Cass. Sez. III sent. 4746 del 31 gennaio 2008 (Cc 12 dic. 2007)
Pres. Vitalone Est. Petti Ric. Emiliano
Rifiuti. Attività organizzata per il traffico illecito e confisca del mezzo (leasing)

La sentenza affronta due distinti profili. Con riguardo al primo la Corte precisa che, in relazione all’ipotesi di reato di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 (attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti), la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per detta attività è obbligatoria anche se tale misura non sia espressamente menzionata dalla norma; infatti, essendo la confisca prevista espressamente dall’art. 259, comma secondo, in relazione alle singole ipotesi di cui all\'articolo 256, ivi compresa quella del trasporto illecito, la stessa non può non operare anche con riguardo all\'ipotesi delittuosa di cui all\'articolo 260, dato che la stessa, riferendosi al traffico di ingenti quantitativi di rifiuti, assorbe la contravvenzione di trasporto illecito; sarebbe infatti irrazionale, aggiunge la Corte, una diversa interpretazione, secondo cui la misura operasse in relazione alle singole condotte di trasporto o traffico illecito e non anche con riguardo all’attività organizzata per detto trasporto o detto traffico. Ne consegue che, allorché l\'attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti sia commessa mediante una delle condotte per le quali è prevista la confisca obbligatoria del mezzo, questo deve essere confiscato, se non appartenente a persona estranea al reato che sia peraltro in buona fede.
Con riguardo al secondo profilo si afferma inoltre che, in caso di sequestro di bene oggetto di un contratto di leasing è l’utilizzatore del medesimo, e non il proprietario concedente, ad avere interesse, in caso di dissequestro, alla restituzione del medesimo posto che è tale soggetto che assume i rischi connessi al deterioramento del bene, non dovuto all’uso, e alla perdita della res. (fonte Corte di cassazione)
In fatto
Con ordinanza del 16 marzo del 2007, il tribunale del riesame di Pesaro, tra l\'altro, per quanto ancora rileva in questo grado, confermava il provvedimento di sequestro degli automezzi indicati nel provvedimento stesso, pronunciato in danno di Emiliano Rocco, quale legale rappresentante delle società Ecoplast e Nekta Servizi, entrambi con sede in San Donà di Piave, indagato per i reati di cui agli artt. 416 c.p. e 53 bis decreto Ronchi, attualmente riprodotto nell\'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006; autorizzava le società Nekta Servizi s.r.l. Italmacero s.r.l., Ferri & Oliva s.r.l. all\'uso degli automezzi in sequestro per le attività delle imprese con obbligo di conservazione e manutenzione degli stessi.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato le indagini avevano avuto origine da una denuncia sporta da Aguzzi Stefano, il quale aveva segnalato un illecito traffico di rifiuti dal Nord-Italia alla regione Marche. In particolare si era accertato che i rifiuti provenienti dal Nord-Italia, con la complicità dei gestori delle società Luvicart, con sede in Lucrezia di Cartoceto, ed ECO, con sede in Orciano, venivano smaltiti nella discarica di Fano, dopo che falsamente si faceva figurare un\'attività di recupero da parte delle società anzidette. In particolare si accertava che gli automezzi sostavano pochi minuti presso le suddette società al solo scopo di sostituire i codici di identificazione dei rifiuti in modo da poterli smaltire nella discarica di Fano. Per quanto concerne in particolare la posizione dell\'attuale ricorrente, questi, secondo l\'ordinanza impugnata, era amministratore e legale rappresentante sia della società Ecoplast, società d\'intermediazione, che della società Nekta servizi, società di trasporti, ed aveva effettuato con automezzi in uso alla società 12 viaggi per complessivi chilogrammi 260.700 di rifiuti. Inoltre aveva svolto la funzione d\'intermediario insieme con altri nel flusso di rifiuti dal Nord Italia alla Luvicart. Il tribunale, pur ritenendo che la confisca dei mezzi di trasporto non fosse obbligatoria, come invece sostenuto dal giudice per le indagini preliminari, confermava tuttavia il vincolo al fine di garantire la confiscabilità facoltativa dei mezzi di trasporto a nulla rilevando che essi fossero formalmente di proprietà della società di leasing e non della ditta Nekta, posto che per escludere la confisca l\'appartenenza delle cose al terzo estraneo al reato deve sussistere al momento in cui il provvedimento di confisca verrà adottato e non al momento del sequestro ed a tale data gli automezzi potrebbero essere stati “riscattati".
Ricorre per cassazione l\'indagato per mezzo del suo difensore denunciando:
1) mancanza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza degli indizi di colpevolezza per il delitto di cui all\'articolo 416 c.p., posto che il tribunale si è soffermato ad esaminare solo quelli relativi alla fattispecie di cui all\'articolo 53 bis decreto Ronchi;
2) la violazione dell\'articolo 53 bis decreto Ronchi ora articolo 269 del testo unico ambientale approvato con decreto legislativo n. 152 del 2006 poiché tra gli elementi indicati a sostegno della partecipazione del proprio assistito alla gestione organizzata dei rifiuti non v\'è traccia della consapevolezza dello stesso di apportare un contributo concreto all\'organizzazione finalizzata al compimento delle attività illecite oggetto delle indagini;
3) la violazione degli artt. 240 comma 3 c.p. - e 321 comma secondo c.p.p,, poiché, nel sequestro preventivo diretto a garantire la confisca del bene, le condizioni per la confiscabilità devono sussistere al momento in cui viene disposto il sequestro e non al momento della confisca;
4) violazione dell\'articolo 125 c.p.p. per omessa motivazione sulla necessità di conservare il vincolo tanto più che lo stesso tribunale ha ritenuto la confisca facoltativa.

