Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5351, del 29 ottobre 2014
Ambiente in genere.VIA per nuova attività estrattiva in cava parzialmente coltivata

La necessità di sottoporre a V.I.A. un intervento estrattivo già parzialmente autorizzato in una cava parzialmente coltivata, non può essere esclusa ex se dalla circostanza che il territorio è stato già oggetto di consistentissimi interventi, atteso che comunque vanno tutelate anche le residue esigenza di tutela ambientale, che non possono recedere automaticamente solo perché la situazione è già per la maggior parte stata oggetto di intervento, sussistendo al riguardo il potere discrezionale degli organi preposti a valutare la rilevanza o meno sull’ambiente delle operazioni da effettuare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05351/2014REG.PROV.COLL.

N. 01417/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1417 del 2014, proposto dalla Provincia di Mantova, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Storace ed Eloisa Persegati Ruggerini, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Crescenzio, n. 20;

contro

i signori Carlo Zini, Daniele Zini e Paolo Zini, in proprio e quali eredi del signor Giovanni Zini, rappresentati e difesi dagli avvocati Gian Paolo Sardos Albertini e Lucio Filippo Longo, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, piazza Marina, n. 1;

nei confronti di

della Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio; 
Con. Cave Mantova s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, Sezione II, n. 608/2013, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto per l’annullamento della comunicazione prot. GN-2009 n. 5001 del 29 gennaio 2009 (con la quale è stata riattivata, con richiesta di integrazione documentale, l'istruttoria della pratica relativa alla domanda di autorizzazione per la coltivazione della cava denominata Rinaldina, nel Comune di Marmirolo), nonché della deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia del 28 novembre 2006, n. 8/3667, come modificata ed integrata dalla deliberazione della stessa Giunta 13 ottobre 2008, n. 8/8210 (avente ad oggetto: “Determinazioni in merito all’espletamento delle procedure previste dalla vigente normativa in materia di valutazione dell’impatto ambientale nell’ambito dei procedimenti autorizzativi connessi all’attività estrattiva di cava”); inoltre dei motivi aggiunti proposti per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 2426-2009, notificata il 13 ottobre 2009, di diniego dell’intervento estrattivo richiesto.



Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Carlo Zini, Daniele Zini e Paolo Zini;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la propria ordinanza 29 aprile 2014 n. 1763;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Persegati e Longo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1.- I signori Carlo Zini, Daniele Zini e Paolo Zini sono proprietari di un’area inserita nel Piano Provinciale Cave della Provincia di Mantova (A.T.E. G6 “Marengo”), per la coltivazione della quale la Con.Cave Mantova s.r.l. ha chiesto, in data 21 marzo 2005, la concessione all’esercizio dell’attività estrattiva, in base alla disposizione che lo consente in caso di mancata coltivazione da parte dei proprietari.

Ricevuta la proposta, la Provincia ha assegnato ai proprietari un termine di 90 giorni (pari al minimo previsto dalla legge) per presentare un’eventuale domanda di autorizzazione alla coltivazione.

Ritenendo tale termine inadeguato, i signori Zini hanno presentato ricorso straordinario al Capo dello Stato, senza formulare immediatamente istanza di coltivazione.

La Provincia ha, nel frattempo, rilasciato, in data 1° febbraio 2006, la concessione n. 178 alla Con.Cave Mantova s.r.l. (per mc. 760.624), che è stata pure impugnata dai suddetti con ricorso straordinario.

Con decreto 14 settembre 2006, prot. 63610, l’Amministrazione ha disposto l’occupazione d’urgenza dell’area a favore della Con.Cave Mantova s.r.l., che ne è stata immessa in possesso. I proprietari, pertanto, nell’ambito dei ricorsi straordinari, hanno richiesto un parere sulla sospensione dei provvedimenti impugnati. Tale parere è stato espresso ed è stata fissata, per la relativa valutazione, l’adunanza del Consiglio di Stato del 25 settembre 2007.

