TRIBUNALE S.MARIA CAPUA VETERE Uff. GIP decreto 5 maggio 2011
Est.Scognamiglio
Acque. Depuratori comunali e responsabilità del Sindaco

Sussiste a carico del  Sindaco il fumus dei  reati di danneggiamento e di omissioni di atti d’ufficio nel caso in cui  in assenza di autorizzazione ex art. 124 d.lvo 152\06 attivaI uno scarico di reflui fognari provenienti da insediamento urbano con immissione in corso d’acqua superficiale e le cui acque risultano inquinanti per presenza di sostanze che superino i parametri di legge,  perché trattasi di condotta idonea a danneggiare il fiume ricettore e perché viene  omessa l’attivazione dei poteri che il RD 1265\34 TU Leggi sanitarie attribuisce al Sindaco.
E’ possibile disporre ex art 85 disp att. c.p.p. il dissequestro temporaneo, anche in assenza di richiesta e di consenso preventivo della parte , fornendo all’indagato delle indicazioni, non obbligatorie,  circa l’eliminazione degli inconvenienti.

 

TRIBUNALE SANTA MARIA CAPUA VETERE


Ufficio dei Giudici per le Indagini Preliminari

_____________      ______________

DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO

(Art. 321 C. p. p.)

 

Il Giudice per le indagini preliminari,

esaminata la richiesta del P. M., depositata in data 8.4.2011 di emissione di decreto di sequestro preventivo dellaa condotta fognaria relativa allo scarico del collettore "...OMISSIS.... che si immette nel canale ...OMISSIS....; visti gli atti del procedimento penale n. 6178/11 R.G.N.R. a carico di ..omissis..., indagato per i reati di cui alla richiesta del P. M., che si richiama;

ritenuto che, alla luce degli atti di indagine ( informativa del NOE di Caserta, con allegati, esiti di controlli delle acque effettuati dall'Arpac verbali di sopralluogo e prelievo, annotazione del 19.3.2011 risulta che: - personale appartenente al Comando sopra indicato e ispettori dell'Arpac si recavano presso l'impianto di depurazione del Comune di ...OMISSIS.... e presso gli scarichi provenienti dalle reti fognarie, ove accertavano che le acque reflue urbane di scarico, non completamente depurate, venivano scaricate, in assenza della prevista autorizzazione, in corpo idrico superficiale,, causandone il danneggiamento; emerge altresì dalle analisi eseguite sul campione di acque reflue in ingresso presso lo sfioratore il superamento del limite fissato dalla normativa per i parametri solidi sospesi totali, BOD5, Azoto Ammoniacale ed E. Coli); ritenuto che allo stato, appare sussistere il fumus dei reati indicati nella richiesta del P. M. 635, 328 c.p.)- che si richiama, atteso che anche gli scarichi derivanti dalle pubbliche fognature sono assoggettati al regime autorizzatorio e all'osservanza dei valori limite previsti dalla legge e che lo scarico di acque inquinanti o deturpanti in acque pubbliche integra il delitto' di cui all'art. 635 c.p.;

rilevato che per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità "L'omessa osservanza da parte del sindaco dei doveri funzionali di tutela dellaa salute pubblica a lui demandati dagli artt. 217 R.d. 27 luglio 1934 n. 1265 (T.U. Leggi sanitarie) e 153 R.d. 4 febbraio 1915 n. 148 (T.U. Legge comunale e provinciale) integra in caso di grave inquinamento di acque il delitto di danneggiamento qualora in conseguenza dell'omissione si siano verificati eventi dannosi. (fattispecie in tema di omessa adozione da parte del sindaco, quale autorità sanitaria locale, dei necessari provvedimenti in occasione dellaa disattivazione di un depuratore centralizzato con conseguente ulteriore notevole deterioramento del fiume Arno. La Corte suprema di Cassazione ha ritenuto la sussistenza a carico del sindaco dei reati di omissione di Atti di ufficio e di danneggiamento) ( Cfr Cass. pen. sez. 6 sent. n. 8465 del 21/6/1985);

- rilevato che, pertanto, sussistono i presupposti normativi ai fini della emanazione del provvedimento richiesto dal. PM, inerente benii pertinenti al reato contestato e la cui libera disponibilità potrebbe aggravarne le conseguenze, permettendo ulteriore lesione dei beni salvaguardati dal legislatore, consentendo la reiterazione della condotta oggetto di contestazione;

P.QM.