In diritto
Il ricorso va respinto perché infondato anche se su alcuni punti la motivazione dell\'ordinanza impugnata deve essere rettificata.
Con riferimento al primo motivo si rileva che l\'omessa motivazione in ordine all\'astratta configurabilità anche del delitto di cui all\'articolo 416 c.p. non esplica alcun effetto sulla legittimità del sequestro preventivo dei mezzi di trasporto utilizzati per il traffico dei rifiuti, in quanto essi sono stati sequestrati con riferimento all\'articolo 53 bis decreto Ronchi e non con riguardo al delitto di cui all\'articolo 416 c.p.. D\'altra parte, allorché un soggetto è indagato o imputato di più reati, ai fini della legittimità del provvedimento ablatorio, non è necessario che il giudice si soffermi ad analizzare l\'astratta configurabilità di tutti i reati attribuiti all\'inquisito, essendo sufficiente che esamini quello o quelli per i quali il provvedimento ablatorio è stato disposto. Nella fattispecie, come già accennato, il sequestro dei beni aziendali, compresi i mezzi di trasporto, è stato disposto, non per l\'astratta configurabilità del delitto di cui all\'articolo 416 c.p.p., ma per il delitto di cui all\'articolo 53 bis decreto Ronchi riprodotto nell\'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, tanto è vero che alcuni beni sono stati restituiti allorché è venuta meno la possibilità di proseguire l\'attività illecita di cui all\'articolo 53 bis citato.
Infondato è anche il secondo motivo. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Sez. un. 25 marzo 1993, Gifunni; 23 febbraio 2000, Mariano), il tribunale del riesame non deve procedere ad una valutazione analitica di tutti gli indizi per dimostrare la fondatezza dell\'accusa ma deve accertare solo la configurabilità del reato per il quale è stato disposto il sequestro ed il rapporto di pertinenzialità tra tale reato e l\'oggetto del sequestro. Nel caso in esame il tribunale si è attenuto a tali principi avendo sottolineato che il ricorrente aveva effettuato diversi trasporti ed ha indicato anche gli elementi in base ai quali il predetto avrebbe dovuto rendersi conto dell\'illecita attività che veniva compiuta mediante la sostituzione dei formulari. In definitiva il collegio ha indicato la ragione per la quale l\'indagato, per la sua posizione apicale, non poteva ignorare che in realtà nella zona marchigiana non veniva effettuato alcuna operazione di recupero e che le soste degli automezzi nelle sedi della Luvicart o della Eco erano finalizzate alla sostituzione dei formulari d\'identificazione dei rifiuti per potere giustificarne lo smaltimento in una discarica sita in una regione diversa da quella di provenienza dei rifiuti.
Infondati sono anche il terzo ed il quarto motivo che vanno esaminati congiuntamente perché strettamente connessi.
In proposito va anzitutto puntualizzato che nella fattispecie la confisca dei mezzi di trasporto è obbligatoria anche se tale provvedimento non viene espressamente menzionato nell\'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La confisca del mezzo di trasporto non viene espressamente prevista dall\'articolo 260 così come non era espressamente prevista dall\'articolo 53 bis del decreto Ronchi perché il delitto di cui alla norma dianzi citata non presuppone necessariamente l\'uso di un mezzo di trasporto, in quanto può essere compiuto anche mediante attività diverse dal trasporto di rifiuti, come ad esempio per mezzo di un\'attività d\'intermediazione o commercio. Tuttavia, allorché esso viene commesso anche mediante il trasporto, la confisca del mezzo di trasporto diventa obbligatoria, perché tale misura di sicurezza è espressamente prevista dall\'articolo 259 decreto legislativo n. 152 del 2006 (già articolo 53 del decreto Ronchi), il quale contiene un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di cui all\'articolo 256, compresa quella del trasporto, senza operare alcuna distinzione in merito all\'attività di gestione illecita per la quale i rifiuti sono trasportati. Pertanto la confisca del mezzo va disposta, non solo nelle ipotesi di trasporto illecito di rifiuti di cui all’articolo 256, di trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario con dati incompleti o inesatti ovvero con uso di certificato falso durante il trasporto, ma anche per le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti allorché tali attività siano compiute utilizzando mezzi di trasporto. Sarebbe stato, invero, irrazionale prevedere la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto nell\'ipotesi contravvenzionale di cui agli artt. 259 e 256 258 decreto legislativo n. 152 del 2006 ed escluderla nell\'ipotesi delittuosa di cui all\'articolo 260, che assorbe la contravvenzione di trasporto illecito e si riferisce al traffico di ingenti quantitativi. Da ciò consegue che, allorché l\'attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti sia commessa mediante una delle condotte per le quali è prevista la confisca obbligatoria del mezzo, questo deve essere confiscato, se non appartenente a persona estranea al reato che sia peraltro in buona fede. Invero, anche nella confisca obbligatoria prevista dalla legislazione speciale, in mancanza di espressa deroga da parte del legislatore, si applica il principio generale di cui al terzo comma dell\'articolo 240, in forza del quale "la disposizione della prima parte e del numero uno del capoverso precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato". Il mezzo trasporto, non essendo cosa intrinsecamente pericolosa, non può essere obbligatoriamente confiscato se appartiene a persona estranea al reato che sia però in buona fede.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, quando questa è obbligatoria, non richiede alcuna motivazione perché la finalità cautelare è insita nella confisca, in quanto l\'obbligatorietà della confisca comporta implicitamente l\'accertamento della natura di corpo del reato o di cosa pertinente al reato. Quella in esame, come dianzi precisato, è una confisca obbligatoria. In ogni caso anche ai fini della motivazione della confisca facoltativa, secondo questa corte, sarebbe sufficiente il riferimento alle finalità della norma (così Cass. 17 marzo 1995, Franceschini).
