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T.a.r. veneto sent. 856 del 6 aprile 2006
Beni Ambientali. Annullamento autorizzazione paesistica.

Si ringrazia Alan VALENTINO per la segnalazione

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Ric. n. 1003/1999 Sent. n. 856/06 (06.04.2006)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, con l’intervento dei signori:
Lorenzo Stevanato Presidente f.f.
Fulvio Rocco Consigliere, estensore
Alessandra Farina Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. 1003/1999, proposto da Villaga Calce S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Vittorio Domenichelli e dall’Avv. Franco Zambelli, con domicilio eletto in Venezia-Mestre presso lo studio di quest’ultimo, in Via Felice Cavallotti n. 22,
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco n. 63,
e nei confronti di
del Comune di Dolcè (Verona), in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio,
per l’annullamento
del provvedimento del Soprintendente per i beni ambientali e architettonici di Verona dd. 4 marzo 1999, recante l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica n. 51/98 dd. 28 dicembre 1998 rilasciata dal Responsabile di Servizio del Comune di Dolcè; nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati, notificato il 28 aprile - 3 maggio 1999 e depositato il 6 maggio 1999 presso la Segreteria della Sezione;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 15 dicembre 2005 (relatore il consigliere Fulvio Rocco) gli avv.ti Domenichelli e Zambelli per la parte ricorrente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. La ricorrente, Villaga Calce S.p.a., espone di essere proprietaria di un fabbricato sito all’interno di una cava ubicata - a sua volta - nel territorio comunale di Dolcè.
L’autorizzazione a svolgere l’attività di cava è intestata a nome della ricorrente, nel mentre il fabbricato in questione è stato realizzato abusivamente intorno agli anni ’70 dalla Cave di Domegliara S.p.a., precedente proprietaria dell’area.
Tale costruzione è costituita da un capannone e da una palazzina, funzionali entrambi alle attività di cava in quanto comprendenti un garage, la mensa per il personale e locali adibiti ad ufficio.
La Cave di Domegliara S.p.a. ha avanzato al riguardo al Comune di Dolcè, in data 28 marzo 1986, una domanda di condono edilizio a’ sensi dell’art. 31 e ss. della L. 28 febbraio 1985 n. 47 (cfr. doc. 6 di parte ricorrente.
Poiché l’area su cui sorge il sopradescritto edificio risulta vincolata per effetto del D.M. 2 marzo 1953, emesso a’ sensi dell’allora vigente art. 7 della L. 29 giugno 1939 n. 1497, con decreto n. 51/98 dd. 28 dicembre 1998 il Responsabile di Servizio del Comune di Dolcè ha emesso a’ sensi dell’art. 6 della L.R. 31 ottobre 1994 n. 63 la relativa autorizzazione paesaggistica, “ritenuto” - tra l’altro - “che l’intervento” anzidetto “non rechi sostanziale pregiudizio per la tutela dell’ambiente subordinatamente all’esecuzione di operazioni di riordino; visto il parere favorevole della Commissione edilizia comunale integrata da due esperti in materia di bellezze naturali e di tutela dell’ambiente, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 63 del 1994, espresso con verbale n. 4 nella seduta del 28 dicembre 1998; ai sensi dell’art. 6, comma quinto, della L.R. 63 del 1994 si comunicano le posizioni espresse dagli esperti di cui al secondo comma del medesimo articolo: Commissari Arch. Battistella e Arch. Zampedri Tullio: “Le opere abusive e il mutamento dello stato dei luoghi non recano pregiudizio all’interesse pubblico tutelato, né danno al paesaggio e ai valori estetico-culturali tutelati dal vincolo ambientale, subordinatamente alle seguenti prescrizioni: i corpi di fabbrica adibiti a ripostiglio e a vano compressore dovranno essere realizzati in muratura con copertura piana in latero-cemento”; ritenuto, pertanto, di non procedere alla rimessa in pristino delle opere compatibili con la tutela dell’ambiente, ma di imporre alla ditta il pagamento dell’indennità equivalente al solo profitto conseguito mediante la commessa trasgressione, risultando il danno ambientale inesistente, ai sensi dell’art. 15 della L. 29 giugno 1939 n. 1497, come indicato nella Circolare Regionale n. 1037/30122 del 3 marzo 1992 e Circolare del Ministero dei Beni Comunali (sic! Recte: Culturali) e Ambientali n. 1795 dell’8 luglio 1991” (cfr. doc. 2 di parte ricorrente).
