CONSEGUENZE DELL'ENTRATA IN VIGORE DEL DPCM 8 MARZO 2002 SUL DM 5
FEBBRAIO 1998 : IL REGIME DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA PER GLI IMPIANTI DI
RECUPERO ENERGETICO DI RIFIUTI NON PERICOLOSI QUALIFICABILI COME "BIOMASSE"
(CENNI)
Sabrina
Bigatti – Ufficio Legale del Settore Tutela Ambientale della Provincia di
Vercelli[1]
I
– Problematiche generali
Il
presente scritto ha ad oggetto il problema dei rapporti tra il DPCM 8 marzo 2002
(recante "Disciplina delle
caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini
dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli
impianti di combustione) e il DM 5 febbraio 1998 (recante “Individuazione
dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai
sensi degli articoli 31 e 33 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22”)
e la loro influenza sul regime delle emissioni in atmosfera degli impianti di
recupero energetico di rifiuti non pericolosi qualificabili come biomasse.
ll
DPCM 8 marzo 2002 è un provvedimento in materia di inquinamento atmosferico e
si inserisce nel campo di applicazione del DPR 203/1988 di cui costituisce
attuazione [2]
Un
raffronto tra i decreti in esame
induce ad affermare che
le prescrizioni e i limiti cui
il DM 5 febbraio 1998 – Allegato 2 Suballegato 1,
subordina il recupero energetico in regime semplificato di residui da
lavorazione qualificabili anche
come biomasse ai sensi del DPCM 8 MARZO 2002,
sono stati superati da quelli previsti dal DPCM medesimo, segnatamente
per quanto riguarda il regime delle emissioni in atmosfera.
A
tale conclusione si perviene in base ad una interpretazione logico-sistematica
della normativa di cui si discute.
Si
osserva infatti che Il DPCM citato abroga espressamente, all'art. 14, il Dpcm 2
ottobre 1995 ( recante "Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi
rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche
tecnologiche degli impianti di combustione") il cui art.4[3]
prevedeva l'uso come combustibile negli
impianti ad uso industriale dei "residui" - tra cui rientravano le biomasse - individuati
dal Decreto del Ministro dell'Ambiente del 16 gennaio 1995 "con
le limitazioni e le prescrizioni ivi
previste, anche ai sensi e per gli effetti delle leggi n.9 e n.10 del 9 gennaio
1991.":
Da una prima lettura comparata dei due decreti si evince che le
"limitazioni" e le "condizioni" cui l'art.4 si riferiva e
che venivano espressamente salvaguardate, riguardavano,
in particolare, il regime delle emissioni in atmosfera.
Il
DM del 16 gennaio 1995 è stato abrogato e sostituito dal Dm 5 febbraio 1998
(art.11 co.3) il cui Allegato II Suballegato I, punti nn.3, 4 e 5 detta le
prescrizioni e le limitazioni al cui rispetto è subordinato il recupero
energetico agevolato (in impianti dedicati e in impianti termici ad uso
industriale) di residui da lavorazione che ai sensi del DM 16 gennaio 1995 erano
qualificati espressamente come "biomasse".
Poiché il DPCM 8 MARZO 2002 non prevede una norma analoga all'art.4 del
DPCM 2 ottobre 1995 e riferita al DM 5 febbraio 1998 Allegato II - Suballegato I punti 3, 4 e 5, non sembra irragionevole
sostenere che, di fatto, per le "biomasse" ex DPCM 2 marzo 2002,
rientranti nell'ambito di applicabilità del Dm 5 febbraio 1998, cambia
il regime delle emissioni in atmosfera ivi previsto[4]
.
Non
solo, un altro argomento che depone a favore di questa tesi si evince dalla
disciplina relativa all'utilizzo del biogas come combustibile negli impianti
previsti dal DPCM 8 marzo 2002.
L'Allegato
VI ( "Caratteristiche e condizioni
dell'utilizzo del biogas") del DPCM in questione esclude, infatti,
espressamente dal suo ambito di applicabilità il biogas "proveniente
dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche costituite da
rifiuti", in particolare "quello
prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica"
e statuisce che "il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità
e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti".[5]
Analoghe
disposizioni non sono previste dall'Allegato III ("Individuazione
delle biomasse combustibili e delle
loro condizioni di utilizzo") del DPCM 8 marzo 2002, il che rafforza
l'idea che i rifiuti contemplati ai punti 3, 4 e 5 dell'Allegato II, Suballegato
I del DM 5 febbraio 1998, a condizione che siano qualificabili come "biomasse"
ai sensi del DPCM 8 marzo 2002,rientrano nell'ambito di applicabilità di
quest'ultimo.
