Cass. Sez. III n. 38442 del 27 novembre 2025 (CC 29 ott 2025)
Pres. Ramacci Est. Gai Ric. Soc. Covo dei Saraceni
Beni ambientali.Sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata

Nel valutare la sussistenza del presupposto del "periculum in mora" ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata conseguente all'uso dello stesso in quanto produttivo di conseguenze dannose sull'area oggetto di speciale protezione, il giudice del merito deve procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera

RITENUTO IN FATTO 
1. La società Covo dei Saraceni dei f.lli Savino srl, in persona del legale rappresentante, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno che ha respinto l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di un'area adibita a sala di ristorazione, al di fuori della struttura alberghiera Hotel Ancora, originariamente destinata ad area di parcheggio della medesima struttura alberghiera, distinta al catasto al foglio 5 part. 1468, avente dimensioni di mq. 157, con copertura in ferro e chiusura in pannelli policarbonato su tre lati con infissi in alluminio, in assenza di permesso a costruire e autorizzazione paesaggistica, in relazione ai reati di cui all'art. 44 comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 (capo 1) e 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004 (capo 2).
2. Avverso l'ordinanza il difensore della società Covo dei Saraceni dei f.11i Savino srl, munito di procura speciale, ha proposto ricorso per cassazione deducendo con un unico articolato motivo la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione all'art. 321 cod.proc.pen., 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 23 ter di d.P.R. 380 del 2001, 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004.
Il Tribunale avrebbe rigettato l'istanza ritenendo sussistente il fumus commissi delicti dei reati edilizio e paesaggistico in quanto sarebbe stata accertata la realizzazione di un manufatto, realizzato dopo il 29/11/2023, costituente una nuova costruzione, in assenza del necessario permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica, in presenza di opere provvisorie di chiusura su tre dei quattro lati dell'area che era destinata in origine a parcheggio e attualmente adibita a sala ristorante dell'albergo. Tuttavia, non avrebbe considerato, il tribunale, che la tettoia era stata oggetto di condono edilizio nel 2004 ed era stata avanzata richiesta di modifica di destinazione d'uso di tale porzione di terrazza da parcheggio a ristorante bar.
La pendenza di modifica di destinazione d'uso legittimerebbe l'uso all'attualità di tale terrazza coperta a ristorante a servizio dell'hotel, rendendo del tutto indifferente la posizione di ulteriori elementi di chiusura sui tre dei quattro lati della tettoia che, a dire del tribunale, consentirebbe oggi di qualificare il manufatto come nuova costruzione. In altri termini, la trasformazione del terrazzo da superficie accessoria superficie lorda destinata ad attività produttiva turistica alberghiera, sarebbe stata impressa con la stessa attività oggetto di istanza di condono edilizio come risulta confermata dalla Scia commerciale del 2015, mai sospesa, di tal che l'uso di tale area, dall'anno 2015 a sala ristorante a servizio della struttura alberghiera, sarebbe del tutto lecita e legittima in un contesto nel quale, come ritenuto dal consulente di parte, sarebbe irrilevante urbanisticamente la destinazione di tale superficie ad uso commerciale poiché impegnerebbe una superficie che sarebbe ampiamente residuale rispetto a quella legittimamente destinata dalla società all'esercizio dell'attività alberghiera.
In conclusione, l'apposizione di elementi perimetrali sui tre dei quattro lati della terrazza coperta dalla tettoia, oggetto di condono edilizio, integrerebbe attività del tutto inidonea dar corpo ad un intervento di nuova costruzione.
In secondo luogo, l'ordinanza sarebbe del tutto carente in punto esigenze cautelari avendo lo stesso tribunale riconosciuto che i lavori all'atto del sequestro erano da tempo ultimati, sicché la sala ristorante non aggraverebbe il carico urbanistico già insistente sull'area.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. Va dapprima rilevata l'ammissibilità del ricorso con il quale la ricorrente contesta i presupposti per l'adozione del sequestro impeditivo del fumus e del periculum in mora.
Secondo un orientamento assai diffuso nella giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700-01, e Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, Tessarolo, Rv. 268070-01).
