 Corte Costituzionale sent. 112 del 7 aprile 2011
Corte Costituzionale sent. 112 del 7 aprile 2011
Oggetto: Miniere, cave e torbiere - Ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche - Classificazione delle risorse geotermiche in risorse di interesse nazionale, risorse di interesse locale e piccole utilizzazioni locali - Definizione delle risorse geotermiche quali risorse minerarie - Definizione delle risorse geotermiche di interesse nazionale quali patrimonio indisponibile dello Stato e delle risorse di interesse locale quali patrimonio indisponibile regionale - Individuazione delle autorità competenti per le funzioni amministrative.
 SENTENZA N. 112 ANNO 2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:  Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo  1, commi 3, 4, 5 6 e 7, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22  (Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle  risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23  luglio 2009, n. 99), promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano con  ricorso notificato il 23 aprile 2010, depositato in cancelleria il 30  aprile 2010 ed iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2010. Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice relatore Paolo Maddalena; uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz  per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Maria  Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 23 aprile 2010 e  depositato il successivo 30 aprile la Provincia Autonoma di Bolzano ha  sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi  3, 4, 5, 6 e 7, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22  (Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle  risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23  luglio 2009, n. 99). 1.1. - Le disposizione impugnate prevedono: - (comma 3) che «Sono d’interesse nazionale le risorse  geotermiche ad alta entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per  la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli  impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, tale da assicurare  una potenza erogabile complessiva di almeno 20 MW termici, alla  temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi; sono  inoltre di interesse nazionale le risorse geotermiche economicamente  utilizzabili rinvenute in aree marine»; - (comma 4) che «fatto salvo quanto disposto ai commi 3 e  5 sono di interesse locale le risorse geotermiche a media e bassa  entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di  un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito  del titolo di legittimazione, di potenza inferiore a 20 MW termici  ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei  reflui di 15 gradi centigradi»; - (comma 5) che «sono piccole utilizzazioni locali le  risorse geotermiche come definite e disciplinate dall’articolo 10. Le  stesse non sono soggette alla disciplina mineraria di cui al regio  decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e all’articolo 826 del codice civile»; - (comma 6) che «le risorse geotermiche ai sensi e per  gli effetti di quanto previsto e disciplinato dal regio decreto 29  luglio 1927, n. 1443, e dall’articolo 826 del codice civile sono risorse  minerarie, dove le risorse geotermiche di interesse nazionale sono  patrimonio indisponibile dello Stato mentre quelle di interesse locale  sono patrimonio indisponibile regionale»; - (comma 7) che «le autorità competenti per le funzioni  amministrative, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle  concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza  sull’applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le  risorse geotermiche d’interesse nazionale e locale sono le regioni o  enti da esse delegati, nel cui territorio sono rinvenute o il Ministero  dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’ambiente e  della tutela del territorio e del mare, che si avvale, per l’istruttoria  e per il controllo sull'esercizio delle attività, senza nuovi o  maggiori oneri a carico della finanza pubblica, della Direzione generale  per le risorse minerarie ed energetiche – Ufficio nazionale minerario  per gli idrocarburi di cui all’articolo 40 della legge 11 gennaio 1957,  n. 6, e successive modifiche, alla cui denominazione sono aggiunte le  parole «e le georisorse», di seguito denominato UNMIG, nel caso di  risorse geotermiche rinvenute nel mare territoriale e nella piattaforma  continentale italiana». 