TAR Puglia (LE) sent.1486 del 21 giugno 2013
Acque. Scarichi pluviali all'interno dell'area industriale
La sentenza affronta e risolve, tra le altre, due questioni che hanno interessato la giurisprudenza ambientale sul tema: a) degli impatti dell'attività industriale sulla salute umana nella verifica di assoggettabilità a VIA e quale sia il limite di "rilevanza e signitificatività" per affermare l'assoggettamento a VIA, ai sensi dell'art. 26 del D. Lgs n. 152/06. Così dispone il TAR: " Pertanto, la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (condotta, in base all’art. 17 della legge regionale, sul contenuto delle relazioni e degli studi trasmessi) deve anch’essa analizzare adeguatamente l’impatto ambientale sul fattore “uomo”, che può condurre ad escludere la VIA obbligatoria solo se in concreto ritenuto irrilevante".
b) degli scarichi pluvuiali all'interno dell'area industriale che costituiscono "acque reflue industriali" ai sensi dell'art. 74 , primo comma, lett.h) del D. Lgs. n.152/06, ". Il Tar spiega che "A queste ultime sono da ascriversi le acque pluviali che, nel loro percorso, trascinano unicamente pulviscolo o altro materiale di origine naturale, mentre le acque (specialmente quelle di prima pioggia ) che dilavano un’area in cui si posano residui di materiali ferrosi scaturiti da processi di produzione, o composti chimici impiegati nell’attività, non costituiscono acque meteoriche di dilavamento e necessitano di essere depurate prima dell’immissione nel terreno" (segnalazione Avv.L- Vergine)
N. 01459/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01486/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1486 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Comune di Spongano, rappresentato e difeso dall’avv. Luca Vergine, con domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via Liborio Romano n. 51;
contro
Provincia di Lecce, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesca Testi e Maria Giovanna Capoccia, con domicilio eletto presso l’Avvocatura provinciale in Lecce, via Umberto I n. 13;
Comune di Diso, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Millefiori, con domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via Mannarino n. 11/A;
nei confronti di
Zincherie Adriatiche Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria n. 9;
per l’annullamento
(quanto al ricorso)
della determinazione n. 185 del 14/06/12, pubblicata sul BURP n. 93 del 28/06/12, della Provincia di Lecce avente ad oggetto la verifica "ex post" di assoggettabilità a VIA (art. 16 della L.R. n. 11/2001, art. 20 del D.Lgs. n. 152/2006) dell’impianto per l'applicazione di strati protettivi di metallo fuso, denominato "Zincherie Adriatiche" sito nel Comune di Diso;
del parere del 16/04/12 del Comune di Diso con il quale è stato espresso "...parere favorevole al procedimento per la verifica ai sensi dell'art. 26 del D.Lgs. 03/04/2006 n. 152";
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
(quanto ai motivi aggiunti)
della determinazione n. 388 del 15.11.12, con la quale la Provincia di Lecce ha precisato ed integrato la precedente determinazione n. 340 dell’11.10.12;
di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce, del Comune di Diso e della Zincherie Adriatiche Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore per l’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l’avv. Luca Vergine, l’avv. Maria Giovanna Capoccia, l’avv. Tommaso Millefiori e l’avv. Ernesto Sticchi Damiani, in sostituzione dell’avv. Saverio Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Comune ricorrente impugna la determinazione con cui la Provincia di Lecce, all’esito della verifica “ex post” di assoggettabilità a VIA dell’impianto “Zincherie Adriatiche” per l’applicazione di strati protettivi di metallo fuso, sito nel Comune di Diso alla Via Provinciale per Spongano, lo ha ritenuto “escluso dall’applicazione delle procedure di V.I.A. in quanto la attività dello stesso non comporta apprezzabili effetti negativi sull’ambiente” (determinazione del Dirigente del Servizio Ambiente e Polizia provinciale n. 185 del 14/6/2012); con l’atto introduttivo del giudizio è stato anche impugnato il parere favorevole del Comune di Diso del 16/4/2012.
