Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Sentenza Ilva, una decisione discutibile: è solo casuale?
di Gianfranco AMENDOLA
Consiglio di Stato Sez. VI n. 5842 del 2 luglio 2024
Urbanistica.Vincoli conformativi ed espropriativi
I vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi atteso che i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (cd. zonizzazione) e che dunque si connotano per il fatto di incidere su una generalità di beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accumunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono; mentre i secondi sono quelli che riservano alla mano pubblica l'edificazione in una specifica area (cd. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente di contenuto del diritto di proprietà su di un determinato bene; mentre con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica; invero, i vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l'attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale.
Cass. Sez. III n. 31809 del 5 agosto 2024 (CC 7 giu 2024)
Pres. Galterio Rel. Galanti Ric. Passerin
Beni culturali.Presunzione di proprietà pubblica
Sui beni culturali vige una presunzione di proprietà pubblica con la conseguenza che essi, sulla base di una oramai ultrasecolare tradizione normativa, appartengono allo Stato italiano in virtù della legge (legge n. 364 del 1909; r.d. n. 363 del 1913; legge n. 1089 del 1939; articoli 826, comma 2, 828 e 832 del codice civile), la cui disciplina è rimasta sostanzialmente invariata anche a seguito della introduzione del decreto legislativo n. 42 del 2004. Sono fatte salve ipotesi tassative e particolari, nelle quali il privato che intenda rivendicare la legittima proprietà di reperti archeologici o comunque di beni qualificabili come culturali deve fornire la relativa, rigorosa prova, dimostrando, alternativamente che: 1) reperti gli siano stati assegnati in premio per il loro ritrovamento; 2) i reperti gli siano stati ceduti dallo Stato; 3) i reperti siano stati acquistati in data anteriore all’entrata in vigore della legge n. 364 del 1909.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA
DECRETO 28 giugno 2024 n. 127
Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152/2006. (24G00144) (GU Serie Generale n.213 del 11-09-2024)
note: Entrata in vigore del provvedimento: 26/09/2024
Consiglio di Stato Sez. VI n. 6862 del 31 luglio 2024
Beni ambientali.Bellezze d'insieme
Non è necessario, ai fini della legittimità delle scelte relative alla perimetrazione delle aree da tutelare come 'bellezze d’insieme’, ex art. 136, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 42 del 2004, che ogni singolo elemento compreso nell'area presenti i caratteri della bellezza naturale, poiché ciò che s'intende tutelare è per l'appunto l'insieme. E’ stato infatti ritenuto che il vincolo imposto con deliberazione regionale su bellezze d'insieme e non su bellezze individue non postula necessariamente che ogni singola cosa compresa nel paesaggio abbia i caratteri di bellezza naturale e non richiede, sotto il profilo procedimentale, gli adempimenti della notifica e della trascrizione previsti dall'art. 6 l. n. 1497 del 1939. L'eliminazione con la lettera d) del comma 1 dell'art. 136 del riferimento alle bellezze panoramiche “considerate come quadri naturali”, dapprima previsto nell'art. 1 della l. 1497 del 1939 (poi limitato alla sola parola “quadri” nel d. lgs. n. 490 del 1999), non comporta, di per sé, effetti di limitazione della proprietà privata equivalendo sempre la visione delle bellezze panoramiche a quella di quadri naturali ed essendo perciò siffatta nozione, in quanto ulteriormente esplicativa di un già chiaro contenuto estetico, priva di valenza giuridica aggiuntiva, tanto più essendo rimasta identica la restante parte della disposizione; pertanto, il vincolo paesaggistico relativo alle bellezze naturali (art. 136, comma 1, lett. d), del d. lgs. n. 42/2004) riguarda la bellezza estetica e panoramica offerta dalla natura, il c.d. “quadro naturale”, salvaguarda il panorama e le visuali e protegge il paesaggio quale interesse pubblico alla tutela della bellezza dei luoghi nel loro insieme, quindi rispetto alla sua fruibilità visiva da parte della collettività.
Cass. Sez. III n. 29342 del 19 luglio 2024 (UP 21 mar 2024)
Pres. Ramacci Rel. Andronio Ric. Fraternali
Urbanistica.Reato di cui all'art. 75 TU edilizia
L’art. 75 del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce un reato di natura permanente a condotta mista in quanto comprende, da un lato, un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio e, dall'altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile ovvero con il collaudo
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