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Cons. Stato Sez. VI n. 4552 del 7 agosto 2003
Beni ambientali. Annullamento autorizzazione paesaggistica

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso (n. 6560/2002 R.G.) proposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, e dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro, in persona del Soprintendente in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, sono per legge domiciliati;

contro

Golfara s.r.l., in persona del legale rappresentante, Amministratore Unico Riccardo Lai, rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Cossu ed elettivamente domiciliata presso l’Avv. M. Stefania Masini (Studio Lubrano) in Roma, Via Flaminia n. 79;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna n. 505 del 9 maggio 2002.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Golfara;

Vista le memoria prodotta dalla Società appellata a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 10 gennaio 2003 il Consigliere Alessandro Pajno, ed uditi, altresì, l’Avv. dello Stato Fiengo per le Amministrazioni appellanti e l’Avv. Cossu per la società appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

In data 21 maggio 2001 la S.r.l. Golfara otteneva l’autorizzazione paesaggistica dal Comune di Golfo Aranci ( determinazione n. 5356), in applicazione dell’art. 151 del D.lgs 29 ottobre 1999 n. 490, per la realizzazione di una struttura residenziale a tre piani, per complessivi mc. 700, da erigersi in Via Libertà (lungomare del Comune di Golfo Aranci), in un area definita B1 (completamento intensivo) dal Piano urbanistico comunale.

La destinazione di zona dell’area consentiva la realizzazione dell’intervento sotto il profilo residenziale; sotto il profilo paesaggistico il Comune riteneva possibile autorizzare l’intervento, osservando che nel decreto di vincolo del 30 novembre 1965 non erano contenute prescrizioni specifiche di tutela in ordine al particolare ambito di intervento interessato, e che l’opera non incideva direttamente con gli elementi di pregio paesistico, in quanto coerente con i valori tutelati.

Con decreto n. 14950 del 19 luglio 2001, il Sovrintendente per i Beni Ambientali, Artistici e Architettonici di Sassari e Nuoro annullava il provvedimento comunale, osservando che il vincolo paesaggistico imposto con il decreto del 30 novembre 1965 e recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge n. 1497 del 1991 della zona litoranea del Comune di Olbia, ricomprendente quella del Golfo degli Aranci, non avrebbe consentito l’inserimento della costruzione residenziale, e ritenendo sussistenti la violazione dell’art. 151 del T.U. n. 490 del 1999 ed il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria e incongruità della motivazione. Il Sovrintendente osservava, altresì, che il territorio sul quale l’intervento avrebbe dovuto essere effettuato era disciplinato dalla normativa del Piano Territoriale Paesistico n. 1, ambito di tutela n. 1, nel quale ricadevano le aree di “conservazione integrale” nelle quali non era ammessa l’alterazione dello stato dei luoghi.

Il decreto del Sovrintendente veniva impugnato dalla Società interessata con ricorso al TAR della Sardegna. Con sentenza n. 505 del 9 maggio 2002 il Tribunale accoglieva il ricorso.

Il Tribunale, dopo aver richiamato il P.T.P. n. 1 della Gallura, osservava che l’art. 13, comma 2, delle relative norme di attuazione prevedeva la tutela integrale della fascia costiera, con la limitazione di cui all’art. 2 l. r. n. 23 del 1993, norma questa che espressamente disponeva, al punto a, l’esclusione del vincolo di inedificabilità assoluta nei terreni costieri, ancorché situati nei trecento metri, ricadenti nelle zone omogenee A-B-D nonché C e G contermini agli abitati, come individuati negli strumenti urbanistici vigenti in base al D.A. 20 dicembre 1983 n. 2266; che l’art. 2, comma 3, delle medesime norme di attuazione prevedeva l’esplicita salvezza delle disposizioni urbanistiche inerenti, tra le altre, alle zone B; che l’art. 10 bis della l. r. n. 23 del 1993 prevedeva l’esclusione del vincolo di inedificabilità in relazione ai terreni che, benché ricadenti nella fascia di inedificabilità dei 300 metri, fossero qualificati come zone omogenee A, B e D, nonché C e G contermini agli abitati, nonché l’esclusione del vincolo di inedificabilità per i comuni i cui centri abitati, come individuati e storicamente sviluppati, fossero contermini al mare.

