Cass. Sez. III n. 49451 del 20 dicembre 2012 (ud.15 nov. 2012)
Pres. Squassoni Est. Amoresano Ric. Benassai ed altro
Beni Ambientali. Attraversamento di area protetta con arma

Poiché la norma fa riferimento alla “introduzione" di armi, senza quindi alcuna distinzione, anche il mero attraversamento dell'area protetta con un'arma integra il reato di cui all'art. 30, comma 1 legge 394\1991 in relazione all'art. 11, comma 3 lett. j)

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 8.11.2011 il GIP del Tribunale di Firenze condannava B.G. e Be.Gi., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per la scelta del rito abbreviato, alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda ciascuno per il reato di cui agli art. 110 c.p., L. n. 394 del 1991, art. 30, comma 1 (con riferimento all'art. 11, comma 3, lett. j) per avere, in concorso tra loro, introdotto, all'interno della Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa, due fucili marca Benelli cal. 12, senza autorizzazione dell'autorità preposta; ordinava, altresì, la confisca delle armi.

Riteneva il GIP che nessun dubbio potesse esservi in ordine alla integrazione della fattispecie contestata. La tesi difensiva, volta a sostenere che vi era stato un mero attraversamento del tratto interdetto senza alcuna volontà di far uso dei fucili, racchiusi scarichi in idonei contenitori, oltre che non provata, era irrilevante. Secondo la giurisprudenza di legittimità il reato si perfeziona, infatti, a prescindere dalla flagranza della caccia o dall'atteggiamento di caccia. Irrilevante era anche la documentazione prodotta, trattandosi di un disciplinare provvisorio redatto dal V.Q.A. Forestale in data 21.7.2010, che non pregiudicava certamente i divieti posti dalla normativa nazionale. A norma della L. n. 152 del 1975, art. 6 andava disposta la confisca delle armi.

2. Ricorrono per Cassazione B.G. e Be.Gi., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge e l'errata valutazione della documentazione prodotta ed il vizio di motivazione in relazione al L. n. 394 del 1991, artt. 11, 17, 19, art. 30, comma 1 e 7.

Contrariamente a quanto ritenuto dal GIP, la documentazione prodotta interagisce con la normativa statale. I divieti direttamente sanzionati dall'art. 30 ci sono previsti solo per i parchi naturali e per le aree protette marine e non per le riserve naturali statali.

L'art. 17 in relazione a tali riserve rimette ogni questione alla competenza dei regolamenti di attuazione che dovranno comunque attenersi ai principi contenuti nell'art. 11. Si è in presenza, quindi, in relazione alle riserve naturali statali, di una norma penale in bianco, da completare con le prescrizioni dei regolamenti di attuazione. Alla luce del provvedimento emanato dal Capo Ufficio della Riserva naturale di Vallombrosa gli imputati dovevano essere mandati assolti e dissequestrati i fucili. Con il secondo motivo denunciano fa violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione all'elemento soggettivo. Il trasporto di arma scarica, nella fodera, nel bagagliaio di un autoveicolo, nell'attraversare una strada interna all'area protetta, è cosa diversa dall'introduzione dell'arma nell'area medesima. Tale diversità è rilevante per escludere l'elemento psicologico, sia pure sotto il profilo della colpa.

Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione in punto di determinazione della pena. Oltre a non indicare la pena base, il GIP non spiega perchè si è discostato in maniera così rilevante dal minimo edittale.

Con il quarto motivo denunciano la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione in relazione alla disposta confisca dei fucili. Il GIP ha ritenuto applicabile la L. n. 152 del 1975, art. 6 senza tener conto che la L. n. 394 del 1991 è da ritenere legge speciale e prevede la confisca solo in caso dio particolare gravità (mentre lo stesso GIP ritiene la "sostanziale modestia del fatto").

Con il quinto motivo, infine, denunciano la violazione di legge in relazione all'art. 464 c.p.p., essendo stata omessa la revoca del decreto penale opposto.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato soltanto in relazione alla confisca delle armi.

2. Quanto alla configurabilità del reato contestato questa Corte si è già pronunciata sul punto.

Con la sentenza n. 2919 del 14.2.2000 della Sezione Prima è stato affermato: "poichè nei territori delle aree protette a norma della L. Quadro 6 dicembre 1991 n. 394, è quest'ultima, con l'art. 11, comma 3, lett. f), a prescrivere espressamente la necessità della preventiva autorizzazione degli enti preposti alla tutela delle aree stesse per l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, a fissare con sufficiente chiarezza le condotte vietate e a dettare, in caso di violazione dei divieti previsti, specifiche sanzioni penali, non sono necessarie ulteriori determinazioni regolamentari per la sua immediata applicabilità. Ne discende che, ai fini della configurabilità della contravvenzione al divieto di introduzione di armi in area protetta, è sufficiente la constatata presenza del privato senza la prescritta autorizzazione, all'interno dell'area e in possesso di arma e munizioni, a prescindere dalla flagranza dell'attività venatoria e/o dall'atteggiamento di caccia, costituendo il relativo divieto lo strumento prescelto dal legislatore per la radicale salvaguardia della fauna protetta" (Tale principio veniva enunciato in relazione ad una fattispecie, relativa all'introduzione non autorizzata di un fucile da caccia e relativo munizionamento all'interno proprio della riserva naturale biogenetica di Vallombrosa).