1) Accoglie la richiesta del P.M. e, per l'effetto, dispone il sequestro preventivo di quanto indicato

in parte motiva secondo le modalità indicate nella richiesta del Pm che si allega;

2) Manda alla cancelleria per la trasmissione al P. M.;

 

S.M.C.V. 4.5.2011

Il Giudice per le indagini preliminari

Dott.ssa Cettina Scognamiglio

 

 

 

N…6178\11\21 …..  R.G. notizie di reato/Mod. 21

 

 

Procura della Repubblica

presso il Tribunale di Santa Maria C. V.

 

RICHIESTA DI SEQUESTRO PREVENTIVO

- artt. 321 e segg. c.p.p., 104 D.Lvo 271/89 -

 

Al Signor GIP

Tribunale di S.Maria Capua Vetere

 

Il Pubblico Ministero dott. Silvio Marco Guarriello, Sost. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria C. V.,

Visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe nei confronti di:

- ...OMISSIS....

INDAGATO

A) Del reato p. p. dall’art 635 c.p. 639 bis c.p. perché quale sindaco del comune di ....OMISSIS..... in violazione degli artt 101,105, 124 d.lvo 152\06, omettendo consapevolmente di procedere al trattamento delle acque provenienti dallo scarico fognario sito in ...OMISSIS.... e serventi una popolazione di 16.000 persone e di acquisire l’autorizzazione allo scarico, determinava lo scarico di acque reflue fognarie inquinanti nel corso d’acqua CANALE ...OMISSIS.... danneggiando lo stesso dal punto di vista chimico e biologico in quanto le acque erano maleodoranti, con solidi in sospensione, di colore torbido e contenenti agenti inquinanti superiori ai parametri previsti dall’allegato 5 del d.vo 152\06, ovvero superavano i parametri di legge : solidi in sospensione, , BOD5, AZOTO AMMONIACALE, ESCHERIA COLI

In  ...OMISSIS.... condotta in atto.

B) del reato p. ep. dall’art 328 co 1^ c.p. perché quale Sindaco del comune di ...OMISSIS.... violando gli artt.  101,105, 124 d.lvo 152\06, e violando gli obblighi normativi e funzionali connessi alla sua carica di tutela dell’ambiente previsti dall'articolo 13, comma 2°, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e di tutela della igiene e salute pubblica a lui demandati dagli artt. 217 R.d. 27 luglio 1934 n. 1265 (T.U. Leggi sanitarie),violando altresì l’art 50 TUEL  ometteva di procedere al trattamento delle acque reflue fognarie e determinava una situazione di inquinamento del corso d’acqua, con la condotta  indicata al capo che precede

In . ...OMISSIS.... condotta in atto.

RILEVATO

...........omissis...........

***

Il quadro normativo di riferimento. Prima di entrare nel merito della vicenda è necessario procedere ad alcune valutazioni circa la normativa vigente. L’art 100 d.lvo 152\06 stabilisce che devono essere provvisti di reti fognarie gli  agglomerati urbani con un numero di abitanti INFERIORI  a 2.000. L’art 101 stabilisce che tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi i qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori previsti dall’allegato 5 del d.vo 152\06. L’art 105 co 2, co 3 e co 4 d.lvo 15206 stabilisce che le acque provenienti da  reti fognarie gli  agglomerati urbani con un numero di abitanti superiori a 2.000 recapitanti in acque dolci devono essere sottoposte a trattamento adeguato in conformità ai criteri previsti dall’allegato 5 del d.vo 152\06. Si precisa che devono essere sottoposte a trattamento secondario, o equivalente, prima dello scarico e che devono rispettare i valori previsti dagli artt 101 co 1 e 2 . Inoltre, detti scarichi devono essere autorizzati a norma dell’art 124 d.lvo 152\06.

