TAR Toscana Sez. II n.921 del 10 luglio 2017
Ambiente in genere.Procedimento coordinato di VIA ed AIA e discrezionalità
La discrezionalità tecnica dell’amministrazione si dà in riferimento ai casi in cui l’esame di fatti o situazioni rilevanti per l’azione amministrativa comporta l’utilizzo di cognizioni tecniche specialistiche, la cui applicazione non garantisce un risultato univoco. Questa forma di discrezionalità non implica una comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi secondari ma l’applicazione di scienze tecniche al caso concreto. Anche in questo caso l’amministrazione esercita una scelta, ma la esercita alla luce di una determinata scienza la cui applicazione non porta a risultati univoci. Questo distingue la discrezionalità tecnica dall’accertamento tecnico nel quale, invece, vengono utilizzate scienze esatte che consentono di arrivare ad un risultato univoco, con conseguente emersione non di interessi legittimi ma di diritti soggettivi e devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario. Alla discrezionalità tecnica è quindi consustanziale una facoltà di scelta, diversamente da quanto accade nell’accertamento tecnico. La scelta viene però effettuata alla luce non dei criteri di opportunità e convenienza dell’azione amministrativa, ma di quelli dettati da scienze tecniche specialistiche. Se poi la prima si caratterizza, nel caso di specie, oltre che per l’applicazione ad un determinato fatto di concetti tratti da scienze tecniche anche per la presenza di una successiva fase in cui occorre effettuare una scelta fra le misure ritenute più idonee a realizzare l’interesse pubblico, allora saremo in presenza di “discrezionalità mista”.
Pubblicato il 10/07/2017
N. 00921/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00052/2016 REG.RIC.
N. 00053/2016 REG.RIC.
N. 00063/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 52 del 2016, proposto da:
Comune di Follonica in persona del competente Dirigente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Luciani e Piermassimo Chirulli, con domicilio eletto presso lo studio Marcello Cecchetti in Firenze, via Santo Spirito 29;
contro
la Regione Toscana in persona del Presidente in carica della Giunta, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Ciari e Lucia Bora, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;
la Provincia di Grosseto in persona del Presidente in carica; il Comune di Scarlino in persona del Sindaco in carica; l’A.S.L. 9 - Grosseto, l’Autorità per il Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani - ATO Toscana Sud, l’Autorità Idrica Toscana - Conferenza Territoriale 6 Ombrone e il Consorzio di Bonifica 5 Toscana Costa, tutti in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;
il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Grosseto in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato in Firenze, via degli Arazzieri 4;
l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale per la Toscana (A.R.P.A.T.) in persona del Direttore Generale in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;
nei confronti di
Scarlino Energia s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Le Pera e Giuseppe Morbidelli, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, via La Marmora 14;
Acquedotto del Fiora s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Roberta Daviddi, Francesca Vada e Denis De Sanctis, con domicilio eletto presso gli ultimi due in Firenze, via Lamarmora 53;
sul ricorso numero di registro generale 53 del 2016, proposto da:
il Comune di Scarlino in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Luciani e Piermassimo Chirulli, con domicilio eletto presso lo studio Marcello Cecchetti in Firenze, via Santo Spirito 29;
contro
la Regione Toscana in persona del Presidente in carica della Giunta, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Ciari e Lucia Bora, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;
la Provincia di Grosseto in persona del Presidente in carica; il Comune di Follonica in persona del Sindaco in carica; l’A.S.L. 9 - Grosseto, l’Autorità per il Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani - ATO Toscana Sud, l’Autorità Idrica Toscana - Conferenza Territoriale 6 Ombrone e il Consorzio di Bonifica 5 Toscana Costa, tutti in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;
il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Grosseto in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato in Firenze, via degli Arazzieri 4;
l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale per la Toscana (A.R.P.A.T.) in persona del Direttore Generale in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;
nei confronti di
Scarlino Energia s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Le Pera e Giuseppe Morbidelli, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, via La Marmora 14;
Acquedotto del Fiora s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Roberta Daviddi, Francesca Vada e Denis De Sanctis con domicilio eletto presso gli ultimi due in Firenze, via Lamarmora 53;
sul ricorso numero di registro generale 63 del 2016, proposto da:
"WWF Italia", Associazione Forum Ambientalista e Associazione Lavoro Ambiente e Salute in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Sergio Nunzi e Sandro Nunzi e domiciliati presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
Comitato per il no all'Inceneritore di Scarlino in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Sandro Nunzi, Paolo Solimeno e Roberto Passini, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Firenze, viale Mazzini 56;
contro
la Regione Toscana in persona del Presidente in carica della Giunta, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Ciari e Maria Letizia Falsini, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;
nei confronti di
Scarlino Energia s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Le Pera e Giuseppe Morbidelli, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, via La Marmora 14;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 52 del 2016:
della Deliberazione della Giunta regionale della Toscana 12 ottobre 2015, n. 979, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 43 del 28 ottobre 2015, avente ad oggetto “L.R. 10/2010 art. 73-bis comma 1, lettera a), D.G.R. n. 160 del 23.2.2015. Procedimento coordinato di VIA ed AIA di competenza regionale, di cui alla Parte Seconda del D. Lgs. 152/2006 e di cui alla L.R. l0/2010, relativo all'installazione «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)», proponente/gestore: Scarlino Energia S.r.l. Provvedimento conclusivo", con la quale si è deliberato, tra l’altro, di:
- "esprimere, ai sensi dell'art. 57 della L. R. 10/2010, pronuncia positiva di compatibilità ambientale relativamente all'installazione «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)», proponente/gestore: Scarlino Energia s.r.l, per le motivazioni e le considerazioni sviluppate nel verbale della riunione della Conferenza di Servizi dell’8.9.2015";
- "rilasciare, ai sensi del D. Lgs. 152/2006, e per quanto riportato nel verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9/9/2015, (Allegato B) apposita autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) alla società Scarlino Energia S.r.l (sede legale e sede operativa in Scarlino (GR), Loc. Casone snc, cap 58020) in qualità di gestore dell'installazione denominata «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)» relativamente alle attività riportate nelle Schede AIA denominate Scheda A e Scheda G2, del documento Domanda di AIA presentato dal proponente/gestore, con le prescrizioni indicate nel medesimo verbale";
- "prendere atto della Relazione Tecnica (Allegato C), parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, contenente l’Allegato Tecnico (Allegato C1) e il Piano di Monitoraggio e controllo (Allegato C2), con cui il Responsabile del Settore Servizi pubblici locali e Bonifiche specifica la corrispondenza di detti allegati alle prescrizioni, pareri e contributi istruttori emersi nelle Riunioni della Conferenza di Servizi"
unitamente agli allegati al medesimo atto:
- Verbale della Conferenza di Servizi dell'8 settembre 2015 (All. A);
- Verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9 settembre 2015 (All. B);
- Relazione tecnica (All. C), "parte integrante e sostanziale" della Deliberazione della Giunta regionale della Toscana n. 979 del 2015, contenente l'Allegato Tecnico (All. Cl) e il Piano di Monitoraggio (All.C2) nonché di ogni atto precedente, successivo e comunque connesso e consequenziale tra cui gli atti pubblicati nel Supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 43 del 28 ottobre 2015, tra i quali:
- Contributo tecnico istruttorio del Genio Civile di Bacino Toscana Sud e Opere marittime- sede di Grosseto, del 7 maggio 2015;
- Nota di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 25 maggio 2015;
- Nota del Settore regionale Tutela e Gestione delle Risorse Idriche del 27 maggio 2015;
- Nota del Settore regionale Produzioni Agricole Vegetali del 29 maggio 2015;
- Nota dell'Azienda USL 9 di Grosseto del 4 giugno 2015;
- Nota del Settore regionale Sismica del 5 giugno 2015;
- Nota della Provincia di Grosseto - Area Ambiente del 9 giugno 2015;
- Nota di ATO Rifiuti Toscana Sud del 9 giugno 2015;
- Nota del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 10 giugno 2015;
- Nota di ARPAT del l0 giugno 2015;
- Nota del Settore Energia tutela della qualità dell'aria e dall'inquinamento elettromagnetico ed acustico dell'11 giugno 2015;
- Nota del Settore Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del 15 giugno 2015;
- Contributo tecnico del 29 giugno 2015 da parte di Acquedotto del Fiora s.p.a.;
- Contributo tecnico dell’Azienda USL 9 di Grosseto dell'8 luglio 2015;
- Parere della Provincia di Grosseto del 7 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 7 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Pianificazione del Territorio del 9 luglio 2015;
- Contributo del Settore Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali dell'8 luglio 2015;
