TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 60 del 12 gennaio 2017
Rifiuti.Sospensione dell’autorizzazione in mancanza di verifica circa la sussistenza di elementi di rischio per la collettività e l’ambiente
 
Il provvedimento di sospensione dell'autorizzazione è illegittimo in mancanza della previa concreta ed autonoma verifica circa la sussistenza degli elementi fattuali di rischio per la collettività e per l’ambiente e di un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che dia conto di un’attività istruttoria parimenti ineccepibile. Il principio di precauzione, pur pacificamente applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, va infatti armonizzato, nella sua concreta attuazione, con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco.


Pubblicato il 12/01/2017

N. 00060/2017 REG.SEN.

N. 01229/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1229 del 2013, proposto da:
Fallimento System Eco Green S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Salvino Brancaccio, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Melzi D'Eril 27;

contro

Provincia di Milano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marialuisa Ferrari e Angela Bartolomeo, domiciliata in Milano, via Vivaio, 1;

nei confronti di

Comune di Noviglio, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Lombardia non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della diffida dirigenziale n. 143712013 del 08/02/2013 (Prot. n. 316/2013 del 08/0212013, Fasc, 18.12/2005/2995), del Direttore del Settore Rifiuti e Bonifiche della Provincia di Milano, di ogni atto preordinato, consequenziale e comunque connesso al precedente, ed in particolare del rapporto di sopralluogo prot. n. 34408 del 29/0112013, redatto a seguito del sopralluogo eseguito in data 05112/2012 congiuntamente al N.O.E. di Milano presso l'impianto di compostaggio della System Eco Green s.r.l. ubicato nel Comune di Noviglio (MI), località Polveriera di Tainate, trasmesso con nota della Provincia di Milano prot. n. 34408 del 29/01/2013, e per la condanna al risarcimento del danno.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente gestisce un impianto di compostaggio di rifiuti vegetali e ligneo-cellulosici, ubicato nel Comune di Noviglio.

In data 5.12.2012 la Provincia di Milano ha effettuato un sopralluogo presso il predetto impianto, sulla base del quale ha emanato il provvedimento in questa sede impugnato, sospendendone il funzionamento, ed imponendo alla ricorrente numerose prescrizioni per il suo adeguamento alle disposizioni vigenti.

Successivamente, in data 7.5.2013, la Provincia ha disposto la ripresa dell’efficacia del provvedimento autorizzativo dell’impianto di che trattasi.

L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.

All’udienza pubblica del 15.12.2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I) In via preliminare, il Collegio deve scrutinare l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso sollevata dalla difesa provinciale, che va tuttavia respinta.

Se è pur vero che gli effetti del provvedimento impugnato, medio tempore, sono venuti meno, in considerazione dell’adozione di un successivo atto con cui la Provincia ha restituito efficacia all’autorizzazione oggetto delle limitazioni contestate nel presente giudizio, gli stessi si sono tuttavia prodotti per un significativo lasso di tempo, in astratto suscettibile a cagionare danni alla ricorrente, che ha infatti ritualmente presentato anche una domanda di risarcimento.

Conseguentemente, quanto meno con riferimento allo scrutinio della domanda risarcitoria, deve concludersi che la ricorrente mantiene un interesse all’esame delle censure formulate per l’annullamento del provvedimento impugnato.

II) Ancora in via preliminare, ritiene il Collegio necessario evidenziare in sintesi i fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato, oltreché il suo contenuto prescrittivo nei confronti della ricorrente.

