“EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE E SPUNTI PER UNA ADEGUATA CONTRATTUALIZZAZIONE DEL RISCHIO”*   a cura di Bernardino Albertazzi VERIFICA GIURIDICA DELLE DENUNCE AMBIENTALI

“Consulente legale  di Federambiente”

Studio: via Machiavelli 3 40026 Imola (Bo)

tel./fax 0542/615287

 

*Relazione presentata a Rimini, 8 novembre 2000, al convegno promosso da Federambiente : “Il danno da inquinamento ambientale: dialogo competitivo fra offerta e domanda di assicurazione alla luce della nuova normativa in materia.”

 

 


 

 

 

LA NORMATIVA IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE E LA POLIZZA RESPONSABILITÀ CIVILE DA INQUINAMENTO

 

 

 

NORME CHE REGOLANO L’ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ CIVILE INQUINAMENTO

 

I rilevanti cambiamenti in materia di danno ambientale introdotti dalle nuove ed ulteriori (rispetto all’art. 18 della l. n. 349 del 1986) discipline di cui ai decreti legislativi n. 22 del 1997 e n. 152 del 1999 incidono inevitabilmente e profondamente anche sulle “Norme che regolano l’assicurazione della responsabilità civile inquinamento”, così come indicate nell’art. 13 (“Oggetto dell’assicurazione”) delle “Condizioni tipo di riferimento assicurazione della responsabilità civile da inquinamento”, nel testo fornito al Gruppo di Lavoro Risk-management di Federambiente, datato 1 luglio 1995, dal rappresentante del Pool assicurativo inquinamento.

In considerazione delle norme generali dell’ordinamento che disciplinano le assicurazioni non possono essere prese in considerazione quali attività assicurabili quelle che costituiscono un comportamento antigiuridico cioè una violazione di una norma esistente.

Dunque dovremo focalizzare la nostra attenzione solo sul disposto dell’art. 17 del Dlgs n. 22 del 1997 e S.M. laddove dispone che (comma 2):

 

“2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento.”

 

L’art. 17 introduce dunque  un’ipotesi di responsabilità oggettiva, cioè senza colpa e non collegabile ad un comportamento antigiuridico.

 

 

 

 

Tale fattispecie di responsabilità oggettiva, per la verità, non si riferisce mai ad un danno o ad un danneggiamento dell’ambiente come faceva invece l’art. 18, che si esprime  nei seguenti termini:

“1. Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato.”

 

ma si riferisce invece al mero:

 

a)      superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999 ;

b)      determinazione di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi.

 

Dunque la fattispecie di cui alla lett.a) è inquadrabile come evento di pericolo, mentre la fattispecie di cui alla lett.b) è inquadrabile come evento di pericolo di pericolo.

Ad entrambi gli eventi sopra riportati è collegato l’obbligo di procedere alla bonifica, sia pure previo ordinanza dell’autorità competente, salvi i casi di cui all’art. 9 del D.M. 471/99.

 

E inoltre si deve considerare che i commi 10 e 11 del medesimo art. 17 dispongono:

 

“10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L’onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell’articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 .

 

11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2748, secondo comma, del Codice civile . Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile. Le predette spese sono altresi' assistite da privilegio generale mobiliare.”

 

Ciò significa che il soggetto al quale l’art. 17, comma 2, del Decreto Ronchi impone l’obbligo di procedere, a proprie spese, e secondo una serie prestabilita di oneri procedurali, agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sia delle aree inquinate sia degli impianti dai quali derivi il pericolo di inquinamento è colui il quale cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti stabiliti dal D.M. 25.10.99, n. 471, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei medesimi.

 

 

Tuttavia, dall’esame del 10° comma citato si ricava che esiste un altro soggetto, oltre al responsabile, tenuto per legge agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, e cioè il proprietario del sito.

Questo soggetto quindi, benchè incolpevole, sarà tenuto a procedere alla bonifica del sito direttamente o a rimborsare all’ente locale le spese della bonifica da questo effettuata.

 

Gli interventi di bonifica costituiscono, infatti, un onere reale sulle aree inquinate individuate dal responsabile ai sensi del 2° comma dell’art. 17 del D.Lgs. 22/97 o dagli organi pubblici competenti ai sensi del 3° comma del medesimo articolo.D.Lgs. 22/97, nella parte in cui stabilisce che tale onere debba essere iscritto nel certificato di destinazione urbanistica, il quale va allegato, a pena di nullità, agli atti tra vivi, pubblici o privati, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni (art. 18, comma 2 della Legge 28.8.1985, n. 47).