- Contributo tecnico della Responsabile del Settore rifiuti e bonifiche dei siti inquinati depositato durante la Riunione di Conferenza del 9 luglio 2015;
- Contributo tecnico di ARPAT del 10 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 22 luglio 2015;
- Parere della Provincia di Grosseto depositato nella Riunione di Conferenza del 30 luglio 2015;
- Contributo istruttorio predisposto dalla Provincia di Grosseto in avvalimento e depositato nella Riunione di Conferenza del 30 luglio 2015, da parte della Responsabile del Settore Rifiuti e bonifiche dei siti inquinati;
- Contributo del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 12 agosto 2015:
- Contributo dell'Azienda USL 9 di Grosseto del 28 agosto 2015;
- Contributo dell'Azienda USL 9 di Grosseto del 4 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 2 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 3 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Energia, tutela della qualità dell'aria e dall'inquinamento elettromagnetico ed acustico del 3 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del 7 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Protezione e valorizzazione della fascia costiera e dell'ambiente marino del 7 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 7 settembre 2015;
- Contributo del Settore difesa del suolo dell'8 settembre 2015;
- Documento di Scarlino Energia s.r.l. depositato durante la Riunione di Conferenza dell'8 settembre 2015;
- Rapporto istruttorio allegato al verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Genio Civile di Bacino Toscana Sud e Opere Marittime di Grosseto del 7 settembre 2015;
quanto al ricorso n. 53 del 2016:
della Deliberazione della Giunta regionale della Toscana 12 ottobre 2015, n. 979, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 43 del 28 ottobre 2015, avente ad oggetto “L.R. 10/2010 art. 73-bis comma 1, lettera a), D.G.R. n. 160 del 23.2.2015. Procedimento coordinato di VIA ed AIA di competenza regionale, di cui alla Parte Seconda del D. Lgs. 152/2006 e di cui alla L.R. 10/2010, relativo all'installazione «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)», proponente/gestore: Scarlino Energia S.r.l. Provvedimento conclusivo", con la quale si è deliberato, tra l'altro, di:
- "esprimere, ai sensi dell'art. 57 della L. R. 10/2010, pronuncia positiva di compatibilità ambientale relativamente all'installazione «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)», proponente/gestore: Scarlino Energia s.r.l, per le motivazioni e le considerazioni sviluppate nel verbale della riunione della Conferenza di Servizi dell’8.9.2015;
- "rilasciare, ai sensi del D. Lgs. 152/2006, e per quanto riportato nel verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9/9/2015, (Allegato B) apposita autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) alla società Scarlino Energia S.r.l (sede legale e sede operativa in Scarlino (GR), Loc. Casone snc, cap 58020) in qualità di gestore dell'installazione denominata «Termovalorizzatore e impianto di trattamento rifiuti liquidi in Comune di Scarlino (GR)» relativamente alle attività riportate nelle Schede AIA denominate Scheda A e Scheda G2, del documento Domanda di AIA presentato dal proponente/gestore, con le prescrizioni indicate nel medesimo verbale";
- "prendere atto della Relazione Tecnica (Allegato C), parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, contenente l'Allegato Tecnico (Allegato C1) e il Piano di Monitoraggio e controllo (Allegato C2), con cui il Responsabile del Settore Servizi pubblici locali e Bonifiche specifica la corrispondenza di detti allegati alle prescrizioni, pareri e contributi istruttori emersi nelle Riunioni della Conferenza di Servizi"
unitamente agli allegati al medesimo atto:
- Verbale della Conferenza di Servizi dell'8 settembre 2015 (All. A);
- Verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9 settembre 2015 (All. B);
- Relazione tecnica (All. C), "parte integrante e sostanziale" della Deliberazione della Giunta regionale della Toscana n. 979 del 2015, contenente l'Allegato Tecnico (All. Cl) e il Piano di Monitoraggio (All.C2) nonché di ogni atto precedente, successivo e comunque connesso e consequenziale tra cui gli atti pubblicati nel Supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 43 del 28 ottobre 2015, tra i quali:
- Contributo tecnico istruttorio del Genio Civile di Bacino Toscana Sud e Opere marittime- sede di Grosseto, del 7 maggio 2015;
- Nota di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 25 maggio 2015;
- Nota del Settore regionale Tutela e Gestione delle Risorse Idriche del 27 maggio 2015;
- Nota del Settore regionale Produzioni Agricole Vegetali del 29 maggio 2015;
- Nota dell'Azienda USL 9 di Grosseto del 4 giugno 2015;
- Nota del Settore regionale Sismica del 5 giugno 2015;
- Nota della Provincia di Grosseto - Area Ambiente del 9 giugno 2015;
- Nota di ATO Rifiuti Toscana Sud del 9 giugno 2015;
- Nota del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 10 giugno 2015;
- Nota di ARPAT del l0 giugno 2015;
- Nota del Settore Energia tutela della qualità dell'aria e dall'inquinamento elettromagnetico ed acustico dell'11 giugno 2015;
- Nota del Settore Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del 15 giugno 2015;
- Contributo tecnico del 29 giugno 2015 da parte di Acquedotto del Fiora Spa;
- Contributo tecnico dell’Azienda USL 9 di Grosseto dell'8 luglio 2015;
- Parere della Provincia di Grosseto del 7 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 7 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Pianificazione del Territorio del 9 luglio 2015;
- Contributo del Settore Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali dell'8 luglio 2015;
- Contributo tecnico della Responsabile del Settore rifiuti e bonifiche dei siti inquinati depositato durante la Riunione di Conferenza del 9 luglio 2015;
- Contributo tecnico di ARPAT del 10 luglio 2015;
- Contributo tecnico del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 22 luglio 2015;
- Parere della Provincia di Grosseto depositato nella Riunione di Conferenza del 30 luglio 2015;
- Contributo istruttorio predisposto dalla Provincia di Grosseto in avvalimento e depositato nella Riunione di Conferenza del 30 luglio 2015, da parte della Responsabile del Settore Rifiuti e bonifiche dei siti inquinati;
- Contributo del Settore Forestazione, Promozione dell'innovazione e interventi comunitari per l'agroambiente del 12 agosto 2015:
- Contributo dell'Azienda USL 9 di Grosseto del 28 agosto 2015;
- Contributo dell 'Azienda USL 9 di Grosseto del 4 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 2 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 3 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Energia, tutela della qualità dell'aria e dall'inquinamento elettromagnetico ed acustico del 3 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del 7 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Settore regionale Protezione e valorizzazione della fascia costiera e dell'ambiente marino del 7 settembre 2015;
- Contributo di ARPAT Dipartimento di Grosseto del 7 settembre 2015;
- Contributo del Settore difesa del suolo dell'8 settembre 2015;
- Documento di Scarlino Energia s.r.l. depositato durante la Riunione di Conferenza dell'8 settembre 2015;
- Rapporto istruttorio allegato al verbale della sesta riunione della Conferenza di Servizi del 9 settembre 2015;
- Contributo istruttorio del Genio Civile di Bacino Toscana Sud e Opere Marittime di Grosseto del 7 settembre 2015;
quanto al ricorso n. 63 del 2016:
per l’annullamento
della delibera della Giunta regionale n. 979 del 12 ottobre 2015, pubblicata sul BURT del 28 ottobre 2915 n. 43, parte seconda, Supplemento n. 147 e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana, di Scarlino Energia s.r.l., del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Grosseto, dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) e di Acquedotto del Fiora s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2017 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’impianto di cui si tratta in questa sede è nato negli anni sessanta per iniziativa della Montecatini, allo scopo di produrre acido solforico. A seguito di un periodo di inattività, con decreto del Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato 12 aprile 1996 la Società Ambiente fu autorizzata ad esercitare nello stabilimento un impianto per la produzione di energia elettrica che avrebbe utilizzato, come combustibile, i residui rifiuti di cui all’allegato 1 del D.M.D Ambiente 16 gennaio 1995, della potenza termica di circa 65 MW. L’autorizzazione fu annullata con sentenza del Consiglio di Stato 5 dicembre 2002, numero 6657.
Successivamente l’impresa Scarlino Energia s.r.l. ha presentato domanda di avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale per l’ammodernamento tecnologico e la riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica, da alimentare con biomasse e fonti non convenzionali. Il parere positivo espresso dalla Provincia di Grosseto venne impugnato avanti questo Tribunale Amministrativo ed annullato con sentenze 18 novembre 2011, numeri 1765 e 1766. Le sentenze sono state confermate dal Consiglio di Stato con pronunce 17 ottobre 2012, numeri 5292 e 5299.
2. Il 27 aprile 2012 l’impresa Scarlino Energia s.r.l. ha chiesto nuovamente l’attivazione del procedimento di valutazione di impatto ambientale. La Provincia di Grosseto, con determinazione dirigenziale 24 ottobre 2012 numero 2988, ha rilasciato l’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio delle attività IPPC di cui ai punti 5.2, 1.1, 5.1 e 5.1 dell’All. VIII alla parte seconda del d.lgs. 3 aprile 2016, n. 152. Le attività sono poi state sospese; la Provincia di Grosseto ha quindi rilasciato il nullaosta per il riavvio dell’esercizio dell’impianto con determinazione dirigenziale 2 agosto 2013, numero 2454. Avverso tali deliberazioni il Comune di Follonica e alcuni soggetti privati hanno proposto distinti ricorsi avanti questo Tribunale Amministrativo che sono stati dichiarati improcedibili. In riforma di queste statuizioni il Consiglio di Stato, con sentenza 20 gennaio 2015, numero 163, ha accolto i ricorsi originari.
