TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 567 del 10 settembre 2020
Alimenti.Agricoltura biologica e giurisdizione

Per gli organismi di controllo degli operatori di agricoltura biologica, mentre spetta alla cognizione del Giudice Amministrativo il rapporto tra il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e gli organismi di controllo degli operatori di agricoltura biologica, autorizzati, controllati e vigilati dallo stesso Ministero, che, come per le SOA, ha parimenti trasferito loro il potere di controllare e di certificare il rispetto dei processi che caratterizzano la qualità dei prodotti biologici, il rapporto tra gli organismi di controllo e gli operatori di agricoltura biologica spetta alla cognizione del Giudice Ordinario, in quanto gli agricoltori, che vogliono vendere i loro prodotti come “biologici”, devono stipulare con uno degli organismi di controllo, autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, un contratto di diritto privato, con il quale si assoggettano ai controlli ed alle ispezioni di tali organismi, in esecuzione dei quali viene attestata e/o certificata la conformità “biologica” dei prodotti”.

Pubblicato il 10/09/2020

N. 00567/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00937/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 937 del 2018, proposto da
Rosanna Scamardella, rappresentata e difesa dall'avvocato Marcello Giuseppe Feola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Icea - Istituto di Certificazione Etica e Ambientale, rappresentato e difeso dagli avvocati Ugo Ruffolo, Valter Loccisano, Tommaso Ciuoffo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Valter Loccisano in Bologna, via Testooni 5 (c/o Studio Ruffolo);
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni 6;

per l'annullamento

1) del provvedimento, assunto nella seduta del 25/09/2018 e comunicato alla ricorrente con pec del 28/09/2018, con il quale il Comitato Ricorsi dell'Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha respinto il ricorso amministrativo presentato dall'odierna ricorrente, ex art. 12 D.M. 20/12/2013, avverso i provvedimenti di “Sospensione della Certificazione” prot. 1150 del 21/08/2018 e di “Soppressione delle indicazioni Bio” prot. 1152 del 21/08/2018;

2) del provvedimento prot. 1150 del 21/08/2018 con il quale l'Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha applicato nei confronti della ricorrente, quale titolare dell'omonima Azienda agricola, la misura della “Sospensione della Certificazione” per 180 giorni, nonchè la misura accessoria del “Ricalcolo del periodo di conversione” per tutti gli appezzamenti sottoposti a controllo (nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10) e per il periodo di due anni (dal 7/5/2018 al 7/5/2020);

3) del provvedimento prot. 1152 del 21/08/2018 con il quale l'Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha applicato nei confronti della ricorrente, quale titolare dell'omonima Azienda agricola, la misura della “Soppressione delle indicazioni biologiche”, nonchè la misura accessoria del “Ricalcolo del periodo di conversione”;

4) di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguente

nonché per la condanna

di ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale), quale esercente una pubblica funzione, al risarcimento di tutti i danni patiti e patendi dalla ricorrente in conseguenza della esecuzione dei provvedimenti impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Icea - Istituto di Certificazione Etica e Ambientale e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2020 la dott.ssa Jessica Bonetto e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 84 comma 5 del D.L. n. 18 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Rosanna Scamardella ha agito in giudizio per l’annullamento: del provvedimento del 25/09/2018 con il quale il Comitato Ricorsi dell’Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha respinto il ricorso amministrativo presentato dalla ricorrente ex art. 12 D.M. 20/12/2013, avverso i provvedimenti di “Sospensione della Certificazione” prot. 1150 del 21/08/2018 e di “Soppressione delle indicazioni Bio” prot. 1152 del 21/08/2018; del provvedimento prot. 1150 del 21/08/2018 con il quale l’Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha applicato nei confronti della ricorrente, quale titolare dell’omonima Azienda agricola, la misura della “Sospensione della Certificazione” per 180 giorni, nonché la misura accessoria del “Ricalcolo del periodo di conversione” per tutti gli appezzamenti sottoposti a controllo (nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10) e per il periodo di due anni (dal 7/5/2018 al 7/5/2020); del provvedimento prot. 1152 del 21/08/2018 con il quale l’Organismo di Controllo ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) ha applicato nei confronti della ricorrente, quale titolare dell’omonima Azienda agricola, la misura della “Soppressione delle indicazioni biologiche”, nonché la misura accessoria del “Ricalcolo del periodo di conversione”.