Quanto al primo aspetto, in particolare, il sopralluogo della Provincia ha accertato la presenza di “un cumulo di pannelli in legno laccati, in parte interi ed in parte frantumati”, “un grosso cumulo di rifiuti da sottoporre a lavorazione, composto in prevalenza di foglie, con la presenza di pannelli in legno laccato”, il quale “occupava in parte l’area che in planimetria è destinata alla triturazione dei rifiuti”, in aree destinate ad operazioni di compostaggio, un cumulo di rifiuti in fase di maturazione, un altro “composto in prevalenza da foglie e pannelli di legno laccato”, nell’area di deposito preliminare, lo svolgimento di operazioni di cernita dei rifiuti in entrata, nell’area destinata alle operazioni di raffinazione, un cumulo di biomasse, nell’area destinata al compostaggio, “un grosso cumulo di rifiuti in entrata, coperto da foglie, le quali, ricadevano in minima parte in area adiacente non autorizzata all’attività di gestione rifiuti”.

A fronte di quanto precede, il provvedimento impugnato, in particolare, ha imposto alla ricorrente di sospendere il ritiro dei rifiuti provenienti da terzi, di inviare quelli presenti nell’impianto ad altre strutture esterne per il loro trattamento, e di adempiere ad una serie di ulteriori prescrizioni ivi indicate.

Ritiene il Collegio che detto provvedimento sia illegittimo, sotto vari profili.

III) In primo luogo, il medesimo contrasta con quanto disposto nel c. 13 dell’art. 208 D.Lgs. n. 152/06, che è stato pertanto violato dall’Amministrazione procedente, essendo fondate le censure proposte con il secondo ed il terzo motivo.

In base a tale norma, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

Il provvedimento impugnato è conseguentemente illegittimo, in mancanza della previa concreta ed autonoma verifica circa la sussistenza degli elementi fattuali di rischio per la collettività e per l’ambiente (C.S., Sez. V. 19.7.2005 n. 3831), e di un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che dia conto di un’attività istruttoria parimenti ineccepibile (T.A.R. Liguria, Sez. II, 15.10.2010, n. 9501, T.A.R. Toscana, Sez. II, 31.8.2010, n. 5145).

In base al tenore letterale di detta norma, ed alla sua interpretazione datane in giurisprudenza, il principio di precauzione, pur pacificamente applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, va infatti armonizzato, nella sua concreta attuazione, con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco.

Nel caso di specie, a fronte di talune irregolarità nel trattamento dei rifiuti, consistenti, in particolare, nella loro collocazione in aree diverse da quelle prescritte, e nella presenza di rifiuti non autorizzati, tuttavia chiaramente non pericolosi (pannelli in legno), il provvedimento impugnato, anziché limitarsi, come invece avrebbe dovuto, a diffidare la ricorrente al rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ha invece indebitamente sospeso l’efficacia della stessa, ed imposto lo svuotamento di tutto l’impianto, anche nelle parti in cui non era stata riscontrata alcuna irregolarità, ciò che è oggettivamente sproporzionato rispetto ai pericoli derivanti da dette violazioni, che come detto non sono stati neppure specificamente evidenziati.

Nelle proprie difese, la Provincia afferma in più occasioni che “la sospensione è stata determinata dalla necessità di riorganizzare l’attività, rendendola conforme alle norme ed alle autorizzazioni rilasciate”, senza tuttavia minimamente supportare tale statuizione, che comunque è irrilevante, al fine del rigetto del ricorso, non essendo neppure contenuta nel provvedimento impugnato, ma come detto, negli scritti difensivi.

Al contrario, a fronte di irregolarità accertate in specifiche aree dell’impianto, il provvedimento impugnato avrebbe dovuto coerentemente limitarsi ad incidere sulle stesse, senza invece, in assenza di motivazione, imporne lo svuotamento integrale.

IV) Il ricorso è inoltre fondato quanto al primo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione delle garanzie partecipative da parte dell’Amministrazione procedente, che ha adottato il provvedimento impugnato senza richiedere il suo apporto.

Come evidenziato nella parte in fatto, successivamente al sopralluogo effettuato dai tecnici della Provincia, alla presenza dei rappresentanti della ricorrente, ha fatto seguito l’adozione del provvedimento impugnato, senza che, medio tempore, l’autorità emanante abbia richiesto alla ricorrente di presentare le proprie osservazioni, né preannunciato i motivi ostativi al loro accoglimento.

