Cons. Stato Sez. III n.784 del 15 febbraio 2012
Ambiente in genere. Legittimazione associazioni di protezione ambientale

La legittimazione spetta non soltanto alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale individuate con decreto ministeriale ai sensi dell’art. 13 L 8 luglio 1986, n.349, ma anche alle articolazioni regionali di tali associazioni, purchè rappresentative dell’interesse pregiudicato dall’atto impugnato.

N. 00784/2012REG.PROV.COLL.

N. 01862/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1862 del 2009, proposto da:
Provincia di Biella, rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Legambiente - Associazione Ambientalistica Nazionale, Legambiente Piemonte, rappresentati e difesi dagli avv. Mario Contaldi, Claudio Dal Piaz, Chiara Servetti, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;

nei confronti di

Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Fariello Savina, Alba Riva, rappresentati e difesi dagli avv. Mario Contaldi, Claudio Dal Piaz, Chiara Servetti, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63; Cei Simonetta, Cavaglia' S.p.A., Comune di Cavaglia'; Societa' Asrab, rappresentato e difeso dall'avv. Cinzia Picco, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; Regione Piemonte, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanna Scollo, Gabriele Pafundi, Ilaria Chesta, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, via Giulio Cesare, 14 Sc A/4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE II n. 01217/2008, resa tra le parti, concernente GIUDIZIO DI COMPATIBILITA' AMBIENTALE DEL PROGETTO DI RIMODELLAMENTO DISCARICA

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il Cons. Lanfranco Balucani e uditi per le parti gli avvocati Scaparone, Nilo su delega di Picco e Sivieri su delega di Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR Piemonte Legambiente Nazionale, unitamente a Legambiente Piemonte e ad alcuni soggetti che si sono qualificati come residenti nella zona, hanno impugnato le determinazioni del dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella assunte in data 2.8.2007, recanti i nn. 2636 e 2638, con le quali l’Amministrazione provinciale, all’esito di una conferenza di servizi, ha concluso il procedimento finalizzato alla espressione del giudizio di compatibilità ambientale, comprensivo delle autorizzazioni ambientali e urbanistiche, relativamente al progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bireattore” presentato dalla S.p.a. A.S.R.A.B. che gestisce una discarica in territorio del Comune di Cavaglià.

Più precisamente con atto n. 2636 veniva adottata la determinazione conclusiva del procedimento svolto in conferenza di servizi; con successivo atto n. 2638 veniva poi espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto e approvato il progetto stesso con conseguente nuova “autorizzazione integrata ambientale”, autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento rifiuti (ai sensi dell’art.210 d.lgs. n.152/2006), autorizzazione alle emissioni in atmosfera (ai sensi dell’art.269 d.lgs.cit.), e autorizzazione allo scarico di acque meteoriche in rete fognaria (ai sensi dello stesso d. lgs.).

Sulla premessa che la discarica gestita da A.S.R.A.B. è adiacente ad altra discarica di proprietà della società Cavaglià s.p.a., e che le due discariche sono sostanzialmente un unico complesso essendo divise solo da una parete, cosicchè la sopraelevazione dell’una comporta necessariamente la sopraelevazione dell’altra, i ricorrenti deducevano con il ricorso introduttivo, notificato il 15.11.2007, una serie di censure nei confronti della determinazione n.2636, ed altre censure nei confronti della determinazione n.2638.

Al ricorso introduttivo seguivano motivi aggiunti notificati il 17.1.2008; ulteriori motivi aggiunti venivano notificati in data 10.3.2008.

