Cass. Sez. III n. 4149 del 31 gennaio 2025 (UP 18 dic 2024)
Pres. Ramacci Rel. Corbetta Ric. Lucrezio
Ambiente in genere.Occupazione abusiva spazio demaniale mediante strutture balneari
Integra il reato di cui all'art. 1161 cod. nav. la collocazione sull'arenile di strutture balneari, quali ombrelloni, lettini e simili, noleggiate giornalmente, atteso che tale condotta non è assimilabile a quella dei fruitori della cd. spiaggia libera, stante la continuità della condotta e la natura commerciale dell'attività
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, in riforma della decisione del Tribunale di Lecce, che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato a lui ascritto estinto per oblazione, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal Procuratore generale, la Corte di appello di Lecce, previa rinnovazione dibattimentale con l’esame di tutti i testi indicati nella lista del pubblico ministero, ha condannato Giancarlo Lucrezio alla pena di quattro mesi di arresto in relazione al reato di cui agli artt. 54, 1161 cod. nav., a lui ascritto per avere - nella qualità di titolare della Promogroup gerente la struttura balneare denominato “lido Bora Bora” in località San Giovanni, in comune di Ugento, nonché titolare della concessione demaniale marittima n. 1158/2007 prorogata sino al 31 dicembre 2020 - abusivamente occupato la spiaggia demaniale, installandovi centodieci ombrelloni, settantacinque lettini, sei sdraio, ventitré sedie, due pali sormontati da fari, in assenza della vincolante autorizzazione del Capo di Compartimento.
2. Avverso la sentenza l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, ha presentato ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 54 e 1161 cod. nav., in quanto, secondo la prospettazione difensiva, il Lucrezio stava svolgendo regolarmente un’attività autorizzata, ciò desumendosi dal fatto che: 1) l’imputato era titolare di regolare SCIA per il noleggio di attrezzature balneari al di fuori dell’area in concessione; 2) gli ombrelloni posizionati fuori dell’area in concessione erano stati prenotati da alcune strutture alberghiere convenzionate con il lido Bora Bora; 3) gli ombrelloni erano posizionati pochi minuti prima dell’arrivo dei clienti per evitare assembramenti; 4) le attrezzature balneari destinate al noleggio a fine giornata venivano smontate e accatastate nell’apposita area di stoccaggio. Aggiunge il ricorrente che il teste Perrone ha confermato che le aree in esame non erano delimitate o recintate e, quindi, non era inibita la libera fruizione della spiaggia;
2.2. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 5 cod. pen., posto che l’imputato versava, quantomeno, in una condizione di errore scusabile, posto che il posizionamento degli attrezzi balneari era avvenuto solo al fine di evitare che si creassero degli assembramenti non consentiti;
2.3. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione in relazione all’art. 162-bis cod. pen., dovendosi ritenere corretta la decisione del Tribunale che aveva ammesso l’imputato al pagamento dell’oblazione, trattandosi di beni mobili facilmente removibili, e considerando che la Corte d’appello, laddove ha affermato che non era stato rimosso alcunché, ha travisato il dato probatorio, e che i precedenti penali di cui è gravato l’imputato sono di lieve entità e risalenti nel tempo;
2.4. violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 132, 133 cod. pen., 54 e 1161 cod. nav., in quanto la Corte d’appello ha inflitto una pena notevolmente superiore al minimo edittale fornendo una motivazione apparente, e senza tener conto della condotta processuale tenuta dall’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente essendo collegati contestando la sussistenza del reato, sono inammissibili perché articolati in fatto.
2.1. La Corte di appello ha riconosciuto integrata la violazione di cui agli artt. 54, 1161 cod. nav. alla luce dei chiari esiti dell'espletata attività istruttoria; in particolare, all’esito del sopralluogo effettuato il 29 luglio 2020 alle ore 8.00 da personale della capitaneria di porto di Gallipoli presso lo stabilimento balneare “Lido Bora Bora”, si accertarono due diverse occupazioni abusive di area demaniale marittima, rispettivamente di 672 mq. (lato nord) e 711 mq. (lato sud), in cui erano state posizionate varie attrezzature balneari; al momento degli operanti, non vi era alcun cliente in spiaggia, ma solamente un dipendente che stava piazzando gli ombrelloni sul lato sinistro, mentre il lato destro era già concluso; nel corso del sopralluogo erano iniziati ad arrivare dei bagnanti, quando ormai tutte le attrezzature balneari erano state posizionate.
