TAR Toscana, Sez. III n. 1625 del 16 ottobre 2012,
Beni ambientali. Legittimo rigetto sanatoria per tralicci, box, ripetitore e locale tecnico per incompatibilità con il vincolo paesistico.

E’ legittimo il rigetto delle domande di sanatoria ex legge n. 47/1985 e le contestuali ordinanze di demolizione delle opere abusive, finalizzate alla trasmissioni di varie emittenti private e consistenti in: 7 tralicci, 10 box, un’antenna per emittente televisiva un ripetitore e un locale tecnico. I dinieghi di condono sono stati emessi sulla base del parere della Commissione Edilizia Integrata di incompatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico di cui alla legge 1497/1939 al quale è assoggettata la zona. In particolare, la Commissione Edilizia Integrata, vista l’omogeneità delle opere e la loro contiguità, ha giudicato nello stesso modo la incompatibilità con il vincolo paesaggistico reputando che l'intervento costituisce grave danno ambientale sia per la localizzazione all'interno del resede di edificio di notevole valore storico-ambientale sia per la dimensione e morfologia che crea impatto altamente negativo nell'ambiente circostante. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 01625/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01814/1996 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1814 del 1996, proposto da:

Ente Provincia Frati Minori di San Francesco Stimmatizzato, rappresentato e difeso dagli avv. Neri Baldi e Italo Donati, ed elettivamente domiciliato presso il primo in Firenze, via G. Capponi n. 44;

contro

Comune di Bagno a Ripoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Leonardo Lascialfari e Silvia Ragionieri, ed elettivamente domiciliato presso il primo in Firenze, via Goro Dati n. 9;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

Soc. R.T.I. Reti Televisive Italiane S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Vaccaro e Aldo Bonomo, ed elettivamente domiciliata presso il primo in Firenze, via dei Servi n. 44;

per l'annullamento:

delle ordinanze-diffida nn. 122, 123, 124, 125, 126, 127 e 128 del 23 febbraio 1996,notificate il 2 marzo successivo, con le quali è stato disposto il diniego di rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria precedentemente richieste, con contestuale diffida a demolire le opere ivi indicate, nonché di ogni altro atto presupposto o connesso, ivi compresi i conformi pareri espressi dalla Commissione Edilizia Integrata;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bagno A Ripoli;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum della società R.T.I. s.p.a.;

Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2011 il dott. Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori D. Benussi delegato da N. Baldi, L. Pravisani delegata da F. Vaccaro e A. M. Gullo delegata da L. Lascialfari.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Si espongono, nel presente paragrafo, i fatti così come riferiti in ricorso.

L’Ente Provincia dei Frati Minori di San Francesco Stimmatizzato, odierno ricorrente, è proprietario di un appezzamento di terreno ubicato in Comune di Bagno a Ripoli, località Poggio dell’Incontro (Candeli).

Su quest’area, all’atto della liberalizzazione delle trasmissioni radiofoniche e televisive, vennero istallate in via di fatto alcune antenne di irradiazione di varie emittenti libere e le pertinenze ad esse funzionali (id est: i tralicci su cui poggiano e i casotti in cui ricoverare le attrezzature elettriche).

La situazione di fatto fu regolarizzata sotto il profilo civile con un contratto di locazione al Sig. Piero Barbagli (imprenditore del settore e titolare di un’azienda che operava nel campo della radiodiffusione) relativo ad una piccola porzione di terreno su cui insistevano i tralicci, direttamente gestiti dal Sig. Barbagli e da questi affittati alle singole emittenti.

Ma il conduttore non riuscì ad ottenere i titoli di legittimazione richiesti ai fini della regolarità amministrativa dei manufatti installati.

In conseguenza dell’entrata in vigore della legge n. 47 del 1985, la Provincia dei Frati Minori, su richiesta e nell’interesse del conduttore, titolare delle attrezzature televisive, presentò sette domande di concessione edilizia in sanatoria. I tralicci e i box degli apparecchi elettrici indispensabili per l’irradiazione delle radiotrasmissioni erano, infatti, ancora in opera senza un apposito titolo di legittimazione edilizio.

Non avendo il Sig. Bargagli adempiuto ad una serie di impegni assunti contrattualmente con la Provincia dei Frati Minori, quest’ultima chiese ed ottenne giudizialmente la risoluzione del contratto di locazione (sentenza del Tribunale di Firenze n. 2117/94).