3. La Scarlino Energia s.r.l. ha poi presentato domanda alla Regione Toscana per l’avvio del procedimento coordinato di valutazione impatto ambientale e rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per l’installazione di un termovalorizzatore e di un impianto di trattamento di rifiuti liquidi. La Regione, con deliberazione giuntale 12 ottobre 2015, numero 979, ha espresso una pronuncia positiva di compatibilità ambientale dell’opera e rilasciato la relativa autorizzazione integrata per la sua realizzazione. Tali provvedimenti, con gli atti presupposti, sono stati impugnati dal Comune di Follonica con ricorso notificato il 15 dicembre 2015 e depositato il 14 gennaio 2016, rubricato al numero di Ruolo Generale 52/2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si sono costituiti la Regione Toscana, il Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Grosseto, l’impresa Acquedotto del Fiora s.p.a., l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (di seguito: “A.R.P.A.T.”) e l’impresa Scarlino Energia s.r.l., chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 31 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Il Comune di Scarlino a sua volta ha impugnato i provvedimenti sopramenzionati con ricorso notificato il 15 dicembre 2015 e depositato il 14 gennaio 2016, rubricato al numero di Ruolo Generale 53/2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si sono costituiti la Regione Toscana, il Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Grosseto, l’impresa Acquedotto del Fiora s.p.a., l’A.R.P.A.T. e l’impresa Scarlino Energia s.r.l. chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 31 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. La delibera della Giunta Regionale Toscana n. 979/2015 è stata impugnata anche dall’associazione “WWF ITALIA”, denominata pure “WWF ITALIA- associazione italiana per il World Wild Fund For Nature onlus”; dall’associazione Forum Ambientalista; dal Comitato per il no all’inceneritore di Scarlino e dall’associazione Lavoro, Ambiente e Salute con ricorso notificato il 24 dicembre 2015 e depositato il 16 gennaio 2016, rubricato al numero di Ruolo Generale 63/2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si sono costituiti la Regione Toscana e l’impresa Scarlino Energia s.r.l. chiedendo il rigetto del ricorso.
Nelle more è deceduto l’avv. Sergio Nunzi, difensore dei ricorrenti, e la difesa è proseguita con l’avv. Sandro Nunzi senza determinare interruzione del processo.
All’udienza del 31 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Le presenti cause riguardano la legittimità della deliberazione della Giunta della Regione Toscana 12 ottobre 2015, numero 979, e relativi atti presupposti e connessi, con cui è stata espressa la pronuncia positiva di compatibilità ambientale e rilasciata la relativa autorizzazione integrata alla controinteressata società Scarlino Energia s.r.l., per realizzare ed esercire un termovalorizzatore e un impianto di trattamento di rifiuti liquidi nel comune di Scarlino
1.1. Una prima impugnazione è proposta dal Comune di Follonica, con ricorso rubricato al numero di R.g. n. 52/2016.
1.1.1 Con primo motivo il ricorrente lamenta che gli atti gravati sarebbero viziati sotto il profilo della carente valutazione del rischio sanitario incombente sulla popolazione del luogo. Mancherebbe, a suo dire, un’analisi accurata sullo stato di salute delle popolazioni interessate e non sarebbe stato valutato il punto zero dell’ambiente con riferimento alla matrice salute. Gli atti istruttori inoltre sarebbero incompleti e poco aggiornati, e quindi non consentirebbero di verificare adeguatamente lo stato di salute degli abitanti della zona, e con ciò sarebbe anche aggirata la pronuncia del Consiglio di Stato che aveva dichiarato l’illegittimità della precedente autorizzazione integrata ambientale. In particolare, la nota 8 luglio 2015 dell’Azienda Sanitaria Locale 9 di Grosseto, e che rappresenta il fulcro della valutazione in ambito sanitario comprende, quale primo allegato, un documento dell’8 giugno 2015 sull’incidenza di alcuni tumori nella popolazione residente nei Comuni di Follonica e Scarlino dal 2003 al 2009, ma il suo aggiornamento si arresta al 2012, al momento di rilascio della precedente ed illegittima autorizzazione. Lo stesso studio afferma che solo nei prossimi tempi potrà essere disponibile per l’area interessata un quadro completo dell’incidenza di tutte le patologie oncologiche.
Il documento poi considererebbe solo alcune patologie rare e seguirebbe un approccio errato a causa della tipologia, numerosità, intensità e interazione degli agenti inquinanti e per la composizione della popolazione esposta ai medesimi. Inoltre il documento utilizza il modello diffusionale delle emissioni in atmosfera, ma in assenza di uno studio epidemiologico allargato non sarebbe possibile sapere se le condizioni della popolazione residente ai limiti della zona presa in considerazione presentino criticità.
Altro documento allegato, recante il profilo di salute dei residenti nei comuni interessati, del 9 giugno 2015 raffronta i tassi di mortalità tra gli abitanti dei due comuni, il resto della provincia e la regione Toscana per quattro periodi standardizzati, dal 1987 - 1990 al 2005 – 2011, e a dire del ricorrente mostrerebbe diverse lacune:
- il periodo 2005-2011 viene riportato come media e non è quindi possibile risalire ai dati puntuali per anno e al trend dei sei anni presi in considerazione,
- i dati si fermano al 2011 e sono antecedenti alla precedente autorizzazione illegittima,
- manca lo studio di alcune patologie come quelle infantili,
- l’analisi è limitata agli abitanti dei comuni di Follonica e Scarlino.
Le lacune non sarebbero colmate dalla nota 28 agosto 2015, protocollo 44311, dell’ASL recante uno studio sui dipendenti del termovalorizzatore di Scarlino in località Casone di Scarlino, che riporta i risultati di un unico campionamento effettuato il 17 giugno 2013 e il 4 luglio 2013, periodo nel corso del quale l’inceneritore era fermo; il campione inoltre è limitato a soli 130 lavoratori ed è stata effettuata solo l’analisi delle urine. Peraltro i pur insufficienti dati disponibili evidenzierebbero un’incidenza di malattie tumorali superiore a quella di provincia e regione, il che avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a negare la valutazione positiva di impatto ambientale.
L’Azienda sanitaria avrebbe dovuto negare il parere favorevole e compiere ulteriori analisi aggiornate, mentre si è limitata ad esigere particolari cautele quali l’affidabilità dell’impianto e il mantenimento prestazionale con particolare riferimento alle emissioni in atmosfera ed agli scarichi idrici.
1.1.2 Con secondo motivo il ricorrente censura asserite lacune impiantistiche, rilevando che l’Amministrazione considera quella in oggetto come autorizzazione per un impianto nuovo ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 152/2006 poiché tutte le precedenti autorizzazioni nei procedimenti 2008-2009 e 2012 sono state annullate. Tuttavia avrebbe dovuto tenere in considerazione anche i dati sull’esercizio precedente poiché l’inceneritore ha funzionato per almeno due anni, a seguito dell’autorizzazione rilasciata nel 2012. Sostiene che le linee dell’impianto nel 2013 hanno lavorato per circa un quarto del tempo rispetto a quanto dichiarato nell’autorizzazione; nel sopralluogo del 6 maggio 2014 erano emersi diversi guasti e altrettanto è accaduto nel sopralluogo del 16 luglio 2014. L’impianto presenterebbe quindi criticità tali da non garantire l’efficienza di esercizio e nel progetto non si rinvengono, a dire del ricorrente, quelle radicali modifiche che sarebbero state necessarie a tal scopo.
Nei documenti presentati dalla controinteressata mancherebbero poi elementi fondamentali per valutare l’efficienza dell’impianto e il rispetto della normativa, e la vetustà dell’impianto minerebbe le sue possibilità di efficienza. I forni infatti non avrebbero i volumi interni di post-combustione richiesti per l’abbattimento degli inquinanti, materia disciplinata dall’articolo 80, comma 3, del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, confermato dall’articolo 237 octies, comma 3, del decreto legislativo 152/2006. Essi presentano un solo accesso al materiale da incenerire e hanno pareti membranate dentro cui scorre l’acqua del ciclo acqua/vapore, mentre altri fasci di tubi sono inseriti nel letto di combustione, cosa non indicata in caso di incenerimento di rifiuti eterogeni. Il fluido a letto bollente produrrebbe inoltre polveri in misura rilevante.
Si ripresenterebbero inoltre le criticità dei precedenti procedimenti relative al recupero energetico e, comunque, l’inceneritore avrebbe un’efficienza energetica talmente bassa da non poter conseguire il rilascio dell’autorizzazione, stante il tenore dell’articolo 208, comma 11 bis, del decreto legislativo 152/2006.
I medesimi vizi di carenza di istruttoria e difetto di motivazione sarebbero presenti con riferimento al controllo della radioattività sui rifiuti in ingresso, poiché A.R.P.A.T da un lato afferma che il sistema di sorveglianza appare adeguato mentre dall’altro rileva diverse criticità nella gestione dei rifiuti radioattivi. Le prescrizioni dell’Amministrazione rimandano poi, a dire del ricorrente in modo illegittimo, ad un momento successivo al rilascio dell’autorizzazione non solo la materiale predisposizione ma anche la teorica definizione delle misure necessarie per mettere in sicurezza l’impianto. Le stesse prescrizioni contenute nel provvedimenti impugnati sarebbero illegittime poiché prevedono che la controinteressata possa adeguarsi dopo l’avvio dell’esercizio dell’inceneritore e, peraltro, alcune di esse non garantirebbero l’esercizio efficiente di impianto.
