Cass.Sez. III n. 40761 del 2 ottobre 2013 (Cc 20 mar 2013)
Pres.Teresi Est. Grillo Ric.P.M. in proc. Spagnoletta
Acque.Reato previsto dall'art. 137, comma undicesimo, D.Lgs. n. 152 del 2006

In tema di tutela penale contro l'inquinamento idrico, grava sull'imputato l'onere della prova relativa alla sussistenza delle situazioni di accertata impossibilità tecnica o di eccessiva onerosità che determinano la deroga al divieto di scarico delle acque reflue urbane o industriali sul suolo, ed escludono la configurabilità del reato previsto dall'art. 137, comma undicesimo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 20/03/2013
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Renato - rel. Consigliere - N. 711
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere - N. 48836/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI;
nei confronti di:
SPAGNOLETTA MAURO N. IL 30/10/1962;
avverso l'ordinanza n. 292/2012 TRIB. LIBERTÀ di BARI, del 06/11/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRILLO RENATO;
sentite le conclusioni del PG Dott. FRATICELLI Mario, l'annullamento con rinvio.
Udito il difensore Avv. SPAGNOLO Giuseppe di Bari.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 6 novembre 2012 il Tribunale di Bari, in funzione di Giudice del Riesame, accoglieva l'istanza di riesame proposta nell'interesse di SPAGNOLETTA Mauro (soggetto indagato per i reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, commi 1 e 11;
artt. 635 e 632 c.p.) e, per l'effetto, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP di quel Tribunale in data 15 ottobre 2012 con restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto.
1.2 Osservava il Tribunale che nella fattispecie in esame era da ritenersi assente il fumus criminis con riguardo all'ipotizzato reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1, versandosi, tutt'al più, in tema di sversamento di acque reflue urbane, come tale assoggettabile alla sanzione amministrativa ex art. 133 del medesimo D.Lgs., mentre, con riferimento all'ipotetico reato di cui al comma 11 del citato art. 137, era da ritenersi non provato il fumus criminis in relazione al mancato accertamento della impossibilità tecnica o dell'eccessiva onerosità delle alternative percorribili: il Tribunale escludeva, poi, la configurabilità dei reati residui di deviazione delle acque e di danneggiamento, sostenendo trattarsi, al più, di ipotesi colpose penalmente irrilevanti. In ultimo, con riguardo al profilo attinente al periculum in mora, anche ad ammettere la astratta configurabilità del reato di cui del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 11, il Tribunale osservava che un eventuale sequestro, anche con facoltà d'uso (modalità sperimentata nel passato ma con risultati negativi) dell'impianto avrebbe in realtà determinato conseguenze ben più gravi rispetto alla situazione conseguente ad un eventuale dissequestro, ulteriormente rilevando che sarebbero stati più adeguati eventuali interventi cogenti in sede di restituzione degli impianti (quali prescrizioni di carattere tecnico e versamento di cauzione) meglio atti salvaguardare l'ambiente circostante. 1.3 Avverso la detta ordinanza propone ricorso il Pubblico Ministero deducendo erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla fuorviante interpretazione data dal Tribunale al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 11; ancora, erronea applicazione della legge penale, con riferimento ai reati collegati di cui agli artt. 632 e 635 c.p., per le quali era ben ipotizzabile nella fase cautelare l'astratta configurabilità del reato, ferma restando la possibilità di un più approfondito accertamento nella fase di merito, sotto forma di condotte caratterizzate dal dolo eventuale. In ultimo, il P.M. ricorrente rileva l'erronea applicazione della legge penale (art. 85 c.p., circa il richiamo alle norme sulla restituzione con prescrizione o con eventuale imposizione di cauzione, in quanto applicabile nella fase della esecuzione del provvedimento di sequestro e non nella fase genetica della adozione della misura cautelare reale.
1.4 Con memoria ritualmente depositata la difesa dell'indagato SPAGNOLETTA Mauro contesta i contenuti del ricorso del P.M. sia con riferimento alla astratta configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 11 (dovendosi, di contro, escludere la configurabilità anche in via astratta della ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1 del medesimo articolo), ribadendo come preclusiva all'ipotesi criminosa in discorso la impossibilità tecnica di recapitare il sovrappieno in corpi idrici superficiali ovvero l'anti-economicità di tale operazione. Ribadisce, poi, l'insussistenza del periculum in mora ed il rischio che, in caso di mantenimento del sequestro di aumento della tracimazione e dunque di maggior inquinamento rispetto a quello che si vorrebbe evitare. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. Va premesso, in punto di fatto, che a seguito di un esposto-denuncia presentato dal titolare di una azienda agricola le cui colture erano state invase dal continuo ruscellamento delle acque provenienti dagli attigui campi di spandimento di proprietà del Comune di Gioia del Colle asserviti al funzionamento del depuratore comunale, era stato disposto da parte del GIP il sequestro preventivo dell'impianto, in quanto nessuna autorizzazione era stata concessa per il trasferimento del sovrappieno dal depuratore ai campi di spandimento adiacenti e vi era un pericolo concreto ed attuale che, in caso di libera disponibilità dell'impianto, si sarebbero protratte le conseguenze dei reati come ipotizzati dalla pubblica Accusa.