La violazione di tali condotte è sanzionata in via amministrativa ex art 124 co 1 e 133 co 1 d.lvo 152\06.

Certamente le sanzioni penali ex art 137 co 5 e d.lvo 152\06 sono applicabili  nel caso in cui vi siano degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane (impianti di depurazione) ma non nella vicenda in esame in quanto nel caso in esame ci si trova al cospetto di uno scarico diretto  che by- passa l’impianto di depurazione., trattandosi quindi di condotta sanzionata solo in via amministrativa.

Va tuttavia precisato che l’ art. 133 d.lvo 152\06, che punisce  le condotte a titolo di  sanzioni amministrative stabilisce che detta sanzione si applica salvo che il fatto costituisca reato”.

A questo punto ci si deve porre il problema se la condotta degli amministratori comunali che determini uno sversamento di acque reflue in corso d’acqua superficiale e che superi i parametri di legge può essere punito penalmente, anche in relazione a fattispecie diversa dall’art 137 d.lvo 152\06.

La soluzione a tale problema deve discendere dalla  valutazione del rapporto esistente fra sanzione penale e sanzione amministrativa. Tale rapporto di  cd “specialità” è disciplinato dall’art 9 l. 689\81. Dunque, affinchè possa applicarsi oltre che la sanzione amministrativa anche quella penale è necessario affrontare le seguenti questioni:

-                     verificare se detto principio di specialità trova deroga in altra norma di legge, diversa dall’art 9 l. 689\81;

-                     verificare se effettivamente fra le due norme esiste un rapporto di specialità.

Come si può rilevare dalla disposizione di cui all’art.  133 d.lvo 152\06  tale norma nel punire a titolo di  sanzione amministrativa pecuniaria la condotta di cui ci occupa, fa salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato. Dunque, in questo caso è lo stesso legislatore che nel prevedere l’applicazione delle sanzioni amministrative stabilisce espressamente anche la punibilità penale laddove la condotta integri fattispecie di reato. Quindi è normativamente prevista  una clausola di riserva che deroga al principio di cui all’art 9 l. 691\81 e, pertanto, nel caso in esame oltre alla sanzione amministrativa, si può, astrattamente, applicare anche una sanzione penale. E’ necessario, quindi, verificare, anche laddove si volesse affrontare la questione con esclusivo riferimento al principio di specialità fra sanzione penale e sanzione amministrativa previsto dall’art 9 della l. 689\81, se nel caso in esame la violazione amministrativa non include o comprende tutti gli elementi di altra fattispecie di reato. Ritiene questo Ufficio che già quanto esposto sopra deponga pienamente nel senso della sanzionabilità penale ai sensi di altra eventuale fattispecie penale nella quale è sussumibile la condotta di sversamento non autorizzato di acque inquinanti.

Che quella proposta sia la corretta interpretazione del rapporto esistente fra le indicate normative trova espresso  riconoscimento in una pronuncia della SC che afferma il suddetto principio di diritto in relazione ad altra fattispecie, principio pienamente applicabile al caso in esame“….Anche dopo la depenalizzazione -  del reato di inottemperanza all'invito a presentarsi all'autorità di p.s. previsto dall'art. 15 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931 n. 773, la condotta in esso descritta, qualora l'invito sia stato dato per motivi di sicurezza pubblica, costituisce illecito penale, dovendo inquadrarsi nella contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen., in forza della clausola di riserva ("salvo che il fatto costituisca reato") contenuta nella nuova formulazione del citato art. 15, che ne esclude l'applicabilità, in deroga al generale principio di specialità fissato dall'art. 9 della legge n. 689 del 1981. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 383 del 11/11/2003 Ud.  (dep. 09/01/2004 ) Rv. 226612