La ricorrente ha chiesto altresì la condanna di ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) al risarcimento di tutti i danni causati con i provvedimenti impugnati.

Nel ricorso introduttivo, dopo una ricostruzione del quadro normativo che disciplina la produzione e la commercializzazione dei prodotti da agricoltura biologica, in fatto la ricorrente ha allegato:

- di essere titolare dell’Azienda agricola Scamardella che svolge dal 1988 l’attività di produzione e commercializzazione di prodotti agricoli su terreni di sua proprietà siti in agro dei Comuni di Orsara di Puglia e di Troia, con autorizzazione alla produzione e commercializzazione di prodotti biologici (ceci, fave e favette, frumento duro, frumento tenero, olio extravergine di oliva, olive da olio, orzo), in virtù di certificazione annualmente rinnovata da ICEA (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) Puglia;

- durante i 6 anni dall’entrata nel biologico nei confronti dell’azienda ricorrente non è stata sollevata alcuna contestazione, neppure di lieve entità;

- in data 7/5/2018 l’Organismo di Controllo ICEA effettuava, su di un solo appezzamento di terreno coltivato a grano (“appezzamento 10” in agro di Troia), un prelievo (il campione era costituito da "piante di grano + corrispondenti zolle di terreno"), le cui analisi effettuate in data 8/14 maggio 2018 evidenziavano, per la sola sostanza identificata con il codice 2.4-D (“acido 2,4 – diclorofessiacetico”), “residui [...] in quantità superiore alla soglia numerica prevista dal D.M. 309/2011 e superiore alla soglia di tolleranza per gli Ogm: Presenza di residui di prodotti non conformi 2.4-D pari a 0,061 mg/Kg su di un campione di frumento duro (pianta e terreno) prelevato dall’app. 10”, risultando invece tutte le altre sostanze esaminate conformi ai parametri di riferimento;

- per l’effetto, con provvedimento provvisorio del 17.5.2018 (prot. 575), adottato ai sensi dell’art. 91 par. 2 Reg. CE n. 889/08, ICEA applicava nei confronti della ricorrente, per il prodotto “Cereali” e per “tutti gli app.ti a cereali”, la “soppressione cautelativa delle indicazioni biologiche”, “fino alla valutazione degli esiti delle verifiche suppletive svolte da ICEA o, se del caso, fino alla prossima riunione del Comitato di Certificazione (CCERT), il quale valuterà i dati ed emetterà il provvedimento definitivo”;

- la ricorrente osservava che la rilevata NC (“Non Conformità”) poteva presumibilmente essere stata “determinata dall’uso di mezzi e attrezzature non perfettamente ripuliti ma inquinati a causa dell’effettuazione di operazioni colturali su terreni agricoli limitrofi, coltivati anch’essi a cereali, gestiti dagli stessi contoterzisti che operano presso la mia azienda”, per cui allo scopo di “rimuovere la Non Conformità notificata da ICEA e che ha determinato l’emissione del provvedimento di Soppressione Cautelativa prot. 575 del 17/05/2018 e al fine di ripristinare la situazione conforme” la ricorrente proponeva l’”Azione Correttiva” di provvedere “con immediatezza a rimuovere tale inconveniente mediante un controllo costante dei mezzi e delle attrezzature utilizzate in occasione di tutte le operazioni colturali effettuate”;

- l'esponente, inoltre, insospettita dalla presenza della sostanza “2.4-D” in misura superiore alla soglia di tolleranza, procedeva in autocontrollo a far analizzare, presso lo stesso Laboratorio accreditato (BonassisaLab Srl) che aveva precedentemente utilizzato ICEA, campioni prelevati in data 31/5/2018 da altri appezzamenti anch’essi coltivati a grano (così come, cioè, l’appezzamento n. 10 sul quale ICEA aveva effettuato il prelievo in data 7/5/2018), riscontrando dalle analisi (“Rapporti di prova” nn. 18LA12207 e 18LA12208 dell’1/6/2018) la conformità al parametro previsto per la sostanza 2.4-D;

