Cass. Sez. III n. 28511 del 13 luglio 2009 (Cc. 9 giu. 2009)
Pres. Lupo Est. Petti Ric. PM in proc. Di Tondo
Caccia e animali. Uso di fucile con puntatore laser

I fucili da caccia consentiti nella pratica venatoria sono solo quelli costituiti dai meccanismi assemblati dal costruttore che garantiscono il funzionamento dell’arma. Qualsiasi modificazione apportata dal detentore per rendere l’arma più offensiva o più efficace per l’abbattimento della preda si deve ritenere vietata. In definitiva si devono ritenere vietati non solo tutti i mezzi diretti ad abbattere la fauna selvatica diversi da quelli specificamente ammessi, ma anche tutti quegli accessori che il detentore aggiunge all’arma per renderla più offensiva Invero il legislatore, allorché ha indicato le caratteristiche che l’arma deve avere per essere lecita, prende in considerazione solo quelle realizzate dal produttore. Qualsiasi modificazione accessoria o sostitutiva di quella propria dell’arma, rende questa diversa da quella prevista dal legislatore e perciò non consentita (fattispecie in materia di puntatore laser)

IN FATTO

In data 11/1/2009 militari del C.F.S. di Lecce procedevano al controllo di quattro cacciatori impegnati in attività venatoria in agro di (OMISSIS).

Uno dei cacciatori, poi identificato nella persona di D.T. S., era in possesso di un fucile dalla "forma inconsueta", sulla cui canna, nella parte finale ed in posizione coassiale con essa, era stato montato un mirino - puntatore laser.

Il congegno risultava apposto in maniera fissa, tanto che per smontarlo era necessario utilizzare appositi attrezzi. Il congegno di mira dell'arma "sembrava" modificato, in quanto era stato artigianalmente montato sulla parte superiore della canna "... un sistema di puntamento tipo tacca di mira - mirino totalmente diverso dai mirini presenti nella totalità dei fucili semiautomatici per uso caccia a canna liscia ...". Ritenendo l'arma così modificata non consentita per l'attività venatoria, in quanto idonea ad aumentarne la potenzialità offensiva, la P.G. procedeva al sequestro di essa, delle cartucce, del puntatore laser e della selvaggina abbattuta dal D.S..

Il GIP, su tempestiva richiesta del P.M., convalidava il sequestro eseguito in via d'urgenza dalla P.G. e ordinava il sequestro preventivo del solo fucile Franchi matr. N. (OMISSIS), ravvisando l'astratta configurabilità del reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. h), e l'esigenza preventiva di evitare che il proprietario di esso proseguisse nell'attività venatoria.

Successivamente disponeva anche il sequestro del puntatore e delle cartucce. Entrambi i provvedimenti di sequestro erano impugnati dal D.T..

Il tribunale del riesame, con due diverse ordinanze del 23 febbraio e del 24 febbraio del 2009, revocava il sequestro del fucile e del puntatore. A fondamento delle decisioni osservava che l'adozione di un sistema di puntamento più avanzata rispetto a quello tradizionale non alterava la portata offensiva del natile in questione, in quanto la norma applicabile alla fattispecie, ossia la L. n. 157 del 1992, art. 13, si riferisce solo al munizionamento ed al caricamento; che il silenzio serbato dal legislatore in merito al sistema di puntamento, non autorizzava a ritenere di genere vietato ciò che non era di uso frequente per il principio di stretta legalità vigente nella materia penale.

Ricorre per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lecce con separati ricorsi, deducendo:

la violazione della L. n. 152 del 1992, art. 13: assume che devono considerarsi consentite sole le armi aventi le caratteristiche indicate nella norma e, pertanto, tutte quelle aventi caratteristiche diverse devono considerarsi vietate; l'utilizzo di mezzi accessori o comunque diversi da quelli di cui l'arma è stata già dotata dal costruttore integra il reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. h), perchè viola il divieto di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 13, comma 5; inoltre l'uso del puntatore laser durante la pratica venatoria si deve considerare vietato dall'art. 8 della direttiva 79/409 CEE recepita dalla L. n. 157 del 1992, art. 1 comma 4, in quanto rientra tra i mezzi vietati elencati nell'allegato 4 e più precisamente quale dispositivo per illuminare il bersaglio, posto che i puntatori laser vengono utilizzati di notte per sparare sulla preda grazie al fascio di luce dallo stesso emanato.