In relazione ad un caso analogo a quello per cui si procede la S.C di CASSAZIONE in relazione alla previgente normativa  D.L.vo n. 152/99 aveva affermato che   e' applicabile in caso di grave inquinamento anche il reato di danneggiamento di acque pubbliche previsto dal codice penale"Lo scarico di sostanze inquinanti o deturpanti in acque pubbliche, quali sono quelle del mare, dei fiumi o dei torrenti, integra certamente gli estremi del delitto di danneggiamento, comportando, anche nell'ipotesi di fatto occasionale e transitorio, il deterioramento di cosa mobile esposta per necessità alla pubblica fede e destinata ad utilità pubblica. Ai fini della ravvisabilità del dolo, nel reato di che trattasi, non è necessaria la rappresentazione del fine di nuocere, essendo sufficiente la coscienza e volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibili cose mobili o immobili altrui. " (Cassazione Penale - Sezione III - Sentenza del 15 novembre 2000 n. 11710). L'omessa osservanza da parte del sindaco dei doveri funzionali di tutela della salute pubblica a lui demandati dagli artt. 217 R.d. 27 luglio 1934 n. 1265 (T.U. Leggi sanitarie) e 153 R.d. 4 febbraio 1915 n. 148 (T.U. Legge comunale e provinciale) integra in caso di grave inquinamento di acque il delitto di danneggiamento qualora in conseguenza dell'omissione si siano verificati eventi dannosi. (fattispecie in tema di omessa adozione da parte del sindaco, quale autorità sanitaria locale, dei necessari provvedimenti in occasione della disattivazione di un depuratore centralizzato con conseguente ulteriore notevole deterioramento del fiume Arno. La Corte suprema di Cassazione ha ritenuto la sussistenza a carico del sindaco dei reati di omissione di Atti di ufficio e di danneggiamento). ( V mass nn 170543 e 170545, estratte dalla medesima sentenza).* Sez. 6, Sentenza n. 8465 del 21/06/1985 Ud.  (dep. 02/10/1985 ) Rv. 170544 L'art. 26 della legge 10 maggio 1976 n. 319 ha abrogato soltanto le norme che puniscono l'inquinamento che sia collegabile direttamente o indirettamente agli scarichi - detta abrogazione non si estende ne' alle norme che puniscono il danneggiamento che, pur tutelando anche le acque dall'inquinamento, hanno una diversa e più ampia oggettività giuridica, ne' alla contravvenzione di cui agli artt. 93 e ss. E 98 lett. E R.d. 25 luglio 1904 n. 523, non attinendo questa alla disciplina degli scarichi e al conseguente inquinamento, sibbene alle opere in genere che nell'alveo dei fiumi comportino deterioramento o annullamento delle chiaviche di scolo esistenti. ( Conf mass n 163085; ( Conf mass n 152816; ( Conf mass n 148326).* Sez. 2, Sentenza n. 7201 del 16/01/1984 Ud.  (dep. 03/09/1984 ) Rv. 165490

In sostanza , come si evidenzia dalle citate sentenze e come  rilevato da autorevole dottrina, si può affermare che il decreto n. 152/99, che disciplina come norma quadro di settore il campo degli scarichi e della tutela delle acque, non è affatto una norma sostanziale tesa a proibire l'inquinamento ma prevede soltanto alcune regole tecniche per "regolare" l'inquinamento. In pratica, non si proibisce l'inquinamento ma (in virtù di criteri di opportunità) si regolamenta lo stesso, stabilendo dei limiti formali e tecnici, che non possono essere superati dagli scarichi. Se questi limiti sono rispettati, lo scarico è in regola e non è "inquinante" nell'ottica del decreto 152/99. Se i limiti sono superati, invece, lo scarico diventa in violazione di legge e vengono previste le sanzioni (amministrative o penali)[1]. Ma quello che viene controllato da dette norme non è l'effetto di danno sull'ambiente naturale (che per la legge è "corpo ricettore") bensì il livello formale tabellare prima che lo scarico raggiunga il corso d'acqua o altro, appunto, "corpo ricettore" (tramite prelievo effettuato nel "pozzetto di ispezione" posto immediatamente prima che lo scarico si riversi nel medesimo).  Dunque la norma si disinteressa del danno ambientale provocato in via sostanziale dallo scarico, e mira solo al rispetto della regola formale dei "limiti tabellari" di massima accettabilità delle varie componenti inquinanti previste nello scarico stesso. Se questi limiti (previsti da "tabelle" allegate al medesimo decreto) non vengono superati, lo scarico è in regola e si presume "non inquinante". Teoricamente si può avere una situazione in cui i parametri sono rispettati ma, nonostante ciò, le sostanze presenti nell’acqua possono creare un inquinamento ed un danno ambientale nel  fiume o nel mare. D’altra parte i limiti possono essere modificati nella legge (che può totalmente prescindere dal reale dato scientifico circa la potenzialità inquinante di una sostanza)  e, dunque, quello che è "inquinante" oggi potrebbe non esserlo domani, o viceversa.