Il Tribunale richiamava altresì, il decreto ministeriale di imposizione del vincolo paesaggistico del 30 novembre 1965, successivamente rettificato con D.M. 10 gennaio 1968, ed osservava che nel caso sottoposto al suo esame non era possibile affermare la sussistenza di un vincolo paesaggistico che imponeva assolutamente l’inedificabilità, essendo necessario soltanto il previo espletamento della preventiva procedura autorizzatoria.

Il Tribunale accoglieva, altresì, l’ulteriore censura prospettata dalla società, ritenendo che l’autorità statale, pur richiamando il vizio di eccesso di potere a sostegno dell’annullamento, si era sostituita all’autorità comunale, compiendo un riesame nel merito della compatibilità paesaggistica della struttura progettata.

Il TAR rigettava, invece la censura (di cui al secondo motivo del ricorso), riguardante il termine per la comunicazione del provvedimento di annullamento, in quanto ancorata ad una disposizione, contenuta nel decreto dirigenziale del 18 dicembre 1996 non più vigente, perché superata dal regolamento emanato con D.P.R. 29 dicembre 2000 n. 441.

Il Tribunale osservava, infine che il limite di densità edilizia di 5 mc/mq; per i comuni inferiori a 50.000 abitanti, di cui all’art. 7, comma secondo D.M. 2 aprile 1968, non risultava applicabile alla Regione Sardegna, che all’art. 4 del D.M. 20 dicembre 1983 n. 2266/V aveva fissato per le zone B, l’indice fondiario massimo di 7 mc/mq; e che, comunque, l’indice fondiario applicato nel progetto era di soli 3 mc/mq.

La sentenza di primo grado è stata impugnata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Questo osserva che l’intervento sarebbe in totale difformità delle disposizioni del piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura che, a far data del 25 marzo 1996, regolamenterebbero le utilizzazioni paesistiche del sito, e che individuerebbero l’area di sedime del sito come ambito di tutela 1 (conservazione integrale); che l’area ricadrebbe nella fascia di rispetto dei 300 metri dalla battigia, e, in ogni caso, nel provvedimento ministeriale di vincolo del 10 gennaio 1968; che l’art. 4 della normativa di attuazione del piano dichiarerebbe eseguibili, se conformi alle previsioni del piano territoriale paesistico e agli strumenti urbanistici preesistenti i piani di lottizzazione convenzionati alla data del 30 aprile 1993, i cui interventi siano localizzati oltre i trecento metri dalla battigia.

In tale contesto, il TAR della Sardegna, introdurrebbe un particolare canone interpretativo, fondato sull’art. 146, comma 2, del T.U. n. 490/99. La disposizione nazionale troverebbe applicazione attraverso l’art. 2 della normativa di attuazione del piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura, che all’art. 9, comma 2, riconoscerebbe come congrua e normalmente applicabile, ai fini della tutela dei valori paesistici e ambientali, le discipline delle zone omogenee A, B e D nonché quelle delle zone C e G limitrofe agli abitati, così come definite negli strumenti urbanistici comunali vigenti ai sensi del D.A. 20 dicembre 1983 n. 2266/V. La base normativa di siffatta disciplina si troverebbe nell’art. 10 bis della legge urbanistica regionale.

Ciò premesso, l’Amministrazione appellante deduce che sarebbe evidente l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale, dal momento che la fonte del vincolo sulle aree in questione non sarebbe la legge Galasso, ma il provvedimento ministeriale che individuerebbe l’area come avente pregio paesistico, sicchè per questa parte il P.T.P. n. 1 non potrebbe ragionevolmente introdurre limiti di tutela, ma sarebbe tenuto ad individuare le modalità d’uso dei beni del territorio, compatibili con la natura e la finalità del vincolo.