Veniva, quindi, meno il titolo di legittimazione civile alla disponibilità dell’area che ospitava – ed ospita tutt’ora – le antenne.

Già a quel tempo, il Sig. Barbagli aveva in corso una trattativa con il Comune di Bagno a Ripoli per poter realizzare una nuova struttura sulla quale alloggiare tutti i ripetitori all’epoca ospitati sui tralicci insistenti sul terreno di proprietà della ricorrente, ritenendo di poter realizzare un impianto tecnologicamente più avanzato, onde ottimizzare le infrastrutture aziendali.

Il procedimento di sarebbe dovuto svolgere con riferimento anche a quanto previsto dall’art. 4 della legge n. 223 del 1990 (in base alla quale i Comuni dovrebbero attivarsi direttamente per il reperimento dei siti idonei in cui installare gli impianti di irradiazione).

Le trattative furono gestite esclusivamente dal Sig. Barbagli, non avendo i frati alcun interesse nel campo delle telecomunicazioni.

La Provincia dei Frati Minori veniva, però, di volta in volta informata sommariamente del lungo e defatigante procedimento, finalizzato al rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un unico impianto in una località ritenuta idonea da parte dell’amministrazione comunale: per questo motivo si è astenuta dal dare esecuzione alla sentenza di risoluzione del contratto di locazione.

La ricorrente ha, infatti, valutato come preminente l’interesse pubblico all’esercizio delle radiodiffusioni e ha ritenuto inopportuno agire esecutivamente per ottenere lo smantellamento coattivo dei tralicci per cui è causa che, sia pure del tutto lecita, avrebbe di fatto comportato il sostanziale oscuramento delle trasmissioni su Firenze delle emittenti private i cui impianti di irradiazione sono ospitati sulle strutture in questione e che trasmettono in virtù della concessione al gestore ad usare le frequenze.

2. Il 2 marzo 1996, la Provincia Toscana dei Frati Minori ha ricevuto la notificazione delle ordinane nn. 122, 123, 124, 125, 126, 127 e 128 del 23 febbraio 1996, con le quali il Sindaco del Comune di Bagno a Ripoli ha rigettato le domande di sanatoria precedentemente presentate ex legge n. 47/1985 e ha contestualmente ordinato la demolizione delle opere abusive, finalizzate alla irradiazione di trasmissioni via etere di varie emittenti private e consistenti in: un traliccio ed un box (ord. 122), un traliccio ed un box (ord. 123), due tralicci ed un box (ord. 124), un traliccio ed un box (ord. 125), due tralicci e quattro box (ord. 126), un’antenna per emittente televisiva e due box (ord. 127) e un locale tecnico per ripetitore e un ripetitore (ord. 128).

Le domande di condono erano state presentate tutte dall’Ente ricorrente, ad eccezione di quella respinta con l’ordinanza n. 128 (notificatagli quale proprietario del terreno), proposta dalla società R.T.M. Ripetitori Televisivi Montagni s.r.l..

I dinieghi di condono sono stati emessi sulla base del parere della Commissione Edilizia Integrata di incompatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico di cui alla legge 1497/1939 al quale è assoggettata la zona (il crinale di un colle). In particolare, la Commissione Edilizia Integrata, vista l’omogeneità delle opere e la loro contiguità, ha giudicato nello stesso modo la incompatibilità con il vincolo paesaggistico reputando che "l'intervento costituisce grave danno ambientale sia per la localizzazione all'interno del resede di edificio di notevole valore storico-ambientale sia per la dimensione e morfologia che crea impatto altamente negativo nell'ambiente circostante".

Sulla scorta di tale parere negativo, il Sindaco ha respinto le domande di condono e, ai sensi dell'articolo 9, L. 47/1985, ha diffidato l’Ente ricorrente, “quale proprietario dell’area oggetto delle opere abusive di cui trattasi” - nonché la società R.T.M. s.r.l., limitatamente all’ordinanza n. 128, essendo stata la relativa istanza di sanatoria presentata dalla suindicata società - a demolire le opere abusive entro 90 giorni dalla notifica dei provvedimenti, riconducendo in pristino i luoghi entro il medesimo termine, con l’avvertenza che, in caso di inottemperanza entro il termine stabilito, si sarebbe provveduto alla demolizione d’ufficio delle opere, a spese dei responsabili dell’abuso.