1.1.3 Con terzo motivo di gravame il ricorrente deduce che gli atti impugnati sarebbero illegittimi poiché è stata espressa pronuncia positiva di compatibilità ambientale, ai sensi dell’articolo 57 della Legge della Regione Toscana 12 febbraio 2010, n. 10, nonostante l’impianto non rispetti le prescrizioni previste dall’articolo 8 del decreto legislativo 133/2005 per la riduzione delle emissioni nell’aria delle sostanze inquinanti prodotte nel processo di incenerimento.
In primo luogo i camini dell’impianto sono alti 50 metri e la temperatura di scarico dei fumi varia da 38 a 40 gradi, mentre per i moderni inceneritori l’altezza adeguata dei camini sarebbe ritenuta pari ad almeno 60 metri e la temperatura dei fumi dovrebbe essere almeno di 100° centigradi.
L’obsolescenza dell’impianto e la sua inaffidabilità sarebbero emerse nel corso dei sopralluoghi effettuati da A.R.P.A.T. nel 2014 e di ciò non si sarebbe tenuto conto nel procedimento.
Non sarebbe poi stata effettuata, da parte delle Amministrazioni resistenti, una reale attività istruttoria sulle ricadute di inquinanti al suolo per effetto del mutamento dell’inceneritore e mancherebbe una valutazione del punto zero dell’ambiente, nonostante tale valutazione sia prescritta dall’articolo 40 della Legge della Regione Toscana 10/2010.
1.1.4 Con quarto motivo il ricorrente lamenta che sarebbe stato disatteso quanto statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 163/2015, poiché non sarebbe stata effettuata una corretta valutazione sullo stato del canale Solmine, negando che sia il corpo idrico recettore degli scarichi e che il suo grado di inquinamento debba essere valutato con tale premessa. Nella sentenza era stato messo in rilievo che l’equivoco di fondo consisteva nel considerare non già il canale ma il mare quale corpo idrico recettore eludendo così la definizione contenuta nell’articolo 74, comma due, lett. h) del decreto legislativo 152/2006. Non è fornita una spiegazione della considerazione che il canale non avrebbe più obiettivi di qualità prefissati essendo corpo idrico superficiale interno non tipizzato e, peraltro, l’articolo 74, commi 1 e 2, del decreto legislativo 152/2006 stabilisce che tutte le acque superficiali e sotterranee devono rispettare obiettivi minimi di qualità.
Non sarebbe stato verificato poi se sussistono interferenze tra il canale e il fiume Pecora e non sarebbe stata effettuata un’adeguata istruttoria sulla permeabilità del primo. La citata sentenza n. 163/2015 avrebbe invece evidenziato l’alto grado di criticità del canale a causa dell’inceneritore.
L’analisi dei dati ricavati dai documenti del procedimento autorizzatorio evidenzierebbe inoltre la compromissione della fauna ittica né l’Amministrazione avrebbe effettuato una propria analisi. Sarebbero risultati contaminati anche alcuni esemplari di fauna pescati nel fiume Pecora e la circostanza che si tratta di pesci di acqua dolce, i quali non hanno potuto subire la contaminazione del canale e poi transitare nel fiume poichè non possono sopravvivere in acqua salmastra, farebbe presumere che vi siano interferenze tra i due corsi d’acqua o che il fiume venga contaminato dalle immissioni in atmosfera che ricadono al suolo.
La Regione avrebbe poi omesso di svolgere un’adeguata istruttoria sulla permeabilità del canale.
Non sarebbe conforme alla legge anche l’impianto TRL e il sistema di scarico dei reflui liquidi che violerebbe l’articolo 187 del decreto legislativo 152/2006, il quale vieta di miscelare rifiuti pericolosi. Gli atti impugnati autorizzano la controinteressata anche al trattamento e smaltimento di numerose tipologie di rifiuti liquidi classificati come pericolosi mentre l’impianto dispone solo di 10 serbatoi per rifiuti pericolosi e non pericolosi, evidenziando una sproporzione tra il numero di serbatoi e numero di tipologie di rifiuti trattati.
1.1.5 Con quinto motivo il ricorrente si duole che la valutazione di compatibilità ambientale avrebbe dovuto comprendere un’attenta analisi degli impatti sulla conservazione dei siti posti nelle vicinanze dell’inceneritore, come le aree naturali protette o le zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici. Mancherebbe invece un’analisi di incidenza e sarebbero stati esclusi alcuni siti posti a km. 2 dall’impianto, come la riserva naturale statale di Scarlino; inoltre non sarebbero stati coinvolti gli enti gestori delle aree.
1.1.6 Con sesto motivo lamenta che non sarebbero state valutate le possibili alternative in ordine alla localizzazione dell’impianto, cosiddetta opzione zero disposta dalle norme sia nazionali che regionali.
1.1.7 Con settimo motivo si duole che la Regione, pur aderendo alla richiesta formulata dai comuni di Follonica e Scarlino per prorogare la conclusione del procedimento al fine di consentire una più ampia istruttoria, non abbia poi compiuto alcun atto istruttorio. Le Amministrazioni avevano anche chiesto l’attivazione della valutazione di incidenza sanitaria per poter verificare efficacemente l’effettivo impatto sulla salute dei cittadini, che non è stata effettuata.
1.2 Una seconda impugnazione è proposta dal Comune di Scarlino con ricorso rubricato al numero di R.g. n. 53/2016.
1.2.1 Con primo motivo il ricorrente censura asserite lacune impiantistiche, rilevando che l’Amministrazione considera quella in oggetto come autorizzazione per un impianto nuovo ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 152/2006 poiché tutte le precedenti autorizzazioni nei procedimenti 2008-2009 e 2012 sono state annullate. Tuttavia avrebbe dovuto tenere in considerazione anche i dati sull’esercizio precedente poiché l’inceneritore ha funzionato per almeno due anni, a seguito dell’autorizzazione rilasciata nel 2012. Sostiene che le linee dell’impianto nel 2013 hanno lavorato per circa un quarto del tempo rispetto a quanto dichiarato nell’autorizzazione; nel sopralluogo del 6 maggio 2014 erano emersi diversi guasti e altrettanto è accaduto nel sopralluogo del 16 luglio 2014. L’impianto presenterebbe quindi criticità tali da non garantire l’efficienza di esercizio e nel progetto non si rinvengono, a dire del ricorrente, quelle radicali modifiche che sarebbero state necessarie a tal scopo.
Nei documenti presentati dalla controinteressata mancherebbero poi elementi fondamentali per valutare l’efficienza dell’impianto e il rispetto della normativa, e la vetustà dell’impianto minerebbe le sue possibilità di efficienza. I forni infatti non avrebbero i volumi interni di post-combustione richiesti per l’abbattimento degli inquinanti, materia disciplinata dall’articolo 80, comma 3, del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, confermato dall’articolo 237 octies, comma 3, del decreto legislativo 152/2006. Essi presentano un solo accesso al materiale da incenerire e hanno pareti membranate dentro cui scorre l’acqua del ciclo acqua/vapore, mentre altri fasci di tubi sono inseriti nel letto di combustione, cosa non indicata in caso di incenerimento di rifiuti eterogeni. Il fluido a letto bollente produrrebbe inoltre polveri in misura rilevante.
Si ripresenterebbero inoltre le criticità dei precedenti procedimenti relative al recupero energetico e, comunque, l’inceneritore avrebbe un’efficienza energetica talmente bassa da non poter conseguire il rilascio dell’autorizzazione, stante il tenore dell’articolo 208, comma 11 bis, del decreto legislativo 152/2006.
I medesimi vizi di carenza di istruttoria e difetto di motivazione sarebbero presenti con riferimento al controllo della radioattività sui rifiuti in ingresso, poiché A.R.P.A.T da un lato afferma che il sistema di sorveglianza appare adeguato mentre dall’altro rileva diverse criticità nella gestione dei rifiuti radioattivi. Le prescrizioni dell’Amministrazione rimandano poi, a dire del ricorrente in modo illegittimo, ad un momento successivo al rilascio dell’autorizzazione non solo la materiale predisposizione ma anche la teorica definizione delle misure necessarie per mettere in sicurezza l’impianto. Le stesse prescrizioni contenute nel provvedimenti impugnati sarebbero illegittime poiché prevedono che la controinteressata possa adeguarsi dopo l’avvio dell’esercizio dell’inceneritore e, peraltro, alcune di esse non garantirebbero l’esercizio efficiente di impianto.
1.2.2 Con secondo motivo il ricorrente si duole che la valutazione di compatibilità ambientale avrebbe dovuto comprendere un’attenta analisi degli impatti sulla conservazione dei siti posti nelle vicinanze dell’inceneritore, come le aree naturali protette o le zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici. Mancherebbe invece un’analisi di incidenza e sarebbero stati esclusi alcuni siti posti a km. 2 dall’impianto, come la riserva naturale statale di Scarlino; inoltre non sarebbero stati coinvolti gli enti gestori delle aree.
1.2.3 Con terzo motivo lamenta che non sarebbero state valutate le possibili alternative in ordine alla localizzazione dell’impianto, cosiddetta opzione zero disposta dalle norme sia nazionali che regionali.