- ICEA, tuttavia, prorogava una prima volta, fino al 17/7/2018, la “Soppressione Cautelativa prot. 575 del 17/05/2018”, “al fine di poter effettuare ulteriori indagini” (pec del 26/6/2018, doc. 9);

- in data 9/7/2018 la ICEA procedeva, quindi, ad effettuare nuovi prelievi, estesi, oltre che all’appezzamento 10, anche agli appezzamenti nn. 1- 2-3-4-5-6-7 e in data 26.7.2018 prorogava una seconda volta, fino al 7/8/2018, la “Soppressione cautelativa prot. 575 del 17.5.2018”, “al fine di poter effettuare ulteriori indagini”, comunicando alla ricorrente che l’esito delle analisi dei campioni prelevati da ICEA in data 9/7/2018 era risultato positivo, per la presenza di “residui di prodotti non conformi”;

- la ricorrente in data 2/8/2018 incaricava un Laboratorio accreditato da Accredia (EOS s.n.c.) di analizzare ciascuna "aliquota" dei campioni che le erano state consegnate da ICEA, a garanzia del contraddittorio, in sede della verifica ispettiva del 9.7.2018, ottenendo conferma della piena conformità a tutti i parametri di riferimento;

- con nota trasmessa via pec il giorno successivo (7.8.2018), la ricorrente trasmetteva ad ICEA i “rapporti di prova” di tali analisi (nonché di quelle precedentemente effettuate, come già visto, in autocontrollo il 31.5.2018 nell’immediatezza della prima verifica effettuata il 7.5.2018), avanzando formale richiesta di “effettuare ulteriori indagini del caso”, al fine di “rivedere quanto disposto per l’azienda da me condotta”;

- ICEA, con nota pec del 10.8.2018, nel riscontrare tale comunicazione del 7/8/2018, si limitava a prendere “atto delle risultanze delle vostre valutazioni e conclusioni che sono derivate dai vostri autocontrolli”, aggiungendo che “tuttavia non si rilevano elementi che possono portare a invalidare i risultati da noi ottenuti”;

- con nota trasmessa via pec in data 14.8.2018 la ricorrente rappresentava ad ICEA, a riscontro della nota del 10.8.2018, di aver “ricevuto l’aliquota n. 4 dei campioni prelevati su ogni appezzamento della mia azienda proprio a garanzia della correttezza della procedura ovvero per fornire alla responsabile dell’Azienda stessa la possibilità di autocontrollo. A ciò si è provveduto ottenendo, sui campioni esaminati, i risultati a voi trasmessi in data 7 agosto 2018, risultati che mettono sicuramente in discussione quelli da voi ottenuti”, aggiungendo che “si ritiene che di tanto se ne debba assolutamente tenere conto avviando ogni procedura necessaria a chiarire le discrepanze evidenziate”;

- tuttavia, ICEA anziché far analizzare le ulteriori "aliquote" (rimaste nella sua disponibilità) dei campioni prelevati in data 9.7.2018, con provvedimenti prot. 1150 e 1152, entrambi del 21.8.2018, ha direttamente disposto, rispettivamente, (a) la “Sospensione della certificazione” per 180 giorni, con divieto per tale periodo “di commercializzare la materia prima e/o i prodotti con indicazioni riferite al metodo di produzione biologica” (doc. 2), e (b) la “Soppressione dell’indicazione Bio”, con la seguente motivazione: “utilizzo di prodotti non ammessi o non registrati, in appezzamenti già convertiti o in corso di conversione all’agricoltura biologica: Presenza di 2.4-D pari a 0.061 mg/Kg su un campione di frumento duro (pianta e terreno) prelevato dall’app. 10 in data 7/5/2018 e analoga presenza di residui di prodotti non conformi sui campioni prelevati dagli ulteriori 7 appezzamenti a cereali in data 9/7/2018”; inoltre, veniva inflitto alla ricorrente il “Ricalcolo del periodo di conversione” (dal 7.5.2018 al 7.5.2020) indistintamente per tutti gli appezzamenti coltivati;