3. Con atto notificato il 31 maggio 1996, e depositato il 19 giugno successivo, è intervenuta ad adiuvandum la società R.T.I. Reti Televisive Italiane s.p.a., in qualità di titolare di concessione a telediffondere per le emittenti Italia Uno e Rete 4, esercenti due impianti di trasmissione sui canali 58 e 62 UHF nel sito, in località Colle Incontro, in cui insistono le postazioni oggetto del ricorso in esame.

4. Deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento – sollevata sia dalla parte ricorrente che dall’amministrazione resistente - con conseguente estromissione dal giudizio della società interveniente R.T.I. s.p.a., sia perché la stessa assume, senza dimostrarlo, di avere titolo a posizionare apparati di trasmissione sui canali 58 e 62 UHF su uno dei tralicci per cui è causa, presumibilmente quello gestito dalla società R.T.M. s.r.l., sia per indeterminatezza e genericità dell’atto di intervento.

5. Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di ricorso (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 29 giugno 1939 n .1497; eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del travisamento dei fatti; violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 31, 32 e 35 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e successive modificazioni e integrazioni”), si sostiene che la C.E.I. avrebbe immotivatamente affermato che i manufatti per cui è causa sarebbero non condonabili perché fonte di un danno ambientale.

La censura non ha pregio.

Il parere della C.E.I. in ordine alla sanatoria di costruzioni abusivamente realizzate non implica una diffusa motivazione, dovendo ritenersi sufficientemente motivato dall’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di compatibilità dell’intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica poste a base del relativo vincolo. Anche una motivazione scarna e sintetica, laddove rilevi gli estremi logici dell’apprezzamento negativo è, quindi, da ritenersi sufficiente (cfr., TAR Toscana, III, 26 novembre 2010, n. 6641). La necessità di una motivazione più penetrante ricorre, invece, nel caso di parere favorevole, dovendosi dare compiutamente conto delle ragioni per cui un concreto e specifico intervento edilizio non determini un impatto ambientale negativo nonostante la precostituita imposizione di un vincolo sull’area ove l’intervento è allocato, essendo i valori dell’ambiente, valori di rilevanza costituzionale primaria, tali cioè da prevalere, ove in concreto sussistenti, anche sullo jus aedificandi (cfr., TAR Toscana, III, 12 novembre 1998, n. 377).

Ciò premesso, i pareri della C.E.I., nel caso di specie, come emerge dalla esposizione in fatto, sono motivati in termini che, per quanto sintetici, risultano del tutto chiari e univoci e non evidenziano profili di travisamento o palese illogicità delle valutazioni, insindacabili nel merito, compiute dalla C.E.I.. Dalla motivazione dei pareri si evince l’avvenuto accertamento della esistenza di un impatto negativo sull’ambiente protetto dei manufatti in questione. E l’Amministrazione comunale ha recepito tale giudizio di disvalore che, stanti le caratteristiche strutturali delle opere, non può considerarsi privo di una sua puntuale e logica giustificazione.

Con il secondo motivo (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria e della insufficienza della motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32 e 35 della legge 28 febbraio 1985 n. 47”), si ribadisce la censura di carenza di motivazione già svolta nel precedente motivo, aggiungendosi che i dinieghi di condono impugnati avrebbero dovuto essere motivati anche con riferimento alle problematiche attinenti alla materia radiotelevisiva (l’amministrazione avrebbe completamente omesso di considerare, non solo l’esistenza di un procedimento che si protrae ormai da tempo per individuare un sito ritenuto dal Comune idoneo alla sistemazione degli impianti di irradiazione delle trasmissioni radiotelevisive, ma anche che, in conseguenza della vigente disciplina radiotelevisiva, le emittenti private vanterebbero un diritto soggettivo a continuare le proprie trasmissioni, che verrebbe conculcato una volta demoliti i tralicci e smantellati i box nei quali sono ospitate le apparecchiature elettriche necessarie per le trasmissioni; e, pertanto, prima di adottare i provvedimenti impugnati, avrebbe dovuto cercare un’idonea sistemazione alternativa ai tralicci per cui è causa); si aggiunge, inoltre, che nel provvedimento impugnato mancherebbe ogni riferimento alla non riferibilità degli abusi all’Ente ricorrente e si conclude asserendo che lo stesso non avrebbe alcun interesse in materia radiotelevisiva.