La Provincia di Lecce ha rettificato la suddetta determinazione con atto dell’11/10/2012 n. 340, prot. n. 2208, chiarendo di essere incorsa in un errore materiale nel ricondurre l’attività della Zincherie Adriatiche in una diversa categoria (quale descritta all’allegato A del d.lgs. n. 152/06 e all’allegato B della L.R. n. 11/2011); successivamente, con determinazione del 15/11/2012 n. 388, l’Ente ha precisato che:
a) la verifica è stata “riferita all’attività oggettivamente svolta presso l’opificio”, riconducibile alla categoria di cui all’allegato IV del d.lgs. n. 152/06, paragrafo 3, lettera c) (“impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all’ora”);
b) l’inesatta attribuzione riportata nella determina del 15/6/2012 (che si era riferita alla lettera f) dell’allegato) avrebbe comunque comportato la sottoposizione a procedura di verifica di assoggettabilità a VIA;
c) la stessa, frutto di errore materiale, è contenuta solo nella narrativa dell’atto e “non ha in alcun modo influenzato l’iter procedurale e il relativo esito”.
Quest’ultima determinazione è stata impugnata con motivi aggiunti, riproponendo le stesse censure (ad eccezione del primo motivo).
Premette il ricorrente che l’impianto industriale della Zincherie Adriatiche, ubicato a poca distanza dagli insediamenti civili di Spongano, venne originariamente realizzato dalla Corvaglia Srl su area già a destinazione agricola, trasformata in area artigianale D1 (in variante allo strumento urbanistico), in virtù di accordo di programma ex L.R. del 28 gennaio 1998, n. 8 tra la Regione Puglia e il Comune di Diso, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 1 del 6/3/1999.
Espone che la Corvaglia Srl venne autorizzata, con concessione edilizia n. 15/99, alla costruzione di un “opificio artigianale per la produzione di serbatoi metallici e relativo impianto di zincatura”, ma che le caratteristiche artigianali scomparvero con la cessione dell’azienda alla Società Zincherie Adriatiche, non essendo più in produzione i serbatoi metallici.
Dopo aver ripercorso le vicende amministrative e giudiziarie che hanno interessato l’impianto, il ricorrente reagisce avverso i provvedimenti impugnati, deducendo:
1) violazione e/o elusione della sentenza del TAR Puglia – sez. di Lecce del 14 dicembre 2011 n. 2165; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, difetto di motivazione e sviamento;
2) violazione dell’art. 16 della L.R. 12 aprile 2001, n. 11 e dell’art. 20 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, difetto di motivazione e contraddittorietà manifesta;
3) violazione degli artt. 16 e 17 della L.R. 12 aprile 2001, n. 11 e degli artt. 6 e 20 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; violazione dell’allegato V, parte seconda del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà manifesta, difetto di motivazione e sviamento.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Lecce e il Comune di Diso, che con le rispettive memorie hanno contestato le deduzioni contenute nel ricorso e concluso per il suo rigetto.
Anche la Zincherie Adriatiche Srl si è costituita in giudizio e ha contrastato le argomentazioni del ricorrente nel controricorso depositato.
Le parti hanno prodotto documentazione e ulteriori scritti difensivi.
All’udienza pubblica del 20 marzo 2013 la controversia è stata assegnata in decisione.
DIRITTO
1.- Si può procedere all’esame contestuale del ricorso e dei motivi aggiunti, posto che con questi ultimi sono state riproposte, avverso la successiva determinazione provinciale, le medesime censure (ad eccezione, come detto, del primo motivo).
1.1- Con il motivo contenuto nel solo atto introduttivo è dedotta l’elusione del giudicato di cui alla sentenza della Sezione del 14 dicembre 2011 n. 2165, con la quale veniva considerato che l’impianto è assoggettato a VIA obbligatoria, secondo le previsioni del punto 3.c dell’Allegato IV al d.lgs. n. 152/06 e del punto A.2 della L.R. n. 11/2011.
Il motivo (poi abbandonato) è infondato, alla luce della successiva pronuncia del 14 dicembre 2012 n. 2076 con cui, in sede di ottemperanza, questo Tribunale ha chiarito che il riferimento nella sentenza invocata al punto A.2. della l.r. 12 aprile 2001 n. 11 (“impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici”) era frutto di un errore, posto che corrisponde a un processo produttivo differente rispetto a quello svolto dalle Zincherie Adriatiche, come individuato nella stessa sentenza, per cui la corretta qualificazione comporta che la norma regionale applicabile è quella prevista dall’elenco B2, Allegato B, l.r. 11/2001 (che al punto B.2.j) considera per l’appunto gli “impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante: … applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 t di acciaio grezzo all’ora”); attività per le quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA e non la VIA obbligatoria.
