Cass. Sez. III n. 15921 del 16 aprile 2009 (Ud. 12 feb. 2009)
Pres. Onorato Est. Petti Ric. PG in proc. Palombo
Elettrosmog. Abuso in atti d’ufficio e installazione impianti

Un’autorizzazione a costruire di tipo precario - come quella con la quale si autorizza l\'installazione di una stazione radiobase costituita da un traliccio di 24 metri, un gruppo elettrogeno con supporto in calcestruzzo armato e relativa cisterna - oltre ad essere extra legem, in quanto non prevista da alcuna disposizione legislativa è anche illegittima e contra legem perché non potrebbe avere altra funzione che quella di tollerare una situazione di evidente abuso. (Nella fattispecie la malafede del pubblico amministratore si è desunta proprio dal fatto che aveva rilasciato un autorizzazione precaria non prevista da alcuna norma. Il pubblico amministratore, non potendo rilasciare la concessione edilizia per la vicinanza della stazione al centro abitato, tanto è vero che neppure successivamente è stata rilasciata , ha emesso un titolo provvisorio).
Detta autorizzazione a prescindere pure dalla sua illegittimità, non può comunque essere equiparata a quella di cu all’articolo 87 del decreto legislativo n 259 del 2003, perché questa presuppone il previo accertamento,da parte dell’organismo preposto ad effettuare i controlli, previsto dall’articolo 14 della legge 22 febbraio del 2001 n 36 in ordine alla compatibilità del progetto con i limiti di esposizione ecc.(comma 1) e fa salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali(art 86 comma 4)

IN FATTO
L’Alcatel Italia S.P.A. chiedeva ed otteneva, con provvedimento del 30 novembre del 2001,. emesso dall’architetto Silvio Rufolo, all’epoca dirigente dell’ufficio urbanistica del Comune di Massafra, autorizzazione semestrale alla collocazione provvisoria di una stazione radio base mobile nel territorio del medesimo comune, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza il relativo nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Successivamente, dopo la scadenza del semestre, avanzava domanda di concessione edilizia che non risulta essere stata accolta. Il pubblico ministero, ritenendo che fossero necessari la concessione edilizia ed il nulla osta paesaggistico, iniziò nei confronti di Palombo Armando, Properzi Eliseo, Sisto Sebastiano e Tortorella Giuseppe, Schiraldi Carlo, Tagliente Michele e Rufolo Silvio procedimento penale per i seguenti reati:
Tutti
l) per il reato di cui agli artt. 110 c.p. - 20 lett. b) e c) L. 47 /85 - 1 sexies. L. n. 312/85 perché il Palombo ed il Properzi nella loro qualità di responsabili di zona della Alcatel S.p.A., il Sisto, lo Schiraldi ed il Tagliente quali progettisti ( successivamente assolti ), il Tortorella quale direttore dei lavori, il Rufolo quale dirigente della ripartizione urbanistica ed ecologica del Comune di Massafra, in concorso tra loro, eseguivano lavori di installazione di una stazione radio base per telefonia mobile nonché di posa in opera di un gruppo elettrogeno con supporto in cls. armato e relativa cisterna, in assenza della prescritta concessione edilizia e della autorizzazione paesaggistica; in particolare il Rufolo consentiva l’esecuzione dei suddetti lavori, venendo meno ai propri doveri rilasciando in data 30/11/2001 un’ indebita autorizzazione provvisoria della validità di sei mesi in luogo della prescritta concessione edilizia.