- ICEA, con le pec di comunicazione di tali provvedimenti di “sospensione della certificazione” e di “soppressione indicazione Bio” invitava la deducente a formulare, mediante la prescritta modulistica, “Proposta Trattamento della Non Conformità/Azione Correttiva”, che veniva inoltrata dalla ricorrente;

- la ricorrente, in data 11.9.2018, presentava ricorso amministrativo avverso i ridetti provvedimenti di “Sospensione della certificazione” (prot. 1150 del 21/08/2018) e di “Soppressione delle indagini biologiche” (prot. 1152 del 21/08/2018), respinto dal Comitato Ricorsi di ICEA Puglia nella seduta del 25/9/2018, con conseguente necessità di introdurre il presente giudizio.

Avverso gli atti impugnati la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di impugnazione:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 28 e 30 del Regolamento CE n. 834/2007 del 28 giugno 2007 del Regolamento UE n. 848/2018 del 30 giugno 2018. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 del Regolamento CE n. 889/2008 del 5 settembre 2008. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 20 del 23 febbraio 2018 e del d.m. MIPAAF del 20 dicembre 2013. Falsa applicazione del d.m. MIPAAF n. 309/2011. Violazione del d.m. MIPAAF n. 16954/2010. Violazione del Decreto MIPAAF n. 18096 del 26 settembre 2014. Violazione del Regolamento ICEA “per la certificazione dei prodotti biologici” [Ed. 04 Rev. 00 del 31.07.2017]. Violazione del principio di proporzionalità. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti. Illogicità. Contraddittorietà. Sviamento.

Ad avviso della ricorrente l’attività di controllo posta in essere da ICEA risulterebbe contrassegnata da plurimi vizi procedurali di portata tale da inficiare in radice l’attendibilità degli esiti delle indagini effettuate, con conseguente illegittimità degli atti impugnati.

In particolare ICEA avrebbe violato l’obbligo di far analizzare le due “aliquote” residue rimaste nella sua disponibilità, una volta che le analisi delle “prime due” (quella fatta analizzare da ICEA e quella fatta analizzare dalla ricorrente) avevano dato esiti contrastanti.

Inoltre, sarebbero state violate le regole tecniche dettate con D.M. del MIPAAF n. 16954 del 29/10/2010, disciplinanti le metodiche di “prelievo di campioni di prodotti biologici da analizzare” perché i prelievi effettuati avrebbero riguardato masse “disomogenee” (paglia e terreno): laddove ancora erano in piedi le piante, non sarebbe stato utilizzato il metodo di tagliarle “a meno di 10 cm dal terreno ed evitare la contaminazione da parte del terreno”; per gli appezzamenti in cui, invece, già si era avuta la trebbiatura, il campione del terreno non sarebbe stato effettuato in profondità, “fino a quella di massima lavorazione”.

Infine, vi sarebbe stata violazione della tempistica che l’O.d.C. è tenuto ad osservare a tutela dell’efficacia delle verifiche compiute e dell’effettività del contraddittorio, avendo ICEA conosciuto le analisi sin dal 18/7/2017, ma adottato i provvedimenti solo in data 21/08/2018, ben oltre il termine previsto di 5 giorni, comunicando gli esiti delle analisi alla ricorrente solo in data 26/7/2018 (peraltro senza i “rapporti di prova”), con notevole ritardo rispetto alla tempistica a cui la stessa ICEA si era autovincolata in sede regolamentare ed effettuando due proroghe (il Regolamento ne consente solo una) con adozione dei provvedimenti definitivi a distanza di mesi dalla “Soppressione cautelativa”.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 28 e 30 del Regolamento CE n. 834/2007 del 28 giugno 2007 e del Regolamento UE n. 848/2018 del 30 giugno 2018. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 del Regolamento CE n. 889/2008 del 5 settembre 2008. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 20 del 23 febbraio 2018 e del d.m. MIPAAF del 20 dicembre 2013. Falsa applicazione del d.m. MIPAAF n. 309/2011. Violazione del d.m. MIPAAF n. 16954/2010. Violazione del Decreto MIPAAF n. 18096 del 26 settembre 2014. Violazione del Regolamento ICEA “per la certificazione dei prodotti biologici”. Violazione del principio di proporzionalità. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti. Illogicità. Contraddittorietà. Sviamento.