II
- Quali rifiuti previsti ai punti 3,4 e 5 dell'Allegato 2, Suballegato 1 del DM
5 febbraio 1998 possono essere classifficati come biomasse ai sensi del DPCM 8
marzo 2002, Allegato III?
L'elenco
delle biomasse contenuto nel DPCM 8 marzo 2002 è molto generico; è difficile
quindi stabilire con esattezza quali dei rifiuti previsti dal dm 5 febbraio 1998
possano esservi ricondotti.
Un
percorso utile per risolvere questo problema consiste nel porre a confronto il
DM 16 gennaio 1995 con il DM 5 febbraio 1998, verificare quali dei rifiuti
previsti da quest'ultimo erano classificati come biomasse dal primo e quindi
tentare una classificazione ai sensi dell'Allegato III del DPCM 8 marzo 2002[6].
Questo
approccio consente di proporre la
seguente classificazione:
DPCM
8 marzo 2002
ALLEGATO
III - INDIVIDUAZIONE DELLE BIOMASSE COMBUSTIBILI E DELLE LORO CONDIZIONI DI
UTILIZZO (articolo 3 comma 1 lettera n) e articolo 6 comma 1 lettera h))
1.
Tipologia e provenienza
a)
MATERIALE
VEGETALE PRODOTTO DA COLTIVAZIONI
DEDICATE
In questa
voce possono essere inseriti alcuni dei residui previsti dal Punto3, Allegato II,
Suballegato I , DM 5.2.98 coincidente con il Punto1 lett.a) - AllegatoI,
DM 16.1.95:
residui - colturali diversi
(stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo, di tabacco, di girasole, di canapa,
di cisto, ecc.)
CER 020103 - SCARTI DI TESSUTI
VEGETALI [7](EX
SCARTI VEGETALI)
(capitolo 02 del
CER: rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca trattamento e preparazione di alimenti)
b)
MATERIALE VEGETALE PRODOTTO
DA TRATTAMENTO ESCLUSIVAMENTE MECCANICO DI COLTIVAZIONI AGRICOLE NON DEDICATE
In questa
voce possono essere ricondotti i seguenti residui previsti dal Punto3.2,
Allegato 2, suballegato 1 DM 5.2.98 coincidente con il Punto1 lett.a) -
Allegato1 DM 16.1.95
Residui
colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc);
residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da
flutto, ecc.)
CER 020103 - SCARTI DI TESSUTI
VEGETALI (EX SCARTI VEGETALI)
(capitolo 02 del CER:
rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura,
caccia e pesca trattamento e preparazione di alimenti)
c)
MATERIALE VEGETALE PRODOTTO DA
INTERVENTI SELVICOLTURALI, DA MANUTENZIONI FORESTALI E DA POTATURA
A questa
voce possono essere ricondotti i seguenti residui previsti dal Punto3, Allegato
2, Suballegato 1 del DM 5.2.98
coincidente con il Punto1, lett.a) - Allegato1, DM 16.1.95
residui da estrazione
forestale;
CER 020103 - SCARTI DI TESSUTI
VEGETALI (EX SCARTI VEGETALI)
CER 020107 - RIFIUTI DELLA
SILVICOLTURA
(capitolo 02 del CER:
rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura,
caccia e pesca trattamento e preparazione di alimenti)
d) MATERIALE VEGETALE PRODOTTO DALLA LAVORAZIONE ESCLUSIVAMENTE
MECCANICA DI LEGNO VERGINE E COSTITUITO DA CORTECCE, SEGATURA, TRUCIOLI, CHIPS,
REFILI E TONDELLI DI LEGNO VERGINE, GRANULATI E CASCAMI DI LEGNO VERGINE,
GRANULATI E CASCAMI DI SUGHERO VERGINE, TONDELLI,NON CONTAMINATI DA INQUINANTI,
AVENTI LE CARATTERISTICHE PREVISTE PERLA COMMERCIALIZZAZIONE E L'IMPIEGO
A questa
voce possono essere ricondotti i seguenti residui previsti dal Punto 4.2
Allegato 1 Suballegato2 del DM 5.2.98 coincidente
con il punto 2, Allegato 1, lett.a) del
DM 16.1.95
Scarti anche in polvere a base
esclusivamente di legno vergine o sughero vergine
CER DI RIFERIMENTO:
030101 SCARTI DI CORTECCIA E
SUGHERO
030105 : SEGATURA, TRUCIOLI,
RESIDUI DI TAGLIO, PANNELLI DI TRUCIOLARE E PIALLACCI DIVERSI DA QUELLI DI CUI
