Cass. Sez. III n. 21460 del 22 maggio 2015 (Ud 3 feb 2015)
Pres. Mannino Est. Di Nicola Ric. Cazzaniga
Caccia e animali. Detenzione di animali in condizioni incompatibili e natura permanente del reato
Il reato di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze, (art. 727, comma 2, cod. pen.) ha natura di reato permanente, la cui consumazione inizia nel momento in cui l'autore del reato tiene gli animali nella condizione vietata e cessa nel momento in cui rimuove detta condizione o ne perde la disponibilità, quando da ciò consegua la cessazione dello stato antigiuridico nel quale gli animali versano per effetto della precedente detenzione, situazione quest'ultima che ricorre anche nel momento in cui viene eseguito il sequestro e pertanto in tale momento va individuata la cessazione della permanenza.
RITENUTO IN FATTO
1. C.G. ricorre per cassazione impugnando la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Milano, sezione distaccata di Cassano D'Adda, previa riqualificazione giuridica del reato previsto dall'art. 544 ter c.p., comma 1, commesso in data (OMISSIS), in quello previsto dall'art. 727 c.p., comma 2, lo ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di Euro 3.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza, C.G., tramite il difensore, solleva quattro motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione su punti decisivi per il giudizio (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
2.2. Con il secondo motivo lamenta l'inosservanza della legge penale (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per avere il tribunale pronunciato la condanna nonostante il reato fosse già prescritto, essendo l'eventuale permanenza del reato stesso interrotta dal decreto di sequestro intervenuto in data 9 luglio 2007.
2.3. Con il terzo motivo denuncia l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 516 e 519 c.p.p., a loro volta in relazione all'art. 522 c.p.p.) per la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
2.4. Con il quarto motivo si duole dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 178 e 180 c.p.p.) per l'ammessa costituzione, nel giudizio di primo grado, della Oipa Italia Onlus come parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato sulla base del secondo motivo che assorbe gli altri.
2. Il reato configurato era infatti già prescritto alla data del 27 novembre 2012 quando fu emessa la sentenza, dovendosi considerare che la permanenza del reato accertato nel maggio 2007 deve ritenersi cessata con l'esecuzione del decreto di sequestro disposto nel luglio dello stesso anno.
Il delitto di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze, (art. 727 c.p., comma 2) ha natura di reato permanente, la cui consumazione inizia nel momento in cui l'autore del reato tiene gli animali nella condizione vietata e cessa nel momento in cui rimuove detta condizione o ne perde la disponibilità, quando da ciò consegua la cessazione dello stato antigiuridico nel quale gli animali versano per effetto della precedente detenzione, situazione quest'ultima che ricorre anche nel momento in cui viene eseguito il sequestro e pertanto in tale momento va individuata la cessazione della permanenza.
Il tribunale avrebbe perciò dovuto dichiarare la causa estintiva del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p. ed astenersi dall'emanare le statuizioni sulle domande civili.
Ciò comporta che il giudice dell'impugnazione - il quale accerti che la causa estintiva del reato (prescrizione o amnistia) è intervenuta prima dell'emissione della sentenza oggetto di gravame ed erroneamente non è stata rilevata da quel giudice - deve annullare le statuizioni civili da questi pronunciate (Sez. 2, n. 5705 del 29/01/2009, Somma ed altro, Rv. 243290) perchè in tale ipotesi non sussistono i presupposti in presenza dei quali l'art. 578 c.p.p., consente al giudice dell'impugnazione di decidere sugli effetti civili anche nel caso in cui dichiari l'estinzione del reato (Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, Citaristi, Rv. 211191).
3. La sentenza, in accoglimento del secondo motivo ed assorbiti gli altri, va pertanto annullata senza rinvio per prescrizione del reato e pertanto vanno annullate le statuizioni civili pronunciate in conseguenza della condanna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione ed annulla le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2015.