Pronunciandosi sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti con sentenza 26 maggio 2008, n.1217 il TAR adito così decideva:

a) dichiarava il difetto di legittimazione al ricorso di Legambiente Piemonte e dei soggetti qualificatisi come residenti;

b) dichiarava altresì la inammissibilità dell’intervento “ad adiuvandum” effettuato dal Comune di Cavaglià;

c) accoglieva il ricorso avendo esaminato tutti i motivi di impugnativa dedotti e ritenuto fondati:

(quanto alla determinazione n.2636)

-il motivo sub 1) con il quale si deduceva l’illegittimità della determinazione per violazione dell’art.4 L.R.Piemonte n.40/1998, nell’assunto che la valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto riferirsi all’intero complesso e non alla sola discarica gestita da A.S.R.A.B s.p.a.;

-il motivo sub 2), nella parte in cui denunciava eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento, con riferimento al fatto che l’ampliamento della discarica non rispetta il principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti, emergente tra l’altro dagli artt. 182 e 201 d.lgs. n.152/2006;

(quanto alla determinazione n.2638)

-il motivo sub 4) ove si deduceva la violazione dell’art.9, comma 1, lett.d), e dell’art.14 d.lgs. n.36/2003, perché le autorizzazioni impugnate sono state rilasciate senza la prestazione da parte di A.S.R.A.B. s.p.a. della garanzia della durata trentennale prescritta per la gestione post-operativa della discarica.

Avverso tale pronuncia ha interposto appello la Provincia di Biella censurando le motivazioni addotte a fondamento dell’accoglimento.

Ha proposto altresì appello incidentale autonomo A.S.R.A.B. s.p.a., la quale ha svolto tesi difensive analoghe a quelle della Provincia.

La Regione Piemonte si è costituita in giudizio proponendo intervento “ad adiuvandum”.

Ha poi proposto appello incidentale Legambiente Nazionale, unitamente a Legambiente Piemonte e agli altri ricorrenti in primo grado, i quali hanno censurato il capo della sentenza concernente il difetto di legittimazione a ricorrere di Legambiente Piemonte e dei residenti, ed hanno riproposto i motivi di ricorso dedotti in primo grado e ritenuti infondati, che possono essere così riassunti:

1) incompetenza della Provincia a rilasciare la autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del d.lgs. n.152/2006;

2) violazione dell’art.14 bis della legge n.241/1990 per la considerazione che, con riferimento alla procedura di impatto ambientale, la conferenza di servizi avrebbe omesso di considerare l’ipotesi zero;

3) violazione della deliberazione della Giunta regionale 11.11.2002, n.14-7623 e del Piano qualità dell’aria della Provincia di Biella, in relazione al fatto che il rispetto dei limiti di qualità dell’aria nella zona ove si trova la discarica è appena inferiore alla soglia di allarme;

4) violazione del Piano territoriale provinciale, in quanto consentirebbe le sole infrastrutture ecologiche esistenti ed in progetto;

5) violazione dei requisiti prescritti dal d.lgs. n.36/2003 e del Piano regionale tutela delle acque, stante che la discarica è priva di barriera geologica naturale delle sponde;

6) violazione del Programma rifiuti della Provincia di Biella, in relazione al diverso trattamento previsto dal progetto in contestazione per i rifiuti conferiti.

Con successive memorie le parti hanno ribadito e ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 2.12.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va anzitutto esaminata la eccezione di inammissibilità dell’appello principale della Provincia sollevata nel controricorso e nei successivi atti difensivi di Legambiente, per essere stato notificato l’appello solo in data 18.2.2009, ovvero oltre il termine di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza appellata, avvenuta in data 26.5.2008.

L’eccezione deve essere disattesa.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di Legambiente, nella fattispecie in esame non trova applicazione il rito abbreviato di cui all’art.23 bis legge n.1034 del 1971, giacchè esso ha sì per oggetto i giudizi in tema di provvedimenti relativi ad opere pubbliche o di pubblica utilità, ma, secondo quanto si desume dalla formulazione della norma, solo per i casi in cui il giudizio verta sulle procedure di scelta del soggetto esecutore delle opere, ovvero sui procedimenti di occupazione e/o espropriazione delle aree destinate alla realizzazione delle opere stesse.

2. Affrontando poi, sempre in via preliminare, la questione della legittimazione dei ricorrenti in primo grado, va condiviso l’appello incidentale di Legambiente ove si censura la statuizione del TAR che ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva sia di Legambiente Piemonte che delle persone fisiche ricorrenti.