2.2. Tanto riportato in fatto, la sentenza ha dunque ritenuto consumata il reato in esame, logicamente osservando che non vi era alcuna plausibile ragione per allestire completamente l’area non in concessione già delle prime ore del mattino, data l’assenza di clienti, e considerando che il numero di prenotazioni registrate, tali da non giustificare la condotta.
Su queste basi, la Corte di appello ha ritenuto che, noleggiando gli ombrelloni e le sedie sdraio, l’imputato aveva perciò occupato senza titolo l'area demaniale, impedendone l'uso da parte dei bagnanti che non fossero stati suoi clienti. In tal modo, dunque, la Corte di merito ha fatto corretta interpretazione degli indirizzi giurisprudenziali in materia, in forza dei quali integra il reato di cui all'art. 1161 cod. nav. la collocazione sull'arenile di strutture balneari, quali ombrelloni, lettini e simili, noleggiate giornalmente, atteso che tale condotta non è assimilabile a quella dei fruitori della cd. spiaggia libera, stante la continuità della condotta e la natura commerciale dell'attività (tra le altre, Sez. 3, n. 4855 dell'11/1/2006, Pazzaglia, Rv. 233305; Sez. 3, n. 30666 del 29/3/2018, Sorreca, Rv. 273762; Sez. 3, n. 42404 del 29/09/2011, Farci, la quale ha ravvisato il reato de quo in un caso in cui i dipendenti di un albergo trasportavano e posizionavano ogni giorno sulla spiaggia, dall'alba al tramonto, un rilevante numero di ombrelloni e lettini a disposizione dei clienti a prescindere dall'effettiva presenza sul posto degli stessi con conseguente interclusione dell'accesso a terzi).
2.3. Manifestamente infondata è anche la doglianza diretta a censurare la motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo.
Invero, anche a prendere per buona la prospettazione difensiva, ossa che il posizionamento degli attrezzi balneari era avvenuto solo al fine di evitare che si creassero degli assembramenti non consentiti, essa nulla ha a che vedere con i presupposti integranti una situazione di ignoranza inevitabile della legge penale, riguardando, piuttosto, i motivi che hanno spinto l’agente a delinquere.
3. Il terzo motivo è inammissibile perché generico e, comunque, manifestamente infondato.
La Corte di merito ha escluso i presupposti per l’accesso all’oblazione ex art. 162-bis cod. pen. in relazione, anzitutto, alla gravità del fatto, desumibile dalla vasta estensione dell’area abusivamente occupata attraverso l’installazione di centodieci ombrelloni, settantacinque lettini, sei sdraio, ventitré sedie, dotando, inoltre, la spiaggia attrezzata di adeguata illuminazione per le ore serali e notturno.
Rispetto a tale motivazione, il ricorrente non muove alcuna censura, e tanto basta per l’inammissibilità del motivo, posto che, tra i casi in cui il giudice può respingere la domanda di oblazione, l’art. 162-bis cod. pen. contempla, al comma 4, la “gravità del fatto”.
Oltre a ciò, la Corte territoriale ha individuato altri due elementi ostativi, ossia: 1) il permanere della conseguenza dannose del reato, posto che non risultavano rimossi – essendo infissi nel cemento - i due pali sormontati da fari che assicurano l’illuminazione serale/notturna alla spiaggia; 2) la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., desumibile dai numerosi precedenti penali del Lucrezio, uno dei quali specifico.
A fronte di tale motivazione, il ricorrente muove censure di contenuto valutativo, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
4. Immune da violazioni di legge o da manifeste aporie logiche, infine, è la motivazione relativa al trattamento sanzionatorio, oggetto dell’ultimo motivo di ricorso, che è parimenti inammissibile.
Invero, la Corte di merito ha adeguatamente spiegato la scelta e l’entità della pena inflitta, facendo riferimento alla gravità del fatto, come sopra ampiamente descritta, e alla personalità dell’imputato, come detto gravato da diversi precedenti penali, uno dei quali specifico.
Si è al cospetto di una valutazione di fatto non manifestamente illogica, che quindi supera il vaglio di legittimità.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.