La giurisprudenza sopra riportata si riferisce alla previgente normativa. Tuttavia, stante la sostanziale coincidenza delle fattispecie, deve ritenersi che la intervenuta modifica legislativa, con l’introduzione del d.lvo 152\06 , non ha  modificato tale assetto . Pertanto, se tale interpretazione è corretta, anche dopo l’entrata in vigore del Testo Unico ambientale in  materia di scarichi e tutela delle acque la relativa disciplina, in astratto, può  concorrere  anche con gli illeciti previsti dalla nuova normativa il reato di danneggiamento aggravato in acque pubbliche (art. 635/II comma n. 3 Codice Penale) ed il reato di violazione al vincolo paesaggistico- ambientale del Testo Unico sui vincoli paesaggistici-ambientali previsto dal D. Lgs n. 42/04  ove il corso d’acqua o il lago o il tratto di mare risulti “danneggiato” sotto il profilo biologico (es. moria di pesci, soffocamento della flora acquatica, etc.) e/osotto il profilo paesaggistico (es.coltri di schiume, acque colorate, etc.).

Dunque, in astratto, il reato ex art 635-639 bis c.p. di danneggiamento è applicabile a tutti i casi di inquinamento senza nessuna distinzione ed è concorrente o alternativo agli illeciti del decreto n. 152/2006, parte terza.

Tanto precisato circa l’elemento oggettivo, deve procedersi ad una ulteriore notazione in relazione all’elemento soggettivo. Per il reato di danneggiamento  trattandosi di un reato-delitto si deve provare il dolo eventuale e non è sufficiente la colpa (come nei reati contravvenzione del D.Lgs. n. 152/06 parte terza). Orbene, in via generale può escludersi che un amministratore (o funzionario comunale) possa essere animato da una intenzione diretta e specifica di danneggiare il corso d’acqua. Tuttavia, in applicazione dell’art 43 c.p., può accadere che l’agente  pur non volendo espressamente operare questo danneggiamento, omettendo le attività di sua competenza ( ad es. mancata richiesta di autorizzazione allo scarico, mancata attivazione di trattamenti di depurazione, mancato intervento in presenza di analisi che evidenzino agenti inquinanti, mancata effettuazione delle analisi ecc.) accetti  consapevolmente  il rischio che il danno si verifichi ed ha coscienza che il danno medesimo inevitabilmente si verificherà con certezza. In questo caso deve ritenersi la sussistenza del cd dolo eventuale il quale determina la sussistenza del reato.

I ordine poi al reato di cui all’art 328 c.p. lo stesso certamente sussiste. Il sindaco, ex d.lvo 152\06 è tenuto ad attivarsi per il trattamento dei reflui fognari e per l’acquisizione della autorizzazione allo scarico. Trattasi di obblighi di legge e, quindi, non può invocarsi alcuna discrezionalità amministrativa in ordine alla possibilità di procedere, oppure no, alle attività previste da dette disposizioni di legge (il sindaco potrà scegliere il “come” ma non il “se” procedere al trattamento delle acque. Inoltre, lo stesso è titolare di poteri in materia di igiene e sanità che, nel caso in esame, non risultano esercitati. E’ indubbio che l’inquinamento delle acque determini problemi di igiene ma anche di sanità in quanto gli agenti inquinanti rilevati sono tutti pericolosi per la salute umana.