Nelle more la Provincia, sollecitata dai signori Zini, ha sospeso in autotutela i provvedimenti e i proprietari suddetti, in uno con la ditta “Baresi cave” s.r.l., hanno chiesto il rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione. La Provincia, ritenuto che l’istanza dovesse essere respinta a causa del già intervenuto rilascio della concessione alla Con.cave Mantova s.r.l., con nota del 26 gennaio 2007, anticipava tali considerazioni ai proprietari, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

A tanto è seguita la presentazione di osservazioni da parte dei sig.ri Zini e, quindi, una nota di replica, definita interlocutoria dalla Provincia.

Il Consiglio di Stato ha, successivamente, espresso parere positivo all’accoglimento dei ricorsi straordinari, per insussistenza dei presupposti di ordine temporale richiesti dalla legge ai fini del rilascio del provvedimento concessorio impugnato, nonché per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. I ricorsi sono stati, quindi, accolti con decreto del 16 aprile 2008.

Con nota prot. GN-2009 n. 5001 del 29 gennaio 2009 la Provincia (che comunque aveva proposto ricorso per revocazione straordinaria al Capo dello Stato, nell’assunto che i ricorrenti avrebbero falsamente rappresentato l’idoneità della cava alla coltivazione) ha assegnato un termine di 90 giorni ai proprietari per completare la documentazione necessaria per ottenere il rilascio della concessione (cioè la convenzione con il Comune di Marmirolo, il titolo contrattuale comprovante il rapporto con la società Baresi, le tavole progettuali aggiornate recanti lo stato di fatto e l’indicazione dei volumi estraibili), prescrivendo, in particolare, di sottoporre il progetto di gestione a valutazione di impatto ambientale.

2.- Tale provvedimento è stato impugnato presso il T.A.R. Lombardia, Sezione staccata di Brescia, dai suddetti signori con ricorso n. di r.g. 384 del 2009, in parte qua, nell’assunto che la V.I.A. si sarebbe dovuta richiedere solo per il progetto di coltivazione, mentre l’intervento in questione si sarebbe dovuto qualificare come la ripresa e il completamento di quello iniziato da Con.Cave Mantova s.r.l.. E’ stata anche impugnata la deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia del 28 novembre 2006, n. 8/3667, come modificata ed integrata dalla deliberazione della stessa Giunta 13 ottobre 2008, n. 8 /8210, avente ad oggetto: “Determinazioni in merito all’espletamento delle procedure previste dalla vigente normativa in materia di valutazione dell’impatto ambientale nell’ambito dei procedimenti autorizzativi connessi all’attività estrattiva di cava”.

3.- Nelle more del giudizio la concessione è stata negata con provvedimento dirigenziale n. 2426/2009, emesso dopo che i suddetti proprietari avevano prospettato alla Provincia l’avvenuta richiesta di assoggettabilità alla V.I.A. del progetto di coltivazione della cava e il non assoggettamento al procedimento stesso dell’intero progetto di gestione dell’A.T.E., senza aver ottenuto alcun risultato positivo. Lo stesso atto è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti al ricorso n. 384 del 2009.

4.- Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione seconda, ha accolto il ricorso ed i motivi aggiunti presentati dai signori Zini.

5.- Con il ricorso in appello in esame la Provincia di Mantova ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

a) Error in iudicando: inammissibilità per difetto di interesse al ricorso di primo grado.

Con memoria conclusiva del 9 maggio 2013 la Provincia di Mantova aveva eccepito l’improcedibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse alla luce della sopravvenuta pronuncia del Capo dello Stato sui ricorsi per revocazione della decisione di cui al d.P.R. del 16 aprile 2008. Ciò in quanto nel parere del 12 ottobre 2011, posto a fondamento di detto decreto, è stato stabilito, con forza di giudicato tra le parti, che il contratto di appalto con la società Baresi Cave s.r.l., presentato dai signori Zini a corredo della loro istanza di autorizzazione per la coltivazione della cava, appariva simulato (a causa di una controdichiarazione apposta) e che il loro interesse consisteva non nell’escavazione, ma nel mantenimento della conservazione del fondo a destinazione agricola. Tanto avrebbe rivelato abuso del diritto ed induzione in errore dell’Amministrazione con comportamento qualificato di grave violazione dei principi di leale collaborazione procedimentale con la P.A., considerato che il contratto d’appalto successivamente depositato sarebbe stato formato a fini meramente rimediali, atteso che l’Amministrazione era venuta in possesso di detta controdichiarazione. Il ricorso azionato dai signori Zini sarebbe stato quindi strumentale a sostenere la fondatezza della domanda risarcitoria formulata in un diverso giudizio e comunque al momento della proposizione del ricorso n. 384 del 2009 lo stesso non sarebbe stato sorretto da alcun concreto interesse.

