Cass. Sez. III n. 24991 del 8 luglio 2025 (CC 28 mag 2025)
Pres. Ramacci Est. Bucca Ric. Tadini
Beni ambientali.Mutamento della destinazione d'uso di un immobile in zona vincolata
In tema di violazioni edilizie e paesaggistiche, il mutamento della destinazione d'uso di un immobile in zona vincolata, realizzato mediante modifiche interne tali da renderlo idoneo ad un uso residenziale, diverso da quello originariamente assentito, integra sia il reato di esecuzione di lavori in difformità totale dal permesso di costruire, che quello di esecuzione di lavori su beni paesaggistici in assenza di autorizzazione
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza depositata il 26/2/2025 il Tribunale di Sassari, adito in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo disposto nei confronti di Michele Giovanni Tadini e Francesco Cossu di un manufatto realizzato sul fondo censito in catasto al fg. 38, mappale 308, del Comune di Trinità D’Agultu ritenendo sussistere il fumus dei reati di cui agli artt. 44 comma 1 lett. c) d.P.R. 380/01 e 181 d.lgs. n. 42/2004 sull’assunto che, a fronte di un permesso di costruire, peraltro illegittimo in quanto rilasciato in assenza del necessario parere in materia idrogeologica, era stato edificato un manufatto destinato a civile abitazione a una distanza di circa novanta metri dal luogo previsto nel progetto autorizzato.
2. Avverso il suddetto provvedimento gli indagati hanno proposto ricorso per Cassazione denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge processuale in relazione all’art. 321 comma 1 cod. proc. pen. Si assume che il Tribunale - e in precedenza il GIP - avevano ritenuto che il PM, oltre a richiedere la convalida del sequestro preventivo adottato in via d’urgenza dalla PG, respinta per il decorso del tempo, avesse anche avanzato una richiesta di sequestro preventivo in realtà mai formulata.
2.1 Con il secondo motivo, si denunciala violazione degli artt. 44 comma 1 lett. c) d.P.R. 309/90 e 181 d.lgs. 41/04. Si assume che il Tribunale, dopo aver constatato che l’immobile non ricade in zona tutelata dal vincolo idrogeologico, aveva rigettato il riesame sull’assunto che “il procedimento di richiesta di accertamento di conformità” non era ancora concluso, benché fosse pervenuto l’”esito positivo dal punto di vista paesaggistico ed urbanistico”. Si deduce, quindi, che, “come risulta dalla produzione difensiva, la richiesta di accertamento di conformità è contestuale alla sospensione dei lavori in attesa del perfezionamento dell’iter procedimentale dell’accertamento di conformità”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto articolato in motivi non consentiti in sede di legittimità o manifestamente infondati.
Manifestamente infondato risulta il primo motivo dell’impugnazione, risultando dallo stesso ricorso, che riproduce parte della richiesta inoltrata al GIP, che il PM aveva chiesto la convalida del sequestro adottato dalla Pg e “l’emissione di un apposito decreto di sequestro preventivo”.
Va ricordato che “in materia di sequestro preventivo d'urgenza ordinato dal pubblico ministero o disposto dalla polizia giudiziaria, la caducazione della misura dovuta alla mancata convalida per inosservanza dei termini di quarantotto ore stabiliti dall'art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen. non preclude al giudice il potere di imporre ugualmente il vincolo reale con efficacia "ex nunc" ( Sez. 6, n. 29960 del 06/07/2022, Piscitelli, Rv. 283881 – 01; Sez. 3, n. 15717 del 11/02/2009, Bianchi, Rv. 243249 – 01).
2. Non consentito in sede di legittimità e, comunque, manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo d’impugnazione.
Il Tribunale, dopo aver dato atto che “sulla base della documentazione prodotta dal PM, risultava che gli indagati avevano realizzato “un manufatto destinato ad uso civile in luogo del magazzino” assentito, ha ritenuto che non fosse intervenuto alcun provvedimento sanante.
A tale ricostruzione dei fatti, riportata nell'impugnato provvedimento, il ricorrente oppone le argomentazioni in precedenza sintetizzate lamentando, innanzitutto, l’errata valutazione circa l’incidenza sulla configurabilità dei reati, pare di capire, della procedura di sanatoria avviata.