Si deve quindi passare all’esame degli altri motivi.
2.- Con il secondo motivo del ricorso (primo dei motivi aggiunti) si afferma che:
a) ai sensi dell’art. 16, co. 5, L.R. n. 11/01, occorre acquisire il parere delle amministrazioni interessate e, benché sia stata richiesta la pubblicazione degli atti al Comune di Spongano, non è stato acquisito il suo parere, ma unicamente quello del Comune di Diso;
b) il parere del Comune di Diso non va inteso nel senso favorevole alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, poiché l’Ente intendeva riferirsi alla VIA;
c) lo stesso parere è censurabile, essendo stati rilevati in modo parziale i vincoli paesaggistici derivanti dal PUTT, attestando (certificato di destinazione urbanistica dell’11/10/2011) che le particelle ricadono in ATE “C”, ma omettendo ogni riferimento all’ATD ed esattamente all’area annessa di emergenze geo-morfologiche (cosicché lo studio preliminare ambientale non esamina gli impatti paesaggistici rispetto alle direttive di tutela dell’area).
2.1- Sul coinvolgimento delle amministrazioni interessate, il Comune di Spongano non può dolersi della violazione dell’art. 16, quinto comma, L.R. 12 aprile 2001, n. 11 (per il quale: “Per pervenire alla propria decisione, l'autorità competente acquisisce il parere delle amministrazioni interessate in merito al progetto”).
Invero, esso ha potuto rappresentare il proprio punto di vista, trasmettendo le osservazioni che sono state analiticamente vagliate dalla Provincia (cfr. la determinazione del 14/6/2012 n. 185).
Né potrebbe obiettarsi che le osservazioni sono state proposte ai sensi del precedente quarto comma dell’art. 16 citato (“Chiunque può prendere visione degli elaborati depositati e può presentare osservazioni all'autorità competente nei predetti trenta giorni dall'affissione dell'avviso”), atteso che l’orientamento manifestato dal Comune di Spongano, comunque acquisito, rende irrilevante il vizio denunciato, che potrebbe dirsi sussistente solo qualora fosse rinvenibile (oltre alla doverosità dell’intervento) un’effettiva mancanza dell’apporto che l’amministrazione interessata intendeva rendere.
Quanto alle altre amministrazioni interessate (individuate dall’art. 2, primo comma, lettera l), della L.R. n. 11/2001 in Regione, Province e Comuni, nonché negli enti e organi “competenti a rilasciare concessioni, autorizzazioni, intese, licenze, pareri, nulla osta, assensi comunque denominati, preordinati alla realizzazione del progetto proposto”), ciò presuppone che sia necessario acquisire gli specifici atti, rientranti nella sfera di competenza dei soggetti deputati alla cura di un particolare interesse pubblico.
Nel caso di specie, tale esigenza non è comprovata, per cui si deve ritenere escluso che sulla verifica “ex post” di assoggettabilità a VIA dell’impianto avessero dovuto esprimersi altre Autorità (in particolare, non l’Autorità di Bacino o il Servizio Tutela Acque regionale, in quanto l’esistenza di corpi idrici sotterranei, affermata dal ricorrente con riferimento alla tavola 6.1 del PTA, è smentita dall’osservazione della controinteressata, che senza obiezioni ha affermato che la tav. 6.3.2 non segnala l’area Diso-Giuggianello-Palmariggi).
2.2- In ordine al contenuto del parere del Comune di Diso del 16/4/2012, “favorevole al procedimento per la procedura di Verifica ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. 152 del 3.04.2006”, il ricorrente obietta che la norma citata si riferisce alla VIA e non alla procedura di screening (e, inoltre, che non avrebbe senso il parere favorevole alla verifica di assoggettabilità a VIA, a procedimento già avviato).
Le osservazioni sono prive di pregio.
Dall’assenso manifestato dal Comune di Diso traspare con chiarezza che l’Ente ha voluto propendere per la verifica di assoggettabilità a VIA (infatti, nel “considerato” il Comune ha valutato, sul piano sostanziale, che “non vi sono opere tali da modificare la destinazione d’uso, le superfici coperte e le volumetrie così come autorizzate con le su richiamate autorizzazioni e permessi”, nonché, sul piano formale, che “la documentazione presentata dalla società “Zincherie Adriatiche s.r.l.” risulta conforme per la procedura di Verifica, secondo le disposizioni previste”).