L’avere costituito l’obbligo di bonifica dei siti contaminati quale onere reale sulle aree inquinate è sicuramente la novità più rilevante introdotta dall’art. 17 del  Dlgs 22/97, così come attuato dal D.M. 471/99, in quanto con tali menzionate norme viene radicalmente mutato il sistema previgente e la relativa giurisprudenza che aveva raggiunto le conclusioni di seguito riportate.

 

 

 

 

 

 

 

 

INDIVIDUAZIONE DEL SOGGETTO OBBLIGATO ALLA BONIFICA: LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA PRIMA DEL DLGS 22/97.

 

Quello che segue è un breve excursus nella giurisprudenza amministrativa e di legittimità che si sono espresse su tale fondamentale questione prima dell’entrata in vigore del decreto “Ronchi”. E’ stato acutamente rilevato in dottrina (1) come :“A fronte di un atteggiamento delle Pubbliche Amministrazioni (Comuni) tendente a rivolgersi al proprietario attuale del terreno, imponendogli di provvedere alla rimozione dei rifiuti e all'adozione delle misure necessarie per la protezione dell'ambiente, senza alcuna indagine sulle sue effettive responsabilità, la giurisprudenza amministrativa costante sul tema, è abbastanza tranquillizzante.

I tribunali amministrativi regionali, infatti, hanno prevalentemente preteso, al fine di riconoscere una responsabilità del proprietario dei terreni oggetto dello scarico e deposito abusivo, un comportamento che avesse effettivamente contribuito alla causazione dell' illecito.

 

In altre parole, hanno sempre rifiutato di avvallare le ordinanze di smaltimento dei rifiuti, rivolte dai Comuni al proprietario del sito, sulla base della semplice esistenza del diritto di proprietà sul terreno e senza alcuna verifica in merito alla partecipazione del titolare di quel diritto alla commissione dell'abuso.

Insomma, la giustizia amministrativa ha perlomeno richiesto che il proprietario fosse rimproverabile di essere stato a conoscenza dei depositi abusivi di rifiuti effettuati da terzi e di non avere adottato un comportamento tale da impedire il ripetersi di quegli episodi, quale, per esempio, la recinzione del fondo .

 

 

 

 

 

(1) Vedi S. Ruffilli “Responsabilità legali nell’acquisto di siti inquinati   “, in Ambiente e Sicurezza, n. 11/98,pag. 75 e seg. ., dove è possibile rintracciare una ricostruzione sistematica degli obblighi di bonifica precedenti l’entrata in vigore del Dlgs 22/97 ed altresì un’attento esame del profilo relativo agli obblighi dell’acquirente di un sito inquinato, anche dopo l’entrata in vigore del cit. decreto.

 

 

 

 

In altre parole, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto non potersi prescindere dall'accertamento, in capo al proprietario, della sussistenza del dolo o della colpa per le condizioni del suo terreno e, nel caso in cui questi elementi soggettivi non fossero individuabili, né fossero rintracciabili gli autori dell'illecito abbandono dei rifiuti, ha posto, a carico dello stesso ente locale, l'esecuzione delle attività di smaltimento dei rifiuti e di bonifica.

Si legge, infatti, nella sentenza del TAR Lombardia Brescia n.1051 del 21/12/93: " In base alla vigente normativa è illegittima l'ordinanza sindacale di smaltimento dei rifiuti rivolta al proprietario dell'area sulla quale i rifiuti sono stati depositati, il quale con il proprio comportamento non abbia in alcun modo contribuito alla causazione dell'illecito. In caso di mancata individuazione dei responsabili dell'illecito abbandono di rifiuti tossico-nocivi, spetta al Comune- in considerazione delle competenze generali al medesimo spettanti sul territorio in relazione al soddisfacimento di inderogabili esigenze di salvaguardia della salute pubblica e dell'igiene e salvo l'esercizio di rivalsa nei confronti dei responsabili- l'esecuzione dell'attività di smaltimento dei rifiuti stessi e di bonifica delle aree inquinate".

 

La medesima autrice ha poi condotto un accurato esame della giurisprudenza di legittimità in materia di obblighi di bonifica, rilevando che:

“Le pronunce della Cassazione penale sono state  più rigorose, rispetto a quelle della giustizia amministrativa, anche se non sempre univoche .