1.2.4 Con quarto motivo si duole che la Regione, pur aderendo alla richiesta formulata dai comuni di Follonica e Scarlino per prorogare la conclusione del procedimento al fine di consentire una più ampia istruttoria, non abbia poi compiuto alcun atto istruttorio. Le Amministrazioni avevano anche chiesto l’attivazione della valutazione di incidenza sanitaria per poter verificare efficacemente l’effettivo impatto sulla salute dei cittadini, che non è stata effettuata.
1.3 Una terza impugnazione è proposta dall’associazione “WWF ITALIA”, anche denominata “WWF ITALIA- associazione italiana per il World Wild Fund For Nature onlus”; dall’associazione Forum Ambientalista; dal Comitato per il NO all’inceneritore di Scarlino e dall’associazione Lavoro, Ambiente e Salute, con ricorso rubricato al numero di R.g. n. 63/2016.
1.3.1 Con primo motivo i ricorrenti lamentano che sia stato malamente valutato l’impatto sanitario ed ambientale dell’opera. Rispetto allo studio epidemiologico deducono che sarebbero state prese in esame solo alcune tipologie tumorali rare, mentre le patologie correlabili agli inquinanti emessi dall’impianto sarebbero più numerose. Per stessa ammissione dei redattori dello studio i dati non sarebbero statisticamente significativi «data l’esigua numerosità della popolazione di Follonica e Scarlino» che, comunque, negli ultimi anni mostrerebbe una tendenza significativa ad ammalarsi maggiormente, per quasi tutte le malattie correlate alla presenza di diossina prodotta da inceneritore.
I ricorrenti mettono poi in evidenza il verificarsi di molti blocchi delle caldaie in pochi mesi di attività e lamentano che gli elementi utilizzati si basino sui dati di ricaduta degli inquinanti forniti dal proponente/gestore e sono stati tratti da una stazione meteo privata di Scarlino Energia (parte in causa), posta a circa 2,5 km di distanza, a 10 metri di altezza e schermata dai palazzi, e una del CNR a oltre km. 3,3 di distanza che risulterebbe essere solo anemometrica per usi agronomici e, pertanto, priva di validità ufficiale per studi modellistici. Il modello CALMET-CALPUFF eseguito, e in passato utilizzato soprattutto per il calcolo delle ricadute a grande distanza, sarebbe inidoneo nel caso di calma di vento quando nella fattispecie i fumi, definibili come densi a causa delle inusuali basse temperature di scarico, difficilmente cadranno a grandi distanze. Le aziende agricole e l’abitato di Follonica sono a poche centinaia di metri dall’inceneritore. Sostengono poi i ricorrenti che i risultati dati dal modello sarebbero modificabili facilmente in base ai dati immessi e che i dati raccolti non mostrerebbero che in misura minima i venti del quarto quadrante, che dovrebbero essere il 20% delle rilevazioni.
Essi lamentano poi che il canale Solmine presenti argini in terra battuta e facilmente permeabili. Il lavaggio dei fumi dell’incenerimento avviene in parte con le acque di mare e in parte con acque dolci; le prime sono tratte dal canale nel quale vengono poi reimmesse dopo un trattamento nella linea “acque salate” mentre la seconda linea di trattamento acque, che viene anch’essa scaricata nel canale, è data dalle acque dolci in parte provenienti dal trattamento fumi dell’inceneritore, ma in maggior parte provenienti da altri impianti presenti nell’area industriale del Casone di Scarlino. I due sistemi di trattamento reflui contrasterebbero con il d.lgs. 4 marzo 2014, poiché non sono completamente separati. La stessa Scarlino Energia s.r.l. a pag.112 dello Studio di Impatto Ambientale presentato alla Regione Toscana, riporterebbe dati allarmanti sulla presenza di inquinanti nel canale e non sarebbero previsti trattamenti parziali sulle diverse linee in arrivo ai due trattamenti. Rispetto a tale tematica nulla sarebbe previsto nelle prescrizioni di esercizio associate alla nuova autorizzazione.
1.3.2 Con secondo motivo i ricorrenti ricordano che parte dell’area di impianto ricade in zone classificate a pericolosità idraulica elevata (PIE) nelle quali sono consentiti gli interventi di cui all’art. 6 delle norme di P.A.I. del bacino regionale Toscana costa. Nelle prescrizioni contenute nell’autorizzazione impugnata non si accennerebbe all’esistenza di un sistema automatico atto a impedire l’introduzione dei rifiuti quando le misurazioni in continuo indichino che uno qualsiasi dei valori limite di emissione è superato a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi, in contrasto con l’art. 50, comma 4, della direttiva UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 n. 75.
1.3.3 Con terzo motivo i ricorrenti si dolgono che la valutazione di compatibilità ambientale avrebbe dovuto comprendere un’analisi attenta degli impatti sulla conservazione dei siti posti nelle vicinanze dell’inceneritore, come le aree naturali protette o le zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici. Mancherebbe invece un’istruttoria sul tema e, in particolare, non sarebbe stato valutato l’impatto derivante dall’aumento del traffico veicolare.
1.3.4 Con quarto motivo i ricorrenti lamentano che la documentazione per il rilascio dell’autorizzazione non conterrebbe gli essenziali dati e dettagli tecnici impiantistici necessari a consentire la valutazione dell’impianto, il quale non avrebbe avuto modifiche strutturali dal precedente esercizio al di fuori della normale manutenzione.
1.4 La Regione Toscana e l’A.R.P.A.T., quest’ultima costituita nelle sole cause sub RR.gg. nn. 52/2016 e 53/2016, replicano alle deduzioni dei ricorrenti.
1.4.1 Le resistenti contestano, in particolare, l’esistenza di carenze documentali nell’analisi sullo stato di salute delle popolazioni interessate e rilevano che la stessa è stata condotta in base agli studi disponibili all’epoca dei fatti, da cui non è emersa un’evidenza significativa di patologie riconducibili agli inquinanti prodotti da insediamenti industriali tale da richiedere approfondimenti con modelli di studio di tipo eziologico. Per questo motivo, al fine della positiva conclusione della procedura è stato ritenuto sufficiente uno studio di tipo descrittivo. L’analisi è stata limitata alle patologie la cui insorgenza è correlata con tale esposizione; durante lo studio sono emerse discordanze fra diagnosi presenti nelle varie fonti e per questo sono stati svolti altri approfondimenti per chiarire eventuali errori. Alcune delle patologie studiate rientrano nell’elenco delle patologie rare così come classificate dal Ministero della Salute. Sono state prese in considerazione le zone a maggiore esposizione senza che risultassero dati preoccupanti per i loro abitanti e, di conseguenza, un risultato simile sarebbe prevedibile per le zone circostanti. Lo studio ha preso in esame un trend temporale per periodi di sette anni, dal 1991 al 1997; dal 1998 al 2004 e dal 2005 al 2011.
L’analisi sui dipendenti del termovalorizzatore, precisamente i dipendenti di Scalino Energia e delle ditte appaltatrici esterne oltre a quelli della Nuova Solmine e della Tioxide Europe ammontanti a 130 unità, si è basata sull’esame delle urine poiché queste sono più frequentemente usate per valutare, su larga scala, il grado di esposizione ambientale o professionale a sostanze tossiche; in 94 lavoratori sono stati evidenziati valori di piombo urinario non in linea con i valori di riferimento per la popolazione generale non esposta professionalmente e su questi sono stati effettuati esami ematici.
I tassi di mortalità e ospedalizzazione per tutte le cause e per l’insieme dei tumori, sia nei maschi che nelle femmine presenti nell’area di Follonica e di Scarlino, a dire delle resistenti si collocano su valori talora inferiori, talora simili a quelli delle aree di riferimento.
1.4.2 Le resistenti contestano poi l’ammissibilità delle censure fondate su asserite lacune impiantistiche poiché consisterebbero nelle stesse osservazioni già svolte durante l’istruttoria e l’inchiesta pubblica, senza alcuna ulteriore motivazione al di fuori di perizie già controdedotte in sede procedimentale.
Nel merito, deducono di avere effettuato un’adeguata istruttoria come dimostrerebbero i verbali della conferenza dei servizi, e per quanto concerne l’affidabilità (i contestati blocchi dell’impianto), le criticità individuate da A.R.P.A.T. non costituirebbero violazioni di prescrizioni normative o contenute nell’autorizzazione integrata ambientale, ma evidenzierebbero problematiche gestionali da superare per il continuo miglioramento delle performances ambientali. Il rapporto ispettivo evidenza che i controlli effettuati nell’anno 2014 non hanno mai rilevato superamenti dei limiti di emissioni autorizzati, se non per l’azoto nitroso del punto di scarico S1 relativo alle linee di trattamento delle acque dolci, che non è interessato dall’attività di trattamento dei fumi di combustione. In fase istruttoria si è tenuto conto delle irregolarità di marcia dell’impianto negli anni 2013-2014 concludendo che il regime di fermate può essere notevolmente ridotto. Sono stati quindi prescritti una serie di interventi tesi a minimizzare i fenomeni di fermo dell’impianto e a massimizzarne l’efficienza energetica.
