TAR Campania (SA) Sez. I, n. 1926 del 24 ottobre 2012
Beni Ambientali. Pennelli emersi

Pennelli emersi a forma di T  incidenza sulla costa e sullo specchio d'acqua a mare. necessità di autorizzazione  paesaggistica (segnalazione Avv. M. Balletta)

N. 01926/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00802/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 802 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Comune di Pisciotta, rappresentato e difeso dall'avv. Laura Clarizia, con domicilio eletto in Salerno, largo Dogana Regia c/o avv. Brancaccio;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali - Soprintendenza B.A.A.A.S. Sa-Av, , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;

nei confronti di

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons Campania Onlus, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaella D'Angelo, Pierluigi Morena, con domicilio eletto presso Pierluigi Morena Avv. in Salerno, via Schipa,41;
W.W.F. Italia Onlus, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Balletta, Filomena Giannattasio, con domicilio eletto presso Filomena Giannattasio Avv. in Salerno, via S.Giovanni Bosco,47;
ad adiuvandum:
Provincia di Salerno, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Casella, Ugo Cornetta, Francesco Tedesco, con domicilio eletto in Salerno, via Roma Palazzo S. Agostino presso la sede dell’ente;

per l'annullamento

quanto al ricorso originario:

del provvedimento prot. 14961/08 del 21-5-2008 della Soprintendenza, che ha disposto la sospensione ad horas dei lavori di completamento del porto di Pisciotta, relativamente al “pennello emerso calpestabile a forma di T” ed alle “scogliere debolmente sommerse” contigue allo stesso ed il ripristino dello stato quo ante dei luoghi;

del verbale di sopralluogo effettuato dalla Soprintendenza il 12-5-2008;

quanto all’atto di motivi aggiunti:

dell’ordinanza prot. n. 15682 del 27-5-2008 della Soprintendenza, con il quale è stata disposta la sospensione immediata dei lavori relativi alle opere di cui sopra e la trasmissione alla direzione regionale per il prosieguo degli adempimenti ex art. 167, comma 3, d.lgs. n. 42/04;

di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Provincia di Salerno, W.W.F. Italia Onlus e Codacons;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2012 il dott. Francesco Mele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso originario notificato il 27 maggio 2008 e depositato in pari data il Comune di Pisciotta proponeva ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento soprintendentizio prot. n. 14961/2008, con il quale era stato chiesto all’ente locale la sospensione dei lavori relativi alla realizzazione di un pennello a forma di T e delle contigue scogliere debolmente sommerse, nonché il ripristino dello status quo ante dei luoghi.

Con articolata prospettazione denunziava:

1) Violazione di legge ( art. 150 e 155 , 136, 137, 138, 139, 140, 141 e 142 d.lgs. n. 42/2004) – Eccesso di potere ( difetto assoluto ed erroneità dei presupposti, travisamento, arbitrarietà, abnormità, perplessità, sviamento) – Incompetenza – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi; 2) Incompetenza –Violazione di legge ( art. 150 d.lgs. n. 42/2004) ; 3) Violazione di legge ( artt. 150 e 155, 136, 137, 138, 139, 140, 141 e 142 del d.lgs. n. 42/04) Eccesso di potere; 4) Violazione degli art. 7, 8 e 10 l. n. 241/1990 e srt. 97 Cost) – Eccesso di potere ( difetto dei presupposti e di istruttoria – arbitrarietà) – Violazione del principio di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa – violazione del giusto procedimento.

Con successivo atto di motivi aggiunti, notificato il 28-6-2008 e depositato il 3-7-2008, il Comune di Pisciotta gravava in via giurisdizionale anche il provvedimento soprintendentizio prot. n. 15682 del 27-5-2008, recante ordinanza di sospensione dei lavori sopra riportati, nelle more emesso dall’amministrazione statale.

Avverso tale atto l’ente locale rinnovava le censure di violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, già dedotte avverso il primo provvedimento , denunziando altresì violazione della pronunzia cautelare monocratica resa dal Tribunale e violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, evidenziando l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti e chiedendone il rigetto.

