotesi di nuova costruzione totalmente abusiva, per la cui sanabilità bastano l'esecuzione del rustico ed il completamento della copertura, ed i casi di opere interne con mutamento di destinazione d'uso, per le quali è appunto sufficiente il completamento funzionale (C.S., Sez. V, 14.7.1995 n. 1071).
Nel caso di specie, la ricorrente si limita tuttavia a documentare che le predette trasformazioni erano in essere alla data di presentazione delle domande di sanatoria, e pertanto al 1.3.1995, ben oltre il termine del 31.12.1993 previsto dalla legge, laddove, in base a giurisprudenza costante, nelle controversie in materia edilizia ricade sul privato richiedente l'onere della prova in ordine all'ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono (C.S., Sez. IV, 27.12.2011 n. 6861).
Ciò che risulta agli atti del procedimento è invece solo la mera esistenza dei sottotetti, agibili ma non abitabili, all’8.6.1993, data di rilascio del certificato di abitabilità (riferito all’edificio, ma con esclusione dei sottotetti), senza che i medesimi fossero anche dotati delle predette opere indispensabili a renderne effettivamente possibile l’uso abitativo.
II) Sotto altro aspetto, si invoca la formazione del silenzio assenso, atteso che solo in data 2.9.1996 il Comune ha riscontrato le predette istanze, e quindi ben oltre il termine annuale previsto dall’art. 39 cit.
Anche tale motivo è infondato, in relazione a quanto affermato in precedenza, in ordine alla non applicabilità alla fattispecie del citato art. 39, di cui non possono pertanto invocarsi gli effetti dal medesimo previsti in ordine alla formazione di un provvedimento tacito. La inesatta rappresentazione della realtà contenuta nell'istanza di concessione in sanatoria su un presupposto essenziale per l'accoglibilità della medesima, quale appunto la data di ultimazione dell'opera abusiva, impedisce il formarsi del c.d. silenzio assenso, e pertanto deve ritenersi legittimo il diniego (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 22.12.2004 n. 17148).
III) Ulteriormente, la ricorrente sostiene che, a prescindere dalla violazione della normativa in materia di condono, il Comune avrebbe dovuto tener conto della L.R. n. 15 del 15.7.1996, dettante norme in materia di “recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti”, le quali consentirebbero la trasformazione in superficie residenziale dei sottotetti esistenti; da qui la contraddittorietà del comportamento dell’Ente Locale, che avendo ritenuto non condonabili le opere di che trattasi, avrebbe dovuto tuttavia assentire il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti, ai sensi della L.R. cit.
Anche tale motivo è infondato, atteso che la ricorrente ha unicamente richiesto all’Amministrazione il rilascio di un provvedimento di condono, senza menzionare in alcun modo la predetta L.R., non potendo pertanto richiederne, ex officio, l’applicazione in questa sede. Inoltre, come evidenziato dalla difesa della resistente, il Comune di Ossona ha escluso l’applicabilità di tale normativa dalla zona di che trattasi, con un provvedimento contestato dalla stessa ricorrente, in un giudizio tuttavia dichiarato perento (decreto 30.6.2008 n. 2531).
IV) Con l’ultimo motivo si evidenzia che il Comune, malgrado l’impugnato diniego, avrebbe emanato atti incompatibili con il medesimo, concedendo in particolare la residenza agli occupanti dei locali di che trattasi.
Il motivo è infondato, in relazione all’evidente mancanza di collegamento tra il procedimento di condono edilizio e quello di concessione della residenza anagrafica, attinente alla stabile permanenza in un luogo di un soggetto, al di là di ogni considerazione di natura urbanistica ed edilizia. L’iscrizione nel registro dei residenti presuppone infatti unicamente l’accertamento della permanenza abituale nel luogo, senza che l’Amministrazione debba compiere accertamenti di natura edilizia, come espressamente affermato nella Circolare n. 8 del 29.5.1995, secondo cui “non può essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, quale ad esempio un fabbricato privo di licenza di abitabilità, ovvero non conforme a prescrizioni urbanistiche”.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Comune resistente, equitativamente liquidate in Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)