Il pregresso esercizio sarebbe stato valutato concludendo che, nonostante i fermi impianto, sono stati rispettati i limiti di efficienza energetica e, comunque, sono state imposte ulteriori prescrizioni.
Le ulteriori censure sono state oggetto di specifiche controdeduzioni e per quanto attiene il controllo della radioattività dei rifiuti in ingresso, l’impianto è dotato di un sistema di rilevazione come dimostra la circostanza che fin dal 2011 in atti risultano le comunicazioni di rinvenimento dei carichi contenenti rifiuti radioattivi.
Quanto alla circostanza che alcune prescrizioni stabiliscono che il proponente possa adeguarsi nel corso del tempo, tale possibilità è prevista dall’articolo 29 quater, comma 12, del decreto legislativo 152/2006 e, comunque, le stesse richiedono sotto un profilo tecnico la concessione di un limite temporale di applicazione.
1.4.3 Le resistenti sostengono poi che anche le censure che contestano le emissioni dell’impianto sarebbero inammissibili poiché generiche e fondate sulla pretesa violazione del decreto legislativo n. 133/2005, non applicabile nel caso di specie poiché abrogato dal decreto legislativo n. 46/2014. Gli aspetti contestati dai ricorrenti, secondo la difesa regionale, sarebbero stati dettagliatamente esaminati nel corso della procedura.
La norma di cui all’articolo 37 duodecies, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 non stabilirebbe una quota minima di emissioni né una temperatura minima degli effluenti rilasciati in atmosfera, richiamando piuttosto la necessità di far sì che l’insieme dei parametri significativi nel fenomeno del loro innalzamento ne favorisca la dispersione in atmosfera. L’adeguatezza dei parametri deve quindi rilevarsi dal confronto tra le concentrazioni in aria degli inquinanti emessi dell’impianto e i limiti fissati dalla normativa. I risultati delle simulazioni evidenzierebbero un contributo delle emissioni dell’impianto molto modesto alle concentrazioni in aria. Nel rapporto ispettivo di A.R.P.A.T. non sono poi stati rilevati superamenti alle emissioni in atmosfera.
1.4.4 Quanto al canale Solmine, le resistenti rilevano che costituisce corpo idrico superficiale con superficie di circa 3 km², inferiore ai 10 km² richiesti per essere incluso nel processo di tipizzazione secondo quanto previsto dal punto 1.1, all. I alla parte III del d.lgs. n. 152/2006. Eventuali interconnessioni del canale con il reticolo superficiale interno sono state escluse dall’istruttoria, come risulta dal verbale della conferenza dei servizi tenuta l’8 settembre 2015 mentre il contributo A.R.P.A.T. del 2 settembre 2015 ha escluso che le acque che transitano nel canale siano inquinate e affermato che sebbene i sedimenti, per alcuni parametri, presentino valore superiore alle CSC di cui a Tab. 1, colonna 8, all. 5, parte IV, titolo V del d.lgs. n. 152/2006, risulta ragionevolmente escludibile che tendano a migrare nel sottosuolo fino a giungere nel primo orizzonte acquifero disponibile.
1.4.5 In memoria di replica la Regione e A.R.P.A.T. chiedono che i ricorrenti nei ricorsi sub RR.gg. nn. 52/2016 e 53/2016 vengano condannati per lite temeraria, in ragione dei richiami contenuti nelle loro memorie alla richiesta di commissariamento avanzata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione nei confronti dell’impresa Sei Toscana, che si occupa della gestione integrata dei rifiuti nell’Ambito Territoriale Ottimale Toscana Sud. Tali affermazioni avrebbero carattere insinuante poiché la questione esulerebbe dall’oggetto del contendere.
1.5 Anche la controinteressata, impresa Scarlino Energia, replica alle deduzioni dei ricorrenti rilevando, in primo luogo, che la sentenza del Consiglio di Stato n. 163/2015 ha disposto che l’indagine sullo stato di salute della popolazione venga effettuata a cura esclusiva egli organismi pubblici competenti, e a tale disposizione l’Amministrazione si è puntualmente conformata. Secondo le valutazioni finali cui perviene l’ASL 9 di Grosseto, riferendosi agli studi epidemiologici aggiornati, non si osservano né eccessi né difetti statistici significativi sicché la popolazione dell’area interessata sembra godere di uno stato salute migliore almeno rispetto al resto della provincia. Inoltre, a tale proposito rileva che un altro documento dell’Azienda con la valutazione delle osservazioni del pubblico è stato trasmesso alla Regione il 4 settembre 2015, e non è contestato. Rileva inoltre che non sono oggetto di contestazione nemmeno le valutazioni contenute nel contributo dell’unità operativa epidemiologia dell’ASL 9 di Grosseto, allegato alla nota ASL 4 settembre 2015 protocollo 45464. Eccepisce quindi l’inammissibilità delle censure in ragione di tali mancate contestazioni.
A suo dire, gli atti istruttori smentirebbero poi l’asserita inaffidabilità dell’impianto ed eccepisce l’inammissibilità delle censure dedotte in tal senso dai ricorrenti, poiché i contributi istruttori forniti nel procedimento a controdeduzione degli argomenti già in tale sede addotti non sono oggetto di contestazione.
Replica alla censura relativa alla classificazione del canale Solmine, al quale non si applicherebbero gli obiettivi di qualità, e ne eccepisce l’inammissibilità per l’omessa impugnazione del Piano di gestione del distretto idrografico dell’Appennino settentrionale, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 novembre 2013. Rileva che è stata accertata la mancanza di contatti tra il canale e il fiume Pecora dal Genio civile di bacino e che oggetto del contendere non è l’interazione del canale stesso con l’ecosistema, ma la compatibilità ambientale dell’impianto di cui si tratta: la censura sarebbe quindi inammissibile per indeterminatezza.
A.R.P.A.T. ha sviluppato un modello matematico, la cui mancata contestazione renderebbe inammissibili le relative censure, giungendo alla conclusione che con determinate performances imposte all’impianto, la concentrazione di diossine attese nello strato superficiale di sedimento alla foce del canale sarebbe inferiore alle CSC per i suoli industriali. L’istruttoria avrebbe accertato che l’impatto sul canale da parte dell’impianto di cui si tratta sarebbe accettabile.
Eccepisce l’inammissibilità della censura riguardo alle linee di trattamento dei rifiuti, che nella rappresentazione dei ricorrenti non sarebbero effettivamente separate, per genericità e mancata dimostrazione, ed anche di quelle riguardanti la violazione del divieto di miscelare rifiuti pericolosi poiché sarebbe posta in termini dubitativi.
2. I ricorsi devono essere riuniti per ragioni di connessione.
La trattazione sarà effettuata congiuntamente per i tre ricorsi poiché presentano motivi comuni, sia pure variamente articolati.
2.1 Il settimo motivo del ricorso 52/2016 e il quarto motivo del ricorso 53/2016 devono essere respinti.
Va rilevato, in primo luogo, che l’accoglimento delle richieste comunali per un prolungamento dell’istruttoria non obbligava la Regione ad effettuare attività in tal senso, ove non fossero state ritenute necessarie e comunque, come correttamente replica la difesa regionale, nel periodo di proroga sono pervenuti documenti da parte dei Comuni di Scarlino e Follonica i quali sono stati oggetto di valutazione nelle conferenze dei servizi svolte in data 8 e 9 settembre 2015.
La censura riguardante il mancato svolgimento della valutazione di incidenza sanitaria deve a sua volta essere respinta in quanto tale procedura, come ancora una volta correttamente replica la difesa regionale, non è imposta dall’ordinamento.
2.2 Devono essere respinti il sesto motivo del ricorso 52/2016 e il terzo motivo del ricorso 53/2016. La sentenza del Consiglio di Stato n. 163/2015 non ha messo in discussione la localizzazione dell’impianto, come correttamente replica la controinteressata, e pertanto tale elemento deve ritenersi consolidato. In ogni caso l’opzione zero è considerata al punto 3.1 dello studio di impatto ambientale presentato dalla controinteressata, il quale rileva che l’impianto è inserito nel Piano Interprovinciale di gestione dei rifiuti dell’ATO Toscana Sud. Lo studio evidenzia che l’impianto è correlato all’intero ciclo di gestione dei rifiuti e che il piano interprovinciale, tra i criteri di localizzazione del nuovo impianto di incenerimento, indica come criterio preferenziale l’utilizzo di strutture già esistenti. Inoltre diversi elementi caratteristici dell’area in questione giustificano la sua idoneità ad ospitare le tipologie di impianto e in particolare la dotazione di infrastrutture; la localizzazione in aree bonificate; la preesistenza di reti di monitoraggio per il controllo ambientale e la viabilità di accesso nonché la disponibilità di collegamenti stradali ai centri abitati. Lo studio prosegue evidenziando che “una fermata dell’impianto deve considerare o un incremento del conferimento dei rifiuti in discarica o l’esercizio di un impianto analogo, esistente o di nuova realizzazione, con impatti sicuramente maggiori o al più, nell’ipotesi che sia sufficiente incrementare il funzionamento di inceneritori esistenti, dello stesso ordine di grandezza”. Inoltre, “trattandosi comunque di un impianto esistente con un’attività già avviata a partire dal 2007, l’opzione zero porterebbe ad una probabile chiusura dell’impianto, con evidenti ripercussioni a scala locale per quanto riguarda l’occupazione sia in termini di personale direttamente impiegato (circa 60 addetti), sia di indotto…”. Non corrisponde quindi al vero l’affermazione dei ricorrenti che la Regione avrebbe trascurato di valutare l’opzione zero; gli atti dell’istruttoria mostrano invece che essa è stata presa in esame nello studio di impatto ambientale e condivisa, né i ricorrenti avanzano ulteriori censure sul punto. Il motivo deve pertanto essere respinto.