Ad avviso della ricorrente per gli appezzamenti nn. 1-2-3-4-5-10, poiché alla data del 9/7/2018 già si era avuta la trebbiatura e i prelievi hanno riguardato soltanto terreno e paglia, le indagini avrebbero dovuto essere condotte ed analizzate con estremo rigore, cosa che non sarebbe avvenuta nel caso in esame.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 28 e 30 del Regolamento CE n. 834/2007 del 28 giugno 2007 del Regolamento UE n. 848/2018 del 30 giugno 2018. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 del Regolamento CE n. 889/2008 del 5 settembre 2008. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 20 del 23 febbraio 2018 e del d.m. MIPAAF del 20 dicembre 2013. Falsa applicazione del d.m. MIPAAF n. 309/2011. Violazione del d.m. MIPAAF n. 16954/2010. Violazione del Decreto MIPAAF n. 18096 del 26 settembre 2014. Violazione del Regolamento ICEA “per la certificazione dei prodotti biologici” [Ed. 04 Rev. 00 del 31.07.2017]. Violazione del principio di proporzionalità. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti. Illogicità. Contraddittorietà. Sviamento.

Per gli appezzamenti nn. 4 e 5, oggetto di unico campionamento, le analisi (rapporto di prova n. 18LA15857 del 16.7.2018 del Laboratorio BonassisaLab srl) evidenziavano la presenza di un unico principio attivo non ammesso in agricoltura biologica in misura inferiore alla soglia numerica stabilita dal D.M. n. 309 del 13/01/2011, ma tali appezzamenti di terreno (nn. 3 e 4) sarebbero stati comunque compresi nella misura accessoria del “Ritorno in conversione”, anziché esclusi, avuto riguardo alle evidenziate risultanze delle relative analisi, con conseguente carenza di istruttoria nell’attività di controllo svolta da ICEA.

Per l’appezzamento n. 1, invece, il risultato delle analisi (rapporto di prova n. 18LA15855 del 16/07/2018 del laboratorio BonassisaLab srl) evidenziava la presenza della sostanza 2,4-D in misura di appena 0,0254 mg/kg (± 0,011 di incertezza), sicché per l’esiguità della difformità rilevata, l’osservanza del principio di proporzionalità avrebbe dovuto escludere detto appezzamento dalla misura accessoria del “Ritorno in conversione”, ovvero si sarebbe dovuto procedere ad un approfondimento istruttorio, mentre anche l’appezzamento n. 1 è stato indistintamente compreso, così come quelli nn. 4 e 5, nel “Ritorno in conversione”, con conseguente irragionevolezza della decisione assunta.

Sulla base di tali motivi la ricorrente ha concluso chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, previa loro sospensione cautelare, con condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni conseguentemente causati.

Il Ministero delle Politiche Agricole e ICEA si sono costituiti in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo e contestando comunque nel merito le avverse doglianze.

Con ordinanza n. 13 del 2019 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare articolata dalla ricorrente, ritenendone insussistenti i presupposti.

All’esito del giudizio, ad avviso del Collegio, va dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, risultando fondata l’eccezione preliminare sollevata sul punto da ICEA.