2. - La Provincia ricorrente sostiene che le  disposizioni impugnate violerebbero l’articolo 8, n. 14, del decreto del  Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del  testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale  per il Trentino-Alto Adige), posto che la disciplina delle risorse  geotermiche rientrerebbe “pacificamente” (viene richiamata sul punto la  sentenza n. 65 del 2001 della Corte costituzionale) nella propria  competenza legislativa primaria in materia di miniere, comprese le acque  minerali e termali, cave e torbiere. La difesa provinciale afferma, inoltre, che, secondo la  sentenza n. 165 del 2007 della Corte costituzionale, la particolare  forma di autonomia espressa dalle norme del Titolo V della parte Seconda  della Costituzione in favore delle Regioni ad autonomia ordinaria in  punto di miniere troverebbe applicazione anche alle Regioni a statuto  speciale. La ricorrente sostiene, poi, che le disposizioni  impugnate si porrebbero in contrasto anche con l’art. 107 dello Statuto  speciale, dato che il decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio  1978, n. 1017 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione  Trentino-Alto Adige in materia di artigianato, incremento della  produzione industriale, cave e torbiere, commercio, fiere e mercati), ed  il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme  di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in materia di energia), hanno trasferito alle Province autonome le  attribuzioni delle amministrazioni dello Stato in materia di cave e  torbiere e di attività di ricerca, produzione, stoccaggio,  conservazione, trasporto e distribuzione dell’energia. La Provincia autonoma di Bolzano sostiene, ancora, che  le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto con l’art. 105  dello Statuto speciale, nonché con il decreto legislativo 16 marzo 1992,  n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi  regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e  coordinamento), posto che “impingono” in una materia già disciplinata da  fonti provinciali. La difesa della ricorrente richiama, in particolare,  le leggi della Provincia autonoma di Bolzano 8 novembre 1974, n. 18  (Provvidenze per lo sviluppo delle ricerche minerarie e per la migliore  utilizzazione del porfido, marmo, pietre ornamentali e delle risorse  idrotermali ed idrominerali), 10 novembre 1978, n. 67 (Disciplina della  prospezione, ricerca e concessione delle sostanze minerarie), 19  febbraio 1993, n. 4 (Nuove norme in materia di uso razionale  dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti  rinnovabili di energia), 18 giugno 2002, n. 8 (Disposizioni sulle acque)  e 30 settembre 2005, n. 7 (Norme in materia di utilizzazione di acque  pubbliche e di impianti elettrici). 2.1. - La Provincia autonoma di Bolzano, dopo avere  ricordato la perdurante vigenza del principio del parallelismo fra  funzioni legislative ed amministrative aventi fondamento nello Statuto  speciale, sostiene che l’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 2010  violerebbe anche gli artt. 8, n. 14, e 16 dello Statuto speciale, in  quanto detterebbe una espressa disposizione sul riparto delle competenze  amministrative in materia di risorse geotermiche, pretermettendo in  radice le funzioni amministrative provinciali in materia di miniere,  comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere. 2.2. - La Provincia autonoma di Bolzano sostiene,  infine, che l’art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 22 del 2010, nella parte in  cui prevede che le risorse geotermiche di interesse nazionale sono  patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di interesse locale  rientrano nel patrimonio indisponibile della Regione, violerebbe l’art.  68 dello Statuto speciale, per il quale le Province, in corrispondenza  delle nuove materie attribuite alla loro competenza, succedono,  nell’ambito del proprio territorio, nei beni e nei diritti demaniali e  patrimoniali di natura immobiliare dello Stato e nei beni e diritti  demaniali e patrimoniali della Regione, esclusi in ogni caso quelli  relativi al demanio militare, a servizi di carattere nazionale e a  materie di competenza regionale, nonché le norme di attuazione  statutaria dettate dal decreto del Presidente della Repubblica 20  gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il  Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome  di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e  della Regione) e dal decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 495 (Norme  di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  recanti modifiche ed integrazioni al D.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, in  materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano  dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), che  avrebbero trasferito alla Provincia autonoma di Bolzano tutti i beni  demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione presenti sul  territorio provinciale. Secondo la difesa provinciale l’art. 1, comma 6, del  decreto legislativo n. 22 del 2010 violerebbe, pertanto, l’art. 68 dello  Statuto speciale, concretando così una evidente violazione dell’art.  119 Cost., posto che la titolarità della funzione legislativa in materia  di miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere,  comporterebbe in via diretta la riconducibilità al patrimonio  provinciale dei correlati beni e diritti demaniali e patrimoniali di  natura immobiliare originariamente di pertinenza statale e regionale. 