Rufolo-Palombo -Properzi
2) Del reato di cui agli artt. 110 - 323 c.p. perché il Rufolo, nella già indicata qualità, in violazione delle procedure prescritte dalla Legge n. 47/85 e dalla L. n. 312/85 intenzionalmente ed in concorso con gli stessi, procurava a Palombo ed al Properzi, nella indicata qualità di rappresentanti dell’Alcatel, un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nella installazione della stazione radio base per telefonia mobile falsamente e pretestuosamente qualificata opera precaria ed amovibile, opera in relazione alla quale solo in data 29 luglio 2002 veniva richiesto, senza esito, il rilascio della concessione edilizia
Il GUP del Tribunale dì Taranto, con sentenza del 15 giugno 2004, assolveva tutti gli imputati dai reati loro ascritti osservando che la normativa urbanistica dovesse ritenersi superata, nel settore strategico delle telecomunicazioni, per effetto del sopravvenuto D.Lvo 4 settembre 1992 n. 198. Riteneva non necessaria la concessione edilizia e richiamava, a supporto della propria decisione, la sentenza 4 marzo 2003 n. 19795 di questa corte che, in un caso simile, aveva ritenuto superata dal D.Lvo n. 198/02 la normativa urbanistica per gli impianti radioelettrici. In ordine alla contestata violazione paesaggistica, il GUP riteneva che l’art. 1 sexies della L. 312/85 era stato abrogato dall’art. 166 co. 1° del D.Lvo 490/99 e che l’art. 118 comma 1 lett. a) del D.Lvo 490/99, astrattamente applicabile alla fattispecie, non potesse ritenersi operante in concreto, in quanto , avendo la regione Puglia approvato il Piano Urbanistico Territoriale Tematico Paesaggistico, non era necessaria, per le opere dichiarate urgenti ed indifferibili da provvedimenti statali o regionali, l’autorizzazione paesaggistica.
La Corte di Appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto — adita su impugnazione del pubblico ministero confermava la decisione impugnata con una motivazione parzialmente diversa . Riteneva, in particolare, che, a seguito della dichiarazione d’ incostituzionalità del decreto legislativo del 4 settembre 2002 n. 198, la fattispecie dovesse essere esaminata senza tenere conto del citato decreto; che fosse insussistente la violazione per l’omesso conseguimento del nulla osta paesaggistico, in quanto le opere realizzate dovevano considerarsi indifferibili ed urgenti e per esse non era necessaria l’ autorizzazione paesaggistica, in base a quanto stabilito dall’art.. 5.02 punto 1.07 del Piano urbanistico territoriale tematico paesaggistico (P.U.T.T./P.); che 1’atto d’autorizzazione semestrale rilasciato dal comune di Massafra per la realizzazione della struttura de qua non poteva considerarsi “ macroscopicamente illegittimo” sotto il profilo urbanistico ove “ guardato alla luce del D.lgs. 259 del 2003 “e, pertanto, non poteva determinare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato urbanistico contestato. Rilevava che non vi era prova che la struttura fosse ab origine da considerarsi stabile e non precaria; che insussistente era anche il reato cui all’art. 323 c.p. per la inesistenza di qualsivoglia violazione sia della normativa in materia paesaggistica sia di quella in materia urbanistica.
Ricorre per cassazione il procuratore generale deducendo la violazione delle norme incriminatici nonché mani festa illogicità della motivazione.
Assume che alla fattispecie era applicabile la legge n 47 del 1985 poi trasfusa nel testo unico approvata con d.P.R. n 380 del 200 l,definitivamente in vigore dal 30 giugno 2003, il quale, all’art. 3 lett. e.4), qualifica intervento di nuova costruzione l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per servizi di telecomunicazioni ed al successivo art. 10 stabilisce che gli interventi di nuova costruzione costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire. Il D.Lvo 4 settembre 2002 n. 198 ( cd. decreto Gasparri) richiamato dal tribunale, come già ritenuto dalla corte, non è applicabile alla fattispecie perché dichiarato incostituzionale , con sentenza n. 303 del 1° ottobre 2003, per eccesso di delega. Poco prima di tale pronuncia e, probabilmente, in previsione di essa, è intervenuto il D.Lvo 1° agosto 2003 n. 259 che, eliminata ogni clausola di esclusività per la realizzazione delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, ha assimilato tali opere a quelle di urbanizzazione primaria (art. 86) e ha previsto per esse il rilascio di un’autorizzazione da parte del comune con eventuale intervento, però, delle altre amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti (art. 87). Lo stesso decreto non ha apportato modifiche alla normativa urbanistico-edilizia e ha fatto salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali. Quindi l’unica normativa applicabile alla fattispecie all’epoca del fatto era quella di cui alla L. n. 47/85 , la quale, per le strutture aventi rilevanza urbanistica idonee ad incidere sulla conformazione del territorio, richiedeva la concessione edilizia, non fosse altro che per la messa in opera della piattaforma in cemento armato sulla quale era stato sistemato il gruppo elettrogeno. Sostiene che il ragionamento della corte sulla precarietà dell’opera è manifestamente illogico e contraddittorio. Invero, secondo il ricorrente , la corte , dopo essersi impegnata nel giudizio di precarietà della struttura, non ha potuto fare a meno di riconoscere che la esigenza finale della Alcatel fosse di natura permanente, salvo poi ad evidenziare che gli elementi acquisiti al processo non deponevano univocamente per la falsità delle indicazioni riportate nella richiesta della autorizzazione al comune di Massafra. Sennonché, delle due l’una: o la struttura, nelle intenzioni iniziali dell’Alcatel, effettivamente doveva soddisfare esigenze temporanee, ed allora, una volta scaduto il semestre di validità dell’autorizzazione rilasciata, essa doveva essere prontamente rimossa; oppure tali esigenze erano di natura permanente ed allora occorreva la preventiva concessione edilizia.