ALLA VOCE 030104*
(NB:
questo CER raggruppa il CER 030102 "segatura" e il CER 030103
scarti di rasatura, taglio impiallacciatura legno deteriorato ora
non più contemplati nell'attuale Catalogo europeo dei rifiuti )
030301
SCARTI DI CORTECCIA E LEGNO
( nella formulazione originaria del CER la denominazione era
"corteccia") NB: il capitolo di riferimento è il seguente: 0303 rifiuti
della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone[8]
E) MATERIALE VEGETALE
PRODOTTO DALLA LAVORAZIONE ESCLUSIVAMENTE MECCANICA DI PRODOTTI AGRICOLI, AVENTE
LE CARATTERISTICHE PREVISTE PER LA COMMERCIALIZZAZIONE E L'IMPIEGO.
A questa
voce possono essere ricondotti i seguenti residui previsti dal punto 3.2
Allegato2 Suballegato 1 DM 5 febbraio 98 coincidente
con punto 1.1 Allegato 1 lett. a) del DM 16.1.95
residui di lavorazione (pula,
lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), -
CER 020304 -
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione[9]
Fatta questa panoramica che, si
ripete, non ha alcuna pretesa di esaustività ma si configura
come una proposta su cui riflettere, si deve aggiungere che, l’assoggettabilità
al DPCM 8 marzo 2002 del l recupero energetico dei materiali elencati
nell'allegato III, punto 1 lett. d) ed e) è possibile in quanto detti materiali
abbiano le "caratteristiche previste
per la commercializzazione e per l'impiego"; data la genericità di
tale formulazione si può ipotizzare che per l’individuazione di tali
caratteristiche l’interprete debba rifarsi alle regole adottate dagli enti
preposti alla normazione tecnica operanti su scala nazionale, europea ed
internazionale ( es. norme UNI ecc).
III
- Conseguenze a livello autorizzativo
Ferma
restando la necessità di ulteriori indagini e ricerche, si può affermare che
dalla situazione sopra esposta derivano conseguenze diverse per gli impianti da
autorizzare e per quelli già autorizzati.
¨
IMPIANTI
DA AUTORIZZARE
Nulla
osta a che gli impianti termici ad uso industriale o gli impianti dedicati
cui fa riferimento l'art.2 del DM 5 febbraio 1998, di nuova
realizzazione, che utilizzano come combustibili i materiali di cui ai punti 3, 4
e 5 dell'Allegato 2, Suballegato 1, si attengano al rispetto dei limiti di
emissione fissati nell'Allegato III del DPCM 2 marzo 2002 a condizione che detti
materiali siano classificabili come "biomasse" ai sensi del decreto
medesimo.
¨
IMPIANTI
GIA' AUTORIZZATI
Per
gli impianti esistenti il discorso è più complesso e giova in proposito
riportare le norme di riferimento del DPCM 2 marzo 2002:
Titolo I - Combustibili e
caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione per uso industriale.
Art. 3. - Combustibili consentiti.
CO. 8. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) che, alla
data di entrata in vigore del presente decreto,
effettuano la combustione della legna da ardere, delle biomasse e del
biogas di cui all'art. 3, comma 1, lettere l), n) ed r), devono rispettare i
valori limite e le prescrizioni indicate negli Allegati III e VI, entro
diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto.
Art.5 ( requisiti degli
impianti)
co.3.
Per quanto non previsto dal presente
decreto, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) devono
rispettare le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n.
203, e le relative norme regolamentari e tecniche di attuazione, nonche'
i provvedimenti di autorizzazione rilasciati sulla base delle predette norme.