2.1 Quanto a Legambiente Piemonte, nella stessa sentenza di primo grado si riconosce, in linea con la prevalente giurisprudenza, che la legittimazione spetta non soltanto alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale individuate con decreto ministeriale ai sensi dell’art. 13 L 8 luglio 1986, n.349, ma anche alle articolazioni regionali di tali associazioni, purchè rappresentative dell’interesse pregiudicato dall’atto impugnato. E la richiesta rappresentatività non può essere di certo negata nella fattispecie in esame, posto che lo statuto di Legambiente prevede espressamente all’art.24 che la rappresentanza in giudizio è attribuita non solo al presidente nazionale, ma anche ai “presidenti regionali”; né può dubitarsi che Legambiente regionale abbia un interesse concreto e diretto a contestare l’ampliamento di una discarica che insiste proprio sul territorio di sua competenza.

2.2 Quanto poi alle persone fisiche ricorrenti in primo grado, anche per esse non può essere esclusa la legittimazione a ricorrere, e ciò in linea con l’orientamento della giurisprudenza secondo cui la legittimazione in materia ambientale va riconosciuta in base al criterio della “prossimità dei luoghi interessati”, ovvero della sussistenza di uno “stabile collegamento” con la zona interessata dalla realizzazione dell’opera (cfr. da ultimo Cons.St. VI, 16 settembre 2011, n.5192).

3. Passando all’esame dei motivi di gravame prospettati con l’appello principale della Provincia di Biella, e con l’appello incidentale autonomo di A.S.R.A.B. s.p.a. (che sono sostanzialmente coincidenti), va anzitutto dato atto che nelle more del giudizio la società ha presentato la garanzia trentennale per la fase di post-chiusura della discarica (come si evince dalla documentazione depositata in atti dalla società), sì che non ha più ragion d’essere la doglianza del ricorso introduttivo (fatta propria dal TAR) con la quale era stata eccepita la insufficienza della garanzia quinquennale.

Al riguardo la difesa di Legambiente contesta che la sopravvenuta prestazione di garanzia trentennale possa esplicare effetti di sanatoria osservando che ”la legittimità degli atti impugnati va valutata all’epoca della proposizione del ricorso”, e che occorrerebbe una nuova “autorizzazione unica” con effetto ex nunc.

Ma siffatte obiezioni sono prive di pregio. Dovendosi infatti valutare nel presente giudizio la fondatezza dei motivi di censura prospettati nei confronti degli atti impugnati, e ciò per l’effetto devolutivo dell’appello, non si può non prendere atto che relativamente al motivo concernente la insufficiente prestazione di garanzia è venuta meno la materia del contendere; d’altra parte deve convenirsi che la prestazione della garanzia trentennale, realizzando una condizione richiesta ai fini della validità della “autorizzazione unica”, viene a produrre un effetto di sanatoria in ordine alla medesima.

4. Gli altri due motivi di impugnativa della sentenza di primo grado attengono rispettivamente:

a) al procedimento che ha condotto al giudizio di compatibilità ambientale del progetto di “rimodellamento” della discarica ed alla approvazione del progetto;

b) alla asserita violazione del principio di autosufficienza delle discariche.

Entrambi i motivi di gravame meritano adesione.

4.1 Nell’assunto che la V.I.A. avrebbe dovuto essere riferita all’intero complesso costituito, non solo dalla discarica gestita da A.S.R.A.B s.p.a., ma anche da quella ad essa adiacente gestita dalla società Cavaglià –stante il legame materiale e funzionale intercorrente tra le due, il primo giudice ha ritenuto, anche alla luce di quanto stabilito dall’art.4, comma 5, L.R. n.40/1998, che la V.I.A. avrebbe dovuto “riferirsi in modo unitario a tutte le opere necessarie per la realizzazione del progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. comprese quelle che investivano direttamente la discarica di Cavaglià s.p.a.”; in ogni caso non risulterebbe dimostrato che in sede di Conferenza di servizi, che ha preceduto le determinazioni oggetto di impugnativa, vi sia stata la consapevolezza che l’impianto di A.S.R.A.B. s.p.a. fosse contiguo all’altro.