Spiegava intervento ad adiuvandum la Provincia di Salerno; spiegavano, invece, intervento ad opponendum il Codacons Campania Onlus ed il WWF Italia Onlus.

La causa veniva discussa trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 21-6-2012.

DIRITTO

La prima questione , da esaminarsi in ordine logico-giuridico, è quella relativa alla necessità dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione del manufatto per cui è causa , avuto riguardo alla sua peculiare collocazione , trattandosi di un un “pennello emerso a forma di T” con “scogliere debolmente sommerse”.

Come emerge dalla documentazione versata in atti, l’opera risulta realizzata in mare e si sviluppa in senso perpendicolare rispetto alla linea di battigia, risultando poi nell’attualità collegata alla terraferma per effetto del naturale ripascimento della spiaggia.

Il materiale fotografico posto a disposizione del Collegio, relativo allo stato dei luoghi sia precedente che successivo alla realizzazione dell’opera , evidenzia, inoltre, che gli effetti di protezione dalle correnti marine conseguenti alla realizzazione del “pennello” hanno prodotto una modificazione della linea di costa preesistente ( fortemente incisa da fenomeni di erosione) , con ampliamento delle dimensioni e modifica della forma della spiaggia, della quale oggi il predetto manufatto costituisce un prolungamento.

Trattandosi, come sopra detto, di opera realizzata in mare ( sia pure nella immediata prossimità della spiaggia), determinante una modifica della linea di costa preesistente, è necessario stabilire se la stessa rientri nell’ambito del vincolo imposto con il d.m. dell’ 8-11-1968.

Tale provvedimento ( v. G.U. n. 298 del 23-11-1968) dispone che “la zona litoranea sita nel territorio del comune di Pisciotta ha notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed è quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa”.

Nella parte motiva si legge, a giustificazione del vincolo imposto, che “la costa e le spiaggie di Pisciotta, che formano tutt’uno con la zona litoranea di Palinuro, per la particolare suggestività, oltre che per i continui scorci panoramici sul litorale, anche per il maestoso ammanto di ulivi secolari, che si spinge fino all’arenile …forma un quadro naturale di eccezionale bellezza e l’abitato di Pisciotta …circondato dalla strada statale n. 267, da cui si godono quadri naturali e punti di vista di singolare valore paesaggistico forma un complesso di cose immobili aventi valore estetico e tradizionale in cui l’opera dell’uomo mirabilmente si fonde con la natura”.

Si aggiunge, poi, che “il vincolo comporta, in particolare, l’obbligo da parte del proprietario, possessore o detentore…dell’immobile ricadente nella località vincolata di presentare alla competente soprintendenza per la preventiva approvazione qualunque progetto di opere che possano modificare l’aspetto esteriore della località stessa”.

Il provvedimento, come emerge anche dalla proposta della commissione provinciale, pubblicata in calce al decreto, impone il vincolo anche ai sensi dell’articolo 1, n. 4 della legge n. 1497/1939, trattandosi , dunque, di “bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”.

Ciò posto, condividendo in proposito l’ insegnamento del Consiglio di Stato ( cfr. sez. VI, 31-8-2004, n. 5723), ritiene il Tribunale che la zona in questione è assunta ad oggetto di tutela come quadro naturale che costituisce bellezza panoramica di insieme, secondo la categoria identificata dall’art. 1 , n. 4 della legge n. 1497/1939. In conseguenza si configuranpo idonei ad incidere sui valori paesaggistici presi in considerazione sia gli interventi sulla terraferma, sia quelli che dalla battigia si estendono verso il mare, sussistendo in entrambi i casi l’idoneità ad introdurre un effetto modificativo e possibile “vulnus” al quadro naturale e panoramico che caratterizza il bene protetto.