Invero, le misure emesse dall’Organismo di Controllo ICEA ed impugnate nel presente giudizio, sono quelle di sospensione della certificazione e soppressione delle indicazioni biologiche della produzione relativa all’anno 2018 di frumento duro, frumento tenero ed orzo, provvedimenti di competenza per l’Italia ex art. 27 del Reg. CE 834/2007 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il quale ha legittimamente delegato i propri compiti di controllo in materia ad ICEA, Organismo che svolge la propria attività a favore degli operatori in virtù di un apposito contratto di certificazione di diritto privato, con il quale l’operatore si assoggetta al suo controllo e si impegna espressamente ad “accettare i provvedimenti adottati da ICEA, previsti dalla normativa vigente e dal Regolamento Tecnico Interno per la Certificazione e mettere in atto i dovuti trattamenti e le azioni correttive”.

Stando così i fatti, e tenuto conto che il D. Lgs. n. 20/2018, allegato 2, lett. C., comma 8, lett. b), prevede espressamente che gli O.d.C. debbano dotarsi di un “organo collegiale dei ricorsi” con la funzione di risolvere le controversie tra operatori ed O.d.C. aventi ad oggetto la legittimità delle misure di questi ultimi e i cui “pronunciamenti hanno natura di lodo arbitrale, come da specifica clausola compromissoria sottoscritta nel contratto di assoggettamento al controllo, ai sensi del titolo VIII del libro quarto del Codice di procedura civile”, la giurisdizione in materia non può che essere del Giudice Ordinario.

Invero, come correttamente argomentato da ICEA, pur non essendo la norma appena richiamata applicabile ratione temporis al caso di specie, tale disposizione può comunque ritenersi utile a fini interpretativi anche per l’ipotesi odierna in quanto, se il legislatore ha ritenuto di riservare una determinata materia alla competenza arbitrale, lasciandone la disciplina sostanzialmente immutata, ciò significa che ha ritenuto che oggetto del contendere fossero diritti soggettivi disponibili e non interessi legittimi, con conseguente carenza di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Peraltro, in tal senso si sono pronunciati sia il Tar Basilicata con la sentenza n. 772 del 2018, che il Tribunale di Bologna con ordinanza dell’8.11.2016, quest’ultima in un caso analogo all’odierno (riguardante una controversia instaurata nei confronti di ICEA da un operatore assoggettato al controllo della stessa, per misure emesse da ICEA nei confronti dell’operatore), facendosi leva sulla giurisprudenza amministrativa in tema di qualificazione della natura giuridica del rapporto tra le Società Organismi di Attestazioni (SOA) e le imprese operanti nel settore dei pubblici appalti (vedi tra le altre T.A.R. Lazio, n. 3455 del 2016)

Il T.A.R. Basilicata, ha infatti condivisibilmente affermato che bisogna tenere distinti: “il rapporto che intercorre tra l’Autorità Nazionale Anticorruzione e le Società Organismo di Attestazione, alle quali lo Stato ha trasferito il potere di controllare le imprese di costruzioni, con riferimento al quale è stato statuito che è di natura pubblicistica il potere di autorizzazione, controllo e vigilanza dell’ANAC sulle SOA, in quanto costituisce espressione di una posizione giuridica di interesse legittimo, la cui cognizione spetta al Giudice Amministrativo” e “il rapporto tra le SOA e le imprese di costruzione, di natura privatistica, che origina dalla stipula di un apposito contratto, in base al quale le imprese di costruzione pagano un compenso alle SOA, per la loro attività di attestazione della sussistenza dei requisiti per il rilascio delle relative certificazioni, la cui cognizione spetta al Giudice Ordinario, in quanto in tale rapporto giuridico, caratterizzato dall’adempimento di obbligazioni, le parti sono titolari di diritti soggettivi, anche perché l’attività delle SOA è di carattere vincolato, in quanto tali società devono limitarsi a verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio dell’attestazione”; del pari “per gli organismi di controllo degli operatori di agricoltura biologica, mentre spetta alla cognizione del Giudice Amministrativo il rapporto tra il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e gli organismi di controllo degli operatori di agricoltura biologica, autorizzati, controllati e vigilati dallo stesso Ministero, che, come per le SOA, ha parimenti trasferito loro il potere di controllare e di certificare il rispetto dei processi che caratterizzano la qualità dei prodotti biologici, il rapporto tra gli organismi di controllo e gli operatori di agricoltura biologica, come quello instaurato tra la resistente ICEA e l’azienda agricola ricorrente, spetta alla cognizione del Giudice Ordinario, in quanto gli agricoltori, che vogliono vendere i loro prodotti come “biologici”, devono stipulare con uno degli organismi di controllo, autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, un contratto di diritto privato, con il quale si assoggettano ai controlli ed alle ispezioni di tali organismi, in esecuzione dei quali viene attestata e/o certificata la conformità “biologica” dei prodotti”.

