“Consulente legale
di Federambiente”
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Imola (Bo)
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*Relazione presentata a Rimini, 8
novembre 2000, al convegno promosso da Federambiente : “Il danno da
inquinamento ambientale: dialogo competitivo fra offerta e domanda di
assicurazione alla luce della nuova normativa in materia.”
LA NORMATIVA IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE E LA POLIZZA RESPONSABILITÀ CIVILE DA INQUINAMENTO
NORME
CHE REGOLANO L’ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ CIVILE INQUINAMENTO
I rilevanti cambiamenti in materia di danno ambientale introdotti dalle nuove ed ulteriori (rispetto all’art. 18 della l. n. 349 del 1986) discipline di cui ai decreti legislativi n. 22 del 1997 e n. 152 del 1999 incidono inevitabilmente e profondamente anche sulle “Norme che regolano l’assicurazione della responsabilità civile inquinamento”, così come indicate nell’art. 13 (“Oggetto dell’assicurazione”) delle “Condizioni tipo di riferimento assicurazione della responsabilità civile da inquinamento”, nel testo fornito al Gruppo di Lavoro Risk-management di Federambiente, datato 1 luglio 1995, dal rappresentante del Pool assicurativo inquinamento.
In
considerazione delle norme generali dell’ordinamento che disciplinano le
assicurazioni non possono essere prese in considerazione quali attività
assicurabili quelle che costituiscono un comportamento antigiuridico cioè una
violazione di una norma esistente.
Dunque dovremo focalizzare la nostra attenzione solo sul disposto dell’art. 17 del Dlgs n. 22 del 1997 e S.M. laddove dispone che (comma 2):
“2.
Chiunque cagiona, anche in maniera
accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero
determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è
tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai
quali deriva il pericolo di inquinamento.”
L’art. 17 introduce dunque un’ipotesi di responsabilità oggettiva, cioè senza colpa e non collegabile ad un comportamento antigiuridico.
Tale fattispecie di responsabilità oggettiva, per la verità, non si riferisce mai ad un danno o ad un danneggiamento dell’ambiente come faceva invece l’art. 18, che si esprime nei seguenti termini:
“1.
Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di
provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso
arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in
parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato.”
ma
si riferisce invece al mero:
a)
superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999 ;
b)
determinazione
di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi.
Dunque
la fattispecie di cui alla lett.a) è inquadrabile come evento
di pericolo, mentre la fattispecie di cui alla lett.b) è inquadrabile come evento
di pericolo di pericolo.
Ad
entrambi gli eventi sopra riportati è collegato l’obbligo di procedere alla
bonifica, sia pure previo ordinanza dell’autorità competente, salvi i casi di
cui all’art. 9 del D.M. 471/99.
E
inoltre si deve considerare che i commi 10 e 11 del medesimo art. 17 dispongono:
“10.
Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L’onere
reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi
e per gli effetti dell’articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n.
47 .
11.
Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale delle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3 sono assistite da
privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 2748, secondo comma, del Codice civile . Detto privilegio si può
esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi
sull’immobile. Le
predette spese sono altresi' assistite da privilegio generale mobiliare.”
Ciò significa che il soggetto al quale l’art. 17, comma 2, del Decreto Ronchi impone l’obbligo di procedere, a proprie spese, e secondo una serie prestabilita di oneri procedurali, agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sia delle aree inquinate sia degli impianti dai quali derivi il pericolo di inquinamento è colui il quale cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti stabiliti dal D.M. 25.10.99, n. 471, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei medesimi.
Tuttavia,
dall’esame del 10° comma citato si ricava che esiste un altro soggetto, oltre
al responsabile, tenuto per legge agli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale, e cioè il
proprietario del sito.
Questo soggetto quindi, benchè incolpevole, sarà tenuto a procedere alla bonifica del sito direttamente o a rimborsare all’ente locale le spese della bonifica da questo effettuata.
Gli interventi di bonifica costituiscono, infatti, un onere reale sulle aree inquinate individuate dal responsabile ai sensi del 2° comma dell’art. 17 del D.Lgs. 22/97 o dagli organi pubblici competenti ai sensi del 3° comma del medesimo articolo.D.Lgs. 22/97, nella parte in cui stabilisce che tale onere debba essere iscritto nel certificato di destinazione urbanistica, il quale va allegato, a pena di nullità, agli atti tra vivi, pubblici o privati, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni (art. 18, comma 2 della Legge 28.8.1985, n. 47).