Erroneamente la corte aveva escluso la necessità dell’autorizzazione paesaggistica sulla premessa che l’Alcatel operasse per conto della Wind., circostanza questa che non era riscontrata dagli atti processuali. Dai rilievi dianzi svolti e dalla necessità della concessione edilizia e del nulla osta paesaggistico emergeva secondo il ricorrente anche la configurabilità dell’abuso d’ufficio.

IN DIRITTO
Il ricorso va accolto
L’opera in questione risulta installata nel novembre del 2001 allorché vigeva la legge n 47 del 1985. Essa consisteva secondo la contestazione in un traliccio in ferro di circa 24 metri di altezza, nella posa in opera di un gruppo elettrogeno con supporto in cls armato e relativa cisterna. In epoca successiva l’Alcatel provvedeva all’allacciamento alla rete elettrica .Per tale opera l’Alcatel aveva ottenuto un’autorizzazione provvisoria per sei mesi sulla premessa che trattavasi di opera precaria sita a distanza regolamentare dal centro abitato,circostanza quest’ultima contestata da alcuni confinanti che avevano denunciato 1’illegittima installazione dell’opera a distanza inferiore a quella fatta figurare nel progetto, il tutto per evitare i vincoli imposti in quella zona(cfr la narrativa della sentenza di primo grado). In base alla legge vigente all’epoca della realizzazione, l’opera anzidetta richiedeva la concessione edilizia avendo obiettivamente natura non precaria anche per il basamento in cemento armato e per il collegamento, ancorché successivo, all’installazione alla rete elettrica
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, sotto la vigenza della legge n 47 del 1985, rientravano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedevano la concessione edilizia, non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di qualsiasi genere, nel suolo o sul suolo, senza che avesse rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui era assicurata la stabilità del manufatto (infissione o appoggio al suolo), in quanto la stabilità non andava confusa con l’inamovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata dal costruttore, ma si estrinsecava nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare un bisogno non provvisorio, ossia nell’attitudine ad una destinazione che non avesse il carattere della precarietà, cioè non fosse temporanea o contingente.” (cfr. Sez. III, 6 maggio 1994 n. 5326, Alzetta, riv. 197451; sez. III, 200000354, Carrodano, riv. 217686; e in precedenza: sez. III, 1987 11420, Albaione, riv. 176966; 198402356, Grimaldi, riv. 163140; 198305487, Di Leto, riv. 159435). In applicazione del citato principio di diritto la casistica giudiziaria, che aveva superato il vaglio di legittimità, annoverava le più diverse fattispecie relative a moduli abitativi o altre strutture, anche mobili, quali roulotte, case prefabbricate montate su ruote, pontili galleggianti ed altro, ritenuti idonei a modificare l’assetto urbanistico del territorio e ad incidere sull’ambiente tutelato, in quanto destinati ad assolvere a funzioni durature nel tempo, con la conseguente affermazione della sussistenza delle corrispondenti contravvenzioni sia urbanistiche che ambientali( (cfr n 46172 del 2003; l9795 del 2003; 41180 del 2002 tutte con riferimento ad opere installate prima dell’entrata in vigore del testo unico il quale continua a considerare intervento di nuova costruzione qualsiasi manufatto fuori terra o interrato o l’ampliamento della sagoma di quelli esistenti idoneo a trasformare in modo durevole il territorio). Era ed è inoltre consolidato il principio in forza del quale il rilascio dell’autorizzazione non esime l’interessato da responsabilità, qualora per la realizzazione dell’opera sia necessaria la concessione, data la diversità di natura giuridica dei due provvedimenti”. (Cass. Sez. III, 18 maggio 1994 n. 1054). Era ed è infine pacifico anche il principio in forza del quale si potevano e si possono considerare precarie solo le opere oggettivamente destinate a soddisfare interessi contingenti. Questa corte in una fattispecie analoga ha escluso che potesse considerarsi precaria una struttura montata su un carrello mobile, installata senza una concessione e autorizzazione ambientale in un parco regionale,adibita a stazione radiobase per telefonia cellulare con annesso generatore, in quanto destinata ad essere utilizzata a tempo indeterminato (cfr Cass. n. 39073 del 2002).