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Il fumus. Tanto premesso, è ora necessario valutare se, nel caso concreto,  possa configurarsi il reato di danneggiamento di acque pubbliche (art. 635/II° comma n. 3 Codice Penale). In primo luogo, trattandosi di delitto di evento, è necessario provare il danno sostanziale delle acque . Come si può rilevare dal verbale di campionamento e di analisi dell’ARPAC (n. 57\PL\11) : “le acque sono torbide,  con materiale solido in sospensione e maleodorante”. Dal rapporto di prova n. 20110414-001  risulta la presenza di:  solidi sospesi totali, e la violazione dei parametri di BOD5, azoto ammoniacale, escheria coli.

Così stando le cose, non vi è dubbio alcuno circa l’inquinamento determinato dallo scarico e circa il danneggiamento causato al corso d’acqua “...OMISSIS....”. Sussiste, quindi, le’elemento oggettivo del reato evidenziato. Circa l’elemento soggettivo, deve ritenersi che lo stesso sussista non avendo l’agente adottato alcuna procedura idonea ottenere l’autorizzazione ex art 124 d.lvo 152\06, né ha adottato le procedure per trattare le acque, sempre secondo il d.lvo 152\06, né risultano effettuate analisi, attività omessa nonostante si tratti di precisi e cogenti obblighi di legge.

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Periculum. Sussiste il  fondato pericolo che la libera disponibilità da parte degli indagati di cose pertinenti ai reati rappresenta un concreto pericolo per l’integrità dell’ambiente, l’incolumità delle persone  e  dovendosi impedire che i reati siano portati ad ulteriori conseguenze

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Modalità esecutive del sequestro. Orbene  l’eventuale  sequestro se, da una parte, è idoneo a prevenire la commissione di ulteriori reati e l’aggravamento delle conseguenze del reato commesso, d’altra parte, risulta inidoneo al fine di assicurare la prosecuzione della essenziale attività di servizio pubblico avente ad oggetto la   depurazione \ smaltimento della acque reflue fognarie comunali.

 

Benchè tale attività è compito esclusivo della P.A., l’AG penale non può non porsi il problema della funzionalità del sistema di depurazione e smaltimento delle acque. In particolare deve contemperare, da un lato, il raggiungimento dell’interesse proprio del provvedimento di sequestro di natura cautelare (al fine di evitare la prosecuzione della gravissima attività illecita)  e, dall’altro,  consentire il ripristino dell’idoneo funzionamento  dell’impianto depurativo\di scarico al fine di  evitare che il blocco di tale impianto posto  al servizio della cittadinanza comunale possa determinare l’impossibilità di procedere allo smaltimento delle acque con conseguenti danni all’ambiente e contestuali rischi per la sicurezza, l’igiene e la salute pubblica (quest’ultimi connessi alla impossibilità di smaltire le acque che verrebbero ad accumularsi o che sarebbero smaltite prive di ogni depurazione nelle acque pubbliche superficiali).

 

Tali esigenze possono trovare adeguata composizione solo mediante il ripristino della funzionalità dell’impianto in sequestro. Tuttavia, nel nostro ordinamento penale manca uno specifico strumento che consenta di operare in tale senso direttamente all’Ag oppure di imporre detta condotta alla P.A..

 

La soluzione può tuttavia rinvenirsi nella adeguata applicazione di norme contenute nel codice di rito in maniera di raggiungere gli scopi di cui sopra mediante, da una parte, la restituzione del depuratore \impianto fognario all’Ente Comunale e, dall’altra, la contestuale esecuzione di  specifiche prescrizioni da imporre al Comune, al fine di eliminare le irregolarità di funzionamento. Pertanto, mediante il ricorso all’istituto di seguito indicato, è possibile salvaguardare entrambe le indicate esigenze disponendo  la restituzione dell’impianto, con prescrizioni, in favore dell’Ente Comunale di ...OMISSIS....…, custode giudiziario dello stesso.