3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri si è  costituito, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, con una memoria  nella quale sostiene l’infondatezza delle questioni proposte nel  ricorso. 3.1. - In via preliminare la difesa erariale ricorda che  la materia delle risorse geotermiche, già disciplinata dalla legge 29  luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la  ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno), nel generale  contesto della disciplina delle miniere, ha poi trovato una specifica e  differente regolamentazione da parte della legge 9 dicembre 1986, n. 896  (Disciplina della ricerca e della coltivazione delle risorse  geotermiche), e sostiene che ciò sarebbe avvenuto, analogamente a quanto  avvenuto in ordine agli idrocarburi (anch’essi inizialmente inclusi  nella legge mineraria e, successivamente, oggetto di una disciplina  autonoma), in ragione della specificità e particolarità della tipologia  dei bisogni da soddisfare mediante l’utilizzazione delle risorse e,  pertanto, in ragione della sua valenza quale fonte energetica. Questa  tesi sarebbe comprovata dall’inclusione delle risorse geotermiche tra le  fonti rinnovabili di energia da parte della legge 9 gennaio 1991, n. 10  (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di  uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle  fonti rinnovabili di energia), nell’ambito delle definizione di un piano  energetico nazionale. La difesa erariale afferma, poi, che la riforma della  materia recata dall’impugnato d.lgs. n. 22 del 2010 sarebbe stata  originata dalla necessità di adeguare al principio della concorrenza la  precedente disciplina, che era stata oggetto di segnalazione, ai sensi  dell’art. 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela  della concorrenza e del mercato), da parte dell’Autorità garante della  concorrenza e del mercato, per il riconoscimento di alcuni diritti di  esclusiva ad Enel s.p.a., per la preferenza accordata ad Enel s.p.a. ed  Eni s.p.a. nell’assegnazione dei permessi di ricerca e nelle concessioni  di coltivazione, nonché per la durata e la prorogabilità delle  concessioni stesse. 3.2. - Ciò premesso, in via generale, il Presidente del  Consiglio dei ministri sostiene l’infondatezza delle questioni proposte  sull’assunto che la disciplina delle risorse geotermiche sarebbe  riconducibile non a quella delle miniere, di cui all’art. 8, n. 14,  dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige, bensì a quella  concorrente della produzione dell’energia, di cui all’art. 117, terzo  comma, Cost. La difesa erariale richiama, sul punto, la sentenza n.  689 del 1988 della Corte costituzionale, che ha ritenuto che «lo  sfruttamento dei fluidi provenienti dal sottosuolo per scopi energetici»  rientra «nel novero delle risorse energetiche, la cui competenza, sotto  ogni altro aspetto è rimasta riservata allo Stato». L’Avvocatura dello Stato esclude, poi, che dalla  sentenza n. 65 del 2001 della Corte costituzionale possa desumersi, come  invece sostenuto dalla ricorrente, la inclusione delle risorse  geotermiche nella categoria delle miniere, dato che in questa pronuncia  la Corte, pur differenziando entrambe queste due categorie di beni dalle  acque minerali e termali, le considererebbe comunque come separate e  distinte. 3.3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  sostiene, infine, che le disposizioni impugnate avrebbero un contenuto  complesso in quanto, oltre a disciplinare la materia della produzione  dell’energia, inciderebbero anche su altre materie rientranti nella  competenza esclusiva dello Stato ed, in particolare, sulle materie della  tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente. Il d.lgs. n. 22  del 2010, infatti, perseguirebbe e fisserebbe, da un lato, una  disciplina a tutela della concorrenza, dettando specifiche disposizioni  che assicurino il confronto competitivo nel rilascio dei permessi di  ricerca e delle concessioni di sfruttamento, dall’altro, livelli  adeguati e non riducibili di tutela su un bene, le risorse geotermiche,  che esprimerebbe una multifunzionalità ambientale, oltre ad una funzione  economico-produttiva. 4. - In prossimità dell’udienza pubblica, la Provincia  autonoma di Bolzano ha depositato una memoria, nella quale, oltre a  ribadire le argomentazioni poste a base del ricorso, rileva che è lo  stesso art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 22 del 2010 a definire le risorse  geotermiche quali risorse minerarie. La Provincia autonoma di Bolzano lamenta, inoltre, che  le disposizioni impugnate violerebbero anche gli articoli 3 e 76 della  Costituzione, dato che il decreto legislativo sarebbe stato adottato  individualmente dal Governo e senza confronto con la Provincia  ricorrente nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato, le Regioni e le Province autonome, nonostante una espressa  previsione delle legge di delega (art. 27, comma 28, della legge 23  luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e  