Tali principi non sono stati formalmente contrastati dalla corte leccese, la quale riconosce che l’opera in questione, se ritenuta non precaria, richiedeva in base alla legislazione vigente all’epoca dell’installazione la concessione edilizia, ma, anche nell’ipotesi di non precarietà dell’opera, ritiene giustificata la condotta dei prevenuti perché quella autorizzazione non era macroscopicamente illegittima se valutata con riferimento alla legislazione posteriore e segnatamente al decreto legislativo n 259 del 2003 .Tale decreto, infatti, consente l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica che non implichino scavi o opere civili, in base a semplice autorizzazione degli enti locali, la quale autorizzazione ha anche come contenuto imprescindibile la verifica della compatibilità urbanistico- edilizia dell’intervento. Pertanto non sussisterebbe la necessità di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi. Sulla base di tale premessa la corte territoriale sotto il profilo psicologico ha riconosciuto quanto meno la buona fede dei prevenuti per avere fatto affidamento su un atto che non era macroscopicamente illegittimo.
L’assunto non può essere condiviso per varie ragioni. Anzitutto perché l’elemento soggettivo di un reato va valutato con riferimento al momento della sua consumazione. La legge posteriore, eventualmente più favorevole, può escludere l’originaria illiceità del fatto ma non può tramutare ex post un atteggiamento di mala fede in uno di buona fede.
In secondo luogo perché quell’autorizzazione, legittima o illegittima che fosse, aveva una scadenza semestrale e quindi decorso il semestre aveva comunque perduto ogni efficacia. Di conseguenza, quando è entrato in vigore il decreto legislativo n 259 del 2003, richiamato dalla corte per affermare la buona fede dei prevenuti, l’Alcatel manteneva quelle opere sul territorio senza alcun titolo abilitativo.
La corte territoriale ritiene di potere superare tale obiezione affermando che la persistenza del reato dopo la scadenza del semestre non formava oggetto della contestazione. In realtà il pubblico ministero, avendo ritenuto del tutto inefficace l’autorizzazione originaria, non aveva la necessità di puntualizzare nella contestazione che il reato persisteva comunque dopo il semestre di validità del titolo. Per l’accusa quell’installazione era priva di titolo abilitativo ab origine e tale è rimasta anche dopo la scadenza della data fissata dall’autorità, poiché l’Alcatel non ha mai ottenuto la concessione edilizia che pure aveva chiesto.
In terzo luogo perché quel provvedimento era macroscopicamente illegittimo perché del tutto fuori del sistema. Invero, in base alla legislazione vigente all’epoca, potevano essere effettuati in base a semplice autorizzazione, gli interventi di manutenzione straordinaria (art 31 lettera b ) e 48, legge n 457 del 1978); quelli di restauro e risanamento conservativo diretti al recupero abitativo di edifici preesistenti (art 7 comma 1, d.l. 23 gennaio 1982 n 9 convertito nella legge n. 94 del 1982) ed altri interventi minori che ora non è il caso di indicare analiticamente, ma certamente non le nuove costruzioni. Queste, se erano effettivamente precarie, non richiedevano alcun titolo abilitativo edilizio, se non lo erano, richiedevano la concessione edilizia. Non esisteva e non esiste un’autorizzazione a realizzare nuove costruzioni in precario. La giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto illegittima la concessione edilizia provvisoria cosiddetta in precario giacché l’ordinamento all’epoca prevedeva un solo tipo di provvedimento che legittimava l’edificazione in presenza di determinati presupposti e cioè la concessione edilizia (C. Stato, sez V, 18 marzo 1991 n. 280; C. Stato, sez V, 11 marzo 1995 n 363; C. Stato, sez V, 20 marzo 2000 n 1507; nella cassazione penale cfr Cass., sez III, 13 gennaio 2000, La Ganga Ciciritto).