Allegato III
2. Condizioni di utilizzo
La
conversione energetica delle biomasse di cui al punto 1 può essere effettuata
attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.
2.1
Salvo diverse prescrizioni dell'autorità
competente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lett. e) del DPR 24 maggio 1988,
n. 203 [10]gli
impianti in cui vengono utilizzate le biomasse combustibili devono rispettare i
seguenti valori limite di emissione, riferiti ad un ora di funzionamento
dell'impianto esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti.
Il tenore di ossigeno di riferimento e' l'11% in volume nell'effluente gassoso
anidro.
Per gli essiccatoi si applica la normativa prevista all'articolo 3, comma 2 del
decreto del Presidente della Repubblica 203/88.
Dato
questo quadro normativo si possono ipotizzare,"a caldo", le seguenti
soluzioni ( ovviamente da vagliare attentamente in considerazione della
delicatezza e della complessità della problematica in esame):
poiché
gli impianti di recupero ex Allegato 2 Suballegato 1,
già autorizzati in base al DPR 203/88, sono tenuti a rispettare un
regime delle emissioni in atmosfera, in linea di massima, più restrittivo di
quello previsto dal DPCM 2 marzo 2002 , si ritiene improbabile che ad essi si
attagli l'art.3 co.8
.
In base all'art.5 co.3 sopra citato essi sono, tuttavia,
tenuti a rispettare le prescrizioni previste dai provvedimenti di
autorizzazione già conseguiti (quanto meno, possiamo aggiungere, sino alla data
di scadenza).
In
sede di rinnovo l'Autorità competente potrà valutare l'opportunità di
modificare le prescrizioni imposte .
Nulla
esclude comunque che tali prescrizioni possano essere modificate anche prima
della scadenza, eventualmente su istanza degli interessati,
fermo restando che l'art. 11
del Dpr 203/88 prevede che le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere
modificate "a seguito dell'evoluzione della migliore tecnologie disponibile,
nonché alla evoluzione della situazione ambientale".
[2]
L'art. 16 del DPR
203/88, in particolare, prevede " entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto sono
stabiliti…le caratteristiche dei combustibili destinati ad essere
utilizzati negli impianti in relazione alle finalità e ai contenuti del
presente decreto".
A
tale articolo il legislatore ha dato attuazione con il DPCM 2 ottobre 1995
abrogato e sostituito, come si evidenzia nel testo, dall'art. 14 del DPCM 8
marzo 2002.
Si vedano anche, gli espliciti richiami al DPR 203/88, contenuti, ad es. nell'art.2 co.1 e nell'art.3 co.1 del DPCM 8 marzo 2002.
2
.L'art.4 del DPCM 2 ottobre 1995 così disponeva: " Negli
impianti di cui all'art.2 (ad uso industriale) è consentito l'uso come combustibile dei residui individuati dal
decreto del Ministro dell'Ambiente del 16 gennaio 1995….e successive
modificazioni, con le limitazioni e
le prescrizioni ivi previste, anche ai sensi e per gli effetti delle leggi
n.9 e n.10 del 9 gennaio 1991.
Negli
impianti di cui all'art.2 è consentito l'uso come combustibile degli oli
usati normati da decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.95, con le
limitazioni e le prescrizioni ivi previste"
[4]
Non sembra, per contro, che tale decreto, per come risulta formulato, induca
ad escludere a priori la qualificazione di rifiuti per le biomasse in esso
elencate e quindi la loro assoggettabilità al D.Lgs 22/97 laddove ne
sussistano i presupposti ( quanto meno per gli aspetti gestionali diversi da
quelli relativi alle emissioni in atmosfera……Si noti, del resto,
che il DPCM 2 ottobre 1995
non prevedeva che l'uso come combustibile dei materiali disciplinati dal DM
16 gennaio 1995 privasse questi ultimi della qualifica di
"residui"…...)
Si aggiunge anche che il Decreto Ronchi all'art.4 lett. d) dispone che lo
smaltimento dei rifiuti venga ridotto attraverso l'"utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro
mezzo per produrre energia".