 

Il vigente codice di procedura penale con l’art. 85 delle disp. att. consente di procedere alla restituzione di beni in sequestro previa esecuzione di specifiche prescrizioni e con contestuale imposizione di idonea cauzione, infatti “La disposizione dell'art. 85 disp. att. cod. proc. pen., che prevede la possibilità di restituzione di cose sequestrate previa esecuzione di specifiche prescrizioni, è applicabile, stante il rinvio contenuto nell'art. 104 delle stesse disp. att., al sequestro preventivo. Essa consente esclusivamente di ottemperare alle prescrizioni impartite, mentre diviene pienamente operativa, nel senso che il sequestro può considerarsi definitivamente cessato, solo quando le dette prescrizioni siano state puntualmente eseguite Sez. 3, Sentenza n. 56 del 11/01/2000 Cc.  (dep. 27/03/2000 )” Va altresi precisato che nel caso di sequestro preventivo l’applicabilità di detta norma incontra l’unico limite che non è però possibile imporre cauzione “Non si applica al sequestro preventivo la disposizione che disciplina, in riferimento al sequestro probatorio, le modalità di restituzione della cosa previo pagamento di una cauzione a garanziaSez. 2, Sentenza n. 5606 del 20/01/2009 Cc.  (dep. 09/02/2009 )

 

Tanto precisato in via generale,  al fine di poter applicare nel caso concreto, nei limiti indicati,  detta norma è necessario affrontare alcuni aspetti.

Un  primo problema che si pone è se detta restituzione possa  avvenire anche in assenza di  istanza di parte. Ebbene l’art. 85 delle disp. att nulla dice circa la  necessità di una preventiva richiesta da parte dell’interessato. Dunque, la mancata istanza di parte non fa da ostacolo alla restituzione del bene e, quindi, si potrà procedere in tal senso anche in assenza di richiesta di parte. Ne consegue che   la restituzione del bene può avvenire anche in virtù di autonoma iniziativa dell’A.G.. Infatti  le norme  in tema di sequestri consentono, o meglio, onerano il Giudice ( o il P.M.) alla  restituzione dei beni su cui non sia necessario mantenere il vincolo reale, a prescindere da una istanza del soggetto interessato.

Una seconda questione che si pone è la seguente. L’art 85 disp. att c.p.p. fa riferimento al “consenso dell’interessato”, tuttavia detto consenso non deve essere acquisito mediante una preventiva concertazione. In sostanza, benchè l’AG non può costringere alcuno all’esecuzione di un obbligo infungibile di facere, tuttavia tale limite deve essere letto nel senso che, da una parte, il Giudice (o il P.M.) può legittimamente restituire il bene ed imporre, contestualmente, delle prescrizioni e, dall’altra,  l’interessato può non ottemperare a quanto impostogli. In tal caso questi non otterrà la restituzione definitiva del bene e si rideterminerà la vigenza della misura cautelare reale.

Tali valutazioni in diritto devono poi essere calate nella  presente realtà procedimentale. I reati per i quali si procede sono connessi all’inottemperanza, da parte del Comune, a precisi obblighi normativi. Dunque, le indicazioni che si andranno a fornire  non fanno altro che specificare attività concrete che rientrano nei compiti di legge della P.A.. In sostanza l’AG nel restituire i beni non fa altro che indicare  inerenti precisi oneri che l’Ente Comunale deve attuare in via ordinaria in adempimento del d.lvo 152\06 e delle altre normative di settore. Dunque, la disponibilità dell’ente pubblico ad ottemperare alle prescrizioni impartite non può ritenersi un atto facoltativo e  negoziale ma deve considerarsi  un comportamento doveroso previsto dalla legge. Quindi,  il ripristino della funzionalità degli impianti in sequestro rientra tra i doveri di amministrazione che su detto Ente gravano  istituzionalmente (anche se attuati con le modalità proprie del potere discrezionale della P.A.). In parole più chiare: la P.A. può decidere “come” raggiungere le finalità della legge, ma queste ultime “devono” essere raggiunte. Né in senso contrario potrebbe rilevare ostacoli di natura finanziaria in quanto il Comune ha anche gli strumenti impositivi per reperire le risorse per raggiungere detti scopi.

Inoltre, va rilevato che è proprio il permanere del sequestro ad impedire alla P.A. di attivarsi per adempiere ai suoi doveri istituzionali. La restituzione, quindi, si impone proprio come uno strumento per eliminare un ostacolo alla ripresa della legittima azione amministrativa. L’imposizione delle prescrizioni, da parte di questa AG,  indica la strada per consentire la definitiva restituzione del bene in considerazione del cessare delle esigenze cautelari, cessazione che si identifica proprio con il ripristino della funzionalità dell’opera.