E’ bensì vero che la richiamata norma regionale impone una valutazione congiunta dei progetti tra loro collegati, ma tale valutazione è stata sostanzialmente effettuata. Giova infatti osservare che anche per la discarica adiacente a quella in contestazione era stata presentata analoga istanza di autorizzazione per interventi di “rimodellamento”, ed anche se essa ha dato luogo ad un distinto e separato procedimento, nondimeno entrambi i procedimenti hanno seguito uno svolgimento congiunto, nel senso che le sedute per l’esame delle due istanze –sia quelle dell’Organo tecnico provinciale riunito con il Comitato tecnico provinciale per i problemi ambientali, sia quelle della Conferenza di servizi- si sono tenute nelle medesime giornate, e le Amministrazioni partecipanti hanno espresso il proprio parere sulla compatibilità ambientale nella piena consapevolezza della contiguità delle due discariche e della loro interdipendenza, come si evince dal verbale della seduta della conferenza di servizi del 14.11.2006 (doc.n.8 prodotto dalla difesa della Provincia)..

Che la relazione tra i due impianti fosse ben presente in sede di valutazione dei due progetti risulta

incontestabile, posto che le sedute della Conferenza di servizi e degli Organi tecnici provinciali relative alle domande dei soggetti gestori delle due discariche sono state convocate negli stessi giorni ed i soggetti partecipanti a detti organismi sono stati sempre i medesimi (cfr. in particolare, oltre al verbale delle sedute della Conferenza del 14.11.2006, i verbali delle sedute del 12.6.2007 e del 3.7.2007: doc.i nn.8 e 9 della Provincia).

In definitiva, anche prescindendo dai rilievi prospettati dall’appellante Provincia tesi ad escludere il riconoscimento della unitarietà strutturale e funzionale delle due discariche ai fini della applicazione dell’art.4, comma 5, L.R. n.40/1998, deve concludersi che l’istruttoria delle due istanze è stata sostanzialmente unitaria, avendo presente la contiguità dei due impianti. Dal che consegue la infondatezza della censura dedotta con il ricorso introduttivo che si appuntava sulla denunciata carenza del procedimento.

4.2 Con l’altro motivo di gravame la sentenza di primo grado è stata impugnata per la parte in cui ha condiviso la censura del ricorso introduttivo ove si deduceva la violazione del principio sancito dall’art. 182 d.lgs. n.152/2006 della “autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali”; e ciò in quanto l’ampliamento, o modellamento, della discarica A.S.R.A.B. sarebbe stato progettato per ospitare rifiuti provenienti da altre Provincie, e segnatamente dalla Provincia di Torino, anziché per soddisfare bisogni di smaltimento del territorio biellese.

Al riguardo si osserva che non è stata oggetto di considerazione la circostanza che sin dal 2004 la discarica ha ricevuto anche i rifiuti provenienti dal territorio di Torino, e che la stessa Provincia di Biella, dopo aver autorizzato il “rimodellamento” della discarica, ha approvato un protocollo di intesa con il quale ha accettato di ricevere nel 2007 i rifiuti prodotti nel bacino torinese.

Non può anzitutto essere condivisa la portata attribuita, nella sentenza impugnata, al principio di autosufficienza quale statuito dall’art.182 d.lgs. cit : vale a dire la sua sostanziale identificazione con il divieto di smaltimento di rifiuti provenienti da altre Regioni. La stessa formulazione dell’art. 182, 3° comma, (“lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento… al fine di : a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali…”) fa intendere che l’autosufficienza si atteggia come “fine” dell’azione amministrativa e dunque come un obiettivo da perseguire, e non già come presupposto di legittimità della autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Ben diversa avrebbe dovuto essere la formulazione della norma se avesse voluto imporre un divieto vero e proprio, come si può agevolmente desumere dal successivo 5° comma che così si esprime per sancire quello che è un divieto vero e proprio di smaltimento di rifiuti :“è vietato smaltire rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti”.