Negli stessi termini si è espresso il Tar Bologna che ha così ritenuto: “SOA ed impresa aspirante all’attestazione sono legate da un vincolo privatistico, che deriva dalla sottoscrizione di un apposito contratto, il cui sinallagma si sostanzia nella prestazione della SOA di verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio dell’attestazione richiesta e nella controprestazione di riconoscere un compenso. Ne consegue che le controversie che discendono dall’esecuzione di quest’ultimo rapporto rientrano nella sfera di cognizione del giudice ordinario, competente a valutare ordinariamente l’adempimento del contratto da parte dei contraenti”, e “analoghe considerazioni possono essere svolte nel caso sub iudice per quanto riguarda la competenza giurisdizionale del giudice ordinario in virtù del rapporto privatistico intercorrente tra le parti, sia pur connotato da una funzione pubblicistica dell’attività di certificazione” (Tribunale di Bologna, sez. II, 08.11.2016).

Entrambe le decisioni appena riportate partono dal presupposto delle affinità tra i due sistemi considerati e tra le relative discipline, prevedendo la normativa in tema di biologico anche ai sensi dell’art. 27 Reg. 2007/834/CE, la designazione di una “Autorità competente” in ciascuno Stato membro (costituita in Italia dal MIPAAF), “per l'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore della produzione biologica” (art. 3, comma 1, D. Lgs. n. 20/2018), la quale può “delegare compiti di controllo a uno o più organismi di controllo”, mantenendo al contempo la responsabilità della “autorizzazione e della vigilanza di detti organismi”, anche ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4, D. lgs. n. 20/2018 e risultando in base agli artt. 27, Reg. 2007/834/CE e 4, D. Lgs. n. 20/2018, i compiti di controllo spettanti agli organismi di diritto privato (gli O.d.C.) ai quali l’Autorità competente “delega i compiti di controllo” (art. 3, D.,Lgs. n. 20/2018), esercitati nei confronti delle imprese private che decidono volontariamente di assoggettarsi al loro controllo, anche ai sensi degli artt. 28, comma 1, lett. b), Reg. 2007/834/CE e 9, comma 1, D. Lgs. n. 20/2018, sicché il loro esercizio origina da un contratto di diritto privato, concluso tra O.d.C. ed operatore, in base al quale il primo si obbliga, a fronte del pagamento di un compenso (cfr. anche art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 20/2018, il quale fa espresso riferimento al “tariffario da applicare agli operatori”) a verificare il rispetto, da parte del secondo, degli obblighi previsti dalla normativa in tema di biologico, al fine di rilasciare in suo favore la relativa documentazione (inter alia il c.d. Documento giustificativo di cui all’art. 29, Reg. 2007/834/CE) ed applicare le dovute misure, in caso riscontrate non conformità.

In altri termini, tra O.d.C. e impresa operante nel settore del biologico si instaura un rapporto contrattuale, caratterizzato dall’adempimento di obbligazioni reciproche, in relazione alle quali le parti vantano posizioni di diritto soggettivo, avendo anche le azioni degli O.d.C. carattere vincolato, in quanto essi si limitano a verificare la sussistenza in capo all’operatore delle condizioni per il rilascio e/o il mantenimento della certificazione, e/o applicare le misure che sono già predeterminate dalla legge (in particolare dal D.M. 20/12/2013), con conseguente assimilabilità tra le funzioni svolte dal MIPAAF nell’ambito del “bio” e quelle dell’ANAC nel settore dei lavori pubblici.