La tesi del primo giudice, che la pretesa simulazione del contratto di escavazione costituirebbe una inammissibile integrazione della motivazione del provvedimento impugnato con motivi aggiunti (motivato con riguardo al mancato espletamento della procedura di V.I.A.), sarebbe incondivisibile perché l’eccezione dell’Amministrazione non riguardava le ragioni del provvedimento gravato, ma l’interesse processuale dei ricorrenti (escluso dall’accertamento, con efficacia di giudicato, della simulazione del contratto e della circostanza che l’interesse da essi posto a fondamento dell’azione era opposto a quello all’escavazione, mirando invece alla conservazione dello status quo).

b) Violazione della D.G.R. 28 novembre 2006, n. 8/3667, come integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210. Violazione delle direttive comunitarie 85/337, 97/11 e 2003/35, violazione degli artt. 19 e ss. del d. lgs. n. 152 del 2006.

Con la D.G.R. 28 novembre 2006, n. 8/3667, integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210, la Regione Lombardia ha stabilito di sottoporre a procedura di assoggettabilità a V.I.A. anche i progetti di gestione produttiva degli ambiti territoriali estrattivi approvati, ai sensi dell’art. 11 della l.r. n. 14 del 1998, in epoca antecedente, in occasione della presentazione di richieste di riesame o di variamenti dei progetti medesimi o di presentazione di richieste di ampliamenti, varianti o nuove aperture, relative a cave comprese in detti ambiti.

Sia la Provincia che la Regione hanno evidenziato che nel caso in esame si era in presenza di una nuova cava, perché la precedente autorizzazione era stata annullata su ricorso degli stessi ricorrenti e perché comunque si prevedeva l’avvio di una nuova attività estrattiva di significativa incidenza. Ciò anche perché sussistevano differenze tra il progetto dei signori Zini e quello originario della Con.Cave Mantova s.r.l., che impedirebbero di ritenerli sovrapponibili e di configurare l’autorizzazione richiesta come mera prosecuzione dell’attività precedente, e perché l’Ambito non era ancora completato ed il quantitativo scavabile della cava Rinaldina era quantificabile in circa 480.000 mc..

Il T.A.R. ha respinto le deduzioni delle parti resistenti nell’assunto che la situazione fattuale escludeva che si trattasse dell’apertura di una nuova cava, ma la tesi non sarebbe condivisibile perché la D.G.R. n. 8/8210 del 13 ottobre 2009 ha introdotto l’obbligo di assoggettamento a verifica di V.I.A. per i progetti di ambito estrattivo anche nell’ipotesi di richieste di riesame o di varianti dei progetti o di ampliamenti o nuove cave anche per progetti approvati prima dell’entrata in vigore della deliberazione n. 8/3667 del 28 novembre 2006, che, in quanto adottata in presenza di avvio procedura di infrazione comunitaria, ha natura di sanatoria rispetto ad una situazione di illegittimità che riguardava le attività di escavazione intraprese in assenza della verifica di V.I.A..

Ma la giurisprudenza comunitaria e costituzionale si sarebbe in proposito espressa nel senso che quando, come nel caso che occupa, non si è provveduto in sede di prima autorizzazione, ricorre la necessità di disporre le verifiche di V.I.A. ai fini del rilascio dell’autorizzazione di escavazione.