IN DIRITTO

Il ricorso va accolto.

La normativa nazionale in tema di mezzi di caccia, all'art. 13, prescrive l'utilizzo di armi particolari, con un divieto espresso di far uso di ogni altra arma o mezzo per l'esercizio venatorio non espressamente ammessi dalla norma. La disposizione vieta, con un'espressione quanto mai omnicomprensiva, al comma 5 "tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo", specificando poi il divieto, ad abundantiam, all'art. 21.

Correlate a questi divieti e a quelli più specifici dell'art. 21, vi sono le sanzioni di cui all'art. 30, lett. e) e lett. h), volte appunto a reprimere comportamenti di caccia vietati e specificamente tipizzati, quale la caccia praticata sparando da veicoli a motore, da natante o da aeromobile (art. 21, lett. i), la caccia a rastrello praticata da più di tre persone (art. 21, lett. h), la caccia al camoscio praticata col segugio (art. 21, lett. f), l'utilizzo di mezzi di caccia specificamente interdetti, quali munizioni esche o bocconi avvelenati, vischio o sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti e altri simili mezzi insidiosi (art. 21, lett. u), oppure l'utilizzo di richiami al di fuori dei casi consentiti o di richiami vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali (art. 21, lett. r).

La disposizione include anche il divieto di fare uso di richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico (art. 21, lett. r).

I fucili da caccia consentiti nella pratica venatoria sono solo quelli costituiti dai meccanismi assemblati dal costruttore che garantiscono il funzionamento dell'arma. Qualsiasi modificazione apportata dal detentore per rendere l'arma più offensiva o più efficace per l'abbattimento della preda si deve ritenere vietata. In definitiva si devono ritenere vietati non solo tutti i mezzi diretti ad abbattere la fauna selvatica diversi da quelli specificamente ammessi, ma anche tutti quegli accessori che il detentore aggiunge all'arma per renderla più offensiva. Invero il legislatore, allorchè ha indicato le caratteristiche che l'arma deve avere per essere lecita, prende in considerazione solo quelle realizzate dal produttore. Qualsiasi modificazione accessoria o sostitutiva di quella propria dell'arma, rende questa diversa da quella prevista dal legislatore e perciò non consentita. In questa materia non vige la regola in forza della quale tutto ciò che non è espressamente vietato deve considerarsi consentito, ma quella opposta in base alla quale tutto ciò che non è espressamente consentito deve considerarsi vietato.

Tale soluzione trova altresì conforto nella L. n. 157 del 1992, artt. 12 e 21. A tal fine preliminare ad ogni ulteriore considerazione è l'esatta definizione del concetto di "esercizio venatorio", poichè solo ai mezzi utilizzati per tale attività si riferisce l'art. 13. All'uopo l'art. 12, comma 2, statuisce che "costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'art. 13" ed, ancora il comma 3, "è considerato altresì esercizio venatorio il vagare od il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla". Emerge quindi che per esercizio venatorio si intende qualsiasi atto diretto o strumentale all'abbattimento, rientrandovi quindi anche l'atto prodromico di ricerca e di individuazione della preda. In base ad una concezione rigorosa e restrittiva dei mezzi di caccia e delle forme di caccia consentite e, viceversa, della correlata applicazione estensiva dei divieti di far uso di mezzi di caccia non consentiti, dottrina e giurisprudenza hanno per lungo tempo, sino alla fine degli anni 90, considerato che debba ritenersi esercizio venatorio non solo ogni atto diretto all'abbattimento e alla cattura degli animali selvatici, ma anche l'attività prodromica di appostamento e di ricerca della fauna, come dispone appunto la L. n. 157 del 1992, art. 12, commi 2 e 3.