l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»),  richiedesse esplicitamente un’intesa tra il Governo e la Conferenza  stessa. Considerato in diritto 1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione  di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 3, 4, 5, 6 e 7, del  decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto della normativa  in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma  dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99), che  disciplina le risorse geotermiche, assegna al patrimonio indisponibile  dello Stato le risorse geotermiche di interesse nazionale ed al  patrimonio indisponibile regionale quelle di interesse locale ed  individua nelle Regioni o enti da esse delegati le autorità competenti  per le funzioni amministrative riguardanti le risorse geotermiche  d’interesse nazionale e locale, mentre individua organi statali come  competenti nel caso di risorse geotermiche rinvenute nel mare  territoriale e nella piattaforma continentale italiana. 1.1. - Per la ricorrente queste disposizioni violerebbero: a) l’art. 8, n. 14, del decreto del Presidente della  Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle  leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il  Trentino-Alto Adige), posto che la disciplina delle risorse geotermiche  rientrerebbe “pacificamente” (viene richiamata sul punto la sentenza n.  65 del 2001 della Corte costituzionale) nella propria competenza  legislativa primaria in materia di miniere, comprese le acque minerali e  termali, cave e torbiere; b) l’art. 107 dello Statuto speciale, dato che il  decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 1017 (Norme  di attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in materia di artigianato, incremento della produzione industriale, cave  e torbiere, commercio, fiere e mercati), ed il decreto del Presidente  della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello  statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di  energia), hanno trasferito alle Province autonome le attribuzioni delle  amministrazioni dello Stato in materia di cave e torbiere e di attività  di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e  distribuzione dell’energia; c) l’art. 105 dello Statuto speciale nonché il decreto  legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti  legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà  statale di indirizzo e coordinamento), posto che “impingono” in una  materia già disciplinata da fonti provinciali. 1.2 ( L’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 2010, che  individua nelle Regioni o enti da esse delegati le autorità competenti  per le funzioni amministrative riguardanti le risorse geotermiche  d’interesse nazionale e locale, mentre assegna ad organi statali la  competenza nel caso di risorse geotermiche rinvenute nel mare  territoriale e nella piattaforma continentale italiana, inoltre,  violerebbe gli artt. 8, n. 14, e 16 dello Statuto speciale, in quanto  detterebbe una espressa disposizione sul riparto delle competenze  amministrative in materia di risorse geotermiche, pretermettendo in  radice le funzioni amministrative provinciali in materia di miniere,  comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere. 1.3. - L’art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 22 del 2010,  nella parte in cui prevede che le risorse geotermiche di interesse  nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di  interesse locale rientrano nel patrimonio indisponibile della Regione,  infine, violerebbe l’art. 68 dello Statuto speciale e l’art. 119 Cost.,  in quanto le Province, in corrispondenza delle nuove materie attribuite  alla loro competenza, succedono, nell’ambito del proprio territorio, nei  beni e nei diritti demaniali e patrimoniali di natura immobiliare dello  Stato e nei beni e diritti demaniali e patrimoniali della Regione,  esclusi in ogni caso quelli relativi al demanio militare, a servizi di  carattere nazionale e a materie di competenza regionale, e le norme di  attuazione statutaria dettate dal decreto del Presidente della  Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle  province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e  patrimoniali dello Stato e della Regione), e dal decreto legislativo 21  dicembre 1998, n. 495 (Norme di attuazione dello statuto speciale della  regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al D.P.R.  20 gennaio 1973, n. 115, in materia di trasferimento alle province  autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello  Stato e della Regione), avrebbero trasferito alla Provincia autonoma di  Bolzano tutti i beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della  Regione presenti sul territorio provinciale. 2. - Deve preliminarmente essere dichiarata  inammissibile l’ulteriore questione di legittimità costituzionale  proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano nella memoria depositata in  prossimità dell’udienza pubblica, in riferimento agli artt. 3 e 76  Cost., sull’assunto che il decreto legislativo sarebbe stato adottato  dal Governo senza confronto con la Provincia ricorrente nell’ambito  della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le  Province autonome, nonostante una espressa previsione delle legge di  delega (art. 