Il progetto dei signori Zini, pur innestandosi in un ambito estrattivo già parzialmente autorizzato ed in una cava parzialmente coltivata, prevedeva l’avvio di una nuova e consistente attività estrattiva, da vagliare comunque sotto il profilo ambientale, perché da ritenere nuova autorizzazione sia sotto il profilo giuridico e che sotto il profilo sostanziale.

c) Violazione della D.G.R. 28 novembre 2006, n. 8/3667, come integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210. Violazione delle direttive comunitarie 85/337, 97/11 e 2003/35, violazione degli artt. 19 e ss. del d. lgs. n. 152 del 2006, sotto altro profilo. Erroneità della sentenza per illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti ed errore di fatto risultante dagli atti di causa.

Ulteriore violazione di detta D.G.R. sarebbe ravvisabile nella parte della sentenza in cui è espresso il convincimento che la procedura di verifica di assoggettabilità dell’A.T.E. a V.I.A. non era necessaria perché le potenzialità estrattive dell’ambito erano già in fase avanzata di sfruttamento, postulando un caso di esclusione non previsto da detta deliberazione.

Inoltre, secondo l’appellante, contraddittoriamente la sentenza dapprima afferma che la cava era stata sfruttata per 66.000 mc. circa, sui 161.741 mc. autorizzati, e poi trascura che l’evento estrattivo per cui è causa concerne il quantitativo non ancora scavato.

Contrasterebbe inoltre con le risultanze processuali l’affermazione contenuta in sentenza che l’A.T.E. sarebbe stato già integralmente realizzato, risultando da memoria della Provincia del 12 gennaio 2010, non smentita, che i quantitativi ancora scavabili nell’A.T.E. G6 erano ancora considerevoli, il che escluderebbe la condivisibilità dell’affermazione del T.A.R. che il progetto di V.I.A. si qualificava come un illegittimo aggravamento del procedimento.

d) Vizio di ultrapetizione. Violazione dell’art. 112 del c.p.c.. Violazione della D.G.R. 8/3664/2006, come modificata con D.G.R. 8/8120/2008, come integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210 punto I, lett. b).

Il T.A.R. ha concluso che la verifica di V.I.A. non fosse dovuta non solo sul progetto di gestione dell’Ambito estrattivo, che costituiva la causa petendied il petitum di annullamento azionato con il ricorso ed i motivi aggiunti di primo grado, ma anche sul progetto di cava oggetto di autorizzazione, che non è mai stato oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti, considerato che il provvedimento finale n. 2426 del 2009 vietava l’autorizzazione per mancato espletamento della V.I.A. sul progetto di gestione produttiva dell’ambito estrattivo A.T.E. G6, con vizio di ultrapetizione.

In subordine il capo di sentenza in esame sarebbe viziato da violazione della D.G.R. 8/3664/2006, come modificata con D.G.R. 8/8120/2008, come integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210, ai sensi del punto I, lettera b, che prevede l’assoggettamento a V.I.A. dei progetti di gestione produttiva approvati in epoca antecedente alla pubblicazione della D.G.R..

6.- Con memoria depositata il 7 marzo 2014, si sono costituiti in giudizio i signori Carlo Zini, Daniele Zini e Paolo Zini, in proprio e quali eredi del signor Giovanni Zini, che, con riguardo al primo motivo d’appello, ne hanno eccepito l’inammissibilità (nell’assunto che la tesi che il ricorso ed i motivi aggiunti di primo grado sarebbero stati considerati inammissibili per mancato compimento di atti volti ad intraprendere l’escavazione della cava de qua costituirebbe una inammissibile integrazione della motivazione del provvedimento impugnato) e dedotto l’infondatezza; inoltre essi hanno eccepito l’inammissibilità (perché costituirebbe nuova eccezione inammissibile in secondo grado la dedotta violazione della normativa comunitaria) e l’infondatezza del secondo motivo di gravame, nonché hanno dedotto l’infondatezza dei rimanenti motivi d’appello.

7.- Con ordinanza 29 aprile 2014, n. 1763, la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione della sentenza impugnata.

8.- Con memoria depositata il 6 giugno 2014 i signori Zini hanno sostanzialmente ribadito tesi e richieste.