Occorre, invero, considerare che le opere a mare, realizzate nelle immediate vicinanze della costa , comportanti , tra l’altro, in virtù del conseguente effetto di ripascimento, una modificazione della linea di costa preesistente , rientrano senz’altro nell’ambito di applicazione del vincolo e sono soggette a preventiva autorizzazione, atteso che oggetto di tutela sono “il litorale” , “la costa e le spiaggie”, “i continui scorci panoramici sul litorale”, quadro di insieme al quale non può, in tutta evidenza, rimanere estraneo lo specchio di mare antistante, soprattutto quando – come nel caso in esame – si è di fronte ad interventi realizzati nella immediata prossimità della costa, che con questa vengono sostanzialmente a fondersi, modificandone l’aspetto.

D’altra parte, il mare non può logicamente rimanere estraneo all’ambito della tutela, atteso che lo stesso, nella considerazione di particolare pregio di un “litorale”, ne costituisce elemento essenziale, identificandosi il litorale proprio come la parte della terraferma che si affaccia sul mare, elemento , dunque, che lo qualifica e contribuisce in maniera determinante a costituirne il pregio paesaggistico e panoramico.

Sicchè , alla stregua delle considerazioni sopra svolte, non appare rilevante la circostanza che il decreto ministeriale 8-11-1968 non faccia espresso riferimento allo specchio acqueo antistante la costa come ricompreso nell’area vincolata.

Di poi, appare decisiva, al fine di ritenere la necessità dell’autorizzazione paesaggistica, l’ulteriore circostanza – in precedenza evidenziata ed emergente dagli atti di causa – che la concreta realizzazione dell’opera , a prescindere dalla sua iniziale realizzazione in mare e non sulla terraferma, ha comportato, per effetto del prevedibile e naturale effetto di ripascimento, una modificazione della originaria linea di costa, ampliando forma e dimensione della spiaggia, con stabile e visibile collegamento del “pennello” alla terraferma, di cui oggi esso costituisce prolungamento.

Sussiste, dunque, anche per tale via, il presupposto di applicazione del decreto ministeriale di vincolo invocato dalla soprintendenza, atteso che ci si trova in presenza di un’opera soggetta ad autorizzazione in quanto in grado “di modificare l’aspetto esteriore della località stessa.

L’affermata operatività del vincolo ministeriale di cui sopra e , dunque, la necessità, dallo stesso discendente, della previa autorizzazione paesaggistica, consentono di assorbire l’esame dell’ulteriore questione relativa all’operatività nella specie del vincolo ex lege di cui all’articolo 142 del d.lgs. n. 42/2004, in relazione al quale deve, peraltro, essere segnalato l’orientamento della Cassazione penale ( sez. III, 27 luglio 2000), secondo il quale, in base ad una interpretazione logica e teleologica della norma, gli specchi d’acqua antistanti la costa sono soggetti a vincolo paesaggistico.

Affermato, dunque, sulla base delle argomentazioni sopra svolte, che l’opera è soggetta a previa autorizzazione a cagione della operatività del vincolo paesaggistico, occorre stabilire se in concreto tale autorizzazione sia stata resa.

In proposito, parte ricorrente ( in disparte il rilievo – non condiviso dal Collegio – che sarebbero opere non soggette ad autorizzazione in quanto afferenti ad ambito territoriale non vincolato) assume che le opere risulterebbero autorizzate dalla Soprintendenza in quanto ricadenti nell’ambito di operatività del parere 33597/06, evidenziando che il pennello a T e le scogliere debolmente sommerse rientrano tra le opere di messa in sicurezza, oggetto di autorizzazione.

La tesi del Comune di Pisciotta non può essere condivisa.

La lettura del verbale della conferenza di servizi prot. n. 33597 del 6-11-2006 evidenzia che l’intervento assentito riguarda certamente “la .. messa in sicurezza del Porto di Marina di Pisciotta”.

Tuttavia , le ulteriori analitiche specificazioni in esso contenuto consentono di individuare in concreto le opere da realizzare a tal fine, tra le quali non sono certamente ricomprese il pennello e le scogliere oggetto di causa.

