Cass.Sez. III n. 7606 del 27 febbraio 2012 (Ud.24 gen. 2012)
Pres.Petti Est. Lombardi Ric.Agrosì
Rifiuti.Deposito incontrollato nel luogo di produzione

Il reato di deposito incontrollato di rifiuti previsto dall'art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per la violazione delle prescrizioni indicate dall'art. 6, lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 (oggi sostituito dall'art. 183 lett. bb) del citato D.Lgs. n. 152 del 2006, così come modificato dall'art. 10 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205) si configura anche se la condotta si svolga nel luogo di produzione.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PETTI Ciro - Presidente - del 24/01/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 215
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere - N. 31894/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Nisi Salvatore, difensore di fiducia di Agrosì Oronzo, n. a Maglie il 10.10.1948;
avverso la sentenza in data 8.10.2009 della Corte di Appello di Lecce, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Maglie, in data 12.12.2008, venne condannato alla pena di mesi due di arresto, quale colpevole del reato di cui all'art. 51, comma 2 in relazione al D.Lgs. n. 22 del 1997, comma 1, lett. a).
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. FRATICELLI Mario che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di Agrosì Oronzo in ordine al reato di cui all'art. 51, comma 2 in relazione al D.Lgs. n. 22 del 1997, comma 1, lett. a) così diversamente qualificata l'originaria imputazione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. b), a lui ascritta per avere effettuato, in qualità di socio amministratore e responsabile tecnico della AVECO S.n.c., attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi costituiti da componenti meccanici di vario tipo derivanti dall'attività di demolizione di automezzi senza la prescritta autorizzazione.
La Corte territoriale, per quanto interessa nel giudizio di legittimità, ha rigettato l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado formulata dall'appellante per violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza ex art. 521 c.p.p. e le deduzioni in ordine alla insussistenza del reato di deposito incontrollato o abbandono di rifiuti.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente ripropone la denuncia di violazione dell'art. 521 c.p.p..
In sintesi, si deduce che all'imputato è stato contestato i reato di stoccaggio finalizzato al successivo smaltimento di rifiuti del D.Lgs. n. 22 del 1997, ex art. 51, comma 1, mentre ne è stata affermata la colpevolezza per una fattispecie diversa e, cioè, il deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, operazioni che la fattispecie normativa riconduce all'ipotesi che i rifiuti non siano destinati allo smaltimento.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia l'errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2. Si deduce che il deposito incontrollato di rifiuti si configura allorché i rifiuti non sono depositati nel luogo di produzione e quindi fuori della sfera di controllo del produttore. Nel caso in esame, invece, i rifiuti risultavano depositati all'interno dell'area recintata dell'azienda. Con memoria inviata a mezzo fax in data odierna il difensore ha chiesto dichiararsi, in subordine al mancato a accoglimento del ricorso, la prescrizione del reato. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente si è limitato a riproporre questioni già dedotte nella sede di merito e disattese con motivazione giuridicamente corretta.
Non vi è contrasto tra le fattispecie di cui al primo ed al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2 attualmente D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 in quanto l'abbandono di rifiuti costituisce una forma di smaltimento illecito ed il deposito incontrollato non è affatto riferibile solo ai rifiuti non destinati allo smaltimento. Sul punto vi è anche un'errata interpretazione da parte del ricorrente della affermazione di questa Corte citata in sentenza. Pertanto, non vi è alcun contrasto insanabile tra la fattispecie di cui all'imputazione e quella di cui all'affermazione di colpevolezza, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata (cfr. anche per l'analoga affermazione con riferimento ai reati di discarica non autorizzata e abbandono o deposito incontrollato di rifiuti: sez. 3, 11.2.2010 n. 12443, Coculo e altro, RV 246458), sicché si tratta solo di una diversa qualificazione giuridica del fatto, essendo identica l'attività materiale che ha formato oggetto di contestazione.
In relazione al secondo motivo la sentenza ha già correttamente osservato che i veicoli fuori uso costituiscono già rifiuti dal momento in cui il proprietario li dismette, sicché nel caso della loro demolizione la condotta non può essere inquadrata nell'ipotesi del deposito di rifiuti sul luogo di produzione.
In ogni caso il deposito incontrollato deve configurarsi anche nell'ipotesi di deposito di rifiuti nei luogo di produzione allorché non siano rispettate le prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, lett. m) attualmente del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. bb) come sostituito dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 10. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare resistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.. P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 24 gennaio 2012. Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2012