Ritiene, tuttavia, il Collegio di aderire al più recente indirizzo interpretativo espresso da Sez. 3, n. 10242/2024, secondo cui in tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo impeditivo è legittimato a dedurre, in sede di riesame, anche l'insussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, posto che, se gli si consentisse di far valere unicamente l'effettiva titolarità o disponibilità del bene e questa fosse incontroversa o, comunque, irrilevante ai fini del mantenimento del vincolo, si priverebbe di utilità il gravame di merito cautelare, escludendo quella verifica sulla legittimità del sequestro che l'indagato non ha interesse a richiedere, in quanto privo del titolo alla restituzione del bene (Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039 - 01).
L'art. 322 cod. proc. pen., riconosce, infatti, espressamente alla persona che vanta il diritto alla restituzione delle cose sequestrate, pur se diversa dall'indagato, la facoltà di proporre richiesta di riesame «anche nel merito».
Come osservato da Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039 - 01, l'orientamento maggioritario determina un'ingiustificata disparità di trattamento del terzo rispetto all'indagato, unico soggetto legittimato a far valere l'inesistenza dei presupposti della cautela reale (Sez. 3, n. 3034 del 14/11/2023, Olivieri, Rv. 285746).
2. Nel merito il ricorso è privo di confronto specifico con le ragioni della decisione ed è pertanto inammissibile.
Il Tribunale del riesame, dopo avere già rilevato l'omesso confronto con le ragioni poste a base del decreto di sequestro preventivo del G.I.P. da parte della ricorrente, aveva rilevato che era stata accertata, all'esito del sopralluogo del 05/06/2025, la realizzazione di un manufatto adibito a sala ristorante (perfettamente allestita allo scopo al momento dell'accesso) su un'area in origine adibita a parcheggio dell'hotel, mediante la realizzazione della chiusura su tre dei quattro lati, con pannelli e posizionamento di infissi e copertura in ferro e pavimentazione in cotto, per circa mq. 160, realizzata dopo il 29/11/2023, in assenza di permesso a costruire e autorizzazione paesaggistica; che, per tale ragione, era irrilevante la vicenda relativa alle istanze di condono della tettoia e al mutamento di destinazione d'uso del 16/11/2004; che, al di là del riferimento contenuto nel capo di incolpazione provvisoria al mutamento di destinazione d'uso, era stata realizzata una nuova costruzione, da cui la sussistenza del fumus comnnissi delicti dei reati edilizio e paesaggistico.
Ora la difesa torna nuovamente a prospettare, quale questione rilevante ai fini della sussistenza del fumus, la legittimità del mutamento di destinazione d'uso e della pendenza di un condono quanto alla tettoia risalenti al 2004.
3. Rileva il Collegio che la difesa non si è confrontata con la decisione che esplicitamente ha escluso la rilevanza della modifica di destinazione d'uso argomentando la realizzazione di opere costituenti "nuova costruzione in assenza di permesso a costruire e autorizzazione paesaggistica in zona vincolata", da cui la sussistenza del fumus dei reati, riproponendo la questione della modifica della destinazione d'uso per argomentare la legittimità dell'uso del ristorante che non solo non è pertinente, come ben osservato dai giudici della cautela, ma è anche stata motivatamente disattesa ritenendo decisivo, secondo il provvedimento impugnato, il fatto che sotto il profilo urbanistico e paesaggistico l'immobile in questione era comunque ancora privo del necessario provvedimento amministrativo formale autorizzativo del mutamento di destinazione d'uso richiesto nell'istanza di condono, con la conseguenza che lo stesso immobile, originariamente destinato a parcheggio, non poteva essere al momento adibito al diverso uso non omogeneo di ristorante, rilevando altresì che irrilevante era la circostanza che nell'ordinanza comunale di demolizione emessa nel 2023, anche ottemperata dai destinatari, non fosse già contestato il cambio di destinazione d'uso, rimanendo comunque illecito il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile, mai autorizzato dal competente ente comunale in un contesto nel quale, peraltro, si ribadisce, era stata accertata la realizzazione di opere provvisionali dopo il 29/11/23, data dell'ultimo sopralluogo effettuato per controllare l'ottemperanza dell'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi del 2023. Dunque, era stata realizzata una nuova costruzione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza di titoli autorizzativi.