Ed, invero, viene affermato che “l’intervento dovrà riguardare la semplice messa in sicurezza del Porto di Marina di Pisciotta, con esclusione di ogni intervento riguardante la protezione dell’arenile, per la quale dovrà essere concordato uno specifico intervento”.

Nel successivo periodo si legge che “ Le opere assentite sono, pertanto, esclusivamente, le seguenti: 1) la realizzazione del molo di sottoflutto con massi naturali…; b) il dragaggio del porto ed il salpamento degli scogli al fine di pervenire ad una adeguata profondità del bacino portuale; c) il rifiorimento del molo di sottoflutto con massi naturali; d) la realizzazione di una scogliera a protezione della foce del vallone San Macario…”.

Viene, infine, precisato che “Non è consentita la realizzazione di ulteriori opere, ancorchè esse siano previste nei grafici di progetto”.

La generica indicazione della “semplice messa in sicurezza del Porto…” riceve, dunque, analitica successiva specificazione attraverso l’indicazione dei manufatti da realizzare ( tra i quali non sono ricompresi il pennello a T e le scogliere sommerse) e la posizione del divieto di realizzare ulteriori opere, pur se previste nei grafici di progetto.

Dalle considerazioni sopra svolte emerge , pertanto, che le opere oggetto di causa non sono state in concreto autorizzate.

Può a questo punto passarsi all’esame delle censure , di ordine formale, proposte avverso i provvedimenti impugnati.

Questi costituiscono espressione dell’attività di vigilanza riconosciuta al Ministero ai fini della tutela dei beni paesaggisticamente vincolati.

L’adozione di misure inibitorie e cautelari, quali quelle in esame, costituisce , invero, la naturale ed ordinaria attività provvedimentale conseguente all’avvenuto riscontro della violazione di norme regolatrici della materia, finalizzata al ripristino dell’equilibrio violato.

Trattandosi, dunque, di attività di ordinaria amministrazione, essa rientra a ragione nell’ambito della delega di firma conferita dal Soprintendente, con ordine di servizio del 15-5-2008, all’architetto Martino, firmatario del provvedimento impugnato, riferita alle “competenze assegnate al Soprintendente rispettivamente dalla Parte II ( beni architettonici) e dalla Parte III ( beni paesaggistici) del Codice” ed alla sottoscrizione degli atti.

Né è possibile dedurre l’illegittimità degli atti dalla circostanza che in calce agli stessi vi sia pure la sottoscrizione del Responsabile dell’Ufficio Antiabusivismo.

Quest’ultima, invero, anche in relazione alla autonoma apposizione , alla sua collocazione grafica ed alla assenza di riferimento alla sostituzione soprintendentizia, evidenzia chiaramente che essa non è espressione di un atto complesso ( come tale illegittimo), trattandosi unicamente di determinazione volitiva monocratica supportata dall’intervento , in sede istruttoria e propositiva, del Responsabile dell’Ufficio che ha curato l’attività procedimentale.

Quanto, poi, alle doglianze relative alla violazione della partecipazione procedimentale, si osserva quanto segue.

La vicenda provvedimentale oggetto di causa, traducendosi in un invito a sospendere i lavori e a disporre la rimozione delle opere abusive e , di poi, in un atto direttamente ordinatorio della sospensione dei lavori , anche in relazione alla fonte normativa disciplinatrice ( art. 150 del Codice), ha natura cautelare ed urgente, onde, per espressa previsione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, è escluso l’obbligo di avviso di avvio del procedimento.

Peraltro, nella scansione attizia posta in essere, si riscontra in concreto l’avvenuta partecipazione dell’ente locale al procedimento.

L’atto prot. n. 14961 del 21 maggio 2008, invero, non è provvedimento direttamente dispositivo della sospensione dei lavori e della riduzione in pristino.

Vi è, infatti, la mera richiesta al Comune di adozione di determinazioni sospensive e demolitorie, per come chiaramente emerge dalla riserva, in esso contenuta, relativa alla successiva “ adozione degli atti ricompresi nelle proprie attribuzioni”.