Sulla questione se il semplice mantenimento non autorizzato di rifiuti in un'area, senza alcuna ulteriore attività di gestione o di incremento da parte del proprietario dell’area, costituisca reato, la Cassazione ha dato, nel tempo, risposte diverse.

Con la sentenza pronunciata a Sezioni Unite il 5/10/94, essa  ha escluso il concorso nel reato di gestione di discarica e di stoccaggio di rifiuti non autorizzati, a carico di chi, entrato nella disponibilità del terreno successivamente al momento in cui i depositi illeciti sono stati realizzati, vi abbia mantenuto i rifiuti accumulati da chi lo abbia preceduto.

Tuttavia la stessa sentenza ha riconosciuto che, sebbene non ci sia una corresponsabilità penale dell'acquirente dell'azienda, che sia colpevole solo di avere mantenuto la discarica sul proprio terreno, sarebbe perfettamente legittimo un provvedimento del Sindaco di rimozione dei rifiuti, diretto allo stesso titolare dell'area, con precise conseguenze penali, nel caso di sua inosservanza (art.650 codice penale), contrariamente a quanto sostenuto dai T.A.R..

 

Successivamente a questa pronuncia della Cassazione a Sezione Unite, troviamo sentenze di segno opposto (Cass. Pen. Sez.III 4/11/94 in Foro it., 1995, II, p. 344 ss.; Cass. Pen. Sez.III 13/01/95; in tempi più recenti, Cass.pen.Sez.III 29/04/97. In linea con la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite è, invece, Pret. Terni 31/01/95. ), nelle quali si sostiene che "il concetto di gestione di una discarica abusiva deve essere inteso in senso ampio, comprensivo di qualunque contributo sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a mantenere il grave stato del fatto reato".

 

 

 

 

 

L’ONERE REALE

 

L’istituto dell’onere reale, non viene disciplinato espressamente dal codice civile, tuttavia vi sono delle rare ipotesi normativamente previste (si vedano ad esempio i contributi consortili) che risultano inquadrabili in tale nozione. Esso consiste in una prestazione di dare o fare a carattere periodico (e questa caratteristica male si attaglia al caso in questione), che è dovuta da un soggetto per il solo fatto di trovarsi nel godimento di un bene.

A differenza delle obbligazioni reali o propter rem, nelle quali l’appartenenza del bene serve solo ad individuare il soggetto obbligato, l’onere reale è un peso che viene fatto gravare sul fondo stesso per ottenere la prestazione di cui si tratta da colui che ne è il proprietario.

 

 

Si ritiene in dottrina che colui che ha diritto alla prestazione possa avvalersi, per la realizzazione del medesimo, di un’azione reale e cioè ricavare forzatamente dal fondo, ma nei limiti del valore di questo, il corrispondente pecuniario della prestazione dovuta.

Tutti i successivi proprietari delle aree inquinate saranno, di conseguenza, gravati degli interventi ripristinatori enunciati all’art. 17, comma 10, del D.Lgs. 22/97 (c.d. ambulatorietà passiva) e la notifica dell’ordinanza, di cui all’art. 8, comma 3, del D.M. 471/99, si giustifica con l’intento della Pubblica Amministrazione di indurre il proprietario a provvedere, anziché procedere con l’esecuzione d’ufficio.


 

Il proprietario, qualora non intenda adempiere all’onere di cui trattasi, ha tre alternative:

1) o resta inerte, ma in questo caso,  scatta l’intervento da parte della Pubblica Amministrazione,

2) o opta per l’estinzione del proprio diritto reale che avverrà o per abbandono liberatorio o per rinuncia abdicativa,

3) oppure aliena il proprio bene.

Si capisce, a questo punto, l’importanza del disposto del comma 10 dell’art. 17 D.Lgs. 22/97, nella parte in cui stabilisce che tale onere debba essere iscritto nel certificato di destinazione urbanistica, il quale va allegato, a pena di nullità, agli atti tra vivi, pubblici o privati, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni (art. 18, comma 2 della Legge 28.8.1985, n. 47).

Tuttavia non sempre l’onere reale rappresenta uno strumento di tutela efficace per il terzo acquirente del sito contaminato, dal momento che ben può accadere che l’alienazione sia avvenuta in un periodo in cui l’onere non si sia ancora palesato, in quanto i presupposti per gli obblighi di bonifica e ripristino, pur preesistenti, si manifestino solo dopo l'alienazione.