2.1 Deve rilevarsi, a tale proposito, che l'ambito di operatività del giudizio di riesame è stato ormai compiutamente delimitato entro la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, che non può però tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840 - 01 2000 ed altre succ. conf.) pur permanendo l’obbligo di esaminare anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del "fumus" del reato contestato (Sez. 3, n. 18532 del 11/03/2010, D'Orazio, Rv. 247103 - 01; Sez. 3, n. 27715 del 20/05/2010, Barbano, Rv. 248134 – 01; Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, Morabito, Rv. 274693 – 01; Sez. 3, n. 8152 del 12/12/2023, Bonacci, Rv. 285966 – 01; Sez. 4 n. 20341 del 3/4/2024, Balint, Rv. 286366; Sez. 2, n. 18112 del 14/3/2025, Bordon).
Si tratta di argomentazioni che il Collegio condivide e che chiariscono esattamente come il sindacato del Tribunale del riesame, lungi dall’estendersi ad ogni questione prospettata dall’indagato, resta comunque vincolato entro limiti ben precisi, rappresentati dalla effettiva influenza della questione dedotta sulla fondatezza del fumus del reato.
2.2 Ciò posto e considerato che le doglianze in merito alle prospettate carenze argomentative devono ritenersi inammissibili se riferite a un supposto vizio di motivazione, atteso che il ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606 lettera e) cod. proc. pen.(Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 - 01; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119 - 01), deve rilevarsi che, in ordine al requisito del fumus, l'ordinanza impugnata appare giuridicamente corretta.
2.3 Invero il Tribunale ha richiamato per relationem il verbale di accertamenti urgenti del Corpo Forestale allo scopo evidente di rimandare ai suoi contenuti per l'indicazione delle illegittimità ipotizzate ma ha anche confutato a vaglio critico l’argomentazione difensiva prospettante la sanatoria delle difformità.
2.4 A tale apparato argomentativo il ricorrente oppone il prevedibile accoglimento della richiesta di accertamento di conformità, desunto dal fatto che era pervenuto l’ “esito positivo” “dal punto di vista paesaggistico ed urbanistico“.
2.5 Si ritiene opportuno ricordare, a tale proposito, come questa Corte abbia già avuto modo di osservare che l'accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio di titoli abilitativi edilizi è sostanzialmente riservata al giudice di merito, poiché presuppone necessariamente la verifica di atti della pubblica amministrazione, mentre il controllo in sede di legittimità concerne la correttezza giuridica dell'accertamento di merito sul punto. Deve peraltro tenersi conto della natura sommaria del giudizio cautelare, la quale impedisce una esaustiva verifica della regolarità dei procedimenti amministrativi, in quanto l'accertamento dell'esistenza del fumus dei reati è fondato sulle prospettazioni della pubblica accusa e sull’esattezza del loro inquadramento giuridico, potendo eventuali titoli abilitativi intervenuti rilevare solo ove confutino in modo incontrovertibile l’ipotesi accusatoria (così Sez. 3, n. 20571 del 28/4/2010, Alberti, Rv. 247189; Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017, Gazza, Rv. 270543 – 01; Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, Tilenni, Rv. 283035 - 01).
2.6 Orbene, nel caso in esame, non essendo controverso che la procedura di sanatoria non si era ancora perfezionata al momento di adozione del provvedimento impugnato, il riesame postulava non una valutazione sulla rilevanza penale delle difformità di un provvedimento sanante intervenuto ma formulava una prognosi sull’esito della procedura di accertamento di conformità avviata e, su tale prognosi, chiedeva al Tribunale di pronunciarsi.
Entro i limiti di cognizione come in precedenza delineati, i giudici del riesame hanno, dunque, compiutamente analizzato la questione trattata rilevando, in modo esplicito, come le prospettazioni difensive incentrate sulla sanatoria dell’abuso non apparissero idonee ad incidere sulla sussistenza del fumus dei reati.
Tale risposta, in quanto fondata su una valutazione del tutto coerente con gli atti amministrativi allegati e con i principi giurisprudenziali di riferimento, si sottrae al sindacato di legittimità.