2.3- L’ultimo rilievo del ricorrente muove dal contenuto del certificato rilasciato dal Comune di Diso l’11/10/2011 (allegato alla pag. 25 dello studio preliminare ambientale della Zincherie Adriatiche), che – in riferimento alle Direttive di tutela del PUTT – si è limitato ad indicare che le particelle “ricadono in ambito territoriale esteso di valore distinguibile C”.
Si afferma che è stato omesso <<ogni riferimento all’ATD ed esattamente all’area annessa di emergenze geo-morfologiche riferite al sistema “assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico”>> (pag. 12 del ricorso, nonché pag. 10 dei motivi aggiunti, ove viene anche censurata anche la mancanza di riferimenti all’esistenza di corpi idrici sotterranei, censiti dal Piano Regionale di Tutela delle Acque).
In relazione a ciò, si deve evidenziare che l’impugnata determina del 14/6/2012 n. 182 (al paragrafo “COMPATIBILITA’ CON NORME E STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE A CARATTERE AMBIENTALE E TERRITORIALE”: pag. 8) attesta proprio che:
<<Per quel che concerne gli Ambiti Territoriali Distinti (ATD) l’area su cui è stato realizzato lo stabilimento è interessata dall’“area annessa” di emergenze geo-morfologiche (cigli di scarpata e conca alluvionale) riferite al sistema “assetto geologico, geomorfologico”>> (e, del resto, anche lo studio preliminare di cui s’è detto considera che l’area è sottoposta alle condizioni vincolistiche delle “Emergenze geo-morfologiche”: cfr. tabella a pag. 24).
Ciò comporta che la verifica “ex post” di assoggettabilità a VIA doveva essere finalizzata anche ad esaminare l’incidenza sull’ambiente per questa specifica componente, non potendo altrimenti l’analisi giungere ad escludere “apprezzabili effetti negativi sull’ambiente” (escludendo la procedura di VIA), qualora essa sia stata condotta senza tenere conto della componente medesima.
La censura sollevata sul punto si palesa dunque fondata.
3.- Il terzo motivo di ricorso (secondo dei motivi aggiunti) premette che la valutazione, anche postuma, deve essere rigorosa e la motivazione che escluda la VIA deve riferirsi a precisati criteri, mentre la determinazione provinciale è contraddittoria ed immotivata, non tenendo in considerazione la significativa incisione sull’ambiente causata dall’attività esercitata.
Si conclude che la VIA costituisce la procedura più idonea per la valutazione, mediante approfondimenti, delle prescrizioni che si impongono.
La censura è dettagliata con riferimento ai seguenti elementi:
A) modifiche dell’impianto;
B) effetti sulle limitrofe aree naturali protette;
C) protezione della natura umana;
D) smaltimento delle acque meteoriche e di dilavamento;
E) impatti su suolo e aria, rumore ed ecosistemi.
Venendo ai singoli punti, il Tribunale osserva quanto segue.
3.1- Circa le modifiche dell’impianto, il ricorrente adduce che è stata variata la destinazione d’uso da artigianale a industriale, con l’aumento del volume e del numero delle vasche rispetto a quelle assentite con la concessione n. 15/99, nonché con la realizzazione di rilevanti opere strutturali, funzionali alla maggiore capacità produttiva.
3.1.1- Si fa presente, in particolare, che la capacità delle vasche è stata aumentata, da 31 mc. (di cui alla relazione del 18/6/1998, allegata alla originaria domanda di concessione edilizia) sino a 36,72 mc. (relazione tecnica del 28/11/2005 e successive), aggiungendo che, sul sito della Società, è descritta una capacità delle vasche di 42 mc.
Si afferma poi che il numero delle vasche non corrisponde a quello assentito.
Ciò posto, è stata prodotta agli atti di causa la relazione (firmata dal progettista ing. Miglietta ed assunta al protocollo del Comune di Diso al n. 4408 in data 26/4/1999), in cui sono indicate n. 9 vasche di polipropilene per pretrattamento, aventi un volume di mc. 36,176 ciascuna (lunghezza m. 6.800, larghezza m. 1.900 e altezza m. 2.800).
Questo volume delle vasche è da intendersi approvato con la concessione edilizia del 29/11/1999 n. 23 (rilasciata per la costruzione dell’opificio), alla quale la relazione è allegata, come risulta dal timbro apposto in pari data dal tecnico comunale.