L’avere costituito l’obbligo di bonifica dei siti contaminati quale onere reale sulle aree inquinate è sicuramente la novità più rilevante introdotta dall’art. 17 del Dlgs 22/97, così come attuato dal D.M. 471/99, in quanto con tali menzionate norme viene radicalmente mutato il sistema previgente e la relativa giurisprudenza che aveva raggiunto le conclusioni di seguito riportate.
INDIVIDUAZIONE
DEL SOGGETTO OBBLIGATO ALLA BONIFICA: LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA PRIMA
DEL DLGS 22/97.
Quello che
segue è un breve excursus nella giurisprudenza amministrativa e di legittimità
che si sono espresse su tale fondamentale questione prima dell’entrata in
vigore del decreto “Ronchi”. E’ stato acutamente rilevato in dottrina (1)
come :“A fronte di un atteggiamento delle Pubbliche Amministrazioni (Comuni)
tendente a rivolgersi al proprietario attuale del terreno, imponendogli di
provvedere alla rimozione dei rifiuti e all'adozione delle misure necessarie per
la protezione dell'ambiente, senza alcuna indagine sulle sue effettive
responsabilità, la giurisprudenza amministrativa costante sul tema, è
abbastanza tranquillizzante.
I
tribunali amministrativi regionali, infatti, hanno prevalentemente preteso, al
fine di riconoscere una responsabilità del proprietario dei terreni oggetto
dello scarico e deposito abusivo, un comportamento che avesse effettivamente
contribuito alla causazione dell' illecito.
In altre parole, hanno sempre rifiutato di avvallare le ordinanze di smaltimento dei rifiuti, rivolte dai Comuni al proprietario del sito, sulla base della semplice esistenza del diritto di proprietà sul terreno e senza alcuna verifica in merito alla partecipazione del titolare di quel diritto alla commissione dell'abuso.
Insomma,
la giustizia amministrativa ha perlomeno richiesto che il proprietario fosse
rimproverabile di essere stato a conoscenza dei depositi abusivi di rifiuti
effettuati da terzi e di non avere adottato un comportamento tale da impedire il
ripetersi di quegli episodi, quale, per esempio, la recinzione del fondo .
(1)
Vedi S. Ruffilli
“Responsabilità legali nell’acquisto di siti inquinati
“, in Ambiente e Sicurezza, n. 11/98,pag. 75 e seg. ., dove è
possibile rintracciare una ricostruzione sistematica degli obblighi di bonifica
precedenti l’entrata in vigore del Dlgs 22/97 ed altresì un’attento esame
del profilo relativo agli obblighi dell’acquirente di un sito inquinato, anche
dopo l’entrata in vigore del cit. decreto.
In altre
parole, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto non potersi prescindere
dall'accertamento, in capo al proprietario, della sussistenza del dolo o della
colpa per le condizioni del suo terreno e, nel caso in cui questi elementi
soggettivi non fossero individuabili, né fossero rintracciabili gli autori
dell'illecito abbandono dei rifiuti, ha posto, a carico dello stesso ente
locale, l'esecuzione delle attività di smaltimento dei rifiuti e di bonifica.
Si legge,
infatti, nella sentenza del TAR Lombardia Brescia n.1051 del 21/12/93: "
In base alla vigente normativa è illegittima l'ordinanza sindacale di
smaltimento dei rifiuti rivolta al proprietario dell'area sulla quale i rifiuti
sono stati depositati, il quale con il proprio comportamento non abbia in alcun
modo contribuito alla causazione dell'illecito. In caso di mancata
individuazione dei responsabili dell'illecito abbandono di rifiuti
tossico-nocivi, spetta al Comune- in considerazione delle competenze generali al
medesimo spettanti sul territorio in relazione al soddisfacimento di
inderogabili esigenze di salvaguardia della salute pubblica e dell'igiene e
salvo l'esercizio di rivalsa nei confronti dei responsabili- l'esecuzione
dell'attività di smaltimento dei rifiuti stessi e di bonifica delle aree
inquinate".
La medesima
autrice ha poi condotto un accurato esame della giurisprudenza di legittimità
in materia di obblighi di bonifica, rilevando che:
“Le pronunce della Cassazione penale sono state più rigorose, rispetto a quelle della giustizia amministrativa, anche se non sempre univoche .
Sulla
questione se il semplice mantenimento non
autorizzato di rifiuti in un'area, senza alcuna ulteriore attività di gestione
o di incremento da parte del proprietario dell’area, costituisca reato, la
Cassazione ha dato, nel tempo, risposte diverse.