Un’autorizzazione a costruire di tipo precario,come quella rilasciata nel caso in esame, oltre ad essere extra legem, in quanto non prevista da alcuna disposizione 1egislativa, è anche illegittima e contra legem perché non potrebbe avere altra funzione che quella di tollerare una situazione di evidente abuso. La malafede del pubblico amministratore si desume proprio dal fatto che aveva rilasciato un autorizzazione precaria non prevista da alcuna norma. Invero il pubblico amministratore non potendo rilasciare la concessione edilizia per la vicinanza della stazione al centro abitato,tanto è vero che neppure successivamente è stata rilasciata, ha emesso un titolo provvisorio.
All’odierna udienza il difensore del Rufolo ha fatto presente che lo stesso aveva agito in buona fede in quanto tratto in errore dall’Alcatel che gli aveva fatto credere trattarsi di opera precaria. In proposito si osserva che la tesi sarebbe stata plausibile se la norma avesse previsto l’autorizzazione per le nuove costruzioni precarie. Caduta la premessa, cade anche l’enunciato. Il Ruffolo, se avesse effettivamente ritenuto in buona fede che trattavasi di installazione precaria, avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare l’autorizzazione proprio perché non necessaria per le opere precarie. Invece quella autorizzazione, proprio perché non prevista da alcuna norma, è stata rilasciata con la consapevolezza della sua illiceità. In definitiva il Ruffolo,da un lato, ha offerto all’Alcatel una parvenza di titolo per giustificare in qualche modo la costruzione e, dall’altro, egli stesso ha ritenuto di potere prevenire o contrastare eventuali contestazioni affermando di avere rilasciato un titolo provvisorio.
Accertata l’illegittimità della costruzione con riferimento alla legislazione all’epoca vigente,occorre stabilire se dal punto di vista edilizio (1‘aspetto paesaggistico sarà esaminato in seguito) l’originaria illiceità sia successivamente venuta meno per effetto di leggi posteriori e segnatamente per effetto del decreto legislativo n 259 del 2003 richiamato dalla corte territoriale, posto che il decreto legislativo n 198 del 2002 (cosiddetto decreto Gasparri) è stato dichiarato incostituzionale. Si tratta di stabilire se i fatti commessi nel 2001, possano ritenersi ancora punibili a seguito della entrata in vigore della nuova normativa di cui al D.Lvo n. 259/03. Occorre, in definitiva accertare se, per effetto della nuova legge, vi sia stata o meno un’abolitio criminis (art. 2 co. 2 c.p.). In proposito, la Corte d’ appello richiama la più recente giurisprudenza della S.C. in materia, secondo la quale “A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), l’installazione di stazioni radio base per reti di comunicazione mobili GSM/UMTS è subordinata al rilascio di apposita autorizzazione dell’ente locale territorialmente interessato, in quanto trattasi di opere di urbanizzazione primaria. Il rilascio di tale autorizzazione ha come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell‘intervento e pertanto non è richiesta la necessità del distinto titolo abilitativo a fini edilizi previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico dell’edilizia). L’autorizzazione avrà quindi un carattere unitario, con la conseguenza che il regime sanzionatorio penale rimane quello previsto dall’art. 44 del Testo unico dell’edilizia, in quanto il mutamento della disciplina per l’abilitazione all’intervento edilizio non incide sulla disciplina sanzionatoria penale che non è correlata alla tipologia dl titolo abilitativo ma alla consistenza concreta dell‘intervento” (Cass. Sez. III ,Sent. n. 33735 dell’8 luglio 2005).
La legislazione dianzi richiamata, come interpretata da questa Suprema corte e dallo stesso Consiglio di Stato, nel richiedere in luogo dì vari titoli abilitativi, un’autorizzazione onnicomprensiva per l’installazione di stazioni per telefonia cellulare, non ha reso penalmente irrilevanti i comportamenti originariamente illeciti tenuti dall’Alcatel
In proposito si osserva anzitutto che, quando è entrato in vigore il decreto legislativo n 259 del 2003, l’autorizzazione “provvisoria” che era stata rilasciata nel novembre del 2001 per la durata di sei mesi era già scaduta e non era stata sostituita da altro titolo abilitativo. D’altra parte l’Alcatel non ha richiesto l’autorizzazione in base alla nuova legislazione. Quindi al momento dell’entrata in vigore del codice delle telecomunicazioni elettroniche la società non era in possesso di alcun titolo abilitativo.