Quest’ultima disposizione consente anche di concludere che il divieto opera semmai per i rifiuti provenienti da altre Regioni e non già per quelli trattati all’interno dello stesso ambito regionale.

Non sussiste poi il prospettato difetto di istruttoria.

Diversamente da quanto sostenuto da Legambiente la circostanza che la discarica A.S.R.A.B. fosse servita anche per lo smaltimento dei rifiuti provenienti dal territorio della provincia di Torino non era affatto ignorata nel corso del procedimento che ha condotto alla adozione della determinazione impugnata, com’è dimostrato tra l’altro dal verbale della riunione congiunta dell’Organo tecnico e del Comitato tecnico provinciale per i problemi ambientali tenutosi il 17.10.2006, nella quale si fa espresso riferimento agli impegni assunti per il trattamento di rifiuti provenienti da altre Provincie (vedi pag. 3 del verbale).

Il vero è –secondo quanto si evince dagli atti di causa- che la decisione di intervenire sulla discarica attraverso il progetto di “rimodellamento” è stata sollecitata dall’A.T.O. (Ambito Territoriale Ottimale) locale, in coerenza con gli atti della programmazione regionale e provinciale, per fronteggiare il fabbisogno di smaltimento del territorio biellese per gli anni futuri.

In particolare, quanto all’accordo intercorso con la Provincia di Torino recepito dalla delibera della Giunta provinciale di Biella 28.9.2007, n.277 –che secondo la sentenza di primo grado “non risulta che è…stato oggetto di effettiva considerazione”-, detto accordo prevede che i quantitativi di rifiuti di cui è previsto il conferimento da parte della Provincia di Torino “restano comunque subordinati alle effettive disponibilità di trattamento e successivo smaltimento dell’impianto e possono essere ridotti o azzerati a seconda delle variazioni che dovesse subire la succitata disponibilità, che deve sempre privilegiare il bacino di appartenenza”; al tempo stesso è previsto che la Provincia di Biella acquisti “il diritto alla restituzione alla Provincia di Torino di identica quantità di rifiuti effettivamente conferita presso il polo tecnologico A.S.R.A.B. e successivamente smaltita presso la discarica al servizio del medesimo”.

In definitiva anche il contenuto di tale accordo dimostra la piena corrispondenza dell’ampliamento dell’impianto alle esigenze del territorio biellese, dal momento che la disponibilità concessa alla Provincia di Torino non solo risulta subordinata al soddisfacimento delle proprie esigenze di smaltimento, ma è stata consentita in vista della possibilità di usufruire di analoga disponibilità in una fase successiva.

5. Stante la fondatezza dell’appello principale della Provincia e dell’appello incidentale autonomo di A.S.R.A.B.s.p.a., debbono essere esaminati i motivi riproposti con l’appello incidentale di Legambiente.

Tali motivi sono infondati per le considerazioni che seguono (con le quali si ribadiscono le conclusioni cui era pervenuta la sentenza di primo grado).

5.1 Quanto alla denunciata incompetenza della Provincia circa il rilascio della autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento, è bensì vero che alla stregua dell’art.208 del codice dell’ambiente la competenza spetterebbe alla Regione, ma nella fattispecie la Regione Piemonte ha delegato l’esercizio di tale funzione alla Provincia (in tal senso deve leggersi l’art.5, 1° comma, lett. c, L.R. n.44/20000; art.3, 1°comma, lett.h), L.R. n.24/2002; art.2, 1° comma, lett.i), D.Lgs. n.59/2005). D’altra parte l’attribuzione alle Regioni di una funzione amministrativa comporta il riconoscimento a queste della corrispondente potestà legislativa sulla funzione stessa.

5.2 Non si condivide la tesi del mancato esame della cd. ipotesi zero (contemplata dall’art.14 bis, 3° comma,L. n.241/1990), vale a dire delle conseguenze legate alla mancata realizzazione dell’intervento, poiché tale problema è stato oggetto dei chiarimenti forniti in fase istruttoria da A.S.R.A.B. a seguito della richiesta della Provincia.