2.3 Le censure ulteriori dei ricorsi in esame tendono a contestare il corretto utilizzo della discrezionalità tecnica da parte delle amministrazioni coinvolte nel procedimento, e in primo luogo da parte della Regione Toscana e a questo proposito, la loro trattazione deve essere preceduta da una premessa sui limiti e le modalità con cui tale specie di attività può essere sindacata in sede giudiziaria.
2.3.1 L’atto discrezionale si caratterizza in modo peculiare.
La discrezionalità tecnica dell’amministrazione si dà in riferimento ai casi in cui l’esame di fatti o situazioni rilevanti per l’azione amministrativa comporta l’utilizzo di cognizioni tecniche specialistiche, la cui applicazione non garantisce un risultato univoco. Questa forma di discrezionalità non implica una comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi secondari ma l’applicazione di scienze tecniche al caso concreto. Anche in questo caso l’amministrazione esercita una scelta, ma la esercita alla luce di una determinata scienza la cui applicazione non porta a risultati univoci. Questo distingue la discrezionalità tecnica dall’accertamento tecnico nel quale, invece, vengono utilizzate scienze esatte che consentono di arrivare ad un risultato univoco, con conseguente emersione non di interessi legittimi ma di diritti soggettivi e devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario. Alla discrezionalità tecnica è quindi consustanziale una facoltà di scelta, diversamente da quanto accade nell’accertamento tecnico. La scelta viene però effettuata alla luce non dei criteri di opportunità e convenienza dell’azione amministrativa, ma di quelli dettati da scienze tecniche specialistiche. Se poi la prima si caratterizza, nel caso di specie, oltre che per l’applicazione ad un determinato fatto di concetti tratti da scienze tecniche anche per la presenza di una successiva fase in cui occorre effettuare una scelta fra le misure ritenute più idonee a realizzare l’interesse pubblico, allora saremo in presenza di “discrezionalità mista”.
La giurisprudenza si è interrogata a lungo sulla sindacabilità in sede giudiziaria della discrezionalità tecnica.
La tesi tradizionale rispondeva negativamente opinando che ove non sussistono vincoli giuridici all’azione amministrativa, questa sconfina nel merito che è insindacabile dal giudice.
Tale rigida posizione è stata poi oggetto di ripensamento a partire dalla constatazione che detta forma di discrezionalità non comporta un bilanciamento di interessi, ma l’applicazione di scienze tecniche e pertanto, sotto un profilo teorico generale, nulla impedisce al giudice di controllarne l’esercizio. Da questa constatazione sono derivate due posizioni.
Secondo una prima tesi (ormai obsoleta) la discrezionalità tecnica potrebbe essere controllata solamente sotto il solo profilo estrinseco, verificandone cioè l’illogicità manifesta, o la contraddittorietà della motivazione o eventuali travisamenti di fatto.
Secondo una diversa e più attuale opinione il controllo giudiziario sulla discrezionalità tecnica si estende anche all’attendibilità, sotto il profilo della correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, delle operazioni effettuate (C.G.A. 12 dicembre 2013 n. 929). Ciò implica che il giudice potrà verificare il corretto utilizzo, da parte dell’amministrazione, della scienza tecnica rilevante nel caso di specie; laddove non possieda le necessarie competenze potrà avvalersi della consulenza tecnica. Detto controllo riguarda sia il profilo della correttezza del criterio tecnico individuato dall’amministrazione che quello della correttezza del procedimento seguito per la sua applicazione e si giustifica sulla base della distinzione tra la “opinabilità”, che caratterizza le valutazioni tecniche, e la “opportunità” che connota invece le scelte di merito. E’ ragionevole la riserva delle seconde all’amministrazione ma imprescindibile il controllo di legalità sulle regole tecniche richiamate dalle norme giuridiche applicabili nei singoli casi, le quali (anch’esse) costituiscono parametro di riferimento del giudizio di legittimità dell’azione amministrativa (C.d.S. VI, 13 settembre 2012 n. 4873).
Assodato questo principio si pone un’ulteriore problematica, consistente nel verificare se il controllo giudiziario sul provvedimento frutto di discrezionalità tecnica, una volta accertato il cattivo uso della stessa da parte dell’amministrazione, deve limitarsi all’annullamento dell’atto impugnato o può spingersi fino a indicare la corretta soluzione del problema tecnico. Si tratta dell’alternativa tra un controllo giudiziario cosiddetto “debole” e uno cosiddetto “forte”, intendendosi con il primo quello che, una volta appurato un cattivo uso della discrezionalità tecnica, si limita ad annullare il provvedimento, mentre il secondo postula che il giudice fornisca alle parti anche la soluzione del problema. Oggi prevale nettamente l’opinione secondo la quale il controllo sulla discrezionalità tecnica non può comportare la sostituzione del giudice all’amministrazione e, pertanto, una volta riscontrata la cattiva applicazione dei parametri tecnici rilevanti nel caso di specie, il primo potrà solo annullare il provvedimento rimettendo la questione all’amministrazione (Cass. SS.UU. 3 febbraio 2014, n. 2283). La soluzione appare coerente con il disposto di cui all’articolo 34, comma 2, del codice del processo amministrativo che impedisce al giudice amministrativo di pronunciarsi con riferimento a poteri pubblicistici non ancora esercitati, tra i quali rientrano anche quelli connessi all’uso della discrezionalità tecnica la quale, come sopra visto, implica una facoltà di scelta dell’amministrazione.
Laddove il giudice ritenga necessario avvalersi di conoscenze specialistiche relative alla scienza tecnica che viene in rilievo nel caso di specie, può disporre una consulenza tecnica in base a quanto dispone l’articolo 63, comma quattro, del codice del processo amministrativo il quale recita “qualora reputa necessario l’accertamento di fatti o l’acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l’esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica”.
La controversia sarà risolta alla luce di questi principi.
2.3.2 Il Collegio, in via preliminare, ritiene di respingere le eccezioni di inammissibilità formulate dalle difese della Regione e della controinteressata.
La circostanza che i ricorrenti (ri)propongano le osservazioni formulate nel corso del procedimento e ivi puntualmente controdedotte non è suscettibile di incidere sull’ammissibilità dei relativi motivi ma, semmai, sulla loro fondatezza nel merito. Laddove infatti le censure avanzate nei confronti dei provvedimenti impugnati risultino puntualmente confutate da argomentazioni coerenti e logiche, le stesse non potranno che essere respinte. Si vuole cioè dire che non è impedito ai ricorrenti di riformulare, in sede processuale, osservazioni già proposte in sede procedimentale poiché quest’ultima non è un’anticipazione del processo e l’apporto degli interessati (o dei controinteressati) all’emanazione del provvedimento finale non è effettuata solamente a scopo difensivo, ma anche in chiave di apporto collaborativo per l’Amministrazione. Non vi è quindi preclusione a riproporre tali osservazioni nel processo quali motivi di gravame del provvedimento finale; gli argomenti proposti dalle controparti a confutazione dovranno essere apprezzati in sede di valutazione nel merito dei motivi medesimi.
La mancata contestazione di alcune delle argomentazioni contenute nei provvedimenti e negli atti impugnati, a sua volta, non costituisce causa di inammissibilità delle censure. È ben vero, come rappresentato dalla difesa della controinteressata in pubblica udienza, che le istruttorie procedimentali condotte dall’Amministrazione devono essere confutate integralmente e non è consentito di estrapolare determinati argomenti di esse, omettendone altre, al fine di fondare specifiche censure. La logicità e la ragionevolezza dell’istruttoria devono essere valutate esaminando gli argomenti (e i documenti che li contengono) nel loro complesso. Anche in questo caso, però, le asserite manchevolezze dei ricorsi possono essere apprezzate come causa di infondatezza nel merito delle censure e non quale motivo di inammissibilità delle stesse. Le argomentazioni costituiscono infatti fondamento e ragion d’essere delle censure, sicché carenze nelle prime determineranno l’infondatezza nel merito delle seconde. Se si vuole tracciare una distinzione tra l’uno e l’altro concetto, si può dire che le censure trovano la loro base d’appoggio nelle argomentazioni che i ricorrenti sviluppano e ove queste siano deboli, ad esempio perché contestano solo singoli elementi delle istruttorie procedimentali senza esaminarle nel loro complesso, le censure non potranno essere ritenute inammissibili ma infondate nel merito.