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante  «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese,  nonché in materia di energia»), richiedesse esplicitamente un’intesa tra  il Governo e la Conferenza stessa. La questione è inammissibile, non potendo estendersi il  thema decidendum quale fissato dal ricorso introduttivo, una volta  decorso il termine decadenziale di giorni sessanta dalla pubblicazione  della disposizione normativa impugnata. 3. - Prima di entrare nel merito delle questioni, è  utile precisare che, in origine, le risorse geotermiche avevano una  disciplina del tutto identica a quella prevista per le miniere. Infatti,  l’art. 1, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere  legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere  nel Regno), disponeva che «La ricerca e la coltivazione di sostanze  minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente utilizzabili,  sotto qualsiasi forma o conduzione fisica, sono regolate dalla presente  legge». Secondo questa disposizione, le risorse geotermiche  erano pertanto assimilate alle miniere ed erano considerate beni  giuridici di carattere economico – produttivo rientranti nel patrimonio  indisponibile dello Stato. Più precisamente erano qualificabili beni  originariamente e necessariamente appartenenti all’intera collettività  nazionale. Il sopravvenire dell’emergenza ambientale ha indotto il  legislatore statale a distinguere le risorse geotermiche dalle altre  risorse minerarie giacenti nel sottosuolo, provvedendo all’emanazione di  una disciplina speciale, della quale fa menzione anche il codice  dell’ambiente, precisando, all’art. 144, comma 5, del decreto  legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che «le  acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme  specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze  costituzionalmente determinate». Detta nuova disciplina è costituita: a) da un insieme di  norme contenute nella legge 9 dicembre 1986, n. 896 (Disciplina della  ricerca e della coltivazione delle risorse geotermiche), nonché dal suo  regolamento di attuazione, approvato con il decreto del Presidente della  Repubblica 27 maggio 1991, n. 395 (Approvazione del regolamento di  attuazione della legge 9 dicembre 1986, n. 896), che, all’art. 10,  prevede, per la ricerca delle risorse geotermiche, una procedura ante  litteram analoga a quella che sarebbe stata la valutazione di impatto  ambientale; dalla legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l’attuazione  del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia,  di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di  energia), la quale, all’art. 3, inserisce tra le fonti rinnovabili di  energia le risorse geotermiche; b) dal d.lgs. n. 22 del 2010, oggetto  del presente giudizio, che ha successivamente disciplinato la materia;  c) ed infine dall’art. 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112  (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15  marzo 1997, n. 59), che ha delegato alle Regioni le funzioni  amministrative relative alla ricerca ed alla coltivazione delle risorse  geotermiche. Alla luce di quanto sinora esposto, può dunque  affermarsi che le “risorse geotermiche” costituiscono un bene giuridico  multifunzionale, per le diverse utilità che esse esprimono: quella  economica, relativa alla produzione di energia, e quella ambientale  conseguente al fatto che esse costituiscono una fonte di energia  rinnovabile e, quindi, compatibile con la tutela dell’ambiente. Energia e  ambiente, in queste disposizioni, non sono più termini antitetici, ma  conciliabili tra loro. Le risorse geotermiche, infatti, sono,  contemporaneamente, un bene giuridico economico-produttivo ed un bene  ambientale (sentenze n. 1 del 2010, n. 225 del 2009 e n. 105 del 2008). Le richiamate disposizioni del d.lgs n. 22 del 2010, le  quali hanno ad oggetto la gestione e l’utilizzazione delle risorse  geotermiche, disciplinandone la ricerca, la coltivazione ed il loro  inserimento nel piano energetico nazionale, si innestano nel quadro di  una vera e propria rivoluzione della politica energetica, che finora ha  visto nella combustione del carburante, e quindi in un fenomeno  altamente inquinante, il principale strumento per la produzione di  energia. Di conseguenza, esse hanno certamente il valore di una “riforma  economico-sociale” di rilevanti importanza e, indipendentemente dal  problema delle situazioni dominicali, debbono essere osservate anche  dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome, titolari di  competenze primarie in tema di “miniere”. Dette disposizioni, inoltre, che perseguono l’unica  ratio di ottenere energia rinnovabile e senza inquinamento, derivano  dall’esercizio da parte dello Stato delle competenze esclusive in  materia ambientale, in necessario concorso con le competenze in materia  di energia, sicché, anche sotto questo profilo, esse sono in grado di  imporsi all’osservanza da parte delle Province autonome, le quali sono  sprovviste di competenze legislative primarie in materia di tutela  dell’ambiente. 