9.- Con memoria depositata il 6 giugno 2014 la Provincia di Mantova ha contestato le avverse argomentazioni ed ha ribadito le già formulate deduzioni e domande

10.- Con memoria depositata il 16 giugno 2014 la Provincia, eccepita la tardività della produzione della documentazione invocata con memoria degli appellati del 5 giugno 2014, ha replicato alle avverse deduzioni.

11.- Con memoria depositata il 16 giugno 2014 i signori Zini hanno replicato alle avverse deduzioni ed eccezioni.

12.- Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

13.- Innanzi tutto la Sezione deve respingere l’eccezione formulata dai resistenti di tardività del deposito della documentazione prodotta in giudizio dalla Provincia di Mantova ed invocata con la memoria depositata il 6 giugno 2014, perché in essa è fatto riferimento ai documenti all. I ed L depositati in giudizio in data 28 maggio 2014, quindi prima dei quaranta giorni liberi dalla data dell’udienza di merito di cui all’art. 73 del c.p.a..

14.- In secondo luogo il Collegio, stante la fondatezza del secondo e del terzo motivo d’appello, ritiene di poter prescindere dalla verifica della fondatezza del primo motivo con cui è stata eccepita l’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio per carenza di interesse e della relativa eccezione di inammissibilità della censura formulata dalle parti resistenti in secondo grado.

15.- Rileva la Sezione che il T.A.R. ha escluso che quella di cui trattasi fosse da considerare una nuova cava, deducendo che la situazione fattuale lo escludeva dal momento che essa risultava già sfruttata per 66.000 mc. circa sui 161.741 autorizzati, creando un dislivello tra la parte scavata e quella ancora da intaccare di 4,50 m., nell’ambito di un A.T.E. già integralmente realizzato, fatta esclusione l’area in questione; se di nuova concessione poteva parlarsi perché sarebbe stata la prima ad essere rilasciata ai signori Zini, non altrettanto poteva dirsi rispetto all’area di intervento, in particolare sotto il profilo ambientale. A diverse conclusioni ha ritenuto il primo giudice di non poter addivenire in base alla tesi della Regione che l’annullamento con d.P.R. della precedente concessione induceva a ritenere quella richiesta dai signori Zini come nuova, essendo difficile ipotizzare quale potesse essere l’interesse tutelato e come fosse perseguibile, stante la situazione di fatto, in quanto la V.I.A., già illogica in relazione alla cava dei ricorrenti, era da escludere che potesse avere senso a fronte della compromessa situazione ambientale. Ciò in quanto la normativa in materia non prevede tra le cause di esclusione della necessità di assoggettare a V.I.A. il progetto d’Ambito l’ipotesi dello sfruttamento già in essere, ma quando l’ultimo lotto compreso in detto progetto abbia già subito trasformazioni è la ratio della disposizione a venir meno, rendendo superfluo ed inutile il procedimento di V.I.A., che non potrebbe portare ad alcun risultato apprezzabile sul piano ambientale.

16.- Ritiene il Collegio che siano al riguardo condivisibili le censure formulate con il secondo motivo posto a base del gravame dall’appellante Provincia, secondo la quale il progetto dei signori Zini, pur innestandosi in un ambito estrattivo già parzialmente autorizzato ed in una cava parzialmente coltivata, prevedeva l’avvio di una nuova e consistente attività estrattiva, da valutare sotto il profilo ambientale, sia perché nuova autorizzazione sotto il profilo giuridico (essendo la precedente stata annullata con detto d.P.R.), sia sotto il profilo sostanziale (riferendosi a nuovo progetto ed a nuova attività estrattiva, come risultante da relazione della Provincia n. 2009/24006 del 2009, che dimostrerebbe la sussistenza di differenze significative tra gli elaborati progettuali dell’autorizzazione annullata e quelli dell’autorizzazione richiesta dai signori Zini).