4. Per completezza, occorre osservare, quanto al dedotto profilo della presentazione di un'istanza di condono edilizio del 16/11/2004, che l'immobile oggetto dei lavori si trova in zona vincolata ex D.M. 23/01/1954 e che per tale ragione, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non può intervenire il condono edilizio relativamente ad opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico (Sez. 3, n. 38694 del 09/07/2004, Rv. 229630 - 01; Sez. 3, n. 16471 del 17/02/2010, Rv. 246759 - 01 che ha chiarito che la realizzazione, in area assoggettata a vincolo paesaggistico, di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire non può essere condonata).
5. La censura in merito alla sussistenza del periculum in mora, con riferimento ad entrambi i reati edilizio e paesaggistico, è generica.
Non si confronta la ricorrente, da cui il difetto di specificità del motivo, con la motivazione del tribunale che movendo dall'accertamento in punto di fatto della trasformazione, con opere, di un parcheggio in una sala ristorante, anche aperta ad avventori esterni all'hotel, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ha argomentato l'aumento del carico urbanistico, sia esso qualificato quale maggiore affluenza di persone, sia in termini di domanda di strutture e di opere collettive in dipendenza del numero delle persone insediate su un determinato territorio come trasformato nel suo utilizzo (da parcheggio a ristorante), con conseguente rilevante alterazione dell'ecosistema derivante dall'afflusso di persone in una zona protetta.
6. Con riferimento agli interventi eseguiti in zona sottoposta a vincoli paesaggistici, questa Corte ha avuto modo di evidenziare che nel sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in zona soggetta a vincolo paesaggistico- ambientale, il periculum in mora non può essere desunto solo dalla esistenza ed entità delle opere ultimate, essendo invece necessario dimostrare che l'effettiva disponibilità materiale o giuridica delle stesse, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente pregiudicare il bene protetto dal vincolo, sulla base di un accertamento da parte del giudice circa l'incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela.
A partire dalla pronuncia di questa Sezione Terza n. 40677 del 23/6/2016, La Sala e altro, la corte di legittimità ha escluso ogni automatismo tra semplice utilizzo del manufatto abusivo in zona vincolata e compromissione degli interessi tutelati dal vincolo, pur precisando che l'accertamento del giudice deve essere finalizzato a verificare se "l'uso della cosa, realizzata in violazione dei vincoli paesaggistici, sia idoneo o meno, nell'ipotesi di condotta del tutto esaurita, ad incidere sulle conseguenze dannose prodotte dall'intervento abusivo sull'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, con la conseguenza che l'uso della cosa a deteriorare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto, in tale caso, di un esame particolarmente approfondito da parte del giudice di merito, il quale deve ritenere o escludere l'ulteriore lesione del bene protetto a seconda che accerti, in concreto, l'incompatibilità o la assoluta compatibilità".
La necessità di un accertamento sulla compatibilità dell'uso dell'opera rispetto agli interessi tutelati dal vincolo, è stata affermata dalle successive pronunce di cui si è dato conto (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 2001 del 24/11/2017, P.M. in proc. Dessì, Rv. 272071; Sez. 3, n. 50336 del 5/7/2016, Del Gaizo, Rv. 268331) che hanno ribadito il principio di diritto secondo cui «nel valutare la sussistenza del presupposto del "periculum in mora" ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata conseguente all'uso dello stesso in quanto produttivo di conseguenze dannose sull'area oggetto di speciale protezione, il giudice del merito deve procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera» (Sez. 3, n. 2001 del 24/11/2017, P.M.
in proc. Dessì, Rv. 272071).
7. Nel caso in esame, il Tribunale cautelare, dopo aver dato conto del fatto che il decreto di sequestro individuava il requisito del periculum in mora nell'aggravamento del carico urbanistico e nella compromissione del contesto paesaggistico, e, trattandosi di opere ultimate come risultava dal sopralluogo in data 05/06/2025, ha correttamente argomentato la compromissione dell'ecosistema per effetto dell'uso della cosa, come trasformata da parcheggio a ristorante, che comportava un afflusso di persone del tutto incompatibili con la tutela dei beni a cui il vincolo è preposto.
La motivazione è presente, non meramente apparente, ed è corretta in diritto, sicchè il dedotto vizio di carenza di motivazione non è sussistente e il mancato confronto con la ratio decidendi rende il ricorso inammissibile per genericità.
8. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 29/10/2025