A questo punto l’unico rimedio esperibile a favore dell’acquirente sembra costituito dall’azione contemplata dall’art. 1489 c.c., in base al quale se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo le disposizioni di cui all’art. 1480 c.c.

Perchè scatti   la possibilità di avvalersi di tale azione occorre che la natura ed intensità degli oneri siano tale da limitare il libero godimento del bene stesso e che essi non risultino da segni evidenti.

 

 

 


 

LA POLIZZA R.C. INQUINAMENTO: PROPOSTE  DI MODIFICA

L’area di rischio che dovrebbe essere coperta con l’assicurazione è descrivibile nei termini seguenti. In sintesi essa consiste :

 

a)      nel superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999, che determina ex lege un pericolo per l’ambiente con conseguente obbligo di bonifica a carico dell’azienda che abbia cagionato tale superamento o che sia semplicemente proprietaria del terreno o dell’area (anche interna all’azienda) in cui è stato accertato il menzionato superamento e

 

b)      nella determinazione di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi (pericolo di pericolo) con conseguente obbligo di bonifica a carico dell’azienda che abbia cagionato tale pericolo di superamento o che sia semplicemente proprietaria del terreno o dell’area (anche interna all’azienda)  in cui è stato accertato il menzionato pericolo di  superamento

 

senza dolo nè colpa da parte dell’azienda, cioè senza violazione di leggi o regolamenti esistenti; 

e

c)      la mera proprietà di un sito inquinato da altri, con possibilità di essere costretti ad eseguire la bonifica o rimborsare l’ente locale delle spese sostenute per la bonifica.

 

In particolare si rileva che la terminologia utilizzata nel cit. art. 13 della odierna polizza R.C. Inquinamento, che determina il campo di applicazione della copertura assicurativa dell’impresa, in quanto evidentemente predisposta e modellata sulla fattispecie di danno ambientale di cui all’art. 18 della l. n. 349/86, non è più idonea a coprire in maniera adeguata il rischio da danno ambientale così come delineato ed individuato dai due recenti decreti legislativi menzionati.

 

Nel merito dunque si ritiene opportuno che venga   integrata la parte dell’art. 13 che fa riferimento a “danni” e /o “danneggiamenti materiali” a cose perchè tali danneggiamenti potrebbero anche non sussistere, nonostante l’obbligo del responsabile o del proprietario di procedere alla bonifica.

Tale parte va integrata e non sostiuita perchè rimane sempre salva la facoltà dell’ente locale competente a procedere ex art. 18 per fattispecie di danno che non rientrano in quelle di cui all’art. 17 del Dlgs 22/97 e S.m. così come attuato con il d.M. 471/99.

 

Tali nozioni oggi esistenti nella polizza vanno quindi integrate con le nozioni di:

-         superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999 , che determina ex lege un pericolo per l’ambiente con conseguente obbligo di bonifica e

-         individuazione di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi,

da parte del responsabile o del proprietario del sito o dell’autorità competente al controllo, con conseguente obbligo di bonifica per il responsabile anche senza dolo nè colpa e per il proprietario del sito.

 

Dovrebbe essere poi  sostituita la nozione di  “inquinamento” oggi presente nella polizzacon quella di cui all’art. 2, punto 2)  del Dlgs 372/99 “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento”:

"inquinamento": l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

ed inserite quelle di Sito di cui alla lett. a) dell’ art. 2 del D.M. 471/99:

 

“area o porzione di territorio, geograficamente definita e delimitata, intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva delle eventuali strutture edilizie ed impiantistiche presenti;”.

 

e di Sito Inquinato di cui alla lett. b) dell’ art. 2 del D.M. 471/99:

“sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. Ai fini del presente decreto è inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sottorranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento”.

 

Si ritiene poi che  debba essere modificate:

1)      l’attuale metodologia di  quantificazione del danno, ove i parametri indicati nell’art. 58 del Dlgs 152/99 potranno essere utilizzati solo quale punto di riferimento non tassativo in quanto la fattispecie di danno ivi prevista è diversa da quella di cui all’art. 17 del Dlgs 22/97, nonchè

 

2)       l’attuale metodologia dell’individuazione del momento in cui è avvenuto il superamento o pericolo di superamento dei limiti di cui al D.M. 471/99.