Cass. Sez. III n. 21119 del 29 maggio 2007 (Ud. 12 apr. 2007)
Pres. Lupo Est. Teresi Ric. Bentivoglio
Acque. Nozione di acque reflue industriali

L'art. 2, lettera h) del d. lgs. n. 152-1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258-2000, (ora trasfuso nell'art. 74, comma 1 lettera h) del d. Igs. n. 152-2006) definisce "acque reflue industriali" qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento. Il refluo deve essere considerato nell'inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore

Svolgimento del processo

Con sentenza 13 gennaio 2006 il Tribunale di Verbania condannava Bentivoglio Mario alla pena dell’ammenda quale colpevole, nella qualità di titolare della ditta Eco Geotech sas, d’avere effettuato, senza la prescritta autorizzazione, uno scarico di reflui industriali in acque superficiali [rio Qualba].

Accertava il Tribunale che le acque reflue scaricate nella pubblica fognatura, tramite pluviali, provenivano dai lavori d’asportazione della copertura dell’immobile di proprietà della ditta Noveletric effettuati dalla società Eco Geotech, della quale l’imputato era legale rappresentante, i cui dipendenti avevano utilizzato il preparato liquido per fissare le fibre d’amianto presenti nella copertura stessa.

Il refluo era stato rinvenuto all’interno di alcuni tombini destinati alla raccolta delle acque piovane.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della motivazione perché non era stata ritenuta l’occasionalità, non punibile, dello scarico, stante che la ditta Eco Geotech stava svolgendo una tantum la sua attività presso la Novelectric e che la stessa non necessitava di previa autorizzazione allo scarico, essendo la vernice destinata a fissarsi sulle lastre d’eternit, mentre per puro caso era confluita attraverso il pluviale, nella rete di raccolta delle acque meteoriche.

Quindi, lo sversamento del prodotto era avvenuto accidentalmente in mancanza di esigenze di smaltimento connesse al ciclo produttivo che presuppongono l’esistenza di una condotta.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è infondato.

L’art. 2, lettera h) del d.lgs. n. 159/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, [ora trasfuso nell’art. 74, comma 1 lettera h) del d.lgs. n. 152/2006) definisce “acque reflue industriali” qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento.

Il refluo deve essere considerato nell’inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore [Cassazione Sezione III n. 13376/1998, 10 novembre 1998 – 18 dicembre 1998, Brivio, RV. 212541].

Ne consegue che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità. necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche [Cassazione Sezione III, n. 42932/2002, 24 ottobre 2002 – 19 dicembre 2002, Ribattoni, RV. 222966: “Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non ottengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi”].

Ha pure affermato questa Corte che “in tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti dell’irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, e successive modificazioni, lo scarico occasionale, sia se effettuato in difetto di autorizzazione che con superamento dei valori limite, è privo di sanzione a seguito della eliminazione, ad opera dell’art. 23 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, del riferimento alle immissioni occasionali precedentemente contenuto negli art. 54 e 59 del citato decreto n. 152” [Cassazione Sezione III n. 16720/2004, Todesco, RV.228208]

Quindi, quale che sia il suo carattere temporaneo, soltanto una condotta del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico di acque reflue [le immissioni effettuate fuori dal ciclo produttivo senza il tramite di una condotta] non è soggetta alla preventiva autorizzazione perché ogni immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità, ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 [cfr. Cassazione Sezione III n. 14425/2004, Lecchi, RV. 227781 e n. 16717, Rossi, RV. 228027].

Nella specie deve escludersi il carattere occasionale dello scarico essendo stato accertato che lo stesso è avvenuto nel corso di un’attività rientrante nel ciclo di lavorazione dell’impresa Eco Geotech richiedente l’impiego di liquidi inquinanti.

Infatti, in tal contesto è stata versata una sostanza chimica allo stato liquido destinata a fissare le fibre d’amianto che componevano la copertura di un capannone industriale.

Il refluo è confluito, tramite i pluviali, in tombini destinati alla raccolta delle acque piovane, donde la configurabilità del reato contestato che non impone la presenza di una tubazione che recapiti lo scarico, essendo sufficiente una condotta, cioè un qualsiasi sistema con il quale si consente il passaggio o il deflusso delle acque reflue [cfr. Cassazione Sezione III n. 1774/1999, Scaramazza, RV. 215609].

Il rigetto del ricorso comporta l’onere delle spese del procedimento.