4. - Circa le questioni di legittimità costituzionale  dei commi 3, 4 e 5, dell’art. 1 del d.lgs n. 22 del 2010, occorre  innanzitutto ricordare che queste devono essere risolte tenendo presente  che le disposizioni statali (r.d. n. 1443 del 1927) vigenti al momento  della promulgazione dello Statuto speciale (legge costituzionale 26  febbraio 1948, n. 5), riconducevano le risorse geotermiche alla materia  delle miniere. Scelta, come visto, confermata anche dalla disciplina  statale successiva e dalla stessa disposizione censurata (art. 1, comma  6). Da ciò non discende, tuttavia, la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale all’esame della Corte. Al riguardo occorre osservare che gli impugnati commi 3,  4 e 5 dell’art. 1 del d. lgs. n. 22 del 2010 sono strumentali al  perseguimento delle finalità enunciate nel precedente comma 1, nel quale  si legge che «la ricerca e la coltivazione a scopi energetici delle  risorse geotermiche effettuate nel territorio dello Stato, nel mare  territoriale e nella piattaforma continentale italiana […] sono  considerate di pubblico interesse e di pubblica utilità e sottoposti a  regimi abilitativi ai sensi del presente decreto». È proprio al fine di rendere effettivo il perseguimento  di quelle finalità di pubblico interesse e di pubblica utilità sopra  citate, che gli impugnati commi 3, 4 e 5 procedono ad una  classificazione delle risorse geotermiche secondo il loro tasso di  entalpia, cioè di potenza energetica, stabilendo: che le risorse  geotermiche ad alta entalpia «sono di interesse nazionale», cioè  producono utilità pubblica per l’intero territorio nazionale; che quelle  a media e bassa entalpia «sono di interesse locale» (recte regionale o  provinciale), soddisfano cioè un interesse pubblico limitato ai  residenti in una data Regione o Provincia; e che le risorse definite  «piccole utilizzazioni locali» soddisfano un interesse puramente locale e  sono sottoposte alla disciplina semplificata di cui all’art. 10 dello  stesso decreto. In sostanza le risorse geotermiche, considerate nel loro  valore energetico e nel loro valore ambientale, sono ritenute «di  pubblico interesse e di pubblica utilità» solo entro una determinata  soglia di potenza energetica e sono, conseguentemente, divise in due  categorie: l’una, relativa alle risorse ad alta entalpia, di «interesse  nazionale», l’altra, relativa alle risorse a media e bassa entalpia, di  «interesse regionale o provinciale». Si è, dunque, di fronte ad un principio fondamentale di  riforma economico-sociale, che la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta  anch’essa a rispettare, ai sensi dell’art. 4 dello Statuto di  autonomia. Le questioni di legittimità costituzionale, in proposito  avanzate dalla Provincia autonoma di Bolzano, devono, di conseguenza,  essere dichiarate non fondate. 5. ( Diverso discorso è da fare in relazione alle  questioni sollevate in riferimento al comma 6, dell’art. 1, del d.lgs.  n. 22 del 2010, secondo il quale «le risorse geotermiche, ai sensi e per  gli effetti di quanto previsto e disciplinato dal regio decreto 29  luglio 1927, n. 1443, e dall’art. 826 del codice civile, sono risorse  minerarie dove le risorse geotermiche di interesse nazionale sono  patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di interesse locale,  sono patrimonio indisponibile regionale». In questa disposizione si afferma, in sostanza, che, in  conformità all’art. 43 Cost. (secondo il quale «la legge può riservare  originariamente […] fonti di energia […] di preminente interesse  generale»), le risorse geotermiche sono beni comuni e, ferma tale  natura, la legge provvede, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119  Cost., ad attribuire le stesse al patrimonio statale o regionale. Per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, si  deve peraltro tener presente che la stessa ha una competenza  legislativa primaria in materia di miniere (e quindi di risorse  geotermiche) e che l’art. 68 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige prevede che «le province, in corrispondenza delle nuove materie  attribuite alla loro competenza, succedono, nell’ambito del proprio  territorio, nei beni e nei diritti demaniali e patrimoniali di natura  immobiliare dello Stato e nei beni e nei diritti demaniali della  regione, esclusi in ogni caso quelli relativi al demanio militare, a  servizi di carattere nazionale e a materie di competenza regionale». Va  inoltre ricordato che, in attuazione di tale previsione, l’art. 4 delle  Norme di attuazione dello Statuto, approvate con d.P.R. n. 115 del 1973,  annovera le “miniere” tra i beni e diritti demaniali trasferiti alla  Provincia autonoma di