TAR Veneto Sez. II sent. 3635 del 18 dicembre 2009
Beni ambientali. Divieto sanatoria e sanzione alternativa
Nessuna contraddizione discende dalla contemporanea vigenza di un assoluto divieto di rilascio formale di autorizzazione paesaggistica in sanatoria (art. 146, comma 8, lett. c, d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42) e della sanzione alternativa tra la demolizione dell'opera ed il pagamento di un'indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito (art. 167, d.lg. citato); deve osservarsi, infatti, come siano profondamente diversi gli ambiti operativi delle due norme, di tal che alcuna incongruenza logico-giuridica può desumersi dal loro confronto. Ed, invero, l'opzione della p.a. di optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione non è configurabile come una sorta di autorizzazione postuma implicita, presupponendo comunque l'accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione dell'opera.
Beni ambientali. Divieto sanatoria e sanzione alternativa
Nessuna contraddizione discende dalla contemporanea vigenza di un assoluto divieto di rilascio formale di autorizzazione paesaggistica in sanatoria (art. 146, comma 8, lett. c, d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42) e della sanzione alternativa tra la demolizione dell'opera ed il pagamento di un'indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito (art. 167, d.lg. citato); deve osservarsi, infatti, come siano profondamente diversi gli ambiti operativi delle due norme, di tal che alcuna incongruenza logico-giuridica può desumersi dal loro confronto. Ed, invero, l'opzione della p.a. di optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione non è configurabile come una sorta di autorizzazione postuma implicita, presupponendo comunque l'accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione dell'opera.
N. 03635/2009 REG.SEN.
N. 01070/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1070 del 2005, proposto dalla Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Zanlucchi e Romano Morra con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale del Veneto in Venezia, Dorsoduro, 3901;
contro
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Francesco Castegnaro, rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvano Ciscato e Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, Santa Croce, 312/A;
per l'annullamento
del decreto del Soprintendente per i beni architettonici e del paesaggio delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, adottato in data 2 marzo 2005 con il quale è stata annullata l’autorizzazione del Servizio forestale regionale di Vicenza del 18 gennaio 2005, prot. n.27319.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Francesco Castegnaro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2009 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Servizio forestale regionale Veneto - Unità periferica di Vicenza - ha positivamente riscontrato, in data 28 dicembre 1998, l’istanza, presentata da Francesco Castegnaro il 2 aprile 1998, tesa ad ottenere l’autorizzazione - necessaria in considerazione della sussistenza di un vincolo sia idrogeologico (ex art. 7 r.d.l. 30 dicembre 1923 e artt. 14 e 15 l.r. 13 settembre 1978, n.52) che paesaggistico (ai sensi dell’art. 2 della l.29 n. 1497 del 1939 - per procedere allo sbancamento di un terreno ed al successivo reimpianto di un vigneto.
All’autorizzazione hanno fatto seguito il nulla osta della competente Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio ( reso ai sensi degli artt. 7 della l. n. 1497 del 1939 e 82 del d.p.r. n.616 del 1977) e, nel settembre 2001, il rinnovo dell’autorizzazione ad opera dello stesso Servizio Forestale.
A motivo della difformità dei lavori parzialmente eseguiti e dello stato dei luoghi rispetto a quanto assentito, il Servizio forestale ha adottato, in data 31 gennaio 2002, un provvedimento con il quale ha diffidato il Castegnaro dal realizzare interventi ed opere non conformi a quanto rappresentato nelle tavole di progetto approvate richiedendo, altresì, il deposito di una perizia geotecnica relativa ai lavori realizzati.
L’esecuzione dell’intervento è stata, dunque, da quel momento interrotta.
A seguito della presentazione della documentazione progettuale richiesta dal Servizio forestale il Castegnaro ha ottenuto in data 4 settembre 2003 il provvedimento con il quale il Genio civile di Vicenza ha accolto la richiesta di autorizzazione parzialmente in via postuma per gli interventi di sbancamento del terreno, in parte già eseguiti in difformità.
Tale autorizzazione è stata subordinata ad una serie di prescrizioni ritenute necessarie per mitigare l’impatto dei lavori abusivamente realizzati e, con lo stesso provvedimento, è stata disposta, quale misura alternativa alla rimessa in pristino dello stati dei luoghi, l’irrogazione una sanzione pecuniaria, pari all’importo maggiore tra il danno arrecato ed il profitto illecito conseguito, il cui pagamento è stato ingiunto, infine, con ordinanza del Dirigente del Servizio forestale del 27 luglio 2004.