Pertanto, nel dispositivo dello stesso provvedimento si legge che il Responsabile del Servizio “decreta: 1. Il non danno per l’intervento abusivo consistente nell’esecuzione dei lavori e delle opere indicate nell’elaborato tecnico presentato dalla ditta in oggetto, che forma parte integrante del presente provvedimento e che si conserva in esemplare agli atti d’ufficio, ritenutolo compatibile con la tutela del paesaggio e dei valori estetico-culturali tutelati dal vincolo ambientale posto sulla zona, subordinatamente all’attuazione delle suddette prescrizioni che devono essere scrupolosamente adempiute entro 180 giorni dalla data di notifica del presente atto; 2. Di stabilire che venga imposto alla ditta il pagamento dell’indennità ai sensi dell’art. 15 della L. 29 giugno 1939 n. 1497, che verrà determinata dall’Ufficio competente dell’Amministrazione Comunale di Dolcè; …5. Il presente decreto sia notificato all’interessato richiedente, alla Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici di Verona e comunicato all’Ufficio Controllo Edilizio dell’Amministrazione Comunale di Dolcè per la valutazione di cui al punto 2 …”.
Con nota Prot. 8813 dd. 31 dicembre 1998 è stata data notizia alla Villaga Calce S.r.l. - medio tempore subentrata alla Cave di Domegliara S.r.l. nella titolarità dell’immobile - del contenuto del provvedimento anzidetto (cfr. ibidem, doc. 3).
Peraltro, con provvedimento dd. 4 marzo 1999 il Soprintendente per i beni ambientali e architettonici di Verona ha disposto, a’ sensi dell’allora vigente art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1971 n. 616 così come integrato dall’art. 1 del D.L. 27 giugno 1985 n. 312 convertito - a sua volta - in L. 8 agosto 1985 n. 431, nonché a ‘ sensi dell’anzidetto art. 6 della L.R. 63 del 1994, l’annullamento della surriportata autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Amministrazione Comunale di Dolcè, “considerato che nel provevdimento in esame l’Autorità decidente non spiega come e perché l’intervento autorizzativo sia compatibile con le esigenze di tutela della zona protetta dal vincolo; considerato che la verifica condotta dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona ha rilevato che le opere abusive , consistenti in due capannoni in struttura prefabbricata ed una palazzina uffici, vanno ulteriormente ad appesantire una situazione paesaggistica nel suo insieme di notevole valore, solo in parte compromessa dallo svolgimento dell’attività di cava che va ad intaccare un gruppo di costoni rocciosi posti all’imbocco della Lalle dell’Adige che formano un quadro naturalistico di grande suggestione. Il complesso degli edifici abusivi, oltre ai caratteri formali di tipo industriale funzionali all’attività estrattiva che certamente non migliorano esteticamente l’ambiente, rischia peraltro di consolidare una situazione di degrado diffuso dell’area di cava, riducendo ulteriormente, nell’ipotesi di una conferma della presenza di tali volumi impropri, le prospettive di un recupero ambientale e di riqualificazione della zona; consuiderato che l’autorizzazione indicata in premessa, qualora attuata, comporterebbe l’alterazione dei tratti caratteristici della località protetta che sono la ragione stessa per cui la località medesima è sottoposta a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale vigente; considerato che nella fattispecie in esame attraverso l’autorizzazione ex art. 7 della L. 1497 del 1939 si consente una modifica del provvedimento di vincolo paesaggistico posto con D.M. 2 marzo 1953 in violazione di quanto previsto dall’art. 82, terzo comma, del D.P.R. 616 del 1977; considerato che per quanto sopra esposto il provvedimento n. 51/98 del 28 dicembre 1998 è viziato da eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione e da violazione di legge perché in contrasto con l’art. 82, terzo comma, del D.P.R. 616 del 1977; ritenuto di annullare l’autorizzazione sopraindicata in quanto illegittima”.
1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe la Villaga Calce S.p.a. chiede l’annullamento del surriportato decreto di annullamento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 82, comma 9, del D.P.R. 616 del 1977 in relazione al decreto del Ministerro per i beni culturali e ambientali 18 dicembre 1996, violazione e falsa applicazione dell’art. 82, comma 3, del medesimo D.P.R. 616 del 1977, eccesso di potere per illogicità ed incongruità manifeste, difetto di istruttoria e di presupposti, eccesso di potere per incertezza assoluta dell’oggetto dell’annullamento, eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto ulteriore profilo ed eccesso di potere per falsa rappresentazione dei fatti presupposti sotto ulteriore profilo.
2. Non si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e il Comune di Dolcè.
3. Con ordinanza 556 dd. 19 maggio 1999 la Sezione ha accolto la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, ritenendo che “il ricorso” non appariva “allo stato, privo di fondamento e che il provvedimento impugnato” era da ritenersi “produttivo di danno grave ed irreparabile”.
4. Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.