Atteso, infatti, che entrambi gli Organismi sono Enti pubblici con potere di controllo delle imprese private operanti nei relativi settori, responsabili di autorizzare organismi di diritto privato allo svolgimento dei relativi controlli e di vigilare sugli stessi, il rapporto tra MIPAAF ed O.d.C. è assimilabile a quello tra ANAC e SOA e, stante la sua natura pubblicistica, appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, mentre il rapporto tra O.d.C. ed operatori ricalca per natura e funzioni, quello tra SOA ed imprese private, avendo natura meramente privatistica e concernendo il corretto adempimento di ambo le parti delle obbligazioni assunte mediante il contratto di certificazione, sicché la giurisdizione spetta al Giudice Ordinario.

Peraltro, ICEA è un Ente di natura privatistica, la cui attività è disciplinata mediante ordinari contratti, stipulati con gli operatori e non con una Pubblica Amministrazione, sicché le misure che adotta non possono in nessun caso essere qualificate come provvedimenti amministrativi.

Né può valere per affermare la giurisdizione in materia del Giudice Amministrativo, il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4114/2019 operato dalla ricorrente, trattandosi di pronuncia sostanzialmente coeva alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9678/2019 citata invece da ICEA, decisione quest’ultima emessa in sede di regolamento di giurisdizione nell’ambito di una controversia sostanzialmente identica a quella qui in discussione, nella quale è stato affermato quanto sopra esposto e cioè che il rapporto tra O.d.C. ed operatori ha ad oggetto diritti soggettivi e rientra, come tale, nella giurisdizione del Giudice Ordinario, come affermato anche dalle già riportate pronunce del T.A.R. Emilia-Romagna n. 737/2019 e del T.A.R. Basilicata n. 772/2018, oltre che in sede di giurisdizione ordinaria (vedi sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 2465/2019).

In particolare, con la sentenza n. 9678 del 5 aprile 2019, le Sezioni Unite della Cassazione, risolvendo il contrasto giurisprudenziale sul punto, hanno chiarito che le controversie tra aziende operanti nel settore del “biologico” e i soggetti deputati al rilascio delle necessarie certificazioni ed alle relative attività di controllo ricadono nell’ambito della giurisdizione del Giudice Ordinario, e non di quello Amministrativo (così superando il precedente orientamento della giurisprudenza amministrativa, vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 4114/2019), in quanto gli O.d.C. non assumono la veste di pubblica amministrazione, né partecipano all’esercizio di un pubblico potere, “svolgendo essi un’attività ausiliaria, valutativa e certificativa (prelievi e analisi), sotto la sorveglianza dell’autorità pubblica, che si sostanzia in apprezzamenti ed indagini da compiersi sulla base di criteri esclusivamente tecnici e scientifici, costituente espressione di una discrezionalità meramente tecnica, in relazione alla quale sorgono in capo ai soggetti privati destinatari del controllo posizioni di diritto soggettivo la cui tutela rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria”.

Pertanto, conclusivamente, ad avviso del Collegio, la presente controversia va ricondotta alla giurisdizione del Giudice Ordinario, sia dal punto di vista soggettivo (essendo gli O.d.C. soggetti di diritto privato operanti in base al modello statutario prescelto) che di quello oggettivo (spiegando le misure applicate dagli O.d.C. effetto verso l’operatore in base ad un rapporto contrattuale di diritto privato intercorrente tra lo stesso e l’O.d.C., attraverso il quale l’operatore si sottopone volontariamente alla vigilanza dell’O.d.C. che non esercita alcun potere autoritativo ed irroga solo le misure tipizzate dalla legge, in caso di necessità, mentre la “delega” ministeriale sulla base della quale ICEA e gli altri O.d.C. operano ha valenza unicamente autorizzatoria, rispetto ad un’attività che resta comunque di diritto privato), sicché va dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità della questione controversa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore del Giudice Ordinario;

- compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2020 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Mozzarelli, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere

Jessica Bonetto, Primo Referendario, Estensore