Le diverse misure riferite dal ricorrente si spiegano:
a) quanto al minor volume di mc. 31, di cui alla relazione del 18/6/1998, col fatto che le misure ivi indicate non erano sufficientemente specifiche (le stesse sono state poi calcolate con più esattezza nella suddetta relazione allegata alla concessione edilizia);
b) in ordine alla diversa capacità di mc. 36,72 (indicata nei successivi atti progettuali), per il fatto che in tal caso le misure sono state riportate con approssimazione (e cioè m. 6,8 x m. 2,0 x m. 2,7: v. lo stralcio della relazione del 28/11/2005 e pag. 15 della relazione del 30/12/2006, esibite dal ricorrente);
c) in relazione, infine, all’informazione risultante dal sito web, è evidente che la stessa non assume alcuna rilevanza, non essendo contenuta in un documento avente validità di prova.
Deve quindi riconoscersi che le dimensioni delle vasche non sono mutate.
Lo stesso dicasi per il loro numero, essendo stata prodotta la relazione di servizio del 3/2/2012, con cui gli incaricati della Provincia hanno attestato che le vasche sono complessivamente nove, destinate al processo produttivo, comprendente le varie fasi sino alla zincatura.
L’affermazione del ricorrente (contenuta nella memoria di replica del 27/2/2013), circa l’esistenza di una vasca di mc. 42 per la passivazione dopo la zincatura, di cui non v’è cenno nello studio preliminare ambientale, contrasta con l’accertamento avente fede privilegiata (oltre ad assumere scarsa rilevanza per l’inidoneità dello stesso sito web da cui è tratta).
3.1.2- Un ulteriore argomento è sviluppato con riguardo alle opere definite dal ricorrente strutturali, sostanzialmente rilevanti e funzionali alla maggiore capacità produttiva, consistite nell’incremento della superficie di captazione delle emissioni della vasca di zincatura, nonché nell’innalzamento dei camini di espulsione delle emissioni dai sistemi di abbattimento.
Si ricava da ciò che si è operata la trasformazione dell’impianto (non più destinato alla produzione di serbatoi metallici, ma a zincare 140 tonnellate giornaliere di materiale ferroso), a mezzo di opere annoverabili tra le nuove costruzioni al fine della valutazione paesaggistica e che, sul piano urbanistico, hanno determinato un maggior carico, non assorbibile dalla previsione “D1 Artigianale” della zona.
I rilievi vanno disattesi.
La Società controinteressata dichiara che l’eliminazione dell’attività di produzione dei serbatoi metallici, così come “i miglioramenti su singole parti impiantistiche” (il suddetto incremento della superficie di captazione delle emissioni della vasca di zincatura ed innalzamento dei camini di espulsione delle emissioni dai sistemi di abbattimento), sono stati dettati dalla necessità di adeguare l’impianto e contenerne l’impatto ambientale, anche al fine di ottenere la restituzione del bene produttivo sottoposto a sequestro penale nel 2001.
Tanto considerato, in disparte la causa che ha originato le modifiche, reputa il Collegio che le stesse non possano costituire addizioni all’unità produttiva che ne abbiano significativamente modificato la struttura nella sua interezza.
Premesso che l’impianto venne autorizzato per la produzione di serbatoi metallici e per l’attività di zincatura (cosicché, eliminata la prima, si è verificato un “minus” rispetto a quanto assentito), le variazioni concernono operazioni edilizie condotte sulle singole componenti dell’impianto, dettate non dalla trasformazione dell’attività esercitata ma dall’adeguamento ad esigenze di tutela ambientale.
A differenza di quanto accadrebbe se fossero state realizzate nuove strutture produttive, non può quindi addursi che siano state apportate variazioni sostanziali che influiscano sull’applicazione della procedura di VIA in luogo di quella di verifica.
3.2- Va pure disatteso il rilievo secondo cui non si è tenuto conto della vicinanza al Parco naturale regionale “Costa Otranto – S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase”, istituito con L.R. 26 gennaio 2006, n. 30, risultando che l’area è ad esso esterna (cfr. l’art. 4, terzo comma, della L.R. n. 11/2001, circa l’assoggettamento a VIA, “qualora gli interventi e le opere ricadano anche parzialmente all'interno di aree naturali protette”).
3.3- La censura riguardante la mancata considerazione delle esigenze di “protezione della natura umana” è meritevole di favorevole apprezzamento.
