Cass. Sez. III Sent. 32276 dell'8 agosto 2007 (CC 13 giu. 2007)
Pres. Postiglione Est. Petti Ric. Gravero.
Rifiuti. Fase delle indagini preliminari - Dissequestro subordinato all'adempimento di specifiche prescrizioni - Opposizione - Decisione del G.i.p. - Ricorso per cassazione - Ammissibilità - Limiti.

Il provvedimento con cui il G.i.p. rigetta l'opposizione proposta avverso il decreto di dissequestro condizionato, emesso dal P.M. a norma dell'art. 263 cod. proc. pen., è ricorribile in cassazione non solo per la violazione delle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen., ma per tutti i motivi deducibili in sede di legittimità, in quanto il rinvio all'art. 127 contenuto nell'art. 263 non è limitato al rispetto delle forme, ma è generalizzato all'intera norma contenuta nell'art. 127. (Nel caso di specie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza impugnata, osservando che, se l'interessato non ha prestato alcun consenso alle specifiche prescrizioni indicate nel provvedimento, l'imposizione è illegittima ed il giudice dell'opposizione, risolvendosi l'imposizione di condizioni in un implicito rigetto, deve stabilire se le esigenze che hanno giustificato l'ablazione del bene siano ancora sussistenti).


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 13/06/2007
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 644
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 3001/2007
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di:
GRAVERO MARCO, nato a Torino il 6 settembre del 1974;
avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Alba;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PETTI CIRO;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Dott. MONETTI VITO, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue. IN FATTO
Con provvedimento del 12 luglio del 2006, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Alba disponeva, a norma dell'art. 263 c.p.p., il dissequestro di un'area di circa 1000 mq appartenente alla ditta Ecostrade di Gravero Marco subordinando il provvedimento alla rimozione dei materiali inerti ivi esistenti trattandosi di rifiuti ed all'adempimento di altre prescrizioni analiticamente indicate nel provvedimento stesso.
L'interessato proponeva opposizione al giudice per le indagini preliminari deducendo l'illegittimità di alcune prescrizioni per le ragioni analiticamente indicate nell'atto di opposizione e nelle consulenze allegate all'opposizione stessa;
il giudice respingeva l'opposizione osservando che le considerazioni poste dal Pubblico Ministero a fondamento dell'impugnato decreto - scaturenti dagli esiti degli accertamenti a cura dell'ARPA, così come offerti in produzione unitamente alla relazione di consulenza da parte del perito Raimondo Romanizzi - dovevano ritenersi pienamente condivisibili.
Ricorre per cassazione il difensore deducendo violazione di legge ed assoluta mancanza di motivazione per avere il giudice omesso completamente di esaminare i rilievi tecnici contenuti nell'atto d'impugnazione e per avere ritenuto condivisibili le considerazioni del Pubblico Ministero, considerazioni che in realtà mancavano del tutto nel provvedimento.
IN DIRITTO
Il ricorso va accolto nei limiti di seguito precisati. Preliminarmente si rileva che il provvedimento con il quale il giudice, a norma dell'art. 263 c.p.p., rigetta l'opposizione è ricorribile per cassazione, non solo per la violazione delle forme di cui all'art. 127 c.p.p., e segnatamente per la violazione del contraddittorio, come statuito in qualche decisione di questa Corte (cfr. Cass 8 gennaio 1996, Telleri); ma per tutti i motivi deducibili in Cassazione e ciò perché il rinvio all'art. 127, contenuto nell'art. 263, non è limitato al rispetto delle forme, ma è generalizzato all'intera norma contenuta nell'art. 127. Siffatta interpretazione, oltre che dalla dottrina, risulta sia pure implicitamente, avallata da una decisione delle Sezioni Unite le quali hanno sottolineato che il provvedimento del giudice sulla restituzione delle cose sequestrate, influendo sui diritti soggetti, non può sottrarsi al ricorso per cassazione (cfr. sez. un. 23 dicembre 1992, Bernini), che ovviamente nel silenzio della legge può essere proposto per tutti i motivi deducibili in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 16 del 1995; Cass. sez. 6^ 16 gennaio 1998, Potenza, Cass. n. 34626 del 2005).
Ciò premesso, si rileva che il dissequestro in questione è stato disposto a norma dell'art. 263 c.p.p., subordinatamente all'adempimento di alcune prescrizioni. L'art. 85 disp. att. c.p.p., (che riproduce l'art. 48 bis disp. att. c.p.p. del 1930, introdotto dalla L. n. 689 del 1981, art. 138), riguarda "cose sequestrate, che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni". Trattasi di una disposizione finalizzata (tenuto conto della sua applicabilità anche al sequestro preventivo sancita dall'art. 104 disp. att. c.p.p.), non soltanto ad impedire la distruzione di beni che possono essere reimmessi nel normale circuito commerciale, ma anche a consentire la restituzione, con opportuna tempestività, di cose per le quali il protrarsi del vincolo d'indisponibilità e d'immodificabilità, in una situazione in cui può correggersi la situazione di fatto illegittima, comporterebbe gravi pregiudizi: caso tipico può ritenersi proprio la necessità del prosieguo di attività produttive, che sarebbero gravemente pregiudicate da una prolungata interruzione. Le prescrizioni che l'autorità giudiziaria può imporre sono quelle indispensabili per rimuovere le ragioni che impedirebbero, per la permanenza di condizioni di antigiuridicità, la cessazione del sequestro, rivolte altresì ad evitare la riattivazione della situazione antigiuridica che aveva determinato l'emanazione del provvedimento impositivo del vincolo.
L'inciso "se l'interessato consente" deve essere interpretato nel senso che l'interessato si deve essere già dichiarato disposto ad eseguire le specifiche prescrizioni ed a prestare la cauzione di garanzia che l'autorità giudiziaria riterrà di disporre. Da ciò consegue che l'interessato ,se ha accettato le prescrizioni pur di riottenere la restituzione del bene, non può dolersi della loro imposizione impugnando il provvedimento; se, invece, non ha prestato alcun consenso, l'imposizione è illegittima. In tale caso il giudice dell'opposizione, risolvendosi l'imposizione di condizioni in un implicito rigetto, dovrà valutare la legittimità del rifiuto dovrà cioè stabilire se le esigenze che hanno giustificato l'ablazione del bene siano ancora sussistenti.
Nella fattispecie il giudice ha ritenuto legittima la condizione apposta dal Pubblico Ministero, che invece non poteva essere apposta senza il consenso dell'interessato, e non si è pronunciato sulla legittimità del rifiuto ossia sulla necessità del mantenimento del sequestro a prescindere dall'apposizione della condizione ritenuta necessaria dal Pubblico Ministero.
Alla stregua delle considerazioni svolte il provvedimento va annullato con rinvio al giudice per le indagini preliminari perché si pronunci sulla legittimità della conservazione del sequestro senza tenere conto delle condizioni imposte dal Pubblico Ministero. P.Q.M.
La Corte letto l'art. 623 c.p.p., annulla l'ordinanza impugnata con rinvio Ordina trasmettersi gli atti al Tribunale di Alba. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2007