Per giurisprudenza pacifica, ai sensi dell'art. 208 D.Lgs. n. 152/2006, il provvedimento che dispone la sospensione dell'attività autorizzata di gestione di un impianto di smaltimento e di recupero dei rifiuti deve in ogni caso essere preceduto da una diffida, che ha lo scopo di rimettere l'interessato nelle condizioni di eliminare le violazioni riscontrate, nonché, ai sensi delle norme sul procedimento amministrativo, dalla comunicazione di avvio del procedimento, volto a contestare i singoli episodi rilevati nel corso degli accertamenti, in relazione ai quali l'interessato deve essere messo nelle condizioni di fornire il proprio apporto procedimentale (T.A.R. Veneto, Sez. III, 7.7.2008 n. 1947), dovendosi pertanto accogliere il ricorso, anche sotto tale aspetto.

In conclusione, il ricorso proposto per l’annullamento dei provvedimenti impugnati va accolto.

V) La ricorrente presenta altresì una domanda di risarcimento del danno, che risulta parimenti fondata, nei termini che saranno esposti.

Come sopra evidenziato, in conseguenza dell’adozione dei provvedimenti impugnati, la stessa ha dovuto interrompere la propria attività, nel periodo compreso tra il 5.12.2012 ed il 7.5.2013, ed è stata costretta a svuotare l’impianto di tutti i rifiuti ivi presenti.

Le prescrizioni contenute nel provvedimento impugnato sono tuttavia risultate illegittime, e come tali hanno dato luogo ad un danno ingiusto, causalmente riconducibile al medesimo.

Quanto alla colpa, premesso che la fattispecie per cui è causa non si connota per particolare complessità, né dal punto di vista fattuale che da quello giuridico, il Collegio ritiene la stessa sussistente in capo alla Provincia, che come sopra evidenziato ha emanato un provvedimento risultato illegittimo sotto una pluralità di aspetti, sia sostanziali che formali.

VI) In ordine alla dimostrazione del nesso causale esistente tra il provvedimento impugnato ed i danni subiti, ed alla loro quantificazione, la ricorrente produce una relazione tecnica a firma di un proprio consulente, allegando alla stessa ulteriore documentazione.

In particolare, in conseguenza della sospensione dell’impianto, la ricorrente sostiene di aver subito una perdita di fatturato pari ad Euro 524.029,84, di aver sopportato costi pari ad Euro 68.881,20 per il suo svuotamento, ed un ulteriore perdita di fatturato pari ad Euro 39.707,06 per la sua riattivazione, per un totale di Euro 632.618,10.

VI.1) In ordine ai danni derivanti dalla sospensione dell’impianto, nel periodo compreso tra il 5.12.2012 ed il 7.5.2013, la ricorrente evidenzia di aver posto a fondamento delle proprie richieste “i fatturati mensili attivi dall’anno di apertura dell’impianto, risalente all’anno 2009, fino al 2013”, allegando a tal fine una tabella riepilogativa (all. n. 2 relazione tecnica).

Ritiene il Collegio che la domanda risarcitoria, in parte qua, vada respinta.

In primo luogo, la ricorrente si limita infatti ad evidenziare il fatturato conseguito nei periodi di riferimento, senza invece minimamente dimostrare se, ed in quale misura, abbia effettivamente percepito utili. In base ai principi generali, occorre tuttavia evitare che il risarcimento, inteso alla reintegrazione della sfera giuridica del danneggiato, si traduca in un arricchimento indebito per quest'ultimo, dovendosi pertanto rigettare la domanda.

Con riferimento alle peculiarità della fattispecie, tenuto conto che la ricorrente è stata dichiarata fallita, (sent. n. 562014 del Tribunale di Pavia) risulterebbe peraltro arduo presumere che l’attività dalla stessa espletata fosse sicuramente redditizia.