16.1.- Innanzi tutto non ritiene la Sezione condivisibile l’eccezione dei resistenti che il motivo sia inammissibile, perché la dedotta violazione della normativa comunitaria da parte della Provincia (a sostegno della tesi che l’intero A.T.E. dovesse essere assoggettato a V.I.A.), accompagnata da ampi richiami giurisprudenziali mai “messi in luce prima d’ora e che integrano, dunque, nuove eccezioni”, sarebbe inammissibile in secondo grado.

Invero, come dedotto al riguardo dalla Provincia, la D.G.R. n. 8/3667 del 2006 è stata adottata in attuazione di direttive comunitarie e della disciplina nazionale al riguardo, cosicché le decisioni della giurisprudenza in proposito citate vanno ritenute più finalizzate ad individuare la effettiva ratio della disciplina in questione a sostegno delle già formulate difese che a dedurre nuove prospettazioni.

16.2.- Nel merito non ritiene la Sezione al riguardo condivisile la tesi dei signori Zini che nel caso di specie non poteva configurarsi una domanda di apertura di nuova cava o di interventi di ampliamento o in variante del progetto assentito con la concessione in precedenza rilasciata, perché si sarebbe semplicemente in presenza della riapertura dell’istruttoria relativa ad una domanda presentata dai signori Zini prima dell’approvazione della D.G.R. del 2008 n. 8/8210 (che ha previsto che i progetti di gestione produttiva di A.T.E. approvati prima dell’adozione della deliberazione regionale n. 8/3667 del 2006 avrebbero dovuto essere assoggettati a procedura di V.I.A. anche in caso di ampliamenti, varianti o nuove aperture relative a cave comprese in tali A.T.E.).

E’, infatti, la novità della domanda di rilascio di autorizzazione allo scavo presentata dai signori Zini, unitamente alla s.r.l. Baresi Cave, in data 18 dicembre 2006 rispetto alla precedente concessione rilasciata alla Con. Cave Mantova s.r.l. che ha imposto la verifica di assoggettabilità a V.I.A. richiesta con atto del 29 gennaio 2010, a seguito della adozione della deliberazione n. 3667/2006, integrata dalla successiva n. 8120/2008, e non può quindi condividersi la tesi che non si trattasse dell’apertura di una nuova cava ma solo della riapertura dell’istruttoria relativa alla domanda del 2006 presentata dai signori Zini, essendo comunque ormai necessaria, a causa della intervenuta adozione delle citate deliberazioni, la sottoposizione a verifica di V.I.A. della nuova domanda.

17.- Pure condivisibili ritiene il Collegio le censure di cui al terzo motivo d’appello, con il quale è stato dedotto che ulteriore violazione della D.G.R. 28 novembre 2006, n. 8/3667, come integrata dalla D.G.R. 13 ottobre 2008, n. 8/8210, sarebbe ravvisabile nella parte della sentenza in cui è affermato che la procedura di verifica di assoggettabilità dell’A.T.E. a V.I.A. non fosse nel caso di specie necessaria perché le potenzialità estrattive dell’ambito sarebbero state già in fase avanzata di sfruttamento, postulando la tesi un caso di esclusione non previsto da detta deliberazione, che, anzi, prevede che la V.I.A. va effettuata anche ai fini di accertare l’eventuale superamento delle soglie dimensionali per l’assoggettamento ad essa e spetta quindi alla Regione accertare l’effettiva dimensione dell’Ambito ed decidere l’esclusione o meno della sottoposizione a V.I.A..

17.1.- Invero la cava era stata sfruttata per 66.000 mc. circa sui 161.741 mc. autorizzati e l’evento estrattivo per cui è causa concerne il quantitativo non ancora oggetto di sfruttamento, che costituisce la parte più consistente della cava e la cui escavazione genera un sicuro impatto nell’Ambito in cui è inserito, incidendo la cava de qua per circa un terzo dell’A.T.E..

Come dedotto dall’appellante Provincia, non è stata smentita dalle produzioni in giudizio dei resistenti l’affermazione dalla stessa che nell’A.T.E. G6 erano ancora da scavare, oltre le quantità previste nella cava di cui trattasi, ulteriori quantitativi nella cava Zantedeschi e nella cava Primavera, oltre alle attività di recupero da effettuare, il che dimostra che le residue potenzialità estrattive nell’A.T.E. suddetto non erano del tutto irrilevanti e che quindi, pur tenendo conto delle rilevantissime escavazioni già effettuate nell’A.T.E., non ininfluente era l’esigenza di sottoporre a verifica di V.I.A. la richiesta di cui trattasi.