Si rileva poi che, secondo l’orientamento maggioritario nella giurisprudenza amministrativa, al quale ha aderito anche questa corte con la sentenza prima citata, in tanto non è necessario un distinto titolo abilitativo edilizio, in quanto la valutazione di compatibilità edilizia viene effettuata dallo stesso organo che rilascia l’autorizzazione. Orbene l’autorizzazione a suo tempo rilasciata all’Alcatel, a parte la sua inefficacia dopo la scadenza del semestre, non può essere in alcun modo assimilata a quella di cui all’articolo 87 del citato decreto per la semplice ragione che a suo tempo non venne effettuata alcuna valutazione di compatibilità edilizia o ambientale, perché allora venne rilasciata un’autorizzazione precaria che proprio per la ritenuta precarietà dell’opera non richiedeva valutazioni di compatibilità edilizia o urbanistica o di impatto ambientale. Nello stesso provvedimento autorizzativo, che questa corte ha dovuto esaminare perché si è contestata la sua legittimità, si è dato atto che non era stata valutato l’impatto ambientale e non era stato chiesto il nulla osta paesaggistico proprio perché trattavasi di opera precaria. Appare quindi evidente che l’autorizzazione a suo tempo rilasciata all’Alcatel, a prescindere pure dalla sua illegittimità, non può comunque essere equiparata a quella di cui all’articolo 87 del decreto legislativo n 259 del 2003, perché questa presuppone il previo accertamento, da parte dell’organismo preposto ad effettuare i controlli, previsto dall’articolo 14 della legge 22 febbraio del 2001 n. 36 in ordine alla compatibilità del progetto con i limiti di esposizione ecc (comma 1) e fa salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali (art 86 comma 4).
Fondato è anche il ricorso per quanto concerne il reato paesaggistico. La corte d’appello ha escluso tale reato perché ha considerato indifferibili ed urgenti le opere installate e per tale ragione non era necessaria l’autorizzazione paesaggistica, in quanto il piano urbanistico paesaggistico territoriale della Puglia stabiliva la non necessità dell’autorizzazione per le opere dichiarate indifferibili ed urgenti con provvedimento statale o regionale. La corte ha ritenuto che si trattasse di opere urgenti perché in favore della Wind Telecomunicazioni era stato concessa autorizzazione in base alla quale le opere dalla stessa realizzate per l’espletamento del servizio oggetto della concessione,erano considerate indifferibili ed urgenti e poiché l’Alcatel agiva per conto della Wind, anche le opere da quest’ultima realizzate erano da considerarsi secondo la corte indifferibili ed urgenti. Questo collegio rileva che l’affermazione della corte, secondo la quale l’Alcatel agiva per conto della Wind, è meramente assertiva perché non risulta in alcun modo motivata. Anzi è in contrasto con la stessa impostazione posta a base del proscioglimento ossia la precarietà dell’opera e con l’unico atto che questa corte ha dovuto esaminare ossia il provvedimento autorizzativo. Invero, da un lato, la natura precaria dell’opera non si concilia con la caratteristica dell’indifferibilità ed urgenza di cui v’è menzione nel piano paesaggistico della Regione Puglia, dall’altro lato, nello stesso provvedimento autorizzativo rilasciato dal Rufolo si richiama il Piano Paesaggistico della Regione Puglia, ma si dà atto che l’autorizzazione paesaggistica non era necessaria, non già perché l’Alcatel agiva per conto della Wind , come apoditticamente affermato dalla corte territoriale, ma perché trattavasi di opera considerata precaria. Si legge nel provvedimento che l’autorizzazione era rilasciata “ in guanto si tratta(va) di impianto precario amovibile con validità di mesi sei dalla data del rilascio della presente e pertanto esonerato dal richiedere l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art 5.02 delle NTA del PUTT/P ed esonerato altresì dal richiedere l’acquisizione preventiva di valutazione di impatto ambientale...”
Anche con riferimento al delitto di abuso d’ufficio il ricorso è fondato perché il proscioglimento si fonda sulla premessa che i prevenuti non avevano compiuto atti illegittimi o comunque che avevano agito in buona fede. Caduta la premessa, viene meno anche la conclusione.
Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata con rinvio. Il giudice del rinvio dovrà riesaminare la fattispecie applicando i principi dianzi esposti.