Bolzano. Qui la contraddizione delle norme statali di riforma economico-sociale con le disposizioni statutarie è evidente. Sennonché occorre tener presente che le disposizioni  statutarie, come sopra si è accennato, concernono soltanto l’aspetto  patrimoniale delle risorse geotermiche e non quello ambientale, sicché  il contrasto delle norme statali con quelle statutarie riguarda soltanto  l’appartenenza del bene e non le utilità ambientali che le risorse  geotermiche esprimono (sentenze n. 1 del 2010, n. 225 del 2009 e n. 105  del 2008). Ne consegue che, nel vigente quadro ordinamentale, la  Provincia di Bolzano è tenuta ad osservare le norme statali costituenti  riforme economico-sociali per quegli aspetti che riguardano la gestione e  la migliore utilizzazione delle risorse geotermiche, siano esse di  alta, media o bassa entalpia, mentre mantiene tutti i suoi diritti per  quanto concerne gli aspetti economici. In altre termini, spettano alla  Provincia i canoni relativi ai permessi di ricerca ed alle concessioni  delle risorse geotermiche. Se ne deve concludere che il comma 6 dell’art. 1 del  d.lgs n. 22 del 2010, deve essere dichiarato costituzionalmente  illegittimo nella parte in cui non prevede che la disposizione relativa  all’appartenenza delle risorse geotermiche ad alta entalpia al  patrimonio indisponibile dello Stato non si applica alla Provincia di  Bolzano. La conclusione appena enunciata deve estendersi anche  alla Provincia autonoma di Trento, in base alla giurisprudenza di questa  Corte, secondo cui la dichiarazione di illegittimità costituzionale di  una norma statale, a seguito del ricorso di una Provincia autonoma,  qualora sia basata sulla violazione del sistema statutario della Regione  Trentino-Alto Adige, deve estendere la sua efficacia anche all’altra  (ex plurimis, sentenza n. 133 del 2010). 6. - Le questioni proposte in riferimento al comma 7 dell’art. 1 del d.lgs. n. 22 del 2010 sono, invece, non fondate. La disposizione impugnata, infatti, conferisce, in base  al principio di sussidiarietà, le funzioni amministrative in tema di  ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche alle Regioni, e,  quindi, anche alla Provincia autonoma di Bolzano, e non risulta,  pertanto, in alcun modo lesiva, delle attribuzioni costituzionali della  ricorrente. Come, d’altronde, non lesiva risulta essere la attribuzione  ad organi statali delle funzioni amministrative riguardanti le risorse  geotermiche rinvenute nel mare aperto e nella piattaforma continentale  italiana, posto che si tratta di ambiti di territorio sottratti alla  competenza regionale e ricadenti pacificamente in quella dello Stato. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1,  comma 6, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto  della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse  geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio  2009, n. 99), nella parte in cui non prevede che la disposizione  relativa all’appartenenza delle risorse geotermiche ad alta entalpia al  patrimonio indisponibile dello Stato non si applica alle Province  autonome di Trento e di Bolzano; dichiara non fondate le questioni di legittimità  costituzionale dell’articolo 1, commi 3, 4 e 5, del d.lgs. n. 22 del  2010, sollevate, in riferimento agli articoli 8, n. 14, 105 e 107 del  decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670  (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione al decreto  del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 1017 (Norme di  attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in  materia di artigianato, incremento della produzione industriale, cave e  torbiere, commercio, fiere e mercati) ed al decreto del Presidente della  Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto  speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia),  nonché in relazione al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme  di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige  concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e  provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento),  dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in  epigrafe; dichiara non fondate le questioni di legittimità  costituzionale dell’art. 1, comma 7, del decreto legislativo n. 22 del  2010 sollevate, in riferimento agli artt. 8, n. 14, 16, 105 e 107 del  d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione al decreto del Presidente della  Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle  province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e  patrimoniali dello Stato e della Regione), al d.P.R. n. 235 del 1977, al  d.P.R. n. 1017 del 1978, nonché in relazione al decreto legislativo n.  266 del 1992, dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso  indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011. F.to: Ugo DE SIERVO, Presidente Paolo MADDALENA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2011. Il Direttore della Cancelleria F.to: MELATTI
 
 
 
 
                    