Contrariamente all\'assunto del tribunale, se il sequestro preventivo è disposto per garantire la confisca, le condizioni per la confiscabilità devono sussistere anche al momento del sequestro. Tuttavia nella fase delle indagini preliminari, allorché il bene sia stato sequestrato presso l\'indagato o presso la società da lui rappresentata, l\'appartenenza al terzo deve essere palese perché gli accertamenti compiuti in tale fase sono necessariamente sommari.
Nella fattispecie la proprietà del terzo non è manifestata perché il bene si trovava nella disponibilità dell\'indagato e allo stato nessuna istanza di restituzione risulta avanzata dal terzo presunto legittimo proprietario; b) perché il tribunale, pur recependo la tesi del prevenuto, il quale ha affermato di avere la disponibilità dei mezzi di trasporto in base ad un contratto di leasing, non è stato in grado di stabilire se allo stato l\'utilizzatore abbia o no esercitato il diritto di opzione per l\'acquisto della proprietà o se il rapporto contrattuale sia comunque cessato. Siffatte indagini potranno essere compiutamente svolte nella fase di merito. Allo stato, pur recependo la tesi (non dimostrata) del ricorrente, si deve sottolineare che l\'affidamento dei mezzi di trasporto in giudiziale custodia con facoltà d\'uso al ricorrente, nella qualità di legale rappresentante della società utilizzatrice dei beni, ha fatto venire meno l’interesse dello stesso alla loro restituzione definitiva, giacché l\'indagato è stato restituito nel pieno esercizio del suo diritto d\' utilizzatore. Invero, nel contratto di leasing, finché il rapporto dura, chi ha il godimento della cosa e chi assume i rischi relativi al deterioramento, non dipendente dall\'uso, ed alla perdita della res non è il concedente ma l\'utilizzatore. Il concedente ha solo il diritto al pagamento dei canoni ed alla restituzione della cosa alla scadenza del rapporto, se non viene esercitata l\'opzione del riscatto. Quindi, in caso di sequestro di un bene oggetto del contratto di leasing, è l\'utilizzatore che ha interesse alla restituzione del bene per non rispondere nei confronti del concedente, al momento della cessazione o della risoluzione del rapporto, del deterioramento o della perdita della cosa, posto che tale rischio, se non dipendente dal normale uso della cosa, come sopra precisato, è a carico dell\'utilizzatore e non del proprietario concedente, il quale non ha interesse, finché il contratto perdura, ad ottenere la restituzione della cosa, ma solo al pagamento dei canoni. Se l\'utilizzatore al momento della cessazione del rapporto non restituisce la cosa è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del concedente. Per tale ragione durante il rapporto il soggetto che ha interesse alla restituzione del bene sequestrato è l\'utilizzatore e non il concedente, il quale può solo reclamare il pagamento dei canoni. Da ciò consegue però che l\'utilizzatore, quando ha ottenuto la cosa in giudiziale custodia con la facoltà d\'uso, come nella fattispecie, non ha interesse alla restituzione definitiva prima della cessazione del rapporto perché ha riacquistato nella sua pienezza il diritto d\' utilizzazione del bene che aveva in precedenza e, perciò, non ha più interesse a dolersi per la mancata definitiva restituzione, la quale può essere chiesta dall\'utilizzatore solo alla cessazione del rapporto al solo fine di potere adempiere l\'obbligazione di restituzione nei confronti del concedente, se non sarà stata esercitata nel frattempo l\'opzione del riscatto o se il contratto non si sarà risolto. In definitiva il ricorrente, allo stato e finché dura il rapporto, non ha più interesse alla restituzione perché ha conseguito la stessa completa utilizzazione del bene che aveva prima del sequestro, con la sola differenza che attualmente è responsabile della custodia, non solo nei confronti del concedente, ma anche dello Stato.