Il ricorrente denuncia che è stato trascurato immotivatamente l’avviso dell’ASL sulle indagini da condurre sugli inquinanti chimici generati dalla specifica tipologia dell’impianto produttivo, incluse le diossine, di cui alla nota del 20/9/2010 (resa nell’ambito del procedimento regionale per il rilascio dell’AIA).
Evidenzia che la Provincia, pur avendo affermato che il valore della salute umana va salvaguardato, ai sensi dell’art. 4, quarto comma, lett. b), del d.lgs. n. 152/06, e nonostante abbia ravvisato la carenza dello studio preliminare ambientale, per quanto riguarda la vicinanza ad abitazioni preesistenti, non ha chiesto chiarimenti alla Società ed immotivatamente ha escluso l’assoggettamento a VIA.
Censura quindi che sia stata ritenuta irrilevante l’incidenza sulla salute dei cittadini, poiché non si ha impatto negativo sulla comunità ma su singoli individui, limitandosi a “fare salvo ogni apprezzamento degli effetti negativi eventualmente indotti sulla salute e/o il benessere dei singoli individui, aspetto, questo, che rientrando a pieno titolo nella sfera delle competenze specifiche della autorità sanitaria, esula dalla ordinaria prassi della valutazione dell’impatto ambientale” (cfr. la determina del 14/6/2012 n. 185).
Il Collegio intende rimarcare che la L.R. 12 aprile 2001, n. 11, in tema di VIA, si prefigge “lo scopo di assicurare che nei processi decisionali relativi a piani, programmi di intervento e progetti di opere o di interventi, di iniziativa pubblica o privata, siano perseguiti la protezione e il miglioramento della qualità della vita umana” (art. 1, secondo comma), aggiungendo poi, al successivo quarto comma, che:
“Le procedure di VIA individuano, descrivono e valutano l’impatto ambientale sui seguenti fattori:
a) l’uomo;
b) la fauna e la flora;
c) il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
d) il patrimonio ambientale, storico e culturale;
e) le interazioni tra i fattori precedenti.”
L’accento posto in esordio sulla “protezione e il miglioramento della qualità della vita umana”, nonché l’enfasi con cui la legge individua “l’uomo”, quale primo fattore per valutare l’impatto ambientale, induce a ritenere che la salvaguardia della qualità della vita delle persone non possa essere trascurata ed, anzi, debba costituire oggetto principale ed essenziale dell’attività in questione.
Le norme citate non possono dirsi riferite solo alla procedura di VIA a cui testualmente si riferiscono, poiché esse formalizzano un indirizzo operante per qualsivoglia analisi degli impatti ambientali (essendo con evidenza ineliminabile l’esigenza di protezione della qualità della vita umana).
Pertanto, la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (condotta, in base all’art. 17 della legge regionale, sul contenuto delle relazioni e degli studi trasmessi) deve anch’essa analizzare adeguatamente l’impatto ambientale sul fattore “uomo”, che può condurre ad escludere la VIA obbligatoria solo se in concreto ritenuto irrilevante.
Nella fattispecie in esame, è indubitabile che su tale esigenza di protezione della qualità della vita umana si sia sorvolato, pur non avendo mancato la Provincia di ravvisare l’esistenza di criticità al riguardo, laddove ha riconosciuto l’oggettiva carenza dello studio preliminare ambientale sulla vicinanza di abitazioni preesistenti, prendendo atto che gli abitanti della zona “riferiscono di risentire pesantemente degli effetti dell’impianto di zincatura sia in termini d’impatti acustici, sia di emissioni in atmosfera”.
La soluzione prescelta dalla Provincia di escludere la rilevanza del fattore umano, se riferito a singoli individui (così come quella di “arrendersi” alle difficoltà derivanti, all’atto pratico, dalla stima degli impatti), va censurata poiché essa comporta una sostanziale elusione del dettato normativo, atteso che “la protezione e il miglioramento della qualità della vita umana” (art. 1, primo comma, cit.) non possono intendersi riferiti alla comunità e non ai suoi componenti.
Al proposito, il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale con cui è stato affermato che “la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola famiglia (o anche di una sola persona)” (T.A.R. Brescia – Sez. I, 15 novembre 2012 n. 1792).
3.4- Passando agli ulteriori rilievi del ricorrente, viene denunciato che lo smaltimento delle acque meteoriche e di dilavamento ha un impatto significativo, in considerazione del sistema di raccolta, trattamento e immissione negli strati superficiali, presentato nello studio preliminare ambientale e confermato nella determina senza alcun approfondimento.