5.3 Con riferimento alla asserita violazione della delibera della Giunta regionale 11.11.2002,n.14-7623 e del Piano qualità dell’aria della Provincia di Biella, Legambiente ha ribadito che l’ampliamento dell’impianto e le nuove modalità di gestione mediante bireattore per la produzione di biogas comportano necessariamente una maggiore emissione di sostanze inquinanti, con conseguente aggravamento del bilancio ambientale dell’area; ma di fronte alla dimostrazione, da parte della Provincia, che il progetto prevede misure compensative in grado di mantenere il bilancio ambientale positivo, è mancata la prova del contrario.

5.4 Non si ravvisa la dedotta violazione del Piano territoriale provinciale, secondo il quale sarebbero permesse solo le infrastrutture ecologiche, non soltanto perché le previsioni del Piano non contengono una effettiva limitazione delle infrastrutture realizzabili nella zona di Cavaglià, ma anche perché non può essere negata tale qualificazione ad una discarica che utilizzando un sistema tecnologico innovativo, determina la degradazione biologica dei rifiuti e produce biogas in maniera controllata.

5.5 Con riferimento alla dedotta carenza dei requisiti prescritti dal d.lgs. n.36/2003 ed alla violazione del Piano regionale di tutela delle acque, la sentenza di primo grado ha riconosciuto che la “barriera geologica” –secondo quanto descritto nella relazione tecnica allegata- è stata completata artificialmente “attraverso un sistema barriera di confinamento” (in conformità di quanto previsto dall’allegato 1 del d.lgs. n.36/2003), sì che assicura una protezione equivalente a quella “naturale”, ed egualmente garantite sono le condizioni di impermeabilizzazione.

Nella riproposizione del motivo di gravame non vengono addotti elementi validi a contrastare le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado: deve pertanto ritenersi insussistente la asserita violazione del d.lgs. n.36/2003, come pure il connesso rischio di inquinamento delle acque per l’assenza dei requisiti previsti da detto decreto.

5.6 Infine è privo di pregio l’ultimo motivo con il quale viene ribadita la violazione del Programma rifiuti della Provincia di Biella, e segnatamente dell’art. 5.4 e art.5.3, non essendo prevista la nuova modalità di trattamento e smaltimento dei rifiuti (che, anziché essere essiccati, vengono umidificati con il ricircolo dell’acqua percolata dalla discarica, eventualmente integrata con quella proveniente dal bacino di raccolta delle acque di dilavamento meteoriche afferente alla discarica, al fine della produzione di biogas utilizzato per la produzione di energia elettrica mediante bireattore). Al riguardo infatti non possono che essere ribadite le conclusioni del primo giudice laddove ha evidenziato che la introduzione della tecnologia del bireattore non comporta la modificazione dei rifiuti ammessi in discarica, e che nella stessa relazione redatta dall’ARPA è precisato che “la tipologia di rifiuti smaltiti avrebbe le stesse caratteristiche (classificazione codici C.E.R.) di quelli già presenti, costituiti da bioessiccato”.

6. Alla stregua delle considerazione che precedono debbono essere accolti l’appello principale della Provincia e l’appello incidentale autonomo di A.S.R.A.B s.p.a., e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere respinto il ricorso introduttivo di Legambiente; l’appello incidentale di Legambiente ed altri deve essere invece accolto limitatamente al profilo della legittimazione a ricorrere di Legambiente Piemonte e dei residenti.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra tutte le parti in causa.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),definitivamente pronunciando sull'appello principale della Provincia, come in epigrafe proposto, nonché sull’appello incidentale autonomo di A.S.R.A.B s.p.a., li accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione; accoglie altresì l’appello incidentale di Legambiente limitatamente al profilo della legittimazione a ricorrere .

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Lanfranco Balucani, Consigliere, Estensore

Marco Lipari, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/02/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)