Infine, osserva il Collegio che i valori relativi al fatturato realizzato allegati dalla ricorrente sono in realtà totalmente sforniti di qualsivoglia supporto documentale e probatorio, non potendo pertanto essere legittimamente posti a fondamento di qualsivoglia pretesa risarcitoria.

VI.2) Quanto al danno emergente derivante dai costi di svuotamento dell’impianto, la ricorrente allega le fatture dell’imprese a cui la stessa si è rivolta per effettuare il medesimo (all.ti 4a e 4b relazione tecnica), con indicazione dei quantitativi e dei periodi di riferimento, non puntualmente contestate dalla difesa provinciale, dovendosi pertanto ritenere effettivamente provato, in ordine all’an, ed al nesso causale, l’esistenza di un danno risarcibile, pari ad Euro 68.881,20.

VI.3) Infine, la ricorrente richiede il risarcimento dei danni subiti nel periodo successivo alla riapertura degli impianti, in conseguenza della loro chiusura forzata, che ne avrebbe rallentato il processo produttivo, per un lasso temporale di 80/90 giorni.

In primo luogo, osserva il Collegio che, avendo il consulente tecnico della ricorrente, ai fini della quantificazione, utilizzato “lo stesso criterio” visto per i danni di cui al precedente punto VI.1, e pertanto “i fatturati mensili attivi dall’anno di apertura dell’impianto, risalente all’anno 2009, fino al 2013”, per le ragioni ivi esposte, in relazione all’inidoneità di detto parametro a comprovare la domanda di risarcimento, la stessa vada respinta.

Analogamente, anche il doc. n. 5 allegato alla relazione tecnica, contenente “la descrizione operativa del processo produttivo”, in quanto privo di qualsivoglia risultanza contabile ed economica, risulta del tutto inappropriato a comprovare l’entità dei danni richiesti.

V.4) La domanda di risarcimento del danno va pertanto accolta, limitatamente ai danni subiti dalla ricorrente in conseguenza dell’illegittimo ordine di svuotamento dell’impianto.

Le somme da riconoscere alla ricorrente vanno tuttavia decurtate dalle spese che la stessa avrebbe dovuto sostenere qualora la Provincia, anziché adottare, sic et simpliciter, il provvedimento impugnato, avesse invece diffidato l’istante a rimuovere le irregolarità accertate nel corso del sopralluogo del 5.12.2012, ciò che, secondo la ricostruzione offerta dalla stessa ricorrente, sarebbe stato del tutto legittimo.

Come infatti evidenziato al punto II) della presente sentenza, i tecnici della Provincia hanno effettivamente riscontrato talune violazioni nelle modalità di gestione dell’impianto, consistenti principalmente nella presenza di pannelli di legno laccato, e di rifiuti collocati in aree non destinate al loro ricovero, che avrebbero in ogni caso dovuto essere rimosse.

La ricorrente non ha peraltro contestato in fatto detti inadempimenti, quanto invece le conseguenze giuridiche che la Provincia ha tratto dalle stesse, ritenendole sproporzionate.

Conseguentemente, anche qualora la Provincia non avesse emanato i provvedimenti che hanno cagionato i danni in questa sede riconosciuti alla ricorrente, quest’ultima avrebbe comunque dovuto sostenere dei costi per rimuovere le irregolarità nella gestione dell’impianto riscontrate nel sopralluogo del 5.12.2012, che il Collegio, in via equitativa, quantifica in Euro 18.881,20.

In conclusione, la Provincia di Milano va condannata al pagamento della somma di Euro 50.000.00, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali, fino alla data di effettivo pagamento.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti in epigrafe indicati, e condanna la Provincia di Milano al risarcimento del danno in favore della ricorrente, nei termini di cui in motivazione.

Condanna la Provincia di Milano al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, equitativamente e complessivamente liquidate in Euro 4.500,00, oltre agli oneri di legge, ed al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Mauro Gatti, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Mauro Gatti        Angelo Gabbricci