Cass. Sez. III n. 43823 del 26 novembre 2007 (Ud. 4 ott. 2007)
Pres. De Maio Est. Franco Ric. Pagliarin.
ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Utilizzazione agronomica di liquami zootecnici senza il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa regionale - Reato previsto dall'art. 59, comma undicesimo ter, D.Lgs. n. 152 del 1999 - Configurabilità - Condizioni.

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, configura il reato previsto dall'art. 59, comma undicesimo ter, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 la utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento al di fuori dei casi e delle procedure (criteri e norme tecniche generali) previste dalla disciplina regionale di cui all'art. 38, comma secondo; diversamente, la medesima condotta integra l'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 54, comma settimo, nel caso in cui le attività di utilizzazione agronomica siano state effettuate in violazione della previgente disciplina regionale.

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Vicenza dichiarò Pagliarin Federico colpevole dei reati di cui: A) agli artt. 14 e 51, comma 2, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, per avere effettuato una immissione in acque superficiali di liquami zootecnici, qualificabili come rifiuti non pericolosi; B) all’art. 674 cod. pen.; C) agli artt. 38 e 59, comma 11 ter, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, per avere esercitato attività di utilizzazione agronomica di liquami zootecnici fuori dei casi previsti dall’art. 38, omettendo la comunicazione preventiva e stoccando liquami superiori alla effettiva necessità in relazione alla superficie agricola effettivamente utilizzata, e lo condannò alla pena di 8.000,00 di ammenda per il reato di cui al capo A), alla pena di 100,00 di ammenda per il capo B) ed alla pena di € 2.000,00 di ammenda per il capo C).

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui al capo A), sia in ordine alla natura delle sostanze classificate come rifiuto sia in ordine alla condotta contestata, ed in particolare alla dinamica dello sversamento.

2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 674 cod. pen., il quale prevede che le esalazioni moleste debbano superare il limite della normale tollerabilità, mentre il giudice ha accertato solo la presenza di una situazione di disagio degli abitanti.

3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui al capo C). Lamenta che in ordine a tale reato manca qualsiasi motivazione. Inoltre, la disposizione di cui all’art. 38 d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, necessita di una normativa di settore che ne integri le previsioni generali. Tale normativa non è attualmente in vigore perché manca sia il previsto decreto ministeriale di cui all’art. 38, comma 1, sia la relativa disciplina regionale. Di conseguenza, ai sensi degli artt. 62, comma 10, e 54, comma 7, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, l’omessa comunicazione preventiva di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, oggetto della contestazione, e attualmente punita solo con una sanzione amministrativa. La sentenza impugnata manca di ogni motivazione sulle ragioni per cui l’omessa comunicazione integrerebbe il reato.

4) violazione dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen. perché, in relazione ai reati di cui ai capi A) e B), è stata affermata la responsabilità dell’imputato in ordine a fatti diversi da quelli descritti nel decreto di citazione a giudizio.

5) mancanza o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui sono state negate le attenuanti generiche.

 

Motivi delta decisione

Rileva preliminarmente il collegio che all’imputato non è stata contestata la continuazione tra i tre reati addebitategli, e che la continuazione non è stata nemmeno riconosciuta dalla sentenza impugnata, che infatti ha inflitto tre diverse condanne per i tre singoli reati.

Ciò posto, per i reati di cui ai capi A) e B) la prescrizione è iniziata a decorrere dalla data di commissione dei reati stessi, e cioè dal 25 novembre 2002, e non quindi dal 29 agosto 2003, data in cui è cessata la permanenza del reato di cui al capo C). Dato il mancato riconoscimento della continuazione, dunque, per i reati di cui ai capi A) e B) il termine di prescrizione si è maturato (in mancanza di cause di sospensione) il 25 maggio 2007.

Dagli atti non emergono in modo evidente cause di proscioglimento nel merito. Relativamente ai suddetti reati di cui ai capi A) e B), pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché i reati stessi sono estinti per prescrizione.

Il primo, secondo e quarto motivo sono di conseguenza assorbiti.

Per quanto concerne invece il reato di cui al capo C), ritiene il collegio che il ricorso sia fondato perché effettivamente in ordine allo stesso la sentenza impugnata difetta di adeguata motivazione.