L’Amministrazione deduce, infine, che, la normativa legislativa della Regione Sardegna ed i piani paesistici susciterebbero una serie di perplessità, anche in relazione alla tutela dei beni direttamente individuati dalla legge Galasso. Il Ministero osserva, pertanto, che, a fronte di una interpretazione del P.T.P abrogatrice della valenza dei vincoli preesistenti, e che ridimensionerebbe la stessa funzione delle misure della legge Galasso, sarebbe necessaria una ricostruzione sistematica tale da indurre l’autorità regionale a riproporre anche per tali interventi un giudizio completo di compatibilità ambientale, che tenga conto delle caratteristiche generali degli ambiti di tutela. L’Amministrazione chiede, pertanto, che, ove tale ricostruzione non risulti possibile, l’art. 2 della legge regionale 7 maggio 1993 n. 23 e le disposizioni di piano paesistico che le riproducono, siano inviate al vaglio della Corte Costituzionale, per violazione dell’art. 9, comma 2, Cost. e per il contrasto con i principi di cui alla legge n. 431 del 1985.

Nel secondo grado del giudizio si è costituita la s.r.l. Galfara che, con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza di discussione, ha contestato diffusamente il fondamento del gravame.

DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata il TAR della Sardegna ha accolto il ricorso proposto dalla s.r.l. Golfara avverso il decreto con cui il Soprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro ha annullato l’autorizzazione paesaggistica, rilasciata all’odierna appellata dal Comune di Golfo Aranci per la realizzazione di una struttura residenziale a tre piani, in un area definita B1 (completamento intensivo) dal Piano Urbanistico Comunale.

Il Soprintendente ha annullato l’autorizzazione paesistica, rilasciata dal Comune di Golfo Aranci, dopo aver richiamato la normativa del Piano Territoriale Paesistico n. 1, ambito di tutela n. 1, nel quale ricadrebbero aree di “conservazioni integrale”, osservando che il provvedimento comunale “non verifica oltretutto la legittimità dell’intervento stesso con la normativa del Piano Territoriale Paesistico, evidenziando una grave carenza di istruttoria”, e rilevando altresì, un ulteriore profilo di carenza di istruttoria, “poiché non è stata esplicitata una effettiva e sostenibile, ma solamente generica comparazione tra i valori tutelati e l’impatto complessivo dell’intervento”.

In tal modo il Soprintendente ha affermato che l’autorizzazione comunale avrebbe comportato la realizzazione di opere non sufficientemente valutate compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici riconosciuti dal D.M. 10 gennaio 1968, ed ha ritenuto che essa fosse viziata da “eccesso di potere sotto il profilo della mancanza di motivazione e da violazione di legge”, in relazione alla prescrizione dell’art. 151 del T.U. n. 490 del 1999.

Il provvedimento di annullamento della Soprintendenza è stato invece ritenuto illegittimo dal Tribunale, che ha ritenuto fondata la prima e terza censura, con cui la Società interessata aveva dedotto, tra l’altro, la violazione della normativa contenuta nel P.T.P. e l’erroneità dei presupposti, e la quarta doglianza, con cui era stato prospettata una inammissibile rivalutazione del merito della proposta progettuale presentata.

In particolare, il TAR ha ritenuto che nella specie, non possa ritenersi sussistente un vincolo assoluto paesaggistico che imponga anche l’inedificabilità delle aree, essendo invece necessario il solo espletamento della preventiva procedura autorizzatoria, e che le valutazioni operate dal Soprintendente si risolvono in una “sostituzione” inammissibile nel potere di analisi discrezionale del progetto e della sua compatibilità paesaggistica.

Le amministrazioni appellanti contestano, la pronuncia di primo grado, incentrando l’impugnazione sulle norme del Piano Territoriale Paesistico, sulla disciplina legislativa regionale e sulla loro interpretazione, sulle perplessità che susciterebbero la normativa legislativa della Regione Autonoma della Sardegna ed i piani paesistici, nella parte in cui riproporrebbero tale disciplina, sulle conseguenze che tale normativa comporterebbe nella valutazione, da parte della Soprintendenza, delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate (che, finirebbe con il fare esclusivo riferimento alle indicazioni del decreto di vincolo ed agli effettivi impatti degli interventi, dando l’impressione di esercitare un sindacato di merito), nonché sulla questione di costituzionalità della norma di cui all’art. 2 della legge regionale n. 23 del 1993 e delle disposizioni di piano che la riproducono, spiegata in via subordinata.

2. Tanto premesso quanto alla portata della sentenza impugnata e dell’atto di appello, il Collegio osserva, innanzi tutto, che l’oggetto del giudizio è costituito esclusivamente dalla legittimità del provvedimento con cui la Soprintendenza di Sassari e Nuoro ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Golfo Aranci, e cioè dal corretto esercizio, da parte della medesima Soprintendenza, del potere di annullamento di cui, all’art. 151, comma 4, del D.lgs. n. 490 del 1999.