Con la
sentenza pronunciata a Sezioni Unite il 5/10/94, essa
ha escluso il concorso nel reato di gestione di discarica e di stoccaggio
di rifiuti non autorizzati, a carico di chi, entrato nella disponibilità del
terreno successivamente al momento in cui i depositi illeciti sono stati
realizzati, vi abbia mantenuto i rifiuti accumulati da chi lo abbia preceduto.
Tuttavia
la stessa sentenza ha riconosciuto che, sebbene non ci sia una corresponsabilità
penale dell'acquirente dell'azienda, che sia colpevole solo di avere mantenuto
la discarica sul proprio terreno, sarebbe perfettamente legittimo un
provvedimento del Sindaco di rimozione dei rifiuti, diretto allo stesso titolare
dell'area, con precise conseguenze penali, nel caso di sua inosservanza (art.650
codice penale), contrariamente a quanto sostenuto dai T.A.R..
Successivamente a questa pronuncia della Cassazione a Sezione Unite, troviamo sentenze di segno opposto (Cass. Pen. Sez.III 4/11/94 in Foro it., 1995, II, p. 344 ss.; Cass. Pen. Sez.III 13/01/95; in tempi più recenti, Cass.pen.Sez.III 29/04/97. In linea con la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite è, invece, Pret. Terni 31/01/95. ), nelle quali si sostiene che "il concetto di gestione di una discarica abusiva deve essere inteso in senso ampio, comprensivo di qualunque contributo sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a mantenere il grave stato del fatto reato".
L’ONERE
REALE
L’istituto
dell’onere reale, non viene disciplinato espressamente dal codice civile,
tuttavia vi sono delle rare ipotesi normativamente previste (si vedano ad
esempio i contributi consortili) che risultano inquadrabili in tale nozione.
Esso consiste in una prestazione di dare o fare a carattere periodico (e questa
caratteristica male si attaglia al caso in questione), che è dovuta da un
soggetto per il solo fatto di trovarsi nel godimento di un bene.
A
differenza delle obbligazioni reali o propter
rem, nelle quali l’appartenenza del bene serve solo ad individuare il
soggetto obbligato, l’onere reale
è un peso che viene fatto gravare sul fondo stesso per ottenere la prestazione
di cui si tratta da colui che ne è il proprietario.
Si ritiene in
dottrina che colui che ha diritto alla prestazione possa avvalersi, per la
realizzazione del medesimo, di un’azione reale e cioè ricavare forzatamente
dal fondo, ma nei limiti del valore di questo, il corrispondente pecuniario
della prestazione dovuta.
Tutti
i successivi proprietari delle aree inquinate saranno,
di conseguenza, gravati degli interventi
ripristinatori enunciati all’art. 17, comma 10, del D.Lgs. 22/97 (c.d.
ambulatorietà passiva) e la notifica dell’ordinanza, di cui all’art. 8,
comma 3, del D.M. 471/99, si giustifica con l’intento della Pubblica
Amministrazione di indurre il proprietario a provvedere, anziché procedere con
l’esecuzione d’ufficio.
Il
proprietario, qualora non
intenda adempiere all’onere di cui trattasi, ha tre
alternative:
1) o resta
inerte, ma in questo caso, scatta
l’intervento da parte della Pubblica Amministrazione,
2) o opta per
l’estinzione del proprio diritto reale che avverrà o per abbandono
liberatorio o per rinuncia abdicativa,
3) oppure
aliena il proprio bene.
Si
capisce, a questo punto, l’importanza del disposto del comma 10 dell’art. 17
D.Lgs. 22/97, nella parte in cui stabilisce che tale onere debba essere iscritto
nel certificato di destinazione urbanistica, il quale va allegato, a pena di
nullità, agli atti tra vivi, pubblici o privati, aventi ad oggetto
trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali
relativi a terreni (art. 18, comma 2 della Legge 28.8.1985, n. 47).
Tuttavia
non sempre l’onere reale rappresenta uno strumento di tutela efficace per il
terzo acquirente del sito contaminato, dal momento che ben può accadere che
l’alienazione sia avvenuta in un periodo in cui l’onere non si sia ancora
palesato, in quanto i presupposti per gli obblighi di bonifica e ripristino, pur
preesistenti, si manifestino solo dopo l'alienazione.