Invero la necessità di sottoporre a V.I.A. un intervento come quello di cui trattasi non può essere esclusa ex se dalla circostanza che il territorio è stato già oggetto di consistentissimi interventi, atteso che comunque vanno tutelate anche le residue esigenza di tutela ambientale, che non possono recedere automaticamente solo perché la situazione è già per la maggior parte stata oggetto di intervento, sussistendo al riguardo il potere discrezionale degli organi preposti a valutare la rilevanza o meno sull’ambiente delle operazioni da effettuare.

17.2.- Non sono condivisibili al riguardo le osservazioni dei signori Zini che il progetto presentato dalla Con. Cave Mantova s.r.l. e autorizzato con la concessione n. 178 dell’1 febbraio 2006 e quello presentato dai signi Zini e dalla ditta Baresi nel mese di dicembre 2006 sarebbero perfettamente sovrapponibili e sarebbe irrilevante la sola differenza costituita dalla circostanza che il progetto dei signori Zini prevede una sistemazione degli appezzamenti con pendenze regolari dello 0,3% perpendicolari alle “adacquatrici” mentre il precedente progetto prevedeva un livellamento dei terreni con pendenze non regolari, variabili dallo 0,2 allo 0,25% e disposte trasversalmente rispetto alle canalette d’irrigazione.

Ciò perché comunque i due progetti non erano identici e comunque ed erano nelle more sopravvenute le deliberazioni cui sopra si è fatto cenno che imponevano la sottoposizione a verifica di V.I.A. dell’intervento in questione.

18.- L’accoglimento del secondo e del terzo motivo d’appello comporta l’assorbimento del quarto motivo di gravame, con il quale è stato dedotto che la sentenza sarebbe viziata da ultrapetizione laddove ha affermato che la verifica di V.I.A. non fosse dovuta non solo sul progetto di gestione dell’Ambito estrattivo, ma anche sul progetto di cava oggetto di autorizzazione

19.- Il ricorso in appello deve quindi essere accolto e deve essere riformata la prima decisione; per l’effetto va respinto il ricorso introduttivo del giudizio proposto dai signori Zini, che, pur avendo riportato in punto di fatto i motivi posti a base del ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti, non hanno formalmente espressamente riproposto con l’atto di costituzione in appello i motivi sostanzialmente assorbiti dal giudice di primo grado, come stabilito dall’art. 101, comma 2, del c.p.a. perché non si intendano gli stessi rinunciati.

L'esame dei motivi di ricorso assorbiti o comunque non valutati in primo grado è infatti consentito al giudice di appello solo se la parte appellata indichi specificamente le censure che intende devolvere alla cognizione del giudice di secondo grado al fine di consentirgli una compiuta conoscenza delle relative questioni ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse (Consiglio di Stato, sez. III, 9 luglio 2014, n. 3492).

Ritiene la Sezione che nel caso di specie la mera sintesi dei motivi proposti in primo grado dedotta con la narrazione di quanto avvenuto prima della proposizione del ricorso in appello, senza espressa indicazione in tale atto della volontà di riproporre quelli di essi che sono stati assorbiti con la sentenza di primo grado, si rivela inidonea ad introdurre nel giudizio di secondo grado i motivi in tal modo dedotti.

20.- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame (n. 1417 del 2014) e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R. n. 384 del 2009.

Pone in solido a carico degli appellanti signori Carlo Zini, Daniele Zini e Paolo Zini , con ripartizione interna in parti uguali, le spese e gli onorari del doppio grado, liquidate a favore della Provincia di Mantova nella misura di € 10.000,00 (diecimila/00), oltre ai dovuti accessori di legge.

Dispone che gli appellati rimborsino alla Provincia di Mantova quanto complessivamente pagato a titolo di contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)