Esula, pertanto, dal presente giudizio, ogni questione attinente alla legittimità del Piano paesistico della Gallura ed alla legittimità costituzionale della disciplina legislativa della Regione Sardegna che le relative disposizioni sostengono e fondano. Questioni del genere, non possono, infatti, che essere prospettate in un giudizio avente per oggetto, a seguito di impugnazione con ricorso principale o con ricorso incidentale, le disposizioni del predetto piano paesistico.

Nel presente giudizio, avente per oggetto la legittimità del provvedimento di annullamento della Soprintendenza, le disposizioni del piano paesistico della Gallura possano essere richiamate (non per verificarne la legittimità né per verificare la legittimità della disciplina regionale che le sostiene, ma) esclusivamente allo scopo di stabilire se da esse derivino conseguenze in ordine al corretto esercizio del potere statale di annullamento: se le stesse, cioè, evidenziono la grave carenza di istruttoria, ritenuta sussistente dal Soprintendente, in ordine alla verifica della legittimità dell’intervento alla luce della normativa prevista nel piano territoriale paesistico. Quest’ultimo, d’altra parte, se è richiamato dalla Soprintendenza come elemento idoneo ad evidenziare l’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, è pure invocato dalla Società appellata per dedurne (primo motivo del ricorso di primo grado) l’illegittimità dell’annullamento disposto dalla Soprintendenza.

3. L’appello proposto dal Ministero e dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro non può trovare accoglimento. Esso, infatti, è per una parte infondato, e per l’altra incentrato su questioni riguardanti la sostanziale illegittimità costituzionale dell’art.2 della legge regionale n. 23 del 1993 e l’illegittimità delle disposizioni, applicative di essa, del piano territoriale paesistica della Gallura che, a causa dell’omessa impugnazione di tale piano, anche con ricorso incidentale, non possono trovare ingresso in questo sede.

Va, al riguardo osservato che, con riferimento alla tutela paesaggistica dell’area presa in considerazione dal provvedimento impugnato, acquista, innanzi tutto rilievo il decreto del Ministro dei Beni Culturali del 30 novembre 1965, poi rettificato con il decreto del 10 gennaio 1968, che dichiara di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico i territori della zona litoranea di Olbia, e quindi anche del Comune di Golfo Aranci successivamente costituitosi.

Tale territorio risulta pertanto, in virtù del decreto di vincolo, sottoposto alla tutela paesaggistica di cui alla legge n. 1497 del 1939 (ed ora, di cui al T.U. n. 490 del 1999): ad una tutela, cioè che si risolve nella imposizione di un regime autorizzatorio degli interventi concernenti l’area presa in considerazione, e non in un regime di inedificabilità assoluta. L’imposizione del vincolo paesaggistico pone, infatti, limiti di compatibilità ambientale, dovendosi procedere alla valutazione della compatibilità degli interventi progettati con il vincolo, ossia degli effetti concreti del progetto sull’ambiente, nella sua originaria conformazione ed alla giustificabilità di tali effetti alla luce del minimo onere possibile, pur nella realizzazione delle potenzialità insite nella destinazione (Cons. Stato, Sez. VI, 27 novembre 2001 n. 5964).

Sulle aree in questione incide, peraltro, anche la disciplina regionale di settore e quella contenuta nel piano territoriale paesistico della Gallura.

Acquistano, in proposito, specifico rilievo le disposizioni della legge regionale 22 dicembre 1989 n. 45 (norme per l’uso e la tutela del territorio regionale), ed in particolare gli art. 10, nel testo modificato dall’art. 1 della legge regionale 7 maggio 1993 n. 23, e 10 bis, introdotto dall’art. 2 della cennata legge regionale n. 23 del 1993. L’art. 10 individua, in particolare, il contenuto dei piani territoriali paesistici, e prescrive che con essi si provveda alla definizione degli ambiti spaziali compresi negli scenari paesaggistici, ed in particolare, degli ambiti “nei quali deve essere garantita la conservazione integrale dei singoli caratteri naturalistici, storico morfologici, e dei relativi insiemi” (art. 10, comma 1, lett. c, n. 1); l’art. 10 bis, ricomprende tra gli ambiti per i quali deve essere garantita la conservazione integrale e quindi dichiarati inedificabili, i terreni costieri in una fascia della profondità di trecento metri dalla linea della battigia, “con esclusione di quelli ricadenti nelle zone omogenee A, B e D, nonché nelle zone C e G contermini agli abitati, tutte come individuate negli strumenti urbanistici vigenti in base al decreto assessorale 20 dicembre 1983 n. 2266/V” (art. 10, comma 1, n. 1, lett. a).