E', pertanto, lecito dedurre che l'utilizzo come combustibile di una
sostanza o di un materiale qualificabile come rifiuto non ne comporta
automaticamente l'esclusione integrale dall'ambito di applicabilità della
normativa sui rifiuti...........(la questione è, per altro, controversa e
suscettibile di ulteriori ripensamenti; si rimanda in proposito alle
osservazioni contenute nella nota della Provincia di Vercelli n.20347 del 12
giugno 2002 riguardanti, in particolare l'espressa esclusione - prevista dal
DL 7 marzo 2002, n.22 convertito con la L. 82 del 6 maggio 2002
- dalla normativa sui rifiuti, del pet - coke ; si veda, tuttavia,
anche F. Giampietro, "Le biomasse utilizzate come combustibili non sono più rifiuti: le
condizioni prescritte", in Ambiente n. 8/2002 pp. 724 ss. in cui si
afferma che "l'individuazione
delle biomasse combustibili ne esclude (una volta classificate come materie
prime o come prodotti) la natura di rifiuti")
Il
tema, che non si pretende di aver esaurito, è meritevole di
approfondimento. In particolare è
opportuno riesaminare la tesi secondo cui le biomasse incluse nel catalogo
europeo dei rifiuti e in particolare quelle disciplinate dal Dm del 5
febbraio 1998 (ma lo stesso discorso vale, a ben vedere, per qualsiasi altra
categoria di rifiuti) continuano a rientrare nell'ambito di operatività
della normativa sui rifiuti anche nel caso in cui siano sottoposte ad un
riutilizzo diretto completo ed effettivo in un ciclo produttivo o di
consumo. La questione va rivisitata alla luce della Legge
n.178/2002, e
soprattutto della piu' recente
giurisprudenza nazionale di merito e di legittimità e della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità
Europee.
[5]
…e cioè quelle previste dal punto 2 dell'Allegato 2, Suballegato 1, del
DM 5 febbraio 1998.
[6] Questa impostazione ha, quale presupposto, che l'elenco delle biomasse operato dal legislatore del 1995 sia tutt'ora valida.
150103 - imballaggi in legno (capitolo15 : rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi non specificati altrimenti)
170201 - legno (capitolo17: rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati - 1702 legno vetro e plastica)
3. Tipologia: Scarti vegetali
3.1. provenienza: attività di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di
estrazione di olio di vinaccioli, industria distillatoria, industria
enologica e ortofrutticola, produzione di succhi di frutta e affini,
industria olearia.
3.2: caratteristiche del rifiuto: sanse
esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di
frutta, buccette e altri residui vegetali.
I rifiuti sopra riportati erano qualificati biomasse dal DM 1 gennaio 1995 ( punto 3 Allegato1 Suballegato2) ma solo a condizione che presentassero determinate caratteristiche riguardanti ad es. il contenuto grado di umidità e il contenuto di determinate sostanze come lo zolfo.
Sorge il seguente quesito: tali residui possono essere considerati biomasse in quanto presentino le caratteristiche che erano richieste dal DM 16 gennaio 1995 oppure possono, attualmente, considerati tali anche in assenza di quelle caratteristiche?
Un problema di classificazione si pone anche per i residui a base
vegetale derivanti dalle lavorazioni tessili di filatura e tessitura,
previsti al punto 5.2 Allegato
2 Suballegato1 del DM 5 febbraio 1998 (
e individuati con la denominazione” scarti, anche in polvere di fibre
tessili di origine vegetale derivanti dalla filatura e tessitura”) che
erano classificati come biomasse dal DM 16 gennaio 1995 (Allegato1 lett.a)
punto n.2):
Risulta difficile inquadrare i rifiuti di cui si tratta nell'elenco delle biomasse riportato nell'allegato III del DPCM 2 marzo 2002; l'unica voce che potrebbe essere presa in considerazione è quella di cui alla lettera e) dell'allegato III che riguarda però "materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche per la commercializzazione e per l'impiego" che non pare riferirsi a residui provenienti da lavorazioni di tipo industriale, ma la questione deve essere vagliata.
[10]
A norma dell'art.4 co.1 lett. e del DPR 203/88
è di competenza delle Regioni "
la fissazione per zone particolarmente inquinate o per specifiche esigenze
di tutela ambientale, nell'ambito dei piani di rilevamento, prevenzione,
conservazione e risanamento del proprio territorio, di valori limite di
emissione più restrittivi dei valori minimi di emissione definiti nelle
linee guida, nonché per talune categorie di impianti la determinazione di
particolari condizioni di costruzione o di esercizio.