Nella specie, infatti, è stato contestato il reato di cui all’art. 59, comma 11 ter, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, per avere esercitato «un’attività di spargimento di liquami zootecnici/utilizzazione agronomica degli stessi fuori dai casi previsti dall’art. 38 del decreto omettendo la comunicazione preventiva prevista dal decreto e stoccando liquami superiori alla effettiva necessità in relazione alla superficie agricola effettivamente utilizzata». Non è stato quindi contestato uno scarico non autorizzato di liquami provenienti da un’azienda di allevamento (normalmente qualificabile come insediamento produttivo quando manchi il nesso funzionale con l’attività agricola), bensì soltanto la utilizzazione agronomica dei liquami zootecnici senza il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa vigente.

Ora, l’art. 59, comma 11 ter, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, punisce con la pena dell’ammenda o dell’arresto chi effettua l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento nonché delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 38 al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste ovvero al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

Orbene, innanzitutto non è chiaro se all’imputato sia stato contestato, e lo stesso sia stato condannato, soltanto per avere effettuato la utilizzazione agronomica dei liquami zootecnici senza la comunicazione preventiva di cui all’art. 38, ovvero anche - come sembrerebbe dal tenore della imputazione - per avere effettuato l’utilizzazione agronomica senza rispettare le procedure e le norme tecniche previste dall’art. 38 o dalla normativa vigente.

In quest’ultima ipotesi, invero, va ricordato che - come eccepisce il ricorrente - l’art. 38, comma 2, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, dispone che le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sono disciplinate dalle regioni sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto ministeriale. L’art. 62, comma 10, a sua volta dispone che, fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’art. 38, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. L’art. 54, comma 7, infine, dispone che, salvo che il fatto non costituisca reato, fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’art. 38, comma 2, chi non osserva le disposizioni di cui all’art. 62, comma 10, è punito con una sanzione amministrativa.

Nel caso di specie il ricorrente aveva eccepito che non era stata ancora emanata la disciplina regionale di cui all’art. 38. La sentenza impugnata ha omesso di esaminare tale questione e di precisare se la mancata osservanza di prescrizioni e norme tecniche relative all’attività di utilizzazione agronomica riguardava prescrizioni poste dalla disciplina regionale di cui all’art. 38, comma 2, ovvero dalla previgente disciplina regionale ai sensi dell’art. 62, comma 10. In quest’ultimo caso, invero, la violazione delle prescrizioni sarebbe stata punita solo con sanzione amministrativa.

D’altra parte, non solo non sono state precisate le prescrizioni regionali e le norme tecniche che sarebbero state violate, ma non è stato nemmeno specificato per quali ragioni i liquami stoccati sarebbero stati superiori alla effettiva necessità del fondo in relazione alla superficie agricola effettivamente utilizzata.

Per quanto riguarda l’utilizzazione agronomica dei reflui di allevamento senza la preventiva comunicazione alla autorità competente - che è prevista come reato dagli artt. 38 e 59, comma 11 ter, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (disposizioni ora riprodotte senza modificazioni sul punto nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) - osserva il collegio che l’art. 38, comma 1, dispone che è soggetta a comunicazione l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) e da altre piccole aziende agroalimentari ad esse assimilate, così come individuate in base al decreto ministeriale di cui al comma 2, mentre l’art. 59, comma 11 ter, punisce con l’ammenda o l’arresto chi effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento o di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’articolo 38 al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste.

Nella specie, come rilevato, non è stato contestato uno scarico senza autorizzazione ma solo l’esercizio di una attività di utilizzazione agronomica di «liquami zootecnici» senza la preventiva comunicazione. E difatti, secondo la previsione normativa, una cosa è lo scarico ed altra cosa è la utilizzazione eventualmente successiva a scopo agronomico di tutto o parte del contenuto dello scarico (cfr. Sez. III, 3 dicembre 1999, Gobetti, m. 215.161).

Orbene, rileva il collegio che nella sentenza impugnata manca qualsiasi motivazione sulla effettiva provenienza dei liquami zootecnici in questione, ed in particolare sulla loro provenienza da una azienda agricola o agroalimentare avente le caratteristiche per essere compresa tra quelle previste dall’art. 28, comma 7, lettere a), b) e c), e dall’art. 38, comma 1.

In ordine al reato di cui al capo C), pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata per difetto di motivazione con rinvio al tribunale di Vicenza per nuovo giudizio.