Lo stesso art. 10 bis, comma 2, esclude, altresì, “dal vincolo di cui al comma 1 “e cioè dal vincolo di inedificabilità assoluta” i comuni i cui centri abitati, così come storicamente individuati dai rispettivi strumenti urbanistici vigenti, siano contermini al mare e ai fiumi; tali comuni possono pertanto individuare nei rispettivi P.U.C., e solo nelle aree contermini ai centri abitati, anche entro la fascia di 300 metri dal mare e dai fiumi, zone C, D, G, e H, e dettare norme per le zone A e B, nel rispetto delle prescrizioni del d.ass. 2266/V (art. 10, comma 2, lett. a).

In altri termini, la normativa legislativa regionale esclude dal vincolo di inedificabilità assoluta connessa con l’ambito di integrale conservazione, non solo i terreni, compresi nella fascia dei 300 metri dalla costa, ricadenti nelle zone omogenee A B e D C e G, già individuate nei vigenti strumenti urbanistici, in vigore all’atto dell’entrata in vigore della legge, ma anche quelle che saranno individuate nei rispettivi piani urbanistici comunali come zona A, B C, D, G, e H, anche entro la predetta fascia dei trecento metri, da parte dei Comuni i cui centri abitati siano contermini al mare ed ai fiumi. Si tratta di una disciplina che solo in parte sembra richiamare quella statale contenuta nell’art. 82, del D.P.R. n. 616 del 1977, come modificato ed integrato dalla legge n. 431 del 1985 (ed ora nell’art. 146, comma 2, T.U. n. 490 del 1999), dal momento che la disciplina statale ancora l’esclusione dal vincolo paesaggistico predisposto per legge alla delimitazione dei terreni negli strumenti urbanistici come zone A e B ad una data determinata (e cioè al 6 settembre 1985, epoca di entrata in vigore della legge n. 431 del 1985).

In coerenza con la disciplina legislativa regionale, le norme di attuazione del Piano territoriale Paesistico n. 1 della Gallura, reso esecutivo con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Sardegna 6 agosto 1993 n. 266, dispongono all’art. 2, comma 3, “che il Piano Territoriale Paesistico riconosce come congruo e normalmente applicabile, ai fini della tutela dei valori paesistico – ambientali, la disciplina delle zone omogenee A, B, così come definite ed individuate negli strumenti urbanistici comunali vigenti ai sensi del D.A. 20.12.83 n. 2266/V”.

Il successivo art. 13, riguardante gli “ambiti di conservazione integrale”, precisa, all’ultimo comma che “tali ambiti comprendono, altresì, le aree individuate dall’art. 2 della l. r. 7.5.1993 n. 23, senza pregiudizio per le aree e gli interventi fatti salvi dalla medesima norma”.

Tale essendo la disciplina contenuta nel piano paesistico, appare evidente che la stessa non contiene alcun vincolo di inedificabilità assoluta con riferimento all’area interessata dall’intervento al quale si riferisce l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Golfo Aranci e poi annullata dalla Soprintendenza. Un vincolo del genere non potrebbe, infatti, che essere contenuto nel piano territoriale paesistico, dal momento che esso costituisce lo strumento di attuazione e specificazione del vincolo paesaggistico, mediante l’individuazione delle incompatibilità assolute a dei criteri e parametri delle incompatibilità relative (Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2001 n. 25); il piano territoriale paesistico, nel ricomprendere genericamente e astrattamente nell’ambito di conservazione integrale anche le aree individuate dall’art. 3 della legge regionale n. 23 del 1993, specifica che ciò avviene “senza pregiudizio per le aree e gli interventi fatti salvi dalla norma”, con ciò escludendo dalla operatività del vincolo di assoluta inedificabilità tutte le aree da tale vincolo escluse dalla medesima norma di legge regionale; e quindi anche, quelle contermini ai centri abitati, dei comuni i cui centri abitati come storicamente sviluppatisi ed individuati dagli strumenti urbanistici siano contermini ai mari ed ai fiumi, e per le quali, anche se ricomprese entro la fascia di 300 metri dal mare e dai fiumi, è possibile dettare norme per le zone A e B (art. 2 della legge regionale n. 23 del 1993, che ha modificato la legge regionale n. 45 del 1989).