5.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in epigrafe va accolto, avuto riguardo - in via del tutto assorbente - a quanto segue.
5.2. Come è ben noto, un’ormai consolidata giurisprudenza afferma che il potere di annullamento ministeriale in ordine all' autorizzazione di cui all’ art. 7 della L. 29 giugno 1939 n. 1497 - rilasciata da autorità delegata o subdelegata, in relazione al D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, come modificato dalla L. 8 agosto 1985 n. 431 - deve essere congruamente motivato circa le ragioni che ostano all’inserimento dell’opera nell’ambiente, ma non può riguardare l’esito della valutazione espressa dall’amministrazione che ha emesso l’autorizzazione anzidetta nell’esercizio della delega di cui all’ art. 82 del medesimo D.P.R. 616 del 1977, ma attiene alla sola verifica della legittimità dell’autorizzazione medesima, traducendosi in un sindacato sulle modalità di esercizio di tale funzione autorizzatoria, con estensione, quindi, a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere; peraltro, la potestà di annullamento riconosciuta all’organo statale non può mai implicare il riesame nel merito della valutazione tecnico-discrezionale circa la compatibilità ambientale della costruzione, oggetto del provvedimento autorizzatorio (cfr., ex multis, Cons.Stato, Sez. VI, 12 novembre 1993 n. 849 e 22 agosto 2003 n. 4766).
Venendo al caso di specie, il sindacato espletato dalla Soprintendenza non risulta - all’evidenza - improntato ai sopradescritti criteri.
In primo luogo, va evidenziato che l’autorizzazione ambientale emessa dal Comune di Dolcè non può reputarsi carente di motivazione in quanto, pur succintamente ma con adeguata istruttoria (cfr., sul punto, ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 16 luglio 1990 n. 728), è stata data complessiva contezza della compatibilità ambientale dell’edificio, posto che sono state emanate specifiche prescrizioni finalizzate all’inserimento dello stesso nel contesto ambientale circostante (obbligo di realizzazione dei corpi di fabbrica adibiti a ripostiglio e vano compressore in muratura con copertura piana in latero-cemento) ed è stata conseguentemente esclusa, dopo l’adempimento delle prescrizioni medesime, la sussistenza di un pregiudizio per l’ambito assoggettato a vincolo.
Né va sottaciuto che la valutazione operata dall’Amministrazione Comunale ha riguardato - come eloquentemente comprovato dalle fotografie prodote quale doc.ti 4 e 5 di parte ricorrente - un’area che invero è sovrastata dagli anzidetti costoni rocciosi ubicati all’ingresso della Val d’Adige, alquanto imponenti e di gradevole visione, ma che nel fondo valle è contraddistinta dalla contigua presenza, rispetto alla cava in questione, di un allevamento di pollame, di vari capannoni industriali, della ferrovia Verona - Brennero, della strada statale del Brennero e dell’autostrada Verona - Brennero.
Risulta altrettanto evidente, laddove nel provvedimento impugato si afferma che l’edificio per il quale è stata rilasciata l’autorizzazione andrebbe “ulteriormente ad appesantire una situazione paesaggistica nel suo insieme di notevole valore, solo in parte compromessa dallo svolgimento dell’attività di cava”, che tale assunto non solo travisa la realtà di fatto emergente dalla documentazione fotografica anzidetta, ma costituisce un’intrinseca sovrapposizione alla valutazione di merito compiuta dall’Autorità subdelegata al rilascio dell’autorizzazione: sovrapposizione che risulta inibita alla Soprintendenza in forza della giurisprudenza dianzi richiamata, e che il Collegio pienamente condivide.
Da ciò - pertanto - discende l’insussistenza, nella specie, anche dei vizi di eccesso di potere e di violazione dell’art. 82, terzo comma, del D.P.R. 616 del 1977, per contro enunciati nel provvedimento impugnato.
Da ultimo, va pure rilevato che dalla lettura di quest’ultimo pare in effetti di capire - come a ragione evidenziato dalla ricorrente - che nell’articolazione delle proprie considerazioni motive la Soprintendenza abbia considerato l’edificio in questione quale opera che deve essere realizzata (cfr., in particolare, i riferimenti alla “costruzione di un fabbricato adibito ad uffici e ricovero automezzi” e all’ “attuazione” dell’autorizzazione), e non già quale opera che doveva essere assentita sotto il profilo ambientale in quanto già realizzata e per la quale, quindi, era stato chiesto il rilascio del condono edilizio di cui all’art. 31 e ss. della L. 47 del 1985.
6. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere, peraltro, integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 15 dicembre 2005.
Il Presidente f.f. l’Estensore

Il Segretario




SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Seconda Sezione