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Preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990 e impianti radioelettrici.
di Fulvio ALBANESE
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La Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza espressamente prevista dall’art. 10 bis della legge 7-8-1990 n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo) e successive modifiche ed integrazioni, secondo cui “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda” è applicabile anche agli impianti radioelettrici di cui al D.Lgs. 259/2003 “Codice delle comunicazioni elettroniche” e sul punto la giurisprudenza è ormai unanime (ex plurimis, Consiglio di Stato sez. VI, 07/01/2008, Sentenza n. 32 - Consiglio di Stato, Sez. VI, 29/11/2006, n. 6993; - Consiglio di Stato 17/10/2006, n. 6995; - Tar Lazio, sez. II bis, n. 2690 e 2691 del 2009;- Tar Veneto, 13/03/2008, n. 1256;- Tar Sicilia Catania, sez.IV, 18/04/2008, n. 656; - Tar Sicilia Catania, 09/01/2008, n. 83; - Tar Puglia Lecce, sez. II, 02/05/2007, n. 1792; - Tar Campania Napoli, sez. VII, 24/10/2007, n. 16206;- Tar Lombardia, sez. IV, 12/11/2007, n. 6260; - Tar Campania Napoli, sez. VII, del 2006, n. 7822; - Tar Campania Napoli, sez. VII, del 2006, n. 9741; - Tar Campania Napoli, sez. VII, 06/12/2006, n. 10658; - Tar Campania Napoli, sez. VII, 06/12/2006, n. 10682; - Tar Puglia Lecce, 12/09/2006, n. 4412).
Al fine di individuare le conseguenze giuridiche derivanti dall’applicazione dell’articolo 10-bis introdotto dalla Legge 11 febbraio 2005 n. 15 alla disciplina autorizzativa degli impianti radioelettrici, puntualizza giustamente il Tar Lazio con la sentenza n. 2690 del 18 dicembre 2008, occorre fare riferimento, secondo il consueto criterio interpretativo di integrazione sistematica della singola disposizione specifica in questo caso il D.Lgs 259/29003 con la normativa di disciplina generale della materia, alla legge n. 241 del 1990 e successive modifiche ed integrazioni.
Tale previsione generale, è collocata dal legislatore nell’ambito del Capo III della legge, dedicato alla “Partecipazione al procedimento amministrativo”, quale espressione del più generale principio di legalità, imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.), che ha per necessario corollario la trasparenza dei procedimenti lungo i quali si svolge l’attività amministrativa, ed ai quali tutti i cittadini interessati devono poter partecipare in contraddittorio, così come confermato ora dal nuovo testo del 2001 dell’art. 118 Cost., ultimo comma, secondo il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati” (e quindi a maggior ragione la loro partecipazione alle iniziative della pubblica amministrazione) “per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
La conseguenza di quanto ora argomentato, sottolineano i giudici del Tar Lazio, è l’estensione della norma in esame a tutti i procedimenti, con l’unica eccezione dei casi indicati dal medesimo art. 10 bis (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali) e delle ulteriori eccezioni previste dall’art. 13 della stessa legge n. 241/1990 (Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione), che riguardano gli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione ed i procedimenti tributari , nonché alcune specifiche norme di contrasto della criminalità organizzata.
Inoltre l’art. 10-bis della legge n. 241/1990 prevede che “Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti” e che, quale naturale conseguenza, “la comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo”.
Ne consegue che la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, in tutti i casi in cui l’applicazione dell’art. 10 bis della legge 7-8-1990 n. 241 non è esclusa, ha ex lege l’effetto di “interrompere” (e non, “sospendere”) i termini per concludere il procedimento, che, quindi, iniziano a decorrere “nuovamente” (cioè, da capo) al decorso del termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione da parte degli interessati, salvo che gli stessi facciano pervenire le proprie osservazioni, poiché in tal caso il termine decorrerà dalla presentazione delle osservazioni stesse.
Rimane un unico dubbio, concludono i giudici amministrativi, concernente la sorte di eventuali osservazioni tardive, proposte dagli interessati oltre il citato termine di dieci giorni: al riguardo, alla luce dei criteri di ragionevolezza e buon andamento dell’attività amministrativa e delle finalità di tutela del cittadino perseguite da legislatore con l’apposizione dei termini, appare preferibile ritenere che le eventuali osservazioni, giunte tardivamente ma in tempo utile, ovvero prima dell’adozione del preannunciato provvedimento di diniego, debbano essere valutate dall’Amministrazione e che, di conseguenza, con la loro proposizione tardiva riprenda nuovamente a decorrere fin dall’inizio il termine per la conclusione del procedimento.