A questo
punto l’unico rimedio esperibile a favore dell’acquirente sembra costituito
dall’azione contemplata dall’art. 1489 c.c., in base al quale se
la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti
che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel
contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la
risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo le
disposizioni di cui all’art. 1480 c.c.
Perchè scatti
la possibilità di avvalersi di tale azione occorre che la natura ed
intensità degli oneri siano tale da limitare il libero godimento del bene
stesso e che essi non risultino da segni evidenti.
LA POLIZZA R.C. INQUINAMENTO: PROPOSTE DI MODIFICA
L’area
di rischio che dovrebbe essere coperta con l’assicurazione è descrivibile nei
termini seguenti. In sintesi essa consiste :
a)
nel superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999, che determina
ex lege un pericolo per l’ambiente con conseguente obbligo di bonifica a
carico dell’azienda che abbia cagionato tale superamento o che sia
semplicemente proprietaria del terreno o dell’area (anche interna
all’azienda) in cui è stato accertato il menzionato superamento e
b)
nella
determinazione di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti
medesimi (pericolo di pericolo) con conseguente obbligo di bonifica a carico
dell’azienda che abbia cagionato tale pericolo di superamento o che sia
semplicemente proprietaria del terreno o dell’area (anche interna
all’azienda) in cui è stato
accertato il menzionato pericolo di superamento
senza
dolo nè colpa da parte dell’azienda, cioè senza violazione di leggi o
regolamenti esistenti;
e
c)
la
mera proprietà di un sito inquinato da altri, con possibilità di essere
costretti ad eseguire la bonifica o rimborsare l’ente locale delle spese
sostenute per la bonifica.
In particolare si rileva che la terminologia utilizzata nel cit. art. 13 della odierna polizza R.C. Inquinamento, che determina il campo di applicazione della copertura assicurativa dell’impresa, in quanto evidentemente predisposta e modellata sulla fattispecie di danno ambientale di cui all’art. 18 della l. n. 349/86, non è più idonea a coprire in maniera adeguata il rischio da danno ambientale così come delineato ed individuato dai due recenti decreti legislativi menzionati.
Nel
merito dunque si ritiene opportuno che
venga integrata la parte dell’art.
13 che fa riferimento a “danni”
e /o “danneggiamenti materiali”
a cose perchè tali danneggiamenti
potrebbero anche non sussistere, nonostante l’obbligo del responsabile o del
proprietario di procedere alla bonifica.
Tale parte va integrata e non sostiuita perchè rimane sempre salva la facoltà
dell’ente locale competente a procedere ex art. 18 per fattispecie di danno
che non rientrano in quelle di cui all’art. 17 del Dlgs 22/97 e S.m. così
come attuato con il d.M. 471/99.
Tali
nozioni oggi esistenti nella polizza vanno quindi integrate con le nozioni di:
-
superamento dei limiti di cui al D.M. n. 471 del 1999 , che determina ex
lege un pericolo per l’ambiente con conseguente obbligo di bonifica e
-
individuazione
di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi,
da parte del responsabile o del
proprietario del sito o dell’autorità competente al controllo, con
conseguente obbligo di bonifica per il responsabile anche senza dolo nè colpa e
per il proprietario del sito.
Dovrebbe
essere poi sostituita
la nozione di “inquinamento”
oggi presente nella polizzacon quella di cui all’art. 2, punto 2)
del Dlgs 372/99 “Attuazione
della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento”:
"inquinamento":
l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze,
vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero
nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il
deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori
ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;
ed inserite quelle di
Sito di cui alla lett. a) dell’ art. 2 del D.M. 471/99:
“area
o porzione di territorio, geograficamente definita e delimitata, intesa nelle
diverse matrici ambientali e comprensiva delle eventuali strutture edilizie ed
impiantistiche presenti;”.
e di Sito Inquinato di cui alla lett. b) dell’ art. 2 del D.M. 471/99:
“sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. Ai fini del presente decreto è inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sottorranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento”.
Si ritiene poi che
debba essere modificate:
1)
l’attuale metodologia di quantificazione
del danno, ove i parametri indicati nell’art.
58 del Dlgs 152/99 potranno essere utilizzati solo quale punto di riferimento
non tassativo in quanto la fattispecie di danno ivi prevista è diversa da
quella di cui all’art. 17 del Dlgs 22/97, nonchè
2)
l’attuale metodologia
dell’individuazione del momento in cui è avvenuto il superamento o pericolo
di superamento dei limiti di cui al D.M. 471/99.