Con decreto dell’8 ottobre 2003 la Soprintendenza ha annullato, ai sensi dell’art. 151 del d. lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, l’autorizzazione regionale.
Sia l’ordinanza di ingiunzione sia il decreto della Soprintendenza suddetto sono stati impugnati dal Castegnaro con due ricorsi innanzi a questo T.A.R., i cui giudizi risultano, allo stato, ancora pendenti.
A seguito dell’annullamento della Soprintendenza, il Servizio forestale regionale ha rilasciato, in data 18 gennaio 2005, una nuova autorizzazione la quale, tuttavia, è stata oggetto di un ulteriore decreto di annullamento, intervenuto in data 2 marzo 2005 ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. n.42 del 2004
Questo decreto è stato impugnato dalla Regione Veneto con ricorso iscritto al numero di registro generale 1070 del 2005, oggetto del presente giudizio.
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non si è costituito in giudizio per resistere al gravame mentre si è costituito Francesco Castegnara.
All’udienza del 9 luglio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di dover procedere direttamente all’esame del primo motivo di ricorso con il quale la difesa della Regione Veneto ha sostenuto l’applicabilità nella fattispecie in esame della cd. autorizzazione postuma ed ha lamentato l’erronea applicazione dell’art. 146 del d. lgs. n.42 del 2004, in quanto norma applicabile solo a seguito dell'entrata in vigore del nuovo procedimento autorizzatorio condizionato dall'adozione dei piani paesaggistici..
La censura è ad avviso del Collegio fondata.
Non ignora il Collegio l’esistenza di un orientamento che ha sostenuto l’immediata applicazione dell’art. 146 del d. lgs. n.42 del 2004 sull’assunto che la norma sulla disciplina transitoria avrebbe contenuto meramente procedurale e, dunque, non spiegherebbe alcuna interferenza sui profili sostanziali e sulla connotazione dell’autorizzazione quale provvedimento necessariamente anteriore alla realizzazione dell’opera (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 26 maggio 2006, n. 6182; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 10 novembre 2005 , n. 4943). Lo stesso orientamento ha fatto leva sulla previsione dello stesso art. 159 del d. lgs. n.42 del 2004 che, nel ribadire la preclusione all’avvio dei lavori in difetto di autorizzazione paesaggistica, sostanzialmente finirebbe con il confermare il divieto di autorizzazione paesaggistiche in sanatoria. E’ stato addotto, quale ulteriore argomento, la razionalità della nuova scelta e la sua coerenza con il nuovo assetto normativo, apparendo del tutto contraddittoria una opzione ermeneutica che, postergando l’operatività del divieto al termine della fase transitoria, finirebbe per tradire la ragione giustificatrice propria dell’introduzione del divieto.
Non è questo, tuttavia, l’orientamento seguito dal Collegio il quale ritiene di aderire a diverso e più recente indirizzo giurisprudenziale (Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3140; Cons. St., VI, n. 1917 del 2007; Cons. di Stato, VI, n. 3483 del 2007), il quale ha chiarito che l'art. 146 cit. (nel testo originario prima delle modifiche introdotte nel 2006) "costituisce norma a regime, non applicabile nel periodo transitorio".
L'art. 159 dello stesso decreto legislativo, nel disciplinare il regime transitorio, subordinava l'entrata in vigore della disciplina dettata dall'art. 146 all'approvazione dei piani paesistici ai sensi dell'art. 156 e al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici.
La normativa quindi, vigente ratione temporis, prevedeva l'applicazione della più rigorosa disciplina soltanto a seguito della costruzione di un quadro certo, tale da fornire agli interessati adeguati punti di riferimento in ordine all'individuazione di forme di utilizzo dei propri beni compatibili con l'interesse alla salvaguardia dei beni paesistici. Ne consegue che l'art. 159 cit. posticipa ad un momento successivo alla conclusione della fase transitoria l'applicabilità della nuova e più rigorosa disciplina, ivi compreso il divieto del rilascio di autorizzazione paesaggistica postuma.