Dopo questa esaustiva spiegazione dei giudici del Tar Lazio circa l’applicazione congiunta (un obbligo secondo la giurisprudenza citata) delle due norme in esame, per l’Ente locale perennemente affannato nel rispetto dei tempi legati alla emissione di provvedimenti autorizzativi, l’articolo 10-bis nel può tradursi in una vera e propria ancora di salvezza. Infatti il preavviso di rigetto si può applicare efficacemente nel caso in cui il soggetto che deve installare un impianto radioelettrico, non presenti con la domanda di autorizzazione o con la D.I.A, il nulla-osta se l’intervento ricade in area sottoposta a vincolo ambientale ai sensi del comma 4 dell’articolo 86, o il parere dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (preventivo ai sensi del comma 1 dell’articolo 87 del D.lgs 259/2003), ovvero dalla verifica degli obblighi previsti dal DPR 380/2001 emerga qualche motivo ostativo, e il responsabile del procedimento non riesca nei quindici giorni successivi di cui al comma 5 dell’articolo 87 a richiedere l’integrazione documentale. In questo caso visto il D.Lgs. 259/2003 al responsabile del procedimento non rimarrebbe che emettere un provvedimento di diniego, ovvero attendere il formarsi del silenzio assenso dopo il 90° giorno (comma 9 art. 87).
Non è poi così difficile che si concretizzi il caso in cui non venga presentato il parere ARPA contestualmente alla domanda di autorizzazione o alla DIA, e come ho già illustrato nell’articolo pubblicato su questo sito: “L’attivazione dell’impianto ex art. 87 del D.Lgs 259/03, un’invenzione giurisprudenziale discutibile” aprile 2009, la giurisprudenza maggioritaria ritiene illegittimo il diniego all’installazione di un’antenna per mancanza del parere “preventivo” dell’ARPA. Anche recentemente i giudici del Tar Campania, Napoli, Sez. VII, il 2 luglio 2009 sono rimasti su questa posizione, infatti con la sentenza n. 3636 hanno statuito: “Il nulla osta dell’ARPAC non condiziona il perfezionamento del titolo abilitativo per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile, ma solo per procedere all’attivazione dell’impianto”. A mio modesto parere, ennesima errata interpretazione del D.lgs 259/2003 articolo 87 comma 1 che molto chiaramente prescrive: “L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione (…) viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilita' del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita', stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione”.
Vediamo nel dettaglio la sentenza. Il Responsabile del Settore Pianificazione e Gestione del territorio del Comune di Qualiano (Na) ha respinto la richiesta di autorizzazione presentata nell’ottobre 2008 da una società di telefonia mobile per installare un impianto radioelettrico con i seguenti motivi:
1) l'intervento in argomento è ascrivibile alle opere di urbanizzazione primaria ad ogni effetto e, quindi, comporta l'obbligatorietà del permesso di costruire di cui all'art. 3-1 del d.P.R. 380/2001, ovvero rientra tra quelli di cui all'art. 3, comma 1) lett. e.2;
2) la richiesta risulta carente del parere ARPAC propedeutico e vincolante ai fini del rilascio della relativa autorizzazione e/o al formarsi del silenzio assenso.
Sul primo punto c’è poco da discutere, la giurisprudenza è da tempo concorde nel ritenere assorbita nel D.Lgs 259/2003 la verifica degli obblighi previsti dal DPR 380/2001, non è pertanto percorribile la strada della necessità del permesso di costruire, ovvero del doppio titolo autorizzativo.
Il secondo punto invece merita attenzione: notiamo subito che il responsabile del settore di pianificazione del comune non ha inviato alla società né la richiesta d’integrazione documentale ai sensi del comma 5 dell’articolo 87, né tanto meno il preavviso di rigetto ex articolo 10 bis della L. 241/1990 per mancanza del parere ARPAC propedeutico e vincolante ai fini del rilascio della relativa autorizzazione. Ha invece emesso un diniego definitivo, facilmente demolito dai giudici amministrativi del Tar campano vista la giurisprudenza pregressa che vincola la necessità del parere ARPA soltanto all’attivazione dell’impianto, e non al provvedimento autorizzativo.
Naturalmente questo orientamento giurisprudenziale non mi trova d’accordo, però il responsabile del procedimento avrebbe potuto agire diversamente: constatato che la società di telefonia mobile non aveva allegato il parere ARPAC, prima dell’adozione del diniego definitivo, avrebbe dovuto richiedere entro quindici giorni dalla data di ricezione dell'istanza ai sensi del comma 5 dell’articolo 87, il parere ARPAC mancante, bloccando in tal modo il termine per il silenzio assenso. Infatti nel caso in cui l’amministrazione comunale non è in grado di provvedere entro il lasso temporale di quindici giorni (francamente molto esiguo), può ricorrere al preavviso di rigetto ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge 241/1990. A questo punto la società ha dieci giorni di tempo per inviare il parere ARPAC trascorsi i quali inizia nuovamente a decorrere il termine per il silenzio assenso (90 giorni). Se entro l’ottantanovesimo giorno il responsabile del procedimento non riceve il parere positivo dell’ARPAC può formalizzare il definitivo provvedimento di diniego per violazione del comma 1 dell’articolo 87 del D.Lgs 259/2003: “L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici (...) viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli (...)”.