2.1. Il Collegio condivide pienamente tale enunciato, ritenendo infondati i rilievi contenuti nel ricorso.

La norma fa riferimento, invero, alla "introduzione" di armi, senza quindi alcuna distinzione. Sicchè anche il mero attraversamento dell'area protetta con un'arma integra il reato.

Questa Corte, anche successivamente alla sentenza sopra richiamata, ha costantemente ribadito che ad integrare la contravvenzione di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 11, comma 3, lett. f) e art. 30 è sufficiente la sola presenza del soggetto che sia in possesso di un'arma, a prescindere dal fatto della flagranza dell'attività venatoria o dall'atteggiamento di caccia (cfr. Cass. Pen. Sez. 3 n. 17611 del 22.3.2005). Integra pertanto il reato anche la condotta di chi, a bordo di un'auto contenente armi, abbia anche solo a transitare nell'area protetta al fine di portarsi in area non protetta al fine di cacciare (Cass. Pen. 3 n. 6985 del 16.1.2008).

Quanto al provvedimento emanato dal Capo Ufficio della Riserva naturale di Vallombrosa, a parte i rilievi del GIP, va evidenziato che, secondo quanto precisato nello stesso ricorso, tale provvedimento è stato adottato in data 21.7.2010, per cui non può avere alcuna incidenza, neppure sotto il profilo dell'elemento psicologico, sulla condotta posta in essere dai ricorrenti in data 12.10.2008, e quindi in epoca precedente.

3. Relativamente al trattamento sanzionatorio, il GIP nella determinazione della pena ha fatto riferimento alle "caratteristiche dell'azione criminosa" ed alla "capacità a delinquere degli imputati desumibile dalla condotta accertata e dalla personalità, come risultante dagli atti".

Il riferimento a tali elementi oggettivi e soggettivi giustifica sul piano argomentativo il criterio seguito nell'esercizio del potere discrezionale. Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficiente a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p., le espressioni del tipo: "pena congrua" "pena equa" (cfr. Cass. pen. Sez. 2 n. 36245 del 26.6.2009).

E nel caso di specie la pena irrogata non è certo superiore alla misura media di quella edittale.

4, La mancata revoca espressa del decreto penale, prima di procedere al giudizio conseguente all'opposizione, non è causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente immancabile del giudizio stesso, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, ope legis non ope iudicis. Inoltre, per la violazione dell'art. 464 c.p.p., comma 3, non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, sicchè, in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all'art. 177 c.p.p., e poichè non è ravvisabile alcuna delle cause generali di nullità stabilite dal successivo art. 178, la mancata revoca non produce alcuna nullità (cfr. ex multis Cass. Pen. Sez. 3 n. 7140 del 22.7.1997).

5. Il GUP ha ritenuto che la confisca fosse obbligatoria richiamando la L. n. 152 del 1975, art. 6 che riguarda però i reati concernenti le armi.

Ai ricorrenti è invece contestata la violazione della normativa di cui alla L. n. 394 del 1991 e l'art. 30, comma 4 della predetta legge prevede che "Nelle sentenze di condanna il giudice può disporre, nei casi di particolare gravità, la confisca delle cose utilizzate per la consumazione dell'illecito".

Del resto, anche con riferimento alla L. 11 febbraio 1992 n. 157, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che l'art. 30 "nello stabilire che, salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi, comporta che la sola norma applicabile, in materia di confisca di armi, le quali, legittimamente detenute e portate, siano state tuttavia utilizzate per commettere reati venatori, è quella costituita dalla citata L. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2 in base alla quale la confisca può essere disposta solo in caso di condanna per le contravvenzioni ivi richiamate, con esclusione, quindi, dell'operatività del combinato disposto di cui all'art. 240 cpv. cod. pen. e L. 22 maggio 1975 n. 152, art. 6, in forza della quale può darsi luogo a confisca, quando trattasi di reati concernenti le armi, anche in assenza di una pronuncia di condanna" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 15166 del 28.1.2003; Cass. sez. 3 n. 11580 del 4.2.2009).

Lo stesso GIP ha ritenuto "la sostanziale modestia del fatto", escludendo quindi, implicitamente, che si trattasse di un caso di particolare gravità. Va pertanto eliminata, senza necessità di rinvio, la disposta confisca; con dissequestro e restituzione delle armi agli aventi diritto.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca delle armi, che elimina; con dissequestro e restituzione agli aventi diritto.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2012