A seguito della sua comunicazione il Comune ( che tra l’altro aveva preso parte al sopralluogo effettuato dai funzionari dell’amministrazione statale) ha svolto controdeduzioni ( relazione del 23-5-2008, con le quali ci si limita ad affermare genericamente che le opere “sono del tutto conformi al progetto dell’opera pubblica approvato ed attengono alla messa in sicurezza del porto”).

Ricevute le controdeduzioni, la Soprintendenza ha, infine, emanato l’ordinanza di sospensione dei lavori ( prot. n. 15682 del 28-5-2008), richiamando le stesse ed evidentemente ritenendone l’infondatezza, come risulta dalla giustificazione incentrata sulla circostanza della imposizione di prescrizioni in sede di approvazione del progetto escludenti la possibilità di realizzazione del pennello e delle scogliere sommerse.

Sotto tale profilo, pertanto, non risulta esservi né violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 né vizio della motivazione.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, il ricorso ed i successivi motivi aggiunti risultano infondati e devono, di conseguenza, essere respinti.

In relazione, infine, alla circostanza che non vi è ancora provvedimento direttamente dispositivo della rimozione delle opere realizzate ( la stessa soprintendenza configura, invero, sotto tale profilo, l’atto n. 14961/2008 come mero invito al Comune, mentre nel successivo provvedimento n. 15682/2008 – che è esclusivamente “ordinanza di sospensione dei lavori” – vi è unicamente la trasmissione alla Direzione Regionale per gli adempimenti di cui all’art. 167, comma 3 del Codice), ritiene il Tribunale di dover svolgere alcune considerazioni correlate all’effetto conformativo della presente decisione ed alla conseguente attività amministrativa in concreto praticabile.

Tanto per la evidente considerazione che nella presente vicenda sono coinvolte due amministrazioni pubbliche, in relazione ad attività istituzionali delle stesse, entrambe dirette alla cura di interessi pubblici.

La affermata legittimità dei provvedimenti soprintendentizi concreta la conferma in sede giurisdizionale della abusività, sotto il profilo paesaggistico, delle opere in contestazione.

Ordinaria conseguenza di tale status non conforme a diritto è la loro eliminazione dal mondo fisico attraverso il ripristino dello stato dei luoghi.

Ciò, peraltro, ove non venga praticata la via dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, pure consentito dall’ordinamento, quale strumento utile, nella sussistenza dei presupposti di legge, a regolarizzare l’abuso posto in essere.

Orbene, ritiene il tribunale di dover invitare le amministrazioni coinvolte a verificare attentamente la praticabilità in concreto di tale strada alternativa nella presente fattispecie, attraverso un approfondito esame della sussistenza dei presupposti previsti dall’articolo 167 del d.lgs. n. 42/2004, in uno spirito costruttivo di leale cooperazione tra enti.

Tanto in considerazione dei seguenti elementi:

-esborso di denaro pubblico che la realizzazione dell’opera ha comportato, con la conseguenza che una eventuale attività di rimessione in pristino comporterebbe, oltre alla perdita di quanto speso per la costruzione del manufatto, ulteriori costi;

-perseguimento comunque, attraverso la costruzione del pennello, di un interesse pubblico rilevante, quale la protezione delle opere portuali e la difesa della costa da fenomeni erosivi;

- sostanziale corrispondenza al redatto progetto e, dunque, presumibilmente, alla luce delle valutazioni tecniche poste a base dello stesso, utilità del manufatto per l’intervento in corso di realizzazione;

- in relazione alla valutazione paesaggistica, peculiare natura delle opere e circostanza che la loro realizzazione ha determinato la rimozione di una consistente e preesistente scogliera artificiale parallela alla spiaggia, a protezione della stessa e del bacino portuale.

La peculiarità della controversia costituisce giusto motivo per l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Mele, Presidente FF, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/10/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)