1.1 Correttamente il P.M. ricorrente evidenzia, anzitutto, l'erronea applicazione delle norme penali non solo in tema di smaltimento dei reflui, ma anche in tema di deviazione delle acque e danneggiamento. In particolare - con riguardo al reato contravvenzionale - la norma di cui dell'art. 137, comma 11, D.Lgs. sanziona - per quanto qui rileva - la condotta di chi non osserva i divieti di scarico previsti dell'art. 103 con l'arresto sino a tre anni.
1.2 A sua volta l'art. 103 disciplinante il regime degli scarichi in superficie vieta lo scarico "sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione: a) per i casi previsti dall'art. 100, comma 3; b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie; c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'art. 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto ....".
1.3 Ciò posto, la deroga al divieto di scarico si basa, per quanto qui interessa, sulla accertata impossibilità tecnica o eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili a recapitare in corpi idrici superficiali gli scarichi, a condizione che essi siano conformi ai criteri e valori limite di emissione fissati dalle Regioni, ferma restando l'applicazione di un regime transitorio in punto di applicazione dei valori limite in attesa della emanazione di nuove norme regionali in materia. 1.4 Se questi sono i presupposti, è evidente che deve risultare in modo certo l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità del recapito degli scarichi sul suolo, prova che incombe non certo alla pubblica Accusa, come affermato dal Tribunale, ma alla parte privata. È poi evidente che una eventuale alternativa tra più soluzioni percorribili, come individuata dal Tribunale, costituisce, semmai, la riprova della non accertata impossibilità tecnica o della eccessiva onerosità, con conseguente piena configurabilità del reato sanzionato a mente dell'art. 137, comma 11 e, dunque, dell'adozione di provvedimenti cautelari in caso di violazione della norma nella ipotesi di sussistenza anche del periculum in mora.
2. Quanto a tale ultima esigenza, occorre - come regola generale imposta dall'art. 321 c.p.p., - che sussista il rischio o di un aggravamento delle conseguenze del reato o di protrazione della attività criminosa: presupposti, che nel caso in esame, risultano, come osservato dal P.M. ricorrente, sussistere alla luce del continuo ruscellamento delle acque tracimanti dal depuratore e poi da lì tracimanti dalle aree di spandimento asserviti e all'impianto. 2.1 Peraltro in modo manifestamente illogico il Tribunale ha ritenuto che mentre il mantenimento della misura cautelare determinerebbe un aggravamento del reato, aumentando in modo esponenziale il rischio del superamento dei limiti soglia, una eventuale facoltà di uso contemplata in seno al provvedimento di carattere ablativo si risolverebbe in un provvedimento vuoto di contenuto. 2.2 Ma non può nemmeno essere condivisa la valutazione comparativa operata dal Tribunale tra il rischio collegato ad un eventuale mantenimento del sequestro e la opportunità di imporre prescrizioni di tipo economico (cauzione) e/o cautele anche di tipo tecnico costituendo tale ragionamento una palese violazione del disposto di cui all'art. 85 disp. att. c.p.p.: invero tale norma dispone al comma 1 che "Quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria, se l'interessato consente ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso e imponendo una idonea cauzione a garanzia della esecuzione delle prescrizioni nel termine stabilito.". 2.3 Ne deriva che - come esattamente sottolineato dal P.M. ricorrente - solo nella eventuale fase della restituzione in sede di esecuzione possono essere impartite prescrizioni e ordinata la cauzione, sempre che l'interessato vi consenta, senza che venga meno però il potere di sequestro legato, invece, alle possibili conseguenze negative collegate al mantenimento della cosa di cui si intende vietare l'uso nella disponibilità dell'avente diritto.
2.4 L'interpretazione certamente fuorviante data dal Tribunale rappresenta una sorta di inversione logica del testo della norma, nella misura in cui si antepone al momento del sequestro, quello di una possibile restituzione, costituente un posterius. 2.5 Alla stregua di tali considerazioni e ritenendosi, perciò, del tutto irrilevanti le considerazioni svolte dalla difesa dell'indagato nella propria memoria in quanto sostanzialmente ripetitive del provvedimento qui censurato, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Bari per nuovo esame sui punti riguardanti sia il fumus criminis che il periculum in mora, tenendo conto delle regole interpretative enunciate da questa Corte.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bari per il giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2013