La censura è inammissibile per carenza di interesse, così come eccepito dall’amministrazione resistente.

Infatti, la ricorrente sembra agire a tutela di manufatti che asserisce di non aver mai realizzato e per i quali dichiara di non avere alcun interesse, lamentando la mancata considerazione di interessi (quelli attinenti la materia radiotelevisiva) che le sono dichiaratamente estranei. Di qui l’inammissibilità della censura.

Con il terzo motivo di ricorso (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47; eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione, della carenza dei presupposti e della illogicità manifesta”), la ricorrente si duole del fatto che le strutture di cui è stata ordinata la demolizione non potrebbero essere dalla stessa demolite, non essendo tali strutture di sua proprietà; conseguentemente non potendo direttamente demolire i tralicci, potrebbe solo iniziare un processo di esecuzione per ottenerne lo smantellamento in via giudiziale, con conseguente incongruità del termine assegnato per provvedere, per la cui inottemperanza viene ipotizzata la demolizione coattiva, ovvero, sia pur velatamente, l’acquisizione al patrimonio comunale, dell’area di sedime su cui insistono le opere in questione; né l’amministrazione avrebbe tenuto conto che le opere per cui è causa esisterebbero nella loro consistenza oggettiva da quasi venti anni, e ciò avrebbe determinato un consolidamento delle posizioni dei privati, ancorchè illegittime, con conseguente obbligo di motivare sull’interesse pubblico alla demolizione.

La censura è destituita di fondamento.

Per jus receptum, salvo prova contraria, il proprietario di un fondo va ritenuto responsabile dei manufatti abusivi che su tale fondo insistono; egli, cioè, è ritenuto responsabile se non risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva e tale estraneità, per configurarsi, richiede anche che, venuto a conoscenza dell’abuso, si sia adoperato per impedire l’abuso utilizzando i mezzi offertigli dall’ordinamento.

Nel caso di specie, in cui la ricorrente, come si è visto, è proprietaria dell’area sulla quale insistono le opere abusive di cui si controverte, non solo non vi è prova che la stessa si sia attivata per impedire il compimento degli abusi, ma c’è la prova contraria, tenuto conto sia della ricostruzione dei fatti, così come riportati nel ricorso, sia della circostanza che per sei, dei sette, dinieghi impugnati, la relativa istanza di condono è stata formulata proprio dalla ricorrente.

Né la dedotta materiale indisponibilità delle opere abusive da parte della ricorrente, con conseguente impossibilità di procedere alla demolizione degli abusi, se non per via giudiziale, inficia la legittimità dell’ingiunzione a demolire, ivi incluso il termine con la stessa assegnato per darvi esecuzione, in quanto, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, non vi è l’eventualità dell’acquisizione dell’area di sedime, avendo l’amministrazione espressamente agito, nel caso di specie, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 47/1985.

Quanto, infine, all’ulteriore profilo di doglianza – a prescindere dall’inammissibilità dello stesso per carenza di interesse - va rilevato che, anche qualora intercorra un lungo periodo di tempo tra la realizzazione dell'opera abusiva ed il provvedimento sanzionatorio, tale circostanza non rileva ai fini della legittimità di quest'ultimo, sia in rapporto al preteso affidamento circa la legittimità dell'opera, che il protrarsi del comportamento inerte del Comune avrebbe ingenerato nel responsabile dell'abuso edilizio, sia in relazione ad un presunto ulteriore obbligo, per l'amministrazione procedente, di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto, poiché la lunga durata nel tempo dell'opera priva del necessario titolo edilizio ne rafforza il carattere abusivo (trattandosi di illecito permanente), il che preserva il potere-dovere dell'amministrazione di intervenire nell'esercizio dei suoi poteri sanzionatori, tanto più che il provvedimento demolitorio non richiede una congrua motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, che è in re ipsa (cfr., ex multis, TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 7 luglio 2009, n. 1053).

6. Il ricorso va, pertanto, respinto.

7. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono le regole della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) estromette dal giudizio la società R.T.I. s.p.a. interveniente, e respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Condanna la parte ricorrente a rifondere all’amministrazione comunale resistente le spese di lite che liquida nella complessiva somma di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/10/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)