Nel caso di specie il Collegio poi non ritiene indispensabile avvalersi di consulenza tecnica e assumerà le proprie decisioni verificando se i ricorrenti, nelle censure proposte avverso gli atti impugnati, mettano in evidenza contraddizioni intrinseche ed insuperabili tra le risultanze istruttorie e le determinazioni assunte dalla Regione o se, invece, intendano solo avanzare proprie conclusioni che rientrano nei margini dell’opinabilità (C.d.S. V, 17 ottobre 2013 n. 5043). La discrezionalità tecnica si caratterizza infatti per un margine di opinabilità tale per cui a fronte di determinati presupposti fattuali, le determinazioni conseguentemente assunte possono essere diversificate senza che perciò stesso il provvedimento finale risulti viziato. Finché tale opinabilità rientra nei margini di quella normale facoltà di scelta che caratterizza l’utilizzo delle scienze tecniche (e che, si ripete, differenzia la discrezionalità tecnica dall’accertamento tecnico), non sorge un problema di legittimità del provvedimento impugnato; ove invece le decisioni dell’Amministrazione appaiano in contraddizione insanabile con i presupposti assunti nel corso dell’istruttoria, il provvedimento meriterà di essere annullato e l’affare dovrà essere nuovamente esaminato in sede amministrativa, stante il divieto per il Giudice di sostituirsi alla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria discrezionalità non solo amministrativa, ma anche tecnica (C.d.S. IV, 3 maggio 2011 n. 2628).
2.3.3 Alla luce di queste premesse metodologiche, i ricorsi meritano di essere accolti laddove contestano la positiva valutazione di impatto ambientale con riferimento all’aspetto sanitario. Trattasi del primo motivo nel ricorso 52/2016 e della prima parte del primo motivo nel ricorso 63/2016.
E’ accertato che l’istruttoria sull’impatto del funzionamento dell’impianto sulla salute delle popolazioni interessate è stato condotto alla luce di dati risalenti nel tempo, senza indagini epidemiologiche attuali e, inoltre, è stato effettuato in termini descrittivi e non eziologici.
Le indagini hanno rilevato un notevole aumento di determinate forme tumorali nella popolazione, come dimostra lo studio a cura di ISPO e dell’ASL 9 di Grosseto, il quale conclude che la mortalità e la morbilità per alcune patologie “potrebbero essere in parte ascrivibili a esposizioni di tipo ambientale”. Questo avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a proseguire l’istruttoria per verificare se esista o meno un nesso eziologico tra tale fenomeno e la presenza dell’impianto in questione. Sotto questo profilo l’istruttoria risulta carente e deve essere colmata.
L’esistenza di difficoltà materiali, paventate dalle resistenti, nell’effettuare tale operazione non può giustificarne l’omissione poiché il bene salute della popolazione va massimamente tutelato e l’impianto può funzionare solo laddove si riesca ad escludere, quantomeno in termini di ragionevole probabilità, che abbia un ruolo nella verificazione dell’aumento di patologie tumorali. Il principio di precauzione impone infatti che in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, atte ad evitare il verificarsi del danno.
Per questa parte i provvedimenti di cui si tratta devono quindi essere annullati, e a fini conformativi, l’indagine sull’impatto dell’impianto nei confronti della salute della popolazione dovrà colmare le lacune soprarilevate.
2.3.4 I ricorsi devono essere invece respinti con riguardo alle censure relative alle asserite lacune tecniche dell’impianto, di cui ai motivi secondo del ricorso 52/2016; primo del ricorso 53/2016 e secondo e quarto del ricorso 63/2016. I ricorrenti infatti non evidenziano contraddizioni intrinseche nell’istruttoria condotta dall’Amministrazione e le loro censure in linea tecnica vengono puntualmente confutate dalle difese della resistente e della controinteressata. Il Collegio non ritiene necessario espletare una consulenza tecnica su questi profili poiché le conclusioni dei provvedimenti impugnati, alla luce della censure dedotte, appaiono rientrare nel margine di opinabilità proprio delle scienze tecniche senza che sussistano, nemmeno per indizio, divergenze tra i dati acquisiti nell’istruttoria e le conclusioni raggiunte.
Quanto alla decorrenza delle prescrizioni tecniche, come correttamente replica la difesa regionale l’articolo 29 quater, comma 12, del decreto legislativo 152/2006 espressamente prevede che l’autorizzazione integrata ambientale debba indicare la data entro la quale le prescrizioni devono essere eseguite, con ciò confermando la legittimità della previsione di prescrizioni cui il gestore dell’impianto possa adeguarsi dopo l’avvio dell’esercizio dell’impianto.
2.3.5 Per le stesse ragioni devono essere respinte le censure relative alla dispersione dei fumi in atmosfera dedotte nel terzo motivo del ricorso 52/2016. Non può infatti essere assunto a motivo di illegittimità degli atti gravati il mancato rispetto del decreto legislativo 133/2005 poiché questo, come correttamente replica la difesa regionale, è stato abrogato dal decreto legislativo n. 46/2014, mentre sotto il profilo tecnico le difese della resistente appaiono formulate in modo da escludere ogni possibile contraddittorietà intrinseca dell’istruttoria condotta.
2.3.6 Quanto alle censure relative alla situazione del canale Solmine contenute nel quarto motivo del ricorso 52/2016 e nella seconda parte del primo motivo del ricorso 63/2016, valgano le considerazioni che seguono.
È inammissibile la contestazione avverso la qualificazione del canale, in accoglimento dell’eccezione della controinteressata, poiché non è stato impugnato il Piano di gestione del distretto idrografico dell’Appennino settentrionale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 novembre 2013, nel quale il canale non appare. La perdurante vigenza di quest’ultimo provvedimento renderebbe inutile l’accoglimento della censura poiché impedirebbe la realizzazione del risultato cui i ricorrenti tendono con la censura in esame.
Le contestazioni circa l’interferenza del canale con il fiume Pecora sono formulate genericamente e non dimostrano illogicità o incoerenze nell’istruttoria condotta, mentre le censure più specificamente tecniche vengono puntualmente controdedotte senza che i ricorrenti riescano a dimostrare intrinseche contraddizioni dei provvedimenti gravati.
Il motivo appare invece fondato laddove viene contestata la permeabilità del canale, nel quale confluiscono gli scarichi della controinteressata ed anche di altre imprese. Se a fronte di un inquinamento dei sedimenti superficiali è “ragionevolmente escludibile” che i contaminanti tendano a migrare nel sottosuolo, secondo quanto afferma A.R.P.A.T. nel suo contributo del 2 settembre 2015, tuttavia l’applicazione del principio di precauzione impone che vengano messe in sicurezza le rive del corso d’acqua poiché la penetrazione degli inquinanti nel sottosuolo non è esclusa in assoluto.
Il modello matematico sviluppato da A.R.P.A.T. la cui mancata contestazione, secondo la controinteressata, renderebbe inammissibile la censura, in realtà conclude nel senso che la mancanza di conoscenze sulle impronte dei fanghi del TRL e dei vari flussi di impianto non permette ad oggi di definire la modalità di distribuzione del PCB-DL sicchè “ad oggi non sono disponibili dati per tracciare una correlazione tra i SST in uscita con lo scarico di Scarlino Energia ed i sedimenti superficiali della foce” (“Valutazioni tecniche in merito all’impatto sul canale di ritorno a mare per il parametro diossine-furani”, par. 9, delibera G.R. 979/2015 in B.U.R. n. 43/2015, pp. 131-132).
Il motivo in esame deve essere accolto sotto questo unico profilo.
2.3.7 Devono essere respinte le censure tendenti a contestare l’istruttoria condotta in relazione alla mancata considerazione delle aree protette presenti nella zona interessata dall’impianto, di cui ai motivi quinto nel ricorso 52/2016; secondo del ricorso 53/2016 e terzo del ricorso 63/2016. La delibera di Giunta Regionale n. 979/2015, a pagg. 218 e 219, mostra infatti che è stata effettuata un’istruttoria adeguata con riferimento allo studio elaborato dal proponente.
I soggetti gestori dei siti protetti, come correttamente replica la difesa regionale, a norma dell’articolo 5, comma 7, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, devono essere coinvolti solo nei casi in cui gli interventi interessano siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.
Le censure relative alla direzione dei venti sono oggetto di puntuale confutazione senza che i ricorrenti dimostrino la presenza di contraddizioni intrinseche nell’istruttoria tali da far ritenere che le conclusioni della stessa fuoriescano dai margini dell’ordinaria opinabilità.
3. In conclusione, i ricorsi devono essere in parte accolti e in parte respinti, nei sensi di cui in motivazione. La Regione dovrà integrare il procedimento mediante uno studio maggiormente approfondito sotto il profilo sanitario, in relazione ai possibili effetti del funzionamento dell’impianto sulla salute della popolazione interessata, e con l’individuazione di soluzioni atte a evitare che i contaminanti rilasciati nel canale Solmine possano depositarsi sui sedimenti delle rive.
Le spese processuali possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza. Le frasi asseritamente insinuanti contenute nella memoria finale dei ricorrenti nei ricorsi 52/2016 e 53/2016 e censurate dalla difesa regionale, proprio perché estranee all’oggetto del contendere, non possono essere apprezzate sotto il profilo della responsabilità per lite temeraria.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li riunisce e in parte li accoglie, in parte li respinge, nei sensi e termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nelle camere di consiglio dei giorni 31 maggio 2017, 13 giugno 2017, con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari Saverio Romano