Con il progetto di legge attualmente all’esame della Camera dei deputati (AC 1798), il Governo ha chiesto al Parlamento la delega ad emanare, antro un anno dall’entrata in vigore, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento, integrazione delle disposizioni legislative nei principali settori e materia di natura ambientale.
Indubbiamente si tratta dell’avvio di un processo di estrema rilevanza, che a oltre venticinque anni dalla prima legge organica di settore (la Cd. Legge Merli sull’inquinamento idrico del 1976) prefigura un intervento complessivo e strutturale sull’intero sistema del diritto ambientale senza precedenti nella storia della legislazione di questo Paese.
Il
progettato riordino, previsto anche sotto forma di Testi Unici, riguarderà la
quasi totalità delle categorie del diritto ambientale vigente: gestione di
rifiuti e bonifiche, prevenzione dell’inquinamento idrico e tutela delle
risorsa acqua, difesa del suolo e misure contro la desertificazione, aree
protette e specie protette siano esse flora o fauna, risarcimento del danno
ambientale, valutazione di impatto ambientale (VIA) e autorizzazione ambientale
integrata (IPPC).
Mancano
all’appello esclusivamente le tematiche della lotta all’inquinamento
atmosferico, acustico ed elettromagnetico e della normativa in campo di risparmi
energetico e fonti rinnovabili; tale assenza parrebbe dettata dalla minor
articolazione complicazione delle normative di questi settori sia per una certa
linearità di normazione, sia, come nel caso dell’inquinamento
elettromagnetico, per la novità e univocità della normazione esistente. Non è
peraltro da escludersi che il Parlamento possa comunque integrare o modificare
l’elenco delle materie previsto dal governo.
La
legge delega, nel suo complesso, si muove secondo una logica dichiarta di
semplificazione e di maggior efficacia nel rispetto annunciato dei principi e
delle norme comunitarie, che come è noto, rappresentano il substrato della
maggior parte della normativa ambientale vigente in Italia e negli altri paesi
dell’Unione, tant’è che viene posta la necessità di garantire una
omogeneità con i sistemi dei paesi partner europei al fine di non introdurre
fenomeni distorsioni della concorrenza e
danni alla competitività delle imprese. Notiamo che una eguale attenzione di
quella riposta al mercato non traspare per il diritto alla salute ed
all’ambiente, men che meno per il principio precauzionale.
L’intervento
previsto andrà comunque a toccare settori ed argomenti trasversali di
particolare rilevanza e delicatezza, quale il meccanismo degli incentivi e
disincentivi finalizzati alla compatibilità ambientale, piani, programmi e
controlli, il coordinamento e l’integrazione del sistema sanzionatorio
amministrativo e penale – seppure fermi restando i limiti e l’entità delle
sanzioni – il delicatissimo rapporto Stato, regioni , sistema delle autonomie
locali.
Certamente
questa attività si colloca all’interno di una tendenza complessiva
dell’ordinamento alla modernizzazione, semplificazione
e razionalizzazione del sistema normativo italiano che in questi ultimi
anni ha già coinvolto, se non stravolto, ampi e rilevanti settori: basti
pensare, tra i vari, all’ordinamento
degli enti locali, approdato ad un testo unico, o al regime dei beni culturali
ed ambientali, anch’esse approdate ad un testo unico, o infine, alle leggi
urbanistiche anch’esse riunite nel
recentissimo testo unificato del novembre di quest’anno.
In
particolare in materia ambientale è indubbio che il progetto governativo coglie
un’esigenza più che largamente diffusa ormai da lungo tempo tra gli operatori
e gli interpreti, tant’è che si ebbe a parlare, usando una definizione di
Gianfranco Amendola di “inquinamento da leggi”, definendo in questo modo una
corpo normativo nato e formatosi per stratificazioni successive, con evidenti e
drammatici problemi di coordinamento e di in interpretazione che oggettivamente
in più occasioni hanno fatto venir meno la comprensione stessa delle norme così
da rendere estremamente difficoltoso l’ossequio da parte dei destinatari
pubblici e privati e, paradossalmente, un humus particolarmente favorevole ad
elusioni o violazioni sia episodiche che criminalmente organizzate secondo
quanto evidenziato dalle apposite Commissioni parlamentari d’inchiesta.
Il profilo che per altri versi introduce elementi di perplessità e di timore è l’ampiezza della delega stessa che il Governo chiede, la quale affiderebbe all’esecutivo un campo di azione particolarmente vasto che nel suo esercizio concreto, come avvenuto per certi versi in passato, potrebbe svilire il ruolo primario di regolatore che spetta al Parlamento; non vale a scongiurare un simile rischio il fatto che formalmente si tratta di mero riordino e sistematizzazione dell’esistente, poiché attraverso la modifica di meccanismi tecnici o procedimentali in realtà possono ben passare innovazioni sostanziali tali da modificare radicalmente la portata concreta delle norme oggetto della delega.
Si noti, infatti, che a differenza di altre modalità teoricamente praticabili, Testi unici compilativi come nel caso di quello sull’edilizia ed urbanistica, in questo caso ci si trova innanzi ad una delega legislativa piena e formale che attribuisce totale potestà normativa al Governo seppure nei limiti dati e con le garanzie poste, quali il parere delle competenti commissioni parlamentari e della Conferenza unificata Stato Regioni Autonomie Locali.
L’esperienza dei più recenti decreti legislativi comunque insegna che il Parlamento in realtà può ben poco su testi licenziati dal Governo, e non possiamo inoltre non notare che è ben difficile aspettarsi dall’attuale consesso di deputati e senatori, peraltro molto allineato sull’esecutivo, un’attività vigile a tutela dell’ambiente.
Controprova comunque di questa delicatezza e complessità è la prevista istituzione di una apposita commissione composta da ventiquattro membri particolarmente qualificati, scelti anche tra esterni all’amministrazione, e presieduta dallo stesso Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con il compito di assistere il Ministro nella reazione dei decreti garantendo il coordinamento complessivo delle attività, par di comprendere anche e soprattutto a livello interministeriale.
Si può ben prevedere che dall’effettivo lavoro di questa commissione (peraltro molto ben retribuita) e dalla sua capacità di produrre proposte in linea con lo spirito della delega e nel rispetto delle compatibilità interne e comunitarie, dipenderà buona parte della qualità tecnica normativa dei futuri testi unici; anche se l’ultima parola comunque, ed a volte basta modificare alcune parole per stravolgere una legge, spetterà sempre agli uffici legislativi dei ministeri, al Governo ed infine al Parlamento che ben potrebbero tradire magari un ottimo lavoro della Commissione.
In conclusione, si possono nutrire ben fondati timori su dove andrà alla fine a parare questa imponente operazione di riordino normativo, soprattutto alla luce degli indirizzi generali del Parlamento e del Governo già mostratisi di segno non certo positivo già in questo inizio di legislatura [ii].
[i] Avvocato a Roma, direttivo CEAG Legambiente
[ii] Questa nota è frutto di rielaborazione dell’autore su un editoriale scritto per la testata on line www.clorofilla.it