Inoltre, le norme citate e lo stesso art. 13, nell'imporre una serie di limitazioni anche alle caratteristiche strutturali dei fucili, dimostrano che non è indifferente il modo con cui si arriva all'abbattimento della fauna, in quanto l'abbattimento è lecito solo nel rispetto del più autentico spirito sportivo, non essendo consentiti quei mezzi che trasformano un'attività sportiva in una mattanza di animali. Siffatto orientamento restrittivo condiviso dalla prevalente dottrina è stato recepito anche dalla giurisprudenza di legittimità fino alla pronuncia della Corte costituzionale n. 95 del 1995, citata nel provvedimento impugnato e richiamata dal difensore nella difesa davanti a questa corte. La Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. h) e della L. n. 157 del 1992, art. 13 nella parte in cui, secondo l'interpretazione corrente dianzi evidenziata,sanzionava penalmente l'uso di qualsiasi mezzo ancorchè ausiliario, non espressamente considerato lecito, con riferimento all'uso del cane, ha dichiarato manifestamente infondata la questione, in quanto l'uso del cane è vietato solo per la caccia al camoscio e, quindi, implicitamente deve considerarsi ammesso per la caccia ad altri animali. Ha tuttavia sottolineato nella motivazione che in base all'art. 13 della legge citata il divieto sanzionato penalmente deve essere circoscritto ai mezzi diretti all'abbattimento e non esteso ai mezzi ausiliari,come ad esempio i richiami vivi non espressamente vietati.

Su questa distinzione si fondano in definitiva il provvedimento impugnato e la tesi sostenuta all'odierna udienza dal difensore,per escludere l'illiceità penale dell'uso del puntatore laser.

L'assunto non può essere recepito per varie ragioni. Anzitutto perchè lo strumento utilizzato (puntatore laser), essendo stato incorporato nell'arma, era divenuto parte essenziale della stessa e rendeva l'arma stessa più idonea alla cattura diretta degli animali in tempo notturno. Essendo divenuto parte integrante dell'arma non può considerarsi estraneo all'uso dell'arma stessa che è un mezzo diretto di esercizio venatorio.

In secondo luogo perchè la distinzione tra "mezzi diretti alla caccia e mezzi ausiliari all'esercizio della caccia" può assumere rilevanza allorchè il mezzo ausiliario non è espressamente vietato dalla legge. Nella fattispecie invece il puntatore laser al pari di qualsiasi altro dispositivo per illuminare il bersaglio è espressamente vietato dall'allegato quattro lett. a) della direttiva comunitaria n. 79/ 409 del 2 aprile del 1979, la quale fa parte integrante della legge. Dispone invero la L. n. 157 del 1992, art. 1, comma 4, che le direttive n. 79/409 CE del 2 aprile del 1979 del Consiglio, n. 85/411CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e n. 91/244 della Commissione del 6 marzo del 2001, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge La riprova della sussistenza di esplicito divieto si desume anche da alcune legislazioni regionali le quali hanno esplicitamente vietato l'uso del puntatore laser (cfr a titolo esemplificativo l'art. 49, lett. f) della legge regionale del Piemonte n. 70 del 1996) La legge regionale della Regione Puglia non menziona il puntatore laser tra i mezzi vietati, ma da tale circostanza non può desumersi la sua liceità stante il divieto espresso dalla legislazione nazionale a seguito del recepimento delle direttive comunitarie prima menzionate.

Alla stregua della considerazioni svolte, riuniti i due ricorsi, vanno annullate le due ordinanze impugnate con rinvio al tribunale di Lecce, il quale dovrà attenersi al principio enunciato da questa corte, in base al quale il puntatore laser montato su un fucile da caccia deve considerarsi vietato.

P.Q.M.

La Corte letto l'art. 623 c.p.p., riunito al ricorso contrassegnato con il n. 10342, quello con il n. 10563 del 2009, annulla le ordinanze impugnate con rinvio al tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2009.