Cass. Sez. III n. 39880 del 29 ottobre 2007 (ud. 21 set. 2007)
Pres. Postiglione Est. De Maio Ric. Valtulini
Rifiuti. Deiezioni animali (recupero)

La trattazione delle deiezioni animali è resa lecita dalla comunicazione, in mancanza delle quali le stesse mantengono la loro qualità di rifiuti.

Svolgimento del processo

Giovanni Valtulini fu rinviato al giudizio del giudice monocratico del Tribunale di Bergamo, sez. distacc. di Treviglio, perché rispondesse dei reati di cui agli artt: A) 51 co. 1 lett. a) D.L.vo 22/97 (“perché, nella qualità di titolare dell’azienda agricola La Roggia avendo attivato un impianto per la produzione di biogas, energia termica ed elettrica mediante il recupero di rifiuti liquidi costituiti da acque reflue - urine animali - senza comunicare alla Provincia l’inizio dell’attività, effettuava attività di recupero di rifiuti liquidi non pericolosi in assenza della prescritta comunicazione di cui agli artt. 31 e 33 del D.L.vo 22/97), fatto accertato in Treviglio, nel mese di febbraio 2004;

B) 59 co.11 ter D.L.vo 22/97 (“perché, nella qualità di cui al capo A), nell’esercizio dell’attività autorizzata di riutilizzo ai fini agronomici dei reflui zootecnici, spandendo -  in un terreno posto a nord dell’azienda e confinante con la stessa e in località Badalasco nel territorio del comune di Fara Gera d’Adda - liquami in periodi non consentiti - segnatamente nei mesi di gennaio e febbraio, e comunque a ciclo colturale non in atto - nonché in misura superiore alla capacità di assorbimento dei terreni in modo tale da creare situazioni di lagunaggio, effettuava l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente, fatti commessi in Treviglio in data 22 gennaio 2004 e 10 febbraio 2004”).

Con sentenza in data 23 marzo 2007 del menzionato giudice, il Valtulini, mentre fu assolto con la formula perché il fatto non costituisce reato dall’imputazione di cui al capo A) per difetto dell’elemento psicologico, fu riconosciuto colpevole del reato di cui al capo B) e condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Avverso tale sentenza ha proposto, relativamente a entrambi i capi, ricorso il difensore dell’imputato, il quale denuncia, quanto al reato sub A) per il quale v’è stata assoluzione, erronea interpretazione e applicazione del D.L.vo 22/97, in quanto l’imputato avrebbe dovuto essere assolto con la più ampia formula dell’insussistenza del fatto, perché le urine animali - pur in presenza della definizione legislativa “sono da considerarsi rifiuti... le feci animali, urine e letame (comprese le lattiere usate), effluenti raccolti separatamente e trattati fuori uso” - non potevano, anche alla stregua della legge comunitaria, essere considerati rifiuti. Il ricorrente chiarisce che l’azienda del Valtulini funziona secondo un criterio circolare, dal momento che “opera allevando animali da macello (suini), i quali vengono nutriti con mangimi prodotti all’interno dell’azienda stessa; concretamente, gli animali vengono nutriti, producono le proprie deiezioni, le quali vengono riutilizzate come concimi per i campi agricoli di proprietà della stessa azienda, ove vengono coltivati gli alimenti necessari alla nutrizione dei suini stessi”. Il ricorrente rileva in proposito che “la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, con la sentenza Causa C- 416/02 si è pronunciata nel merito della definizione di rifiuto, con specifico riferimento agli effluenti di allevamento, rilevando che nel catalogo europeo dei rifiuti, emanato a seguito della decisione 20 dicembre 1933, 96/3/CE, compaiono tra i rifiuti provenienti da produzione in agricoltura le feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti raccolti separatamente e trattati fuori sito”; la Corte ha inoltre precisato che “gli effluenti dì allevamento possono... sfuggire alla qualifica di rifiuti, se vengono utilizzati come fertilizzanti dei terreni nell’ambito di una pratica legale di spargimento su terreni ben individuati e se lo stoccaggio del quale sono oggetto è limitato alle esigenze di queste operazioni di spargimento”. La tesi è infondata, in quanto, come esattamente rilevato dal primo Giudice, in base all’art.33 “l’esercizio delle operazione di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione dì inizio di attività alla provincia territorialmente competente”. Il fatto che tale comunicazione non sia stata data rende illecito, ai sensi delle norme citate, l’operazione di recupero. Non sono, quindi, pertinenti tutti i rilievi del ricorrente circa la qualità di rifiuto delle deiezioni animali: alle stesse non può, quanto meno nella fase iniziale, essere negata la qualità di rifiuto, che tuttavia perdono dopo la comunicazione alla Provincia e l’utilizzazione nel rispetto delle norme citate (“a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi del comma 1” dello stesso art.33). In altri termini, la trattazione delle deiezioni è resa lecita dalla comunicazione, in mancanza delle quali le stesse mantengono la loro qualità di rifiuti.

Quanto al reato di cui al capo B), il ricorrente deduce che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto per mancanza di dolo, in quanto “il Valtulini, prima di procedere allo spandimento, aveva espressamente richiesto il permesso al comune di Treviglio” e questo, aveva risposto con la comunicazione del 14 gennaio 2004 nella quale si consentiva lo spandimento nel periodo dal 15 settembre al 15 maggio, dalle ore 16 alle ore 10”, senza fare riferimento a divieto alcuno (ciò che poteva far credere a “una deroga al divieto regionale”). Il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che il Valtulini, anche a voler concedere che la formula ad operata dal Comune si prestasse ad equivoci, non può invocare l’ignoranza scusabile della legge penale. E’, infatti, pacifico, per giurisprudenza assolutamente consolidata di questa Corte, che l’ignoranza della legge penale, considerata con riguardo al testo dell’art. 5 come risulta formulato a seguito della sentenza della C.Cost. 364/1988, non può essere invocata da chi, inserito professionalmente in un determinatati campo di attività, non si informi sullo stato delle norme che disciplinano il campo stesso e che possono agevolmente essere acquisite alla conoscenza del soggetto. Nella specie, quindi, il Valtulini non può addurre di non sapere che nei mesi di gennaio e febbraio non era consentito lo spandimento di cui al capo di imputazione sub 8; ciò senza contare che del tutto al di fuori della tesi difensiva restano come le situazioni di lagunaggio, così la situazione di non attualità del ciclo colturale.

Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.

 

>