Si evidenzia che le acque meteoriche derivanti dal dilavamento della superficie occupata dall’area industriale e del materiale ferroso accumulato costituiscono “acque reflue industriali”, ai sensi dell’art. 74, primo comma, lett. h), del d.lgs. n. 152/06, mentre lo studio preliminare ambientale presentato dalla Zincherie Adriatiche lo esclude (pag. 8)
Si fa osservare che le acque vengono immesse negli strati superficiali a mezzo di una trincea assorbente scavata nelle calcareniti, senza sistema di depurazione (non essendo tale il sistema di grigliatura e desabbiatura), provocando l’inquinamento della falda sottostante.
Si rileva al proposito che il Piano Regionale Tutela Acque (tav. 6.1A) dà conto dell’esistenza di campi di corpi idrici sotterranei, che possono essere inquinati dal sistema di dilavamento non corrispondente a quanto previsto dall’art. 6 del Piano (raccolta in vasca a tenuta stagna e trattamento depurativo in loco).
Ciò posto, occorre considerare che l’art. 74, primo comma, lett. h), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 reca la seguente definizione:
“h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”.
A queste ultime sono da ascriversi le acque pluviali che, nel loro percorso, trascinano unicamente pulviscolo o altro materiale di origine naturale, mentre le acque ( specialmente quelle di prima pioggia ) che dilavano un’area in cui si posano residui di materiali ferrosi scaturiti da processi di produzione, o composti chimici impiegati nell’attività, non costituiscono acque meteoriche di dilavamento e necessitano di essere depurate prima dell’immissione nel terreno.
Peraltro, la stessa determinazione impugnata riconosce che nei piazzali possono essere presenti “eventuali sostanze inquinanti” (cfr. pag. 8 della determina n. 185 del 14/6/2012).
Ciò nonostante, ritiene sufficiente il sistema di grigliatura e di desabbiatura e non già la depurazione delle acque, la quale si rende necessaria in ragione di quanto detto, ed indipendentemente dall’esistenza di corpi idrici sotterranei.
In ragione di ciò, la censura sul punto va accolta.
3.5- Quanto ora osservato è assorbente rispetto ai rilievi finali, con cui si afferma che:
a) mancano la cartografia dei campionamenti eseguiti per la verifica dello stato ambientale, nonché le analisi di comparazione con altri campioni;
b) in ogni caso, dalle analisi si evince che sono stati prodotti impatti significativi, se non proprio inquinanti, sulle acque sotterranee (per la presenza di cromo e mercurio, con valori superiori alla concentrazione soglia di contaminazione);
c) la Provincia ha contraddetto il parere rilasciato nella conferenza di servizi del 19/10/2010, ritenendo ora non più necessaria la puntuale valutazione degli aspetti idrogeologici, poiché richiedono complesse ed onerose indagini, non giustificate dalla modesta rilevanza degli impatti sulla matrice suolo-sottosuolo e acque sotterranee;
d) è inattendibile l’accertamento compiuto dall’ARPA Puglia su un solo pozzo all’interno dell’azienda, posto che l’estensione della falda acquifera superficiale richiede un’indagine diffusa su tutta l’area circostante (come richiesto dall’ASL di Lecce con il parere del 20/9/2010).
Infatti, una volta considerato che il trattamento delle acque dello stabilimento necessita di un adeguato sistema di depurazione, e che lo stesso occorre anche se le acque, per ipotesi, si disperdono nel terreno senza raggiungere le acque sotterranee, restano superate tutte le suindicate problematiche (compreso il contrasto con quanto indicato dall’ASL di Lecce con l’invocato parere del 20/9/2010, che ha peraltro un contenuto più generale, sollecitando “accurate indagini” su tutte le matrici ambientali, e cioè “aria-suolo-acque sotterranee”).
4.- In conclusione, sulla base di quanto sin qui detto, è illegittima la determinazione della Provincia di Lecce di escludere l’impianto della Zincherie Adriatiche dall’applicazione delle procedure di VIA, per le ravvisate carenze dell’analisi condotta, in relazione ai punti evidenziati nella motivazione.
In considerazione di ciò, sono fondati e vanno accolti il ricorso ed i motivi aggiunti, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Per la complessità della questione, sussistono valide ragioni per compensare interamente tra tute le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/06/2013