3. E, tuttavia, la documentazione allagata al ricorso qualche spunto di riflessione lo consente.
Non può non osservarsi che la “relazione istruttoria paesaggistica” dà conto della traslazione dell’area di sedime, di modifiche interne del locale magazzino e dell’estensione dell’aggetto del tetto antistante il prospetto ovest per creare un’area coperta, aperta su tutti i lati. Viene, inoltre, richiamata, nella “proposta di provvedimento di mantenimento delle opere”, la previsione dell’art. 36 bis d.P.R. 380/2001, che, giova ricordarlo, permette la sanatoria in presenza di parziali difformità o di variazioni essenziali.
L’ipotesi accusatoria delineata nel provvedimento impugnato, però, ipotizza una totale difformità rispetto a quanto assentito, riconducibile alle ipotesi di cui all’art. 31 del d.P.R. 380/01, sostenendo che si sia in presenza di un manufatto che costituisce un aliud pro alio rispetto al magazzino autorizzato, risultando l’edificio in sequestro “suddiviso in sei stanze, con due bagni, due camere da letto, un ripostiglio e tracce dei corrugati con predisposizione per la scatola di derivazione più una veranda”, e posizionato “in un’area di sedime sita 90 metri ad ovest rispetto a quanto previsto nel progetto originario”.
Giova ricordare che in tema di violazioni edilizie e paesaggistiche, il mutamento della destinazione d'uso di un immobile in zona vincolata, realizzato mediante modifiche interne tali da renderlo idoneo ad un uso residenziale, diverso da quello originariamente assentito, integra sia il reato di esecuzione di lavori in difformità totale dal permesso di costruire, che quello di esecuzione di lavori su beni paesaggistici in assenza di autorizzazione (Sez. 3, n. 4555 del 11/12/2007, dep. 2008, P.m. in proc. Murgia, Rv. 238854 – 01, relativa al sequestro probatorio di un immobile in cui erano state realizzate opere interne difformi dal progetto approvato dalle quali si evinceva la destinazione ad uso residenziale in luogo dell’uso agricolo assentito; Sez. 3, n. 44346 del 14/11/2024, Fiore).
Tanto la “relazione istruttoria paesaggistica” che “la proposta di provvedimento” allegati al ricorso, quindi, forniscono una rappresentazione dell’organismo edilizio in sequestro che non corrisponde a quella delineata nel provvedimento impugnato, cosicché la loro incidenza sul procedimento pendente appare, al contrario di quanto sostenuto dal difensore nel corso della discussione, tutt’altro che evidente.
Quanto esposto, avuto riguardo per il vincolo paesaggistico gravante sull’area, consente anche di escludere che il manufatto possa beneficiare di un provvedimento di sanatoria rilasciato ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/01. Giova ricordare che per la sanatoria delle opere abusive ai sensi del predetto d.P.R. 380/2001 è indispensabile l'accertamento di conformità sia agli strumenti urbanistici vigenti al momento della realizzazione e della richiesta, sia alle disposizioni in materia di compatibilità paesaggistica qualora l'area sia assoggettata a vincolo (Cons. di Stato, n. 8752/2022, Cons. di Stato n. 1874/2019; Tar Lazio, 24/2/2025 n. 138). Nel caso di specie, avendo l’illecito intervento determinato la realizzazione di volumi sfruttabili a fini residenziali in una area di sedime diversa da quella assentita, è da escludere, a tacer d’altro, che l’immobile possa essere regolarizzato ai fini paesaggistici ex post ai sensi dell’art. 167 comma 4 d.lgs. 42/2004 e, conseguentemente, sanato ex art. 36 d.P.R. 380/01 (Sez. 3, n. 35965 del 05/02/2015, Seratoni, Rv. 264875 – 01).
4. Per quanto riguarda, invece, il profilo relativo alla sospensione volontaria dei lavori disposta dal direttore dei lavori, va osservato che l’argomento non risulta prospettato dinanzi al Tribunale del Riesame ed è dunque inammissibile.
In tema di impugnazioni cautelari reali, il prevalente orientamento di legittimità, dal Collegio condiviso, ritiene che la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, è tenuta ad articolare appositi motivi, sicché, ove successivamente proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame, è tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l'inammissibilità delle deduzioni, siccome nuove (Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, Secondulfo, Rv. 286752 – 01).
5. Alla manifesta infondatezza dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28/5/2025