L’intervento progettato, ed oggetto dell’autorizzazione comunale annullata dalla Sovrintendenza, è localizzato, appunto, come è pacifico tra le parti, nel territorio del Comune di Golfo Aranci, in zona B1 di completamento intensivo, e quindi in un area che, per espressa disposizione del piano è -conformemente alla disciplina legislativa regionale- sottratta alla operatività del vincolo di assoluta inedificabilità.

4. Alla luce di quanto sopra esposto, erronea appare l’affermazione contenute nell’atto di appello, secondo la quale l’intervento progettato sarebbe in totale difformità dalle disposizioni del piano territoriale paesistico, dal momento che tale affermazione non tiene conto del fatto che la stessa disciplina del piano – conformemente alla disciplina legislativa regionale di settore – esclude dal vincolo di assoluta immodificabilità l’area interessata dall’intervento in questione. Esattamente, pertanto il Tribunale, ha sottolineato che non sembra possibile affermare, nel caso di specie, la sussistenza di un vincolo assoluto paesaggistico che imponga anche l’assoluta inedificabilità delle aree, come, invece, sembra erroneamente trasparire dal decreto di annullamento della Soprintendenza, che, nelle premesse, menziona un vincolo di conservazione integrale, che, se operante, imporrebbe, appunto, tale assoluta inedificabilità.

Nessuna ulteriore valutazione o verifica, in ordine alla legittimità dell’intervento, con riferimento al Piano Paesistico, era dunque tenuta a compiere l’Autorità comunale: con conseguente insussistenza della carenza di istruttoria, in proposito riscontrata dal Soprintendente.

5. Si deve, peraltro, rilevare che è la stessa prospettazione fatta propria dal gravame delle Amministrazioni ad apparire obiettivamente contraddittoria. Con l’appello, infatti, da una parte viene rilevato che l’intervento di cui si discute sarebbe in totale difformità dalle disposizioni del piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura, e quindi sostanzialmente affermato che tale piano sarebbe la fonte di un vincolo di inedificabilità assoluta, connesso con l’ambito di tutela 1 di conservazione integrale; dall’altra, nello stesso atto di appello si afferma che la fonte del vincolo sarebbe, invece, costituita dal decreto ministeriale che individua l’area. Tale ultima affermazione appare certamente esatta, una volta escluso che, per le ragioni già esposte, il piano territoriale paesistico possa contenere un vincolo di assoluta inedificabilità con riferimento all’area rilevante nella presente controversia; ma ciò significa che la tutela paesaggistica, nel caso in esame, si risolve, come ha esattamente rilevato il Tribunale, nell’espletamento della preventiva procedura autorizzatoria. Attraverso di essa, può, peraltro prevenirsi anche ad un esito negativo, e cioè a negare l’autorizzazione in considerazione della oggettiva incompatibilità riscontrata in concreto tra i valori paesaggistici ed un determinato progetto; a tale esito appare, peraltro possibile pervenire attraverso il corretto esercizio del potere di rilasciare o negare l’autorizzazione, ovvero attraverso il corretto esercizio del potere ministeriale di annullamento dell’autorizzazione rilasciata, per motivi di legittimità.

Quanto, poi, all’affermazione, pure contenuta nell’atto di appello, secondo cui il Piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura, non potrebbe “ragionevolmente introdurre limiti di tutela”, ma sarebbe tenuto “ad indicare le modalità di uso dei beni e del territorio vincolato compatibili con la natura e la finalità del vincolo”, il Collegio osserva che con essa viene, in realtà, sostanzialmente introdotta dalle Amministrazioni appellanti una censura riguardante le disposizioni del piano di territoriale paesistico: censura, questa, che non può essere esaminata in mancanza dell’impugnazione, in contraddittorio con la Regione Sardegna, del predetto atto di pianificazione regionale.

