Cass.Sez. III n. 2303 del 16 gennaio 2013 (Ud. 6 dic 2012)
Pres.Gentile Est.Amoroso Ric.D'Auria
Rifiuti.Fanghi di depurazione e disciplina applicabile

In materia di fanghi derivanti dai processi di depurazione, le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento sono disciplinate non soltanto dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, inerente l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, ma anche dal D.Lgs. n. 152 del 2006 (e, prima della sua entrata in vigore, dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), non sussistendo alcun rapporto di specialità tra dette fonti. (Fattispecie in tema di condanna, ritenuta legittima dalla S.C., in ordine al reato di smaltimento di fanghi previsto dall'art. 256 del citato D.Lgs. del 2006).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. GENTILE Mario - Presidente - del 06/12/2012
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere - N. 3036
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 17103/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D'AURIA Nicola, nato il 17.2.1965 ad Ortona (CH);
avverso la sentenza del 26 novembre 2011 della corte d'appello dell'Aquila;
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. POLICASTRO Aldo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito l'avvocato Gatta Vincenzo ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
la Corte osserva:
RITENUTO IN FATTO
1. D'AURIA Nicola, nato il 17.2.1965 ad Ortona (CH) era imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, perché, in qualità di legale rappresentante della ditta D'Auria, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione smaltiva rifiuti (fanghi di depurazione) in concorso con Zulli Camillo, nei confronti del quale si procedeva separatamente, il quale ricevuti i fanghi provvedeva a spargerli su un terreno di sua proprietà sito in località Cocullo di Ortona (accertato in Ortona il 6.2.2006). Con sentenza emessa in data 30 luglio 2009 il Tribunale di Chieti, Sezione distaccata di Ortona, in composizione monocratica, ha condannato D'Auria Nicola, per il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a) e comma 2 previa riqualificazione del fatto in termini di abbandono indiscriminato di rifiuti non pericolosi da parte di soggetto titolare d'impresa, alla pena di mesi tre di arresto.
2. Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato chiedendo la riforma della sentenza impugnata con la conseguente emissione di sentenza assolutoria, anche ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2.
La Corte d'appello dell'Aquila con sentenza del 26 novembre 2010 ha confermato la sentenza in data 30.7.2009 del Tribunale di Chieti - sezione distaccata di Ortona, condannando l'imputato D'Auria Nicola al pagamento delle maggiori spese.
3. Avverso questa pronuncia l'imputato propone tempestivo ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, il ricorrente deduce che la norma contestata non era applicabile giacché si applicava solo la disciplina specifica dettata dal D.Lgs. n. 99 del 1992, denunciando anche la violazione del principio di specialità di cui all'art. 15 c.p. ed il difetto di motivazione.
2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. È sufficiente in proposito richiamare e ribadire quanto già ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. 3, 11/04/2003 - 3/07/2003, n. 28484) che ha affermato che in materia di fanghi derivanti dai processi di depurazione le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento (consistente nella modifica delle caratteristiche fisico-chimiche-biologiche dei fanghi per facilitarne l'uso agricolo) sono sottoposte, oltre che alle disposizioni del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, sull'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, anche alla disciplina del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 sui rifiuti, stante la espressa clausola di salvezza contenuta nel citato D.Lgs. n. 99, artt. 8 e 16 sia pure con riferimento al previgente D.P.R. n. 915 del 1982 (conf. Cass. n. 2819 del 1997).
3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. L'inammissibilità del ricorso, anche per manifesta infondatezza dei motivi, configura in ogni caso una causa originaria di inammissibilità dell'impugnazione, e non sopravvenuta, sicché non si costituisce il rapporto di impugnazione e conseguentemente non è possibile invocare eventuali cause estintive dei reati (Cass., sez. un., 22 novembre - 21 dicembre 2000, n. 32, De Luca).
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2013