 

Vero è che la P.A. potrebbe restare inerte rispetto all’adozione delle prescrizioni imposte da questa AG e nessuno strumento consente di imporre all’Ente Comunale un facere infungibile. Però  va tenuto presente che il grave danno che si sta determinando non rileva solo in relazione ai pregiudizi alle matrici ambientali ma anche in relazione ai pericoli per la sicurezza, l’igiene e sanità pubblica , materia nella quale sono attribuiti specifici poteri\doversi al Sindaco. Pertanto, in caso di mancata adozione degli atti di sua competenza, connessi al ripristino delle disfunzioni evidenziate ed alla corretta gestione del ciclo delle acque reflue, si determinerà, oltre che la riviviscenza del provvedimento cautelare, l’eventuale individuazione a carico della competente autorità comunale della responsabile in relazione al reato di cui all’art 328 c.p.(oltre che di eventuali ulteriori fattispecie) . Allo stesso modo, i responsabili comunali di specifici compiti ex TUEL 267\00, in caso di perdurante inerzia,  si renderanno responsabili non solo di ulteriori reati analoghi a quelli per i quali si procede ma, anche, di eventuali ulteriori illeciti.

 

Detto potere/dovere di restituzione, stante l’inequivoco disposto dell’art. 321 comma 3 c.p.p., appartiene nel corso delle indagini preliminari in prima battuta al Pubblico ministero.

P.Q.M.

Visti gli artt. 321 c.p. 259 comma 2, 262 comma 1, 321 comma 3 c.p.p., 104  e 85 disp. Att. c.p.p.;

CHIEDE

Il sequestro preventivo della condotta fognaria di . SCARICO DEL  COLLETTORE FOGNARIO “...OMISSIS.... che si immette in ...OMISSIS.....

CHE CONTESTUALMENTE VENGA DISPOSTA

La restituzione provvisoria per giorni 60 dello scarico fognario indicato in imputazione al Sindaco, all’assessore competente per il settore ambiente, al dirigente del settore comunale competente per la gestione dello scarico fognario del comune di ...OMISSIS...., ...OMISSIS.... CHE SI DIA INDICAZIONE

al Sindaco, all’assessore competente per il settore ambiente, al dirigente del settore comunale competente per la gestione dello  scarico fognario del comune di ...OMISSIS.... le seguenti specifiche INDICAZIONI:

1. ACQUISIZIONE DELLA AUTORIZZAZIONE ex art 124 d.lvo 152\06 ALLO SCARICO PER IL COLLETTORE FOGNARIO “...OMISSIS....;

2- TRATTAMENTO DELLE ACQUE EX ART 105 D.LVO 152\06

Termine perentorio per l’esecuzione delle indicazioni di cui sopra , 60  giorni dalla notifica del  decreto di sequestro;

.M A N D A

alla Segreteria per gli adempimenti di competenza ed in particolare per l'immediata  trasmissione al Giudice in indirizzo della presente richiesta unitamente ad un fascicolo appositamente formato e contenente in copia tutti gli atti attualmente inseriti nel fascicolo del Pubblico Ministero, ed in particolare per la trasmissione del fascicolo al Procuratore per l’autorizzazione alla richiesta di misura cautelare.

Si allega il fascicolo processuale

S.Maria C.V.

IL Sostituto PROCURATORE

(dott. Silvio Marco Guarriello)

 

 

 

 


[1] La Corte di Cassazione è chiara su questo punto: "Il reato di cui all`art. 51 del D.L.vo 17 maggio 1999, n. 152, costituisce reato di pericolo, che prescinde dalla prova concreta di un danno. L`inquinamento è considerato presunto dal legislatore allorché siano stati superati determinati valori limite di emissione: al di sotto dei limiti l`inquinamento è ritenuto accettabile dal sistema legale, mentre quando sia superata la soglia di accettabilità viene commesso il reato." . (Cass. pen., sez. III, 21 febbraio 2000, n. 1928, Manzoni).