Delle disposizioni contenute nel piano paesistico dovrà, infatti, tenersi conto, fino a quando le medesime non saranno modificate o annullate.

6. Deve, poi, essere ricordato che non può essere preso in considerazione, in quanto inammissibile, la richiesta di inviare al vaglio della Corte Costituzionale le disposizioni di cui all’art. 2 della legge regionale 7 maggio 1993 n. 23 e le disposizioni del piano paesistico che la riproducono.

Quanto alle disposizioni al piano paesistico, per le stesse, in quanto contenute in un atto amministrativo, non è naturalmente ammissibile un incidente di costituzionalità.

Tali disposizioni, peraltro, non risultano, come si è già rilevato, impugnate né in via incidentale né in via principale.

La richiesta di verifica del dubbio di costituzionalità dell’art. 2 della legge regionale n. 23 del 1993 suppone, poi, l’esistenza di un giudizio il cui oggetto sia costituito, in via principale ovvero in via incidentale dalle disposizioni del Piano Territoriale paesistico applicative di esse.

Tale esito non si verifica nel caso in esame, nel quale non risulta che le Amministrazioni oggi appellanti, abbiano, a suo tempo, dopo la notifica del ricorso incidentale di primo grado, impugnato con ricorso incidentale notificato alla Regione Sardegna, il predetto piano territoriale paesistico.

7. Una volta accertato che le disposizioni del piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura non contengano disposizioni ostative, in quanto implicanti una assoluta inedificabilità, alla realizzazione dell’intervento, e che nella presente sede non possono trovare ingresso censure di legittimità del P.T.P. n. 1 o rilievi di costituzionalità riguardanti la legislazione regionale di cui il piano costituisce applicazione, non può che essere considerato infondato il profilo di doglianza, sostanzialmente prospettato dalle Amministrazioni appellanti, secondo il quale l’impressione che con l’atto di annullamento venga riproposto un inammissibile giudizio di merito deriverebbe dalla problematicità della base legale della pianificazione paesistica regionale e dalla conseguente necessità di far riferimento alle “scarse indicazioni” del decreto di vincolo ed agli effettivi impatti degli interventi. Da una parte, infatti, dagli atti di pianificazione paesistica regionale si evince con sufficiente chiarezza, come si è già rilevato, l’inesistenza di un vincolo assoluto di inedificabilità nella zona interessata dal presente giudizio, sicchè le relative prescrizioni non possono essere invocate per fondere l’affermazione di una radicale impossibilità di realizzare l’intervento; dall’altra l’esistenza di una pianificazione paesistica come quella sopra ricordate, non può, comunque escludere la necessità che l’autorità statale, nell’esercizio dei poteri di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica motivi correttamente le proprie determinazioni, mantenendole nell’ambito del sindacato di legittimità.

Una volta, peraltro, accertata l’infondatezza della doglianza come sopra prospettata, il Collegio non può che prendere atto del fatto che il Tribunale ha ritenuto, in accoglimento del quarto motivo del ricorso di primo grado, che la Soprintendenza ha sostituito la propria valutazione sulla compatibilità dell’intervento con la tutela paesaggistica quella del Comune, così esercitando un inammissibile sindacato del merito.

Tale statuizione è stata censurata dall’Amministrazione esclusivamente con il profilo di doglianza che considera tale esito come soltanto apparente, e connesso con le problematicità della base legale della pianificazione paesistica regionale, e non con ulteriori profili di gravame, sicchè, una volta rigettata come infondato il predetto profilo di doglianza, non può che rimanere ferma la statuizione adottata dal Tribunale circa l’illegittimo esercizio da parte della Soprintendenza, di un non consentito sindacato di merito.

8. In conclusione, l’appello del Ministero e della Soprintendenza deve essere respinto, sicchè deve essere confermata l’impugnata sentenza di primo grado.

Le spese di giudizio possono, peraltro, essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe, confermando per l’effetto l’impugnata sentenza di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio il 10 gennaio 2003, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI -, con l'intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Alessandro PAJNO Consigliere Est.

Luigi MARUOTTI Consigliere

Domenico CAFINI Consigliere