La modifica all'art. 159, introdotta dal d. lgs. n. 157 del 2006, ancorando la durata del regime transitorio ad una data certa (art. 156, comma 1) e disponendo espressamente che anche nel periodo transitorio si applica l'art. 146, comma 12, recante il divieto di autorizzazione postuma, deve essere ritenuta di natura innovativa e non di interpretazione autentica con effetti retroattivi e quindi non trova applicazione nel caso in esame.
Sulla base di tali considerazioni, il provvedimento della Sovrintendenza è illegittimo nella parte in cui assume a proprio giustificativo la violazione dell' art. 146 del d. lgs. n. 42 del 2004 sull’erroneo presupposto della immediata applicabilità della disposizione.
Con il secondo, articolato motivo di ricorso la difesa della Regione Veneto ha dedotto una serie di censure avverso l’impianto motivazionale posto a fondamento del provvedimento gravato.
Tutte le doglianze si palesano, ad avviso del Collegio, fondate.
Si osserva, in primo luogo, che la circostanza che l’Amministrazione regionale non abbia provveduto alla trasmissione di documentazione ulteriore rispetto a quella inoltrata unitamente alla prima delle autorizzazioni rilasciate, poi oggetto del primo decreto di annullamento adottato dalla Soprintendenza, non è idonea a sostenere un difetto di motivazione del secondo provvedimento autorizzatorio sia per la genericità dell’argomentazione sia in considerazione dell’assenza di fatti nuovi o modifiche ulteriori rispetto alla situazione esistente al tempo in cui venne operata la valutazione espressa illo tempore. Del resto, come correttamente rilevato dalla difesa della Regione Veneto, la Soprintendenza, in applicazione dell’art. 146 del d. lgs. n. 42 del 2004, avrebbe potuto chiedere una integrazione documentale, in una ottica, peraltro, di leale e reciproca cooperazione procedimentale imposta dalla legge fondamentale sul procedimento amministrativo.
Il secondo considerato posto a motivazione del gravato decreto si limita meramente a ribadire la sussistenza di un vincolo paesaggistico sull’area in questione, circostanza non contestata che nulla aggiunge al fine di sostenere la legittimità dell’annullamento.
Non soccorre a tal fine neanche l’asserita contraddittorietà riscontrabile nella inflizione della sanzione pecuniaria e nella contestuale autorizzazione postuma. Nessuna contraddizione discende dalla contemporanea vigenza di un assoluto divieto di rilascio formale di autorizzazione paesaggistica in sanatoria (art. 146, comma 8, lett. c, d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42) e della sanzione alternativa tra la demolizione dell'opera ed il pagamento di un'indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito (art. 167, d.lg. citato); deve osservarsi, infatti, come siano profondamente diversi gli ambiti operativi delle due norme, di tal che alcuna incongruenza logico-giuridica può desumersi dal loro confronto. Ed, invero, l'opzione della p.a. di optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione non è configurabile come una sorta di autorizzazione postuma implicita, presupponendo comunque l'accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione dell'opera.
Nella fattispecie in esame emerge dalla documentazione in atti che la scelta dell’Amministrazione regionale di procedere all’irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo della rimissione in pristino è scaturita da una istruttoria completa ed in esito ad attenta e ponderata valutazione, idonea ad escludere una significativa incidenza ambientale dell’intervento dovendosi, peraltro, evidenziare, in conformità con la costante e consolidata giurisprudenza, l’assenza in capo all’Amministrazione centrale di un potere di annullamento del nulla osta paesaggistico per motivi di merito (cfr., Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2009, n.1050).
Anche gli ulteriori giustificati con i quali la Soprintendenza tenta di sostenere la sussistenza di un difetto di istruttoria e motivazione dell’autorizzazione paesaggistica non appaiono convincenti alla luce della ricca documentazione prodotta dall’Amministrazione ricorrente e si palesano, altresì, illegittimi nella misura in cui l’Amministrazione centrale finisce con il sovrapporre valutazioni proprie a quelle svolte dall’Amministrazione regionale, di fatto violando i limiti del controllo di mera legalità ad essa spettante, sia pure, come noto, esteso a tutti i possibili vizi tra i quali anche l’eccesso di potere.
Per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere accolto.
Il Collegio non dispone in ordine alle spese in ragione sia del comportamento processuale della intimata Amministrazione non costituitasi in giudizio sia delle oscillazioni giurisprudenziali sopra evidenziate ed in specie riferite all’ambito di